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Autore: _Ella_    01/08/2019    8 recensioni
"[...] quelli che sta guardando sono i due ninja che sono riusciti a sconfiggere Kaguya, a vincere la guerra, sono i discepoli di due dei tre Sennin leggendari, uno è il figlio di Yondaime, l’altro un erede di Madara Uchiha, e si stanno rincorrendo come se fossero gattini che giocano. Gattini. Kakashi è senza parole".
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[pov!Kakashi; NaruSasu]
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kakashi Hatake, Naruto Uzumaki, Sasuke Uchiha | Coppie: Naruto/Sasuke
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la serie
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Che dire? Sembrerebbe un periodo fortunato, in quanto ispirazione per scrivere XD e udite udite, addirittura una storia non porno! E' tipo un miracolo, l'ultima non-porno che ho scritto risale a dicembre. Sono imbarazzante, e vergognosa.
Non ho molto da dire su questa storia: l'ho scritta e corretta da dopo pranzo fino ad un paio d'ore fa, l'ho corretta, e adesso eccola qua, pronta ad entrare in scena.
Era un po' che pensavo di scrivere qualcosa del genere, sviluppare la storia di una coppia dal punto di vista di un terzo personaggio, e chissà perché ieri finalmente mi è accesa una lampadina per qualcosa di concreto, quindi ecco questa shot: lo sviluppo di una NaruSasu (o SasuNaru, fate un po' come preferite insomma) dal punto di vista del povero Kakashi sensei. Un'altra cosa che mi sento di dire è che è ambientata dopo la Quarta Grande Guerra, ma che ringraziando il cielo Sasuke è rimasto lì al villaggio e ci ha fatto il favore di non andarsene a 'fanculo in giro per il mondo. 
Mi sono divertita molto a scriverla, forse avrei potuto aggiungere altre scene, ma in verità penso che così sia piuttosto equilibrata, che abbia un ritmo ed un filo logico che altrimenti si spezzerebbe (magari è solo che ho il terribile vizio di scrivere cose infinite).
Non aggiungo altro, se non: grazie già in anticipo a chiunque leggerà e soprattutto a chi deciderà di lasciare una recensione come segno del suo passaggio
(E per chi legge la mia "Memento Mori", al massimo entro sabato arriverò con un altro capitolo).
Alla prossima, buon divertimento

 


Happily Ever After 

narratóre s. m. (f. -trice) [dal latnarrator -oris]. – 1. La persona che narra, oralmente o per scritto, vicende e fatti realmente accaduti. 


Kakashi Hatake ha trentuno anni, ormai. 

Ha combattuto due guerre, ha perso troppi compagni, ed ha commesso più errori di quanti ne vorrebbe ammettere. Uno tra questi ultimi, adesso, è in piedi di fronte a lui, nel suo ufficio: Sasuke tiene lo sguardo basso, non perché non sia in grado di reggere il suo, ma perché, e si nota benissimo anche dal modo in cui le sue spalle si curvano, è stanco da morire. Kakashi è abbastanza certo che se le due guardie non lo stessero tenendo per le braccia, si ritroverebbe steso sul pavimento. 

Kakashi ha trentun anni, e nella sua vita non ha mai, mai desiderato di essere Hokage; lo è da nemmeno un anno e già non ne può più, è un incarico che gli sta addosso ma che appartiene a qualcun altro: ha rubato il sogno di Obito Uchiha esattamente come il suo occhio sinistro; il soprannome ninja copiatore, pensa, non gli è mai calzato così a pennello come adesso, anche se ormai non ha nemmeno più lo Sharingan. 

Kakashi pensa al suo maestro, Minato Namikaze. Ripensa a tutto quello che ha fatto come Hogake, a quello che avrebbe dovuto fare, se solo fosse stato ancora vivo. Pensa a Naruto: Kakashi sa esattamente di occupare quell’incarico solo finché lui non sarà grande abbastanza per farlo al posto suo, e passargli il testimone sarà forse il momento più bello di tutta la sua vita perché lo merita, e sa che lo renderà (di nuovo) orgoglioso.  

Naruto ha la stoffa e le capacità per essere Hokage, esattamente come suo padre, esattamente come tutti i grandi maestri prima di lui e, francamente, Kakashi non capisce ancora cosa ci faccia lui seduto lì, a guardare il corpo dimagrito e torturato di uno dei suoi allievi, dopo mesi passati in carcere sotto le attenzioni di Ibiki Morino. È anche colpa sua, no? Kakashi era suo maestro ed ha fallito, ha sottovalutato il suo dolore e gli ha permesso di scappare, non ha fatto assolutamente nulla mentre una squadra di cinque ragazzini lo rincorreva sperando di riuscire a portarlo indietro. 

“Siediti, Sasuke” dice, e fa cenno alle guardie che l’hanno scortato fin lì di lasciarli da soli: loro tentennano, si lanciano un’occhiata incerta, ma è il loro Hokage ad avergli dato l’ordine, e allora obbediscono, come è giusto che sia. 

Sasuke si lascia cadere sulla sedia e Kakashi non riesce a smettere di guardarlo e pensare che ha soltanto diciassette anni, e vorrebbe abbracciarlo e chiedergli scusa per non aver capito, chiedergli scusa perché non gli è stato vicino sin dal primo giorno, sin dal momento del massacro, perché portava l’occhio di suo zio Obito Uchiha ed era forse l’unico che potesse in qualche modo frapporsi tra lui ed il baratro in cui Itachi  Uchiha lo stava lanciando. È stato un codardo, con lui tanto quanto con Naruto: il figlio del suo sensei. 

Ha finto per così tanto tempo che non esistessero perché la loro vita gli ricordava tutto quello che era stato strappato alla sua, ma alla fine, com’era giusto che fosse, i loro destini si erano incrociati di nuovo. Aveva imparato tanto dagli sbagli commessi sulla loro pelle. 

Sasuke ha gli occhi chiusi, sembra quasi che voglia addormentarsi. Kakashi l’ha visto in quelle condizioni soltanto due volte in vita sua: la prima, dopo aver risvegliato lo Sharingan ed essere quasi morto, la seconda, dopo l’incontro con suo fratello Itachi lì a Konohagakure. 

Si chiede se abbia pensato a cosa fare della sua vita, adesso, da dove abbia intenzione di ripartire: è una scelta difficile e delicata, ma che va fatta, che deve fare, se non vuole continuare a passare il resto dei suoi giorni in prigione. Kakashi non vorrebbe essere nella posizione di chi deve decidere del suo destino, ma è l’Hokage, e se Sasuke non prenderà l’iniziativa sarà costretto a farlo. Naruto e Sakura non lo perdonerebbero mai. 

“Adesso cosa vuoi fare, Sasuke?”. 

È quasi convinto che lui si sia addormentato davvero, ma poi apre gli occhi: lo fissa con attenzione, e Kakashi non si è ancora abituato al suo Rinnegan, ma immagina di non aver avuto davvero molto tempo per farlo. 

Sasuke sospira, gira la testa per guardare fuori dalle finestre dell’ufficio e: “Voglio andare a casa, sensei” dice. 

Non è la risposta che Kakashi si aspettava, certo, ma è pur sempre un inizio. E gli sta più che bene. 

Non è che Kakashi non riesca a fidarsi dei suoi allievi, anzi: Naruto e Sasuke hanno sempre avuto un gran potenziale, ma non è che siano mai andati particolarmente d’accordo. La storia degli ultimi anni conferma tutto questo, no? Il maestro Sarutobi, Sandaime, non faceva che ripeterlo: historia magistra vitae

Quindi è comprensibile che Kakashi adesso sia in pensiero, seduto sulla sua poltrona nel suo ufficio, dopo aver affidato a Naruto l’incarico di portare Sasuke nel suo quartiere, o meglio, in quello che resta del quartiere Uchiha dopo l’attacco di Pain. 

Kakashi è il Rokudaime, sa bene che per quanto Sasuke possa aver contribuito alla vittoria nella Quarta Grande Guerra, lì a Konohagakure è malvisto praticamente da chiunque: è un ninja traditore, si è alleato prima con Orochimaru e poi con l’Akatsuki, ha creato scompiglio durante il Summit dei Kage e, ciliegina sulla torta, ha quasi ucciso l’Eroe della guerra, Naruto Uzumaki. Kakashi non può biasimare nessuno, certo, e sa anche che se la gente del villaggio non ha messo la sua testa sopra una picca è perché a volerlo vivo e vegeto è il suddetto Eroe. 

È proprio per questo che Kakashi non vorrebbe che fossero soli in giro: non sa fino a che punto abbiano chiarito, e l’ultima cosa che serve è che si mettano a litigare di fronte persone che vorrebbero Sasuke incatenato sopra una montagna fatta di ghiaccio, dando loro altri motivi per odiarlo (se persino la persona che tanto ha lottato per la sua libertà non va d’accordo con lui, allora, che senso ha?). 

Qualche minuto dopo, quindi, è sulle loro tracce verso il quartiere Uchiha. 

Kakashi ha camminato per giorni tra cumuli e cumuli di macerie, dopo l’attacco di Pain. Ha ordinato ai suoi cani di annusare le tracce per trovare i corpi sotto le abitazioni, si è alzato le maniche ed ha aiutato le squadre di soccorso come meglio poteva; Konohagakure, distrutta, non era niente più e niente meno che una città qualsiasi in balia della guerra. Ma non è mai stato lo stesso per il quartiere Uchiha: Kakashi l’ha visto trasformarsi in un quartiere fantasma durante gli anni dopo la morte dei suoi abitanti, chiedendosi come riuscisse l’unico sopravvissuto a viverci senza impazzire (ironia della sorte: l’unico sopravvissuto, alla fine, è impazzito sul serio). Dopo l’attacco, per quanto alcune abitazioni e templi fossero crollati, lì non c’era stato alcun segno di quella distruzione dolorosa che si lascia dietro la guerra: in quel quartiere non ci abitava nessuno da anni, e non c’erano corpi da recuperare o case da ricostruire in fretta, era come il sito archeologico di una città antica riportata alla luce, ed aveva lo stesso fascino senza tempo. 

Kakashi si scopre ad immaginare un Obito ragazzino correre per quei vicoli, e si chiede se Sasuke abbia intenzione di ricostruire tutto da capo (è l’unico e solo proprietario dei terreni, dopotutto) o se non voglia saperne più nulla.  

Quando ritrova lui e Naruto, Kakashi fa ben attenzione a non farsi notare: quante volte li ha osservati da lontano per assicurarsi che facessero bene il loro lavoro senza lasciar pensare che lui non si fidasse di loro? È lo stesso anche ora, ed esattamente come neanche troppi anni fa (sono quattro ma gli sembrano davvero secoli) Sasuke e Naruto continuano a non deluderlo. 

Li osserva, seduti su quello che resta di un porticciolo in legno, le scarpe sfilate ed i piedi a pelo d’acqua: stanno parlando senza guardarsi, e Kakashi non riesce a distinguere le loro parole, ma dal loro tono sembrano sereni, spensierati.  

Si chiede se quel laghetto sia lo stesso di cui Obito non faceva altro che parlare, quello dove passava pomeriggi interi ad allenarsi con il Katon-Gokakyu no Jutsu senza grandi risultati, quello dove “tutti gli Uchiha si allenano con questa tecnica!”. Kakashi lo sente ancora nella sua testa come un mantra (serpente, bue, scimmia, cinghiale, cavallo, tigre), così come sente i commenti cinici che gli riservava per tutte le volte che non ci riusciva, e Rin finiva subito per riprenderlo, incoraggiando Obito a dare il meglio di sé. 

A strapparlo via dai suoi stessi pensieri sono le risate: Naruto e Sasuke stanno ridendo come ragazzini spensierati, come se non avessero affrontato una guerra finita pochi mesi prima, come se non avessero quasi finito con l’uccidersi a vicenda e non ne stessero ancora pagando tutte le conseguenze. 

Kakashi guarda Naruto passare il braccio sulle spalle di Sasuke, che si posa con la testa sulla sua spalla, lo guarda socchiudere gli occhi e sorridere mostrando bene tutti i suoi denti, coi segni di Kurama sulle guance piegarsi, e non riesce a vedere l’espressione di Sasuke, non da dove si trova, ma sa che sta sorridendo anche lui. Kakashi è felice di non riuscire a vederlo, tutto sommato: quel sorriso appartiene solo a Naruto. 

È nel bel mezzo di una riunione importantissima con l’ex Hokage Tsunade (stanno decidendo quando organizzare il prossimo torneo di poker) quando Kakashi li sente: i chakra di Naruto e Sasuke. 

Non è una cosa inusuale: è abituato a percepirli da quando sono ragazzini, e adesso che sprigionano una forza incredibile non è difficile notarli, ma quello che attira la sua attenzione, e che fa rizzare anche i capelli a Tsunade, è il chiaro segno che stiano lottando

Sono passate due settimane da quando Sasuke è uscito dalla prigione, da quando vive da solo nel quartiere che si sta impegnando a ricostruire con ben pochi aiuti esterni, e in queste due settimane non ha dato problemi, né una cattiva risposta a qualche vecchietta né tentati omicidi, quindi è chiaro capire perché Kakashi iniziasse a sentirsi sollevato, e perché adesso sia sotto shock e molto preoccupato. 

Sparisce dall’ufficio senza che Tsunade riesca a dirgli nulla: tutto quello che si lascia dietro è una nuvoletta di fumo ed un ciocco di legno. 

Non è difficile individuare Naruto e Sasuke, perché l’energia che sprigionano è tale da allertare tutto il villaggio; Kakashi arriva sulla scena della loro battaglia in trenta secondi contati, col fiatone ed il sudore freddo, e proprio quando sta per lanciarsi tra di loro e fermarli come quando li ha beccati a tredici anni a darsele di santa ragione sul tetto dell’ospedale, si blocca, perché un attimo dopo aver schivato il Rasengan di Naruto, Sasuke sta ridendo

“La pace ti sta facendo male, usuratonkachi!” dice, mettendosi in posizione di difesa con la katana stretta nella mano sinistra. “Sei ingrassato così tanto che non riesci neanche più a colpirmi”. 

“Oh ma stai zitto!” Naruto ringhia, ma dal tono è chiaro che fatica a trattenere le risate. “O ti infilo l’unico braccio che ti rimane su per il culo, Sasuke! Hai la mia parola!”. 

Kakashi non sa esattamente che cosa dire, né come Hokage, né come sensei, né come adulto di trentuno anni. Si aspettava di trovare due rivali agguerriti, quello che invece ha davanti agli occhi è la scena di due adolescenti idioti che si inseguono senza provare a colpirsi davvero (come Sasuke faccia ad impugnare un’arma e fare tecniche ninja con una mano sola, poi, è per lui un mistero: inizia davvero a chiedersi cosa non sappia fare questo ragazzino). 

Pensa che quelli che sta guardando sono i due ninja che sono riusciti a sconfiggere Kaguya, a vincere la guerra, sono i discepoli di due dei tre Sennin leggendari, uno è il figlio di Yondaime, l’altro un erede di Madara Uchiha, e si stanno rincorrendo come se fossero gattini che giocano. Gattini. Kakashi è senza parole, però poi pensa che è quasi meglio così che quando provano ad ammazzarsi, quindi tutto quello che fa a quel punto è prendere un respiro di sollievo, perché a quanto pare non c’è bisogno del suo intervento.  

Non potrebbe esserne più felice, in realtà: è come se quei due stessero percorrendo la strada al contrario, come se adesso stessero cercando di recuperare tutto il tempo in cui avrebbero potuto essere semplicemente amici, senza alcuna rivalità. In un certo senso ne è quasi orgoglioso. 

A quel punto sta per andare via, sta per voltare le spalle e tornare ai suoi affari, quando: “Sexy no Jutsu!” urla Naruto, e Kakashi, che modestamente ha una passione per la pornografia, resta a guardare. 

Sasuke è in piedi, immobile di fronte ad una Naruto tutta curve e nudità, e mentre Kakashi suda e si sente arrossire sotto la maschera, lui invece non fa assolutamente una piega. 

Quando Naruto ritorna normale, ricomparendo in una nuvoletta di fumo, si butta a terra disperato, si lamenta, e Sasuke ride soltanto. “Sei davvero un idiota” lo apostrofa, scuotendo la testa. 

A quel punto Naruto sogghigna, si passa il dorso della mano sul mento sudato, lo fissa con sguardo languido e pronuncia le parole che Kakashi non avrebbe mai, mai voluto ascoltare in vita sua: “Ti farebbe molto più effetto se mi togliessi la maglietta, non è vero, Sasuke?”. 

Sasuke, ancora in piedi, smette di ridere: sgrana gli occhi ed arrossisce, carica un calcio e prende Naruto in pieno alla testa, tramortendolo sul colpo. 

Kakashi fa la sola cosa che gli resta da fare, come Hokage, come sensei, come uomo di trentuno anni: sparisce, lasciando dietro di sé una nuvoletta di fumo ed un ciocco di legno. Quella della sostituzione è davvero la sua tecnica preferita. 

Ci sono davvero un mucchio di cose a cui Kakashi deve pensare, non che ne abbia particolar voglia; passa tutto il giorno a firmare documenti in ufficio, a spedire messaggi, a fare il conto di quanti soldi restano nelle casse di Konohagakure e qual è il miglior modo per spenderli, ad ascoltare le strategie politiche di Shikamaru Nara per mantenersi in buoni rapporti con i Paesi adiacenti anche dopo l’alleanza per la guerra. 

Fissa dalla finestra del suo ufficio la sua faccia scolpita nella roccia, in lontananza, e pensa che vorrebbe solo un paio d’ore per dormire o per rileggere i libri di Jiraiya-dono. Se lo meriterebbe dopotutto, no? 

Invece si impegna per essere un buon Hokage, esegue i suoi doveri perché vuole rendere fiero Minato-sensei, Obito e Rin, perché essere all’altezza della situazione è qualcosa che cerca di fare dal primo giorno in cui ha messo piede in Accademia, quindi non ha molta altra scelta. 

Il punto è che lui lo farebbe anche, ma qualcosa, o meglio qualcuno, occupa i suoi pensieri ormai da giorni. 

“Anche se fosse, Kakashi?” Tsunade, seduta di fronte a lui, ha già bevuto abbastanza da avere gli occhi lucidi ed il naso rosso; Kakashi è un uomo tutto d’un pezzo, è Hokage, quindi cerca con tutte le sue forze di non guardare nella scollatura di una Sennin leggendaria, ex-Hogake, donna adulta di cinquantacinque anni: sarebbe irrispettoso farlo, quindi non lo fa. “Non escludo affatto che Naruto sia attratto da quell’Uchiha, non ha fatto altro che esserne ossessionato per tutta la vita – potrebbe anche essere, non credi?”. 

Kakashi sospira, si rilassa con la schiena contro la sedia, chiede alla cameriera di portare altro sakè, perché la bottiglia è di nuovo vuota: Tsunade gli farà spendere mezzo stipendio in alcol, ne è sicuro. Maledizione. “Naruto è sempre stato innamorato di Sakura, Tsunade-dono" dice, e si gratta la nuca confuso. “Ma sono piuttosto sicuro che non stesse scherzando: quello era chiaramente flirtare”. 

Tsunade ride, prende il bicchierino tra le dita e manda giù quello che era rimasto sul fondo. “Kakashi, tesoro” continua a ridere, scuote la testa. “Cos’è che sai esattamente sul flirtare? Hai quarant’anni, e non ti ho mai visto con una donna, sempre solo con quei giornaletti pornografici di quel coglione di Jiraiya, pace all’anima sua”. 

Kakashi stringe le labbra. “Prima di tutto” dice, “ho trentuno anni, non quaranta” e continuerebbe con l’elenco, ma Tsunade, inutile a dirlo, continua a ridergli in faccia. 

L’ha invitata a cena quella sera perché sentiva il bisogno di avere un consiglio: deve parlare con Naruto? Dovrebbe chiedergli se è gay, bisessuale o qualsiasi altra cosa e fargli un discorsetto sul sesso sicuro? Ci avrà già pensato Jiraiya, immagina, a meno che non l’abbia trascinato in qualche bordello senza dirgli un bel niente di contraccezione. Dovrebbe parlare con Sasuke, forse? Immagina che non ci sia stato spazio per lui per quel tipo di discorsi tra il voglio uccidere mio fratello ed il vivo con un pervertito che passa fin troppo tempo a tirare fuori la lingua quando parla di me

Kakashi si blocca, ci pensa, rabbrividisce e si corregge mentalmente: non è che immagina, ma spera che Sasuke non abbia assolutamente avuto niente a che fare con questo genere di discorsi, soprattutto con Orochimaru. 

Ritornando all’inizio: Kakashi l’ha invitata per avere dei consigli, perché è una donna adulta, con le sue esperienze, è la più saggia tra i Sennin leggendari, è un ninja medico, chi meglio di lei per questioni d’amore? Ma a questo punto, mentre lei ancora ride e lo prende per culo, Kakashi immagina che sarebbe stato meglio parlarne con Pakkun. O con Gai, persino. 

A quel punto sta per dire qualcosa, qualsiasi cosa pur di farla zittire, quando sente la porta della locanda aprirsi, e la voce inconfondibile di Naruto riempire la sala. “Un tavolo per due, grazie!” dice, e Kakashi non ha bisogno di girarsi nella sua direzione per capire chi sia l’altra persona, perché nella stanza è calato un silenzio nervoso. 

Tsunade ha smesso di ridere, non per la tensione che si è creata, ma perché sta guardando incuriosita verso Naruto e Sasuke; poi sorride, alza il braccio e “Ragazzi!” grida, “perché non vi unite a voi? Offre il vostro sensei!”. 

Con una velocità che avrebbe fatto invidia a Lampo Giallo di Konoha, Naruto è seduto al loro tavolo, e Sasuke segue con riluttanza, prendendo una sedia e piazzandosi nell’unico angolo rimasto. “Non avete cose importanti di cui parlare?” chiede scocciato, incrociando le braccia al petto, e Tsunade lo riprende con un leggero colpetto alla nuca per la mancanza di rispetto. 

Kakashi realizza che da quando Sasuke è tornato a Konoha, non ha ancora invitato i suoi ragazzi a pranzare insieme, come ai vecchi tempi; si promette di rimediare il prima possibile, di ritagliarsi quanto più tempo gli è concesso da passare assieme a loro due e a Sakura. Farebbe un gran bene a tutti e tre, a lui ne farebbe sicuro. 

“Stavo cercando di convincere Sasuke ad iscriversi con me agli esami di selezione dei Chunin, ma lui non mi sta a sentire!” sbotta Naruto: fissa Sasuke seduto di fronte a lui, lo sfida con lo sguardo come a dirgli provaci a contraddirmi ancora; Kakashi ha visto quell’occhiata un milione di volte, e sa bene che Sasuke, sempre come quel milione di altre volte, sta proprio per contraddirlo. 

“Gran bella idea, futuro Nanadaime” sbotta, “qui a Konohagakure non vedono l’ora che Sasuke Uchiha diventi prima Chunin e poi Jonin, giusto?”. 

Kakashi e Tsunade si lanciano un’occhiata in silenzio, e no, per adesso non hanno alcuna intenzione di intervenire. 

“Da quando ti interessa del parere della gente? È assurdo!”. 

Sasuke alza gli occhi al cielo; Kakashi è quasi sicuro che abbia rischiato di guardarsi l’interno della scatola cranica tanto li ha fatti girare all’indietro. “Non mi interessa. A te invece dovrebbe, Naruto” è una cosa seria. Sasuke non lo chiama mai per nome. “E poi il titolo non darà niente di più alle mie abilità, non mi importa”. 

“Ma è per farlo assieme! Come una volta!”. 

“Vuoi davvero parlarne adesso?!”. 

Kakashi ha quasi smesso di respirare. Si chiede, in sincerità, se quello a cui sta assistendo non sia un litigio tra marito e moglie in piena regola. Si chiede, poi, chi sia il marito e chi la moglie. Realizza, infine, che davvero non vuole saperlo. 

Ad ogni modo tossisce, porta le mani sul tavolo. È ancora il loro maestro, dopotutto, magari ormai ha ben poco da insegnare in battaglia, ma può sempre dare dei pareri. “Forse, in effetti, questo non è il momento giusto per Sasuke di affrontare un simile esame” accenna, ma prima che lui possa cantar vittoria, aggiunge: “però, dimostrare ancora una volta quanto vali potrebbe spezzare una lancia a tuo favore in una situazione così delicata”. 

Sasuke lo fissa, in silenzio, e Kakashi ricambia lo sguardo per prendersi un momento ad osservarlo: si è lasciato crescere la frangia, per tenere più coperto l’occhio col Rinnegan; il suo corpo sembra essersi finalmente ripreso dalle punizioni subite, le sue spalle sono dritte, il suo viso ha un colorito sano. Kakashi sa che è merito delle attenzioni ossessive di Naruto e Sakura, e non li ringrazierà mai abbastanza. 

Sasuke sta per replicare, ma Naruto allunga la mano sul tavolo, ed afferra la sua: Kakashi sgrana così tanto gli occhi che è un miracolo che non gli stiano rotolando per terra. Tsunade, invece, è ancora immobile ad ascoltare. 

“Mi fa incazzare che ti guardino tutti dall’alto in basso, Sasuke! Hai sbagliato ed hai affrontato le conseguenze, sei uno dei ninja migliori che Konoha possa vantare di avere, e quando sarò Hokage vorrò averti come Jonin al mio fianco. Fai l’esame con me, ti prego”. 

Sasuke libera la mano dalla sua presa, ed è palesemente arrossito. Kakashi non ci crede. Kakashi non ci crede e sta per avere un infarto sul posto. Naruto diventerà Hokage molto prima di quanto immagina, perché Kakashi ha trentuno anni e non arriverà vivo alla fine di quella serata. 

“La prima volta non mi è andata molto bene” Sasuke lo sussurra: nessuno di loro tre al tavolo con lui hanno bisogno che sia più esplicito di così. Lo sanno tutti cos’è successo, la prima volta che ha affrontato l’esame di selezione dei Chunin. 

“Affrontarlo è uno dei tanti modi per dimostrare che sei cambiato”. 

Sasuke non risponde: si alza, chiede scusa, ed esce dal locale; Naruto, neanche a dirlo, come se non l’avesse fatto per tre anni di seguito, salta su e lo rincorre. 

Kakashi fissa Tsunade, e non sa che diamine dire. Per fortuna è lei che, dopo aver fatto la tosse per schiarirsi per bene la voce, annuncia: “Se questi due non sono innamorati persi, Kakashi, allora non so proprio cosa cazzo siano”. 

Froci, pensa Kakashi. I suoi due allievi sono entrambi froci

“Minato sensei” annuncia, esausto. “Non avrai nipoti”. 

Tsunade scoppia a ridere. 

 

Tre giorni dopo, Kakashi è in ufficio a curiosare (rovistare disperatamente) tra i documenti per le richieste di iscrizione agli esami dei Chunin. Quando finalmente trova quello che stava cercando sorride, e tira un sospiro di sollievo: Uchiha Sasuke è tra i partecipanti. 

Kakashi non è mai stato un mago della puntualità, ma c’è da dire che questa volta ce l’ha messa davvero tutta per cercare di arrivare in orario – con più di tre ore di ritardo, però, sa di aver miseramente fallito. 

Naruto e Sasuke (come è giusto e scontato che sia) hanno superato il loro esame, Naruto è stato (come è giusto e scontato che sia) promosso immediatamente a Jonin, e Sakura si è impegnata anima e corpo per organizzare loro dei festeggiamenti degni di un simile evento.  

Kakashi sa che non l’ha fatto solo perché adesso il loro rango è riconosciuto; sa che l’ha fatto perché vuole che Sasuke si senta a casa, vuole che il muro di freddezza che è intorno a lui si crepi fino a crollare, perché lei, esattamente come Naruto, vuole che tutti lo perdonino e lascino da parte il passato. 

Kakashi sa anche che Sakura gli farà un culo grande quanto una casa per essere così disperatamente in ritardo, e sì è l’Hokage, è un ninja che incute timore, ma le botte di Sakura sono esattamente forti come quelle di Tsunade, e se Jiraiya-dono ne aveva paura, non vede perché non dovrebbe averne anche lui. 

Ad ogni modo, questa volta davvero non è colpa sua: il suo lavoro non gli permette di lasciare l’ufficio quando gli pare; siccome gli dispiace, e gli dispiace da morire sul serio, cercherà di organizzare qualcosa con solo tutti e tre, così avrà anche finalmente una buona scusa per invitarli a quel pranzo con solo il team 7. 

Quando esce dall’ufficio sta piovendo a dirotto, ma si dirige comunque con decisione verso il ristorante dove Sakura ha organizzato la festa con tutti i compagni del loro ex corso all’Accademia; sapeva che Naruto sarebbe stato felicissimo con anche solo il ramen da Ichiraku, ma portare a cena nel suo piccolo chiosco una ventina di persone era irrealistico, quindi alla fine è stata costretta a scegliere altro. Kakashi sa benissimo che a Naruto non sarà importato affatto dove stavano festeggiando, ma il fatto che fossero tutti presenti: è per questo che sta andando lì. Vuole scusarsi, vuole subito dire a lui e Sasuke che festeggeranno a spese sue un’altra volta, ma quando mette piede nel locale, Sakura gli rivolge un’aspra occhiata di rimprovero. 

“Sono andati via due minuti fa, Kakashi sensei” dice, incrociando le braccia al petto e scuotendo la testa. “Aveva promesso!”. 

“Mi dispiace” sospira, grattandosi la nuca.  

Sakura è esasperata, se ne rende conto, ma poi ha pietà di lui, perché: “dormivano a casa di Naruto, è più vicina” gli dice. “Se si sbriga riesce di sicuro a beccarli”. 

Kakashi, a quel punto, è già fuori per strada. 

Seguire le loro tracce non è semplice con quella pioggia, ma non impossibile: Kakashi fa la strada più veloce per raggiungere casa di Naruto, e quando finalmente sente le loro voci e le loro risate rallenta, e prende fiato. A stare tutto il giorno in ufficio, inizia ad essere fuori forma, maledizione. 

“È stato un gioco da ragazzi!” dice Naruto, la gioia e l’eccitazione nella sua voce è palese. 

“Che ti aspettavi? Eravamo con una mandria di ragazzini, è stato quasi umiliante”. 

Naruto lo spintona colpendolo col gomito nel fianco. “Oh ma insomma, Sasuke! Devi essere fiero!”. 

“Di aver picchiato dei ragazzini?” chiede, il suo tono è fortemente ironico. “Il mio futuro Hokage ha questi passatempi?”. 

Naruto ride, scuote la testa, arreso. Persino Kakashi si trova a sorridere divertito; sta per annunciarsi, persino, seguire la scia della battuta di Sasuke per intervenire nel discorso ma, ancora una volta, i loro atteggiamenti lo fanno ammutolire: Naruto gli ha preso la mano e, Kakashi lo vede benissimo anche se è buio e piove, ha intrecciato le dita con le sue. 

Anche Sasuke non riesce a parlare, la sua espressione è indecifrabile. 

“Il tuo futuro Hokage” ripete Naruto, avvicinandosi. “E adesso, invece? Adesso cosa siamo?”. 

Kakashi si sente un ladro. Non vorrebbe davvero essere lì, è una situazione imbarazzante, ma hanno smesso di camminare, e se muovesse anche solo un passo noterebbero la sua presenza, se sparisse si accorgerebbero di qualcosa, e questo spezzerebbe la magia del momento. Merda, ha davvero pensato magia del momento? Deve smettere di leggere quei cazzo di harmony di Jiraiya-dono. 

Sasuke deglutisce, e Kakashi riesce benissimo a vedere il suo pomo d’Adamo fare su e giù lungo la sua gola. “Non lo so” sussurra, senza liberare la mano dalla sua presa. “Non fai che ripetere menate sul nostro legame da amici”. 

Naruto sbuffa una risata leggerissima, poi lo sta facendo arretrare fino a costringerlo con la schiena contro la parete di un edificio, riparandosi sotto una tettoia; sono completamente zuppi dopo aver camminato sotto quella pioggia, e Kakashi vorrebbe che corressero a casa a mettersi degli abiti asciutti, ma si rende conto che quello sia l’ultimo dei loro pensieri, perché Naruto ha poggiato la sua fronte contro quella di Sasuke, che gli sta passando le mani tra le ciocche bagnate dei capelli, per togliergliele dalla fronte con una tenerezza che Kakashi, onestamente, non immaginava possibile da parte sua. 

“Mi dispiace, Naruto” sussurra sulle sue labbra. “Mi dispiace per tutto-” -quello che ti ho fatto, è la frase che non aggiunge, ma non c’è bisogno. 

Kakashi Hatake è un ex anbu, ora è il Sesto Hokage, ed è il loro sensei; è diventato Chunin a sei anni, Jonin a tredici, e adesso di anni ne ha trentuno. Ma ha visto morire suo padre, il suo maestro, i suoi compagni; ha visto i suoi allievi soffrire per scelte che lui stesso avrebbe potuto impedire e allora, onestamente, di anni se ne sente molti di più. 

Sa che potrebbe essere loro fratello maggiore, magari un cugino, ma a questo punto della sua vita si sente molto più come fosse loro padre: Naruto e Sasuke sono i suoi bambini e lui non potrebbe essere più fiero di loro di quanto non sia già, mentre si baciano sotto una tettoia in una serata di pioggia, pensando di non essere visti. 

Kakashi distoglie lo sguardo e sospira, ripensa alle parole che Sasuke gli ha detto settimane prima, nel suo ufficio: voglio andare a casa

Si chiede se finalmente si senta a casa, e che cosa voglia fare in futuro, perché una risposta seria non l’ha ancora ricevuta, ma a questo punto non ha fretta, perché magari Sasuke non sa ancora con esattezza dove ha intenzione di arrivare, ma Kakashi deve riconoscere che tutti i passi che sta facendo vanno nella direzione giusta. 

Li osserva allontanarsi, ridere e correre mano nella mano sotto la pioggia come se non la sentissero neanche. 

È in quel momento, sorridendo sotto la maschera, che Kakashi lo realizza: d’ora in avanti, qualunque sarà il suo obiettivo, la strada che Sasuke percorrerà sarà sempre fianco a fianco a quella di Naruto. 

La loro storia ha sempre meritato il lietofine. 

   
 
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