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Autore: Irene Leg    03/08/2019    0 recensioni
Di ritorno da un'esperienza che ha rimesso in discussione la sua lunga storia d'amore, lo youtuber ed esperto di tecnologia Davide dovrà affrontare un improvviso cambio di identità, e il processo di costruzione di un nuovo sé indipendente dalle influenze degli altri.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Universitario
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E ma così appena atterrato a Malpensa ancora portava tutti i segni di quelle che erano state settimane particolari. Era sceso dalla scaletta in carbonio con le targhette catarifrangenti al centro degli scalini e si era incamminato verso il nastro trasportatore dei bagagli. Aveva aspettato in piedi nell’anticamera dell’aeroporto; la tramontana della sera si infiltrava per le larghe finestre lasciate socchiuse in alto, e accanto a lui aspettava una famiglia di sudamericani con in spalle e affianco talmente tanti bagagli che sembrava impossibile a Davide, semplicemente impossibile che ne stessero aspettando altri – eppure il gruppetto era silenzioso e con i visi puntati in avanti, attento, come se gli oggetti potessero scappargli se si fossero distratti un secondo. E ma Davide rimane come paralizzato per tutta l’attesa, la mente che girovaga per le settimane di palme e caldo e la villa dove è stato filmato dieci ore al giorno, (gran parte del materiale eliminato perché semplicemente noioso) e non sa cosa pensare. Quella che gli sembra la madre sta tipo pettinando una bambina che tiene in braccio, e i capelli che ha sono a malapena un’ombra sul cranio, e per quanto piccola e inerme ha anche lei uno zaino ancora più piccolo sulle spalle, che non può trasportare più di un astuccio scolastico, riflette Davide, e la madre la pettina con calma ma gettando di continuo occhiate nervose al nastro trasportatore. Un uomo sta parlando rumorosamente al telefono di questioni di lavoro; dice che ha dovuto rifare tutta la spedizione perché avevano sbagliato indirizzo – cioè renditi conto, questi non sanno neanche dove stanno loro – loro eh, non altri – loro – e la sua voce è un mescolio di lamentele acute e ringhi nervosi, e il tutto è terribilmente spiacevole da ascoltare controvoglia. E così poi finalmente c’è un breve tonfo che è il rumore delle liste di plastica spessa che hanno sputato il primo bagaglio e hanno picchiato, cadendo, contro il nastro di resina poliestere, e stanno già iniziando a gonfiarsi per poter sputare il secondo, e mentalmente Davide tira un sospiro di sollievo. Quando aveva deciso di partecipare a Naked Truths aveva dovuto combattere brevemente con il suo monologo interiore, che contestava – Davide ne riconosce la precisione e correttezza argomentativa di fondo – che non era quel genere di persona, e ma che dopotutto che genere di persona era quella che partecipava a programmi così. Però adesso aveva un agente, seppure ne era cliente part-time, e l’agente aveva detto che si era poco meno che messo in ginocchio a praticare atti indicibili (e riferiti con una punta non esattamente velata di omofobia) per trovargli quell’occasione, e che se Davide non aveva intenzione di accettarla ci sarebbero state Ripercussioni Molto Serie Per Davvero. Il suo agente era un uomo largo e ben piazzato, con un viso dall’aspetto canino, nella sua strettezza, ed era la prima volta che Davide lo sentiva riferirsi a se stesso in un contesto di attività omosessuale – seppure descritta come disgustosa – e si era trovato a domandarsi se non stesse cercando di dirgli qualcosa, il subconscio dell’uomo, sotto sotto. E ma così aveva fatto la valigia e c’era andato, non poteva fare altro, e alla fine pagavano davvero bene. La cosa che lo meravigliava di più erano i dati dell’ascolto della puntata media. No, anzi, la cosa che lo meravigliava di più era vedere come questi dati non si modificassero nemmeno durante le generose pause pubblicità. No, anzi ancora, la cosa che veramente lo meravigliava, di tutta la situazione, era tipo che le clip tratte dal programma finivano in rete, e avevano anche lì numeri pantagruelici di visualizzazioni, e c’era un genuino e profondo senso comunitario di commozione, rabbia, frustrazione, gioia e paura, attorno ai video stessi – ecco, quella era la cosa che lo meravigliava di più in assoluto – vale a dire che nessuno o quasi sembrava seguire il programma per riderne, come aveva sempre creduto fino a quel momento. La cosa aveva stupito il vecchio Davide, che come ogni prototipico ingegnere iperspecializzato rigiratosi a youtuber di roba tecnologica (anche se ora erano più vlog sulla sua vita personale, a essere del tutto interamente sinceri, Vostro Onore), faceva semplicemente fatica a concepire quanto fosse profonda la tana del bianconiglio. E ma così la realizzazione l’aveva frastornato – che poi era avvenuta appena prima di quel momento, vedendo per la prima volta le puntate uscite come spettatore, invece che protagonista. La domanda che più frequentemente gli chiedevano, nei commenti delle puntate, era se avesse veramente fatto quello che sembrava avesse fatto con la conduttrice di programmi di cucina di prima mattina, Federica P., e la risposta era sì, anche se non nel programma. La verità era che sì, si erano veramente appartati per consumare in assoluta riservatezza – lui fidanzato, lei sposata – e ma la produzione era venuta in qualche modo a saperlo comunque, e così erano stati praticamente ricattati e costretti a mettere su la messinscena. Davide si era lasciato convincere facilmente, progettando una sorta di doppio bluff – cioè che se tradiva apertamente, pubblicamente sulla televisione nazionale, sarebbe stato semplicissimo far credere a tutti quelli che conosceva che si trattava solo di una finta televisiva. E Federica era ugualmente d’accordo. Così ora in piedi sul pavimento di linoleum verde acqua dell’aeroporto di Malpensa, sotto le luci fluorescenti dei led al tramonto, Davide pensa alla sensazione aliena di stringere il seno rifatto di Federica P.; come il silicone abbia un modo di piegarsi differente dalla carne, che non saprebbe descrivere bene. Federica P. aveva larghe labbra rosse che tendevano a curvare leggermente verso il basso, e non sorrideva mai, nemmeno nei momenti di intimità maggiore, e Davide le aveva chiesto più di una volta se era per evitare le rughe, non avendo creduto ai vari no, fintanto che la settima sera la donna aveva ceduto e le era venuto un vero e proprio attacco di panico silenzioso, e gonfiava e sgonfiava i polmoni aritmicamente, e aveva lo sguardo piantato per terra, e poi tra singhiozzi e lunghe pause in cui semplicemente riprendeva a guardare a terra, come dovesse aspettare di aver caricato un file per poter ricominciare a parlare, aveva confessato a Davide di aver dovuto fare cose orribili, semplicemente orribili, per essere lì dove era, con la televisione e i cinepanettoni e tutto il resto, e Davide aveva pensato che era la seconda volta che veniva a sapere di una storia simile a distanza di pochi giorni, e la situazione l’avrebbe fatto anche ridere, se non fosse che Federica P. aveva continuato a parlare, e ora stava dicendo che non aveva mai avuto il coraggio di confessarlo a suo marito, e se lui forse sospettava qualcosa o lo sapeva, comunque facevano entrambi finta di niente – e lui si era sempre mostrato più che comprensivo e gentile e generoso, e vederlo sempre così aperto e disposto, in contrasto a come lei gli nascondeva le cose, la metteva a disagio, sì, a disagio era un eufemismo – e si sentiva uno schifo per quello che stava facendo, e sentendosi uno schifo non voleva smettere, perché il tempo fa dimenticare, gli aveva ripetuto cinque o sei volte, a Davide – il tempo fa dimenticare e allora sembra che vada tutto bene, ma non va tutto bene, non va bene per niente – e così continuava e continuava, per rinnovare continuamente come si sentiva, e ora lo stava dicendo anche a lui, a Davide, dopo che si erano appartati e Davide le aveva baciato i capelli su un largo telo da spiaggia blu, con dentro ricami di un blu leggermente più scuro a sei centimetri dai bordi, all’ombra inutile nella notte di due palme curve, leggermente prima di dove alloggiava la crew per le riprese, e lontano dalla vista di tutti. O almeno così aveva creduto. Federica P. baciava male, si era trovato a pensare. Aveva un modo quasi animalesco di accoppiarsi, un animale da guardia che scandaglia e protegge il territorio appena conquistato.
 
Davide è seduto nella penultima fila sul pullman che dall’aeroporto porta in Centrale a Milano; l’ultima fila prima di quella unita con i cinque posti attaccati, dove al liceo finivano sempre i ragazzi più popolari. È notte fonda e all’interno quasi tutte le luci sul bordo esterno dello scompartimento per i bagagli sono rotte, e ogni volta che qualcuno accende un cellulare gli occhi si strabuzzano come quelli delle falene. Sembra quasi un’avventura, il viaggio nel mezzo della notte, e Davide lo pensa anche se non vorrebbe. Vorrebbe ci fosse più gravitas in tutta la situazione, con la cosa che sta tornando a casa e per di più la sua compagna si chiama Federica anche lei, combinazione, e vorrebbe sentirsi peggio, ma la verità è che non si sente male per niente, tipo. Tipo sente solo un vuoto che richiama costantemente la sua attenzione, e se non riesce a pensare ad altro,
di fatto non sta nemmeno pensando realmente a quello. Sta pensando brevemente che Federica P. manifestava a voce un entusiasmo comandato e fuori misura, che Davide pur non avendo grossi problemi di autostima riconosce non poteva essere lui a causare. Il che più che galvanizzarlo o incoraggiarlo lo portava a chiedersi quanta parte sottostante ci fosse di reale e quanto stava completamente fingendo, e se fingeva quasi o tutto, come sembrava, perché si ostinava allora a rimanere lì, senza particolari pressioni fisiche o psicologiche per restarci. E così il tutto era più che una distrazione un vero test, biologicamente parlando: mantenere un’erezione mentre la tua mente corre fra mille scenari paranoici differenti sul perché la persona di fronte a te sta manifestando entusiasmo per quello che state facendo, ma lo sta facendo in un modo così palesemente plastico che non può che stare cercando di mandarti un messaggio – e allora perché non riesci a coglierlo, sei diventato improvvisamente stupido? – senonché non c’è nessun messaggio che dato il contesto dovrebbe cercare di mandarti, e quindi il ciclo si ripete, e così via. Davide si domanda brevemente perché l’abbiano rifatto, la sera successiva, dopo la prima volta in cui lui aveva combattuto con se stesso per riuscire a funzionare, biologicamente parlando, e Federica aveva dimostrato chiaramente di stare partecipando solo pro forma. Eppure l’avevano rifatto la sera dopo, e la successiva, e le ultime due fino alla fine del programma, entrambi come consapevoli che smettendo avrebbero dovuto ammettere a se stessi qualcosa di peggiore del rituale in sé.
 
Davide apre la porta di casa, il quarto piano di una casa in zona Isola; le basi dell’edificio sono spesse e squadrate, come un’armatura per il resto della struttura. E ma nonostante faccia di tutto per non causare rumore, Federica si sveglia un secondo dopo. Davide la vede arrivare dal lato opposto del corridoio. Cammina decisa, il viso è disteso ma serio. Federica lo guarda in silenzio, aspettando che sia lui a iniziare a parlare. L’argomento è scontato per entrambi. La televisione era stata piuttosto esaustiva. Ma Davide rimane in silenzio.
“Allora?” chiede Federica.
Davide scorre mentalmente il monologo che ha preparato. Si sarebbe messo a ridere, e avrebbe detto: ma quello? Davvero ci hai creduto? E poi avrebbe riso di nuovo. Ah ecco, avrebbe detto Federica, lo sapevo che era tutto finto, e sarebbe finita lì. Tutti i pensieri che aveva avuto fino a quel momento si sarebbero dissipati, sciolti dalla consapevolezza che Davide non avrebbe mai potuto farle quello che sembrava avesse fatto. E forse l’avrebbe trovato anche attraente: il mondo convinto di un tradimento, e lui invece segretamente, profondamente innamorato – avrebbe immaginato Davide disgustato da quello che la televisione lo costringeva a fare, perché così perso di lei. Sarebbe stato il loro segreto, da soli contro il mondo. Sarebbero andati a letto assieme, e Federica gli avrebbe passato una mano sul petto, come faceva spesso, e gli avrebbe detto e che ne diresti invece di fare sul serio, adesso. Davide prende tempo, per rispondere, e si ripete mentalmente la scena. Se la ripete un centinaio di volte, e alla fine dice: “mi dispiace.”
Federica aspetta qualche secondo. Sente che Davide sta per aggiungere altro: qualcosa che spieghi, qualcosa che giustifichi. Ma Davide è fermo e immobile, si è solo tolto la giacca e l’ha poggiata sui ganci al muro vicino all’ingresso.
“Hai idea di cosa significhi questo per me? Perché l’hai fatto?” chiede Federica, e la sua voce non è nemmeno alterata; si sta confrontando con qualcosa di talmente enorme e incomprensibile che non riesce a prendere una posizione a riguardo.
“Non lo so” risponde Davide, ed è vero. Federica non sa come reagire.
“Ora vorrei andare a letto, però. È tardi e sono molto stanco” dice Davide, e anche questo è vero. Federica è bombardata da tante piccole scintille di pensieri. E ma per quanto l’immagine di Federica P. sotto accusa da tutti per quello che aveva fatto, e il tentativo di difendersi agitando le braccia e parlando forte (e sopra gli altri ospiti in studio) le avesse lasciato un senso amaro di noia disgustata, quando l’aveva seguita in diretta, ora la rivede, e nella sua mente non c’è più nulla di quello che rendeva la situazione patetica e televisiva e trash, e c’è solo il confronto fra una persona e le conseguenze delle sue azioni. Davide è a letto, dorme sereno. Non è andato in bagno – non si è quasi spogliato.
 
La mattina dopo la discussione ricomincia. È uno strano miscuglio di toni, con Federica che insiste a cercare di capire cosa possa aver mai convinto Davide a farle una cosa del genere, e Davide che sinceramente non sa cosa dire che non sia terribilmente offensivo – à la sinceramente non mi interessava più niente di te e l’idea di tradirti in diretta televisiva non mi ha turbato per un singolo secondo – e Federica parla sempre con i palmi delle mani rivolti verso l’alto, e mentre parla Davide pensa a come la ragazza citi spessissimo il suo paesino del cazzo nelle Marche, come quando non è fisicamente lì ricordi sempre a tutti come le manca, e come parli sempre di sua madre (mia madre ha detto questo e mia madre pensa questo), e in quel momento, in cui dovrebbe provare empatia e pietà e negare e costruire una realtà migliore di quella che esiste, non ce la fa – e allora continua a ripetere la stessa cosa – cioè che l’ha fatto perché l’ha fatto, e non ci sono altri motivi – e Federica gli ricorda che sarebbero dovuti tornare a vivere assieme nelle Marche, che avevano già visto la casa, e che questo non può essere vero e non può stare succedendo veramente; che è tutto così improvviso e assurdo. Davide risponde che è semplicemente così, che la ragazza però può restare tutto il tempo che le serve. Federica ha il viso rosso e piange. Sono ancora sdraiati a letto; sono le sei e un quarto di domenica mattina.  “È per qualcosa che ho fatto?” chiede Federica. “Non sei tu, sono io” risponde Davide, e il peso della frase fatta cala su entrambi, schiacciandoli contro i cuscini e lo schienale del letto. Federica lo guarda. Davide si è tirato su e la fissa con aria seria. Federica si sporge in avanti e cerca di baciarlo, ma Davide si scosta, e la ragazza rimane paralizzata stringendo il lenzuolo azzurro fra le mani e rendendosi conto che ha appena cercato di baciarlo e quanto è triste e patetico tutto questo. Davide si alza e va in cucina. Infila una tazza di latte nel microonde. Si siede al tavolo di simil-legno. Quando estrae il latte dal microonde gli appare. La ragazza si è vestita e ha in mano una piccola valigia. “Torno a prendere il resto domani” dice fra i singhiozzi. “Hai le chiavi” risponde Davide, e abbozza un sorriso, che sopprime subito dopo.

[fine Capitolo 1]
 

   
 
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