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Autore: evil 65    03/08/2019    16 recensioni
La guerra contro Thanos si è conclusa da cinque anni, e la Terra sta ormai uscendo dal difficile periodo antecedente allo schiocco che cancellò metà della vita nell’universo.
Dal profondo dello spazio, tuttavia, sta per giungere una nuova e antica minaccia.
L’uso delle Gemme dell’Infinito ha causato il risveglio di una creatura che dormiva negli abissi del cosmo, e che ora, dopo aver provocato carestie e devastazioni su vari pianeti, si dirige minacciosa verso la Terra.
Una furia immensa e bestiale, una divinità antidiluviana e una maledizione, che il mondo imparerà a temere col nome di King Ghidorah…
( Crossover Avengers x Godzilla )
Genere: Drammatico, Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Carol Danvers/Captain Marvel, Doctor Stephen Strange, Peter Parker/Spider-Man, Thor, Wanda Maximoff/Scarlet Witch
Note: AU, Movieverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Avengers Assemble'
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Ecco un nuovissimo capitolo!
Con questo aggiornamento si entra nella terza parte della storia, che commemorerò con questo fan-trailer da me creato : https://www.youtube.com/watch?v=juE5dD22V3k
Come al solito, vi invito a controllare le note a fine capitolo per maggiori chiarimenti.
Vi informo già che tutte le informazioni scientifiche che troverete nell’aggiornamento sono vere.
Buona lettura, e spero che troverete il tempo per lasciare una recensione!

 

Capitolo 10
 
Jane Foster si svegliò di colpo, le orecchie martellate da un fischio ritmato e costante.
Alla mente della donna si presentò una visione nitida, come il ricordo del latte gocciolante sul mento del padre o della sua ex assistente, Darcy, che scappava dallo studio dopo averle rubato una ciambella, come se avesse dei razzi ai piedi.
Vide i soldati che l’avevano accompagnata, Selvig e il resto degli scienziati che perivano a decine, mentre cercavano di scappare da una bestia uscita direttamente dai meandri dell’inferno. Vide la neve macchiarsi del loro sangue innocente.
Questa visione la ferì in modo del tutto inaspettato, lacerando un punto che non era ancora morto, ma solo assopito. Era quello spazio che aveva reagito con tanta forza alle urla dell’amico, che aveva creato quell’effetto sonoro che per poco non le fece scoppiare la testa dal dolore.
Jane raddrizzò la schiena, vide sangue fresco sul palmo della mano e lanciò un grido, cercando in tutti i modi di toglierselo di dosso. Così facendo, lasciò una suntuosa striscia rossa sui vestiti.
Iniziò a guardarsi intorno, il volto adornato da un’espressione terrorizzata.
La radura era praticamente bruciata.
Il nulla. Niente corvi, niente ghiandaie, niente picchi o scoiattoli. Si udiva solo il vento e, ogni tanto, il plop attutito di un piccolo strato di neve che cadeva dai rami. La fauna selvatica locale se ne era andata, come un buffo corteo di animali usciti da un cartone animato.
Poi, i ricordi di ciò che era avvenuto poche ore prima le tornarono tutti in una volta, con la stessa intensità di un treno in corsa.
Senza perdere tempo, la donna iniziò a incamminarsi verso il punto in cui erano atterrati.
Non nevicava più, ma il cielo era ancora buio e il vento sembrava sul punto di rafforzarsi. La radio non aveva forse parlato di una bufera in due tempi? Non se ne ricordava, e non aveva poi molta importanza.
Da qualche parte, a Ovest, risuonò un’enorme boato. Jane guardò in quella direzione, ma non vide nulla, solo grandi masse purpuree. La tempesta si era allontanata.
Varcò il confine del campo base, camminando sulla neve segnata dai solchi delle jeep militari, e si avvicinò alla tenda principale, la cui parte esterna era quasi del tutto crollata a causa del vento. Il generatore ronzava, e le assi di metallo ancora in piedi erano ormai sul punto di crollare.
Jane si fermò a esaminare la strumentazione, per lo più intatta, anche se alcune antenne sembravano bruciate. Tutto sommato, si era aspettata di peggio.
Rimase dov’era per un istante, cercando di ricordare la sistemazione delle apparecchiature. Selvig sarebbe stata più brava di lei – a occhi chiusi, facendo ondeggiare l’indice, le avrebbe scritto tutto nei minimi dettagli – ma in questo caso Jane pensava di poter fare a meno dell’abilità dell’amico ormai defunto. Dopotutto, aveva aiutato anche lei a sistemare la tenda. E gran parte della apparecchiature presenti nel campo base le aveva comprate personalmente con i finanziamenti dello Shield.
Ma ciò che la interessava davvero era la posizione del cellulare appartenuto all’uomo, che come da manuale aveva lasciato nella stanza prima che si recassero dal meteorite. E conoscendo l’amico, probabilmente era protetto dalla stessa identica password che usava da quando lo aveva conosciuto più di vent’anni fa: Jeanne, il nome della sua defunta moglie.
Accese le apparecchiature di rilevamento e, dopo quasi dieci minuti passati a girovagare per la tenda, riuscì a trovare anche il dispositivo di comunicazione. Era caduto a terra, ma sembrava in buone condizioni.
Jane digitò la parola d’ordine.  L’intuizione si rivelò corretta, con suo grande sollievo.
Fatto questo, la donna cominciò a scorrere i contatti. E fu proprio in quel momento…che i monitor presenti nella tenda cominciarono a lampeggiare di rosso.
 
                                                                                                                                             * * * 
 
Il quartiere di Harlem non era certo nuovo ai cambiamenti inaspettati.
Negli anni venti, fu il centro in cui nacque un movimento culturale nero detto rinascimento di Harlem, che fu un tempo di produzioni artistiche come il jazz, i cui spettacoli erano destinati solo a gente bianca.
Harlem fu anche una delle prime zone in cui i ragazzi di strada iniziarono a ballare a ritmo di canzoni hip hop.
Nel corso del periodo immediatamente successivo alla fine della Seconda Guerra Mondiale, il quartiere divenne meta di molti immigrati ispano-americani. In pochi anni, anche a causa di una sorta di periodo di decadenza generale dell’area, si trasformò in una zona povera, con un elevato tasso di disoccupazione e criminalità.
Per anni conosciuto come il quartiere più pericoloso, malfamato e decadente all'interno dell'isola di Manhattan, a partire dalla metà degli anni novanta del XX secolo cominciò a cambiare faccia, grazie soprattutto alla volontà dei suoi abitanti, decisi a mutare la situazione in meglio.
Un’opera che negli ultimi anni era stata portata avanti da Luke Cage, ormai rappresentate ufficiale della popolazione nera di New York.
Lo chiamavano con molti nomi : Powerman, l’uomo a prova di proiettile, oppure il protettore di Harlem.
E in quanto tale, il superumano aveva speso l’ultima mezz’ora a combattere una mandria di strani insetti che aveva cominciato ad attaccare la gente del quartiere come cani randagi. Inutile dire che non era esattamente il modo con cui si era aspettato di terminare la giornata.
<< Vuoi combattere ancora, schifoso Frankestein di merda?! >>
Luke Cage si avvicinò ad una delle pulci, sferrandogli un cazzotto con la forza di un locomotore.
Il gigantesco insetto barcollò all’indietro, andando a sbattere contro una recinzione metallica come un missile su un paravento in bambù. Fece a brandelli la tettoia di una vecchia macchina sportiva e finì la sua corsa contro un minivan parcheggiato lì accanto.
Luke saltò dietro a un'altra pulce, coprendo sei metri a ogni balzo che faceva.
<< Avanti! >> urlò. << Io e te, mostriciattolo! È quello che volevate, no?>>
Lanciò in aria una moto e l’animale fu costretto a compiere un salto all’indietro per scansarla.
Un quartetto di pulci afferrarono con i denti le braccia dell’eroe. Luke non si scompose nemmeno e frantumò le mascelle degli insetti come se fossero di carta, lanciando via i corpi e scaraventandoli a decine di metri da lui.
Poi, strappò l’asse di un veicolo e la usò come mazza. La fece roteare attorno a sé, ma uno degli artropodi la afferrò all’estremità. Una rapida mossa e la sbarra di acciaio si ruppe contro il volto dell’uomo.
L’insetto balzò in avanti, atterrandolo e preparandosi a mordergli la testa. Tuttavia, poco prima che potesse farlo, una sfocatura nera spedì l’animale dritto contro la finestra di un grattacielo.
Luke dilatò le pupille per la sorpresa, compiendo un passo all’indietro. Nello stesso istante, la figura di Jessica Jones atterrò di fronte a lui con un balzo, il volto adornato da un sorriso divertito.
<< Sei diventato lento >> commentò la donna.
<< E tu puzzi di alcol >> ribattè caldamente Luke, con un roteare degli occhi.
Era tipico di Jessica cercare in tutti i modi di punzecchiare gli altri alla prima occasione. Una delle ragioni principali per cui non aveva molti amici, ma in fondo sapeva che questo era esattamente ciò a cui mirava. Ecco perché si erano lasciati…
Liberando la testa di quei pensieri, si rese conto che la sua vecchia amante non era sola. Ad affiancarla c’era un giovane ragazzo poco più giovane di lei, con capelli castani e dal vestiario molto simile.
<< Lui chi è? >> chiese il protettore di Harlem, indicando il nuovo arrivato.
Jessica inarcò un sopracciglio, lanciando una rapida occhiata in direzione del compagno di bevute. L’aveva davvero seguita fino a qui? Sinceramente se ne era quasi dimenticata, anche se fece del suo meglio per nascondere la cosa.
<< Ford, Luke. Luke, Ford >> disse dopo un attimo di silenzio, indicando i rispettivi uomini.
<< Salve >> salutò il ragazzo, mentre Luke si limitò a porgergli un cenno del capo.
Poi, il protettore di Harlem volse la propria attenzione nei confronti di Jessica.
<< Sai che cosa sta succedendo? >>
<< Speravo potessi spiegarmelo tu >> rispose lei, incrociando ambe le braccia davanti al petto.
L’uomo rilasciò un sospiro scontento.
<< Brancolo nel buio. La tempesta è arrivata circa un’ora fa, c’è stato un boato, e poi questi affari sono sbucati fuori dal nulla >> disse indicando i cadaveri delle pulci che aveva ucciso.
Jessica assimilò le informazioni con la precisione di un computer, prendendo una rapida panoramica dell’area circostante.
<< Da dove veniva il boato? >> chiese all’improvviso, attirando lo sguardo del vigilante.
Questi sembrò pensarci su, prima di indicare una parte ben precisa della città.
<< Sembrava vicino al centro. Times Square, probabilmente >> disse con tono vagamente convinto. Non era il massimo, ma per Jessica era comunque abbastanza.
Girò la testa verso Ford e gli posò le mani sulle spalle.
<< Hai un posto dove andare? >> domandò seriamente, mentre il ragazzo arrossiva a causa della vicinanza con la donna.
Annuì rapidamente, ricevendo un sorriso soddisfatto da parte della detective.
<< Allora ci salutiamo qui >> disse Jessica, superandolo e procedendo a dirigersi verso il centro di New York.
Ford la fissò incredulo.
<< Aspetta, e tu dove vai ?>>
<< A Times Square >> rispose la detective, senza nemmeno voltarsi.
Il ragazzo lanciò una rapida occhiata in direzione di Luke. Questi scrollò semplicemente le spalle, come se fosse abituato al comportamento impulsivo di quella strana donna.
Poi, senza nemmeno dare tempo a Ford di argomentare, cominciò a seguirla.
 
                                                                                                                                                * * * 
 
Quake porse ambe le mani in avanti, generando una possente onda sonica che investì qualunque cosa incontrò sul suo cammino, dalle macchine al manto stradale. Wanda fece lo stesso con i suoi poteri, e i due attacchi si incontrarono a mezz’aria.
L’onda d’urto risultante si propagò fino alla cima degli edifici che le circondavano, manifestandosi sotto una pioggia di vetri taglienti e cocci. Quake si scansò all’indietro per evitarli, mentre l’avversaria si limitò ad evocare dal nulla uno scudo telecinetico sopra la testa, che fermò l’avanzata dei detriti cadenti.
<< Wanda, non voglio farti del male >> disse Quake, mettendosi in una posizione difensiva.
In tutta risposta, gli occhi della Scarlett Witch balenarono di giallo. Poi, la donna porse la mano destra in avanti, compiendo un rapido movimento con il polso.
Allo stesso tempo, un totale di quattro macchine volarono in direzione di Quake. L’Avenger alzò le braccia e generò un’altra onda sonica, riducendo i veicoli ad un ammasso di ferraglia.
Si voltò, appena in tempo per frenare un pugno telecinetico ad opera dell’ ex-Avenger.
<< Ok, pessima scelta di parole >> borbottò a denti stretti, mentre i suoi piedi cominciarono ad affondare nel manto stradale.
La Scarlett Witch non rispose e prese a bersagliare Quake con una raffica di calci e pugni, tutti accompagnati da un intenso bagliore rosso. Ognuno di quei colpi, unito ai poteri della donna, era l’equivalente di una moto in corsa, e Daisy fu costretta a fare appello ad ogni oncia della propria forza per frenarli.
<< Wanda, ti sta controllando! >> urlò, evitando un pugno che generò diverse crepe sull’asfalto. << Torna in te! >>
Ma la Scarlett Witch rimase in silenzio, continuando ad attaccarla come se non volesse più fare altro.
Ad un certo punto, Quake riuscì ad afferrarle il polso, abbassando la testa e colpendola con un poderoso calcio dritta allo stomaco. Il colpo, unito ad un’onda sonora più debole, fu sufficiente e spedire l’avversario contro un bus che si trovava a circa dieci metri dalla coppia.
L’impattò spinse il veicolo verso un lampione, ne distrusse i finestrini e deformò la copertura in alluminio.
Quake sorrise soddisfatta. Tuttavia, quell’espressione vittoriosa fu assai di breve durata.
Wanda si alzò da terra come se nulla fosse, circondata da un’intesa aura rossa. Attorno a lei, detriti e pezzi di metallo cominciarono a volteggiare come sacchetti di plastica.
L’Avenger deglutì a fatica.
<< Ehm…scusa? >> disse con tono imbarazzato.
E poi, Wanda le scaraventò addosso il bus, spedendola nel quartiere adiacente.
Poco più in là, Ghidorah stava osservando la lotta con aria divertita.
Internamente, si ritrovò impressionato dalle capacità combattive e dal potere di quella Wanda Maximoff. Forse, dopo aver completato ciò per cui era venuto su questo sporco pianeta, l’avrebbe portata con lui. Una forza lavoro preventiva, come quei parassiti che lo seguivano come mosche.
Ma non ora non era certo il tempo di soffermarsi su simili pensieri. Con i difensori della Terra ormai occupati, era finalmente giunto il momento che tanto aveva atteso.
<< Siete pronti, fratelli miei? >> chiese la testa centrale, rivolta alle altre due.
Quella di destra annuì risoluta, mentre la testa di sinistra ridacchiò entusiasta, facendo scattare la lingua biforcuta.
La testa centrale sorrise soddisfatta. Poi, il mostro tricefalo allargò ambe le ali.
La tempesta che aleggiava sopra New York sembrò crescere d’intensità, mentre numerosi tuoni e lampi iniziarono a saettare da ogni dove, investendo palazzi, persone occasionali e qualunque cosa fosse così sventurata da trovarsi sul loro cammino.
 << Ecco il tuono. Che tremi la terra >> sussurrò il drago, per poi lanciare un ruggito proveniente da un altro mondo. Un grido che sembrava scaturito dai meandri più bui dell’inferno stesso, accompagnato dal freddo riso della mietitrice.
E mentre la terra cominciò a tremare…la bestia lanciò un grido di guerra che risuonò per tutta la lunghezza di quella città ormai devastata.
<< Noi siamo il fulmine! Noi siamo…MORTE! >>

                                                                                                                                         * * * 
 
( Theme : https://www.youtube.com/watch?v=0xd07goJFmA )
Per capire meglio quello che sarebbe accaduto su tutto il pianeta di lì a poco, è necessaria prima una piccola lezione di scienze.
Sostanzialmente, è possibile affermare che la Terra sia costituita da tre parti essenziali. Partendo dall'interno, infatti, abbiamo il Nucleo contenente ferro e nichel, che costituisce la componente principale del Campo Gravitazionale terrestre.
Lo avvolge poi il Mantello, il quale ha una viscosità molto elevata, ed infine lo strato più esterno, noto come Crosta. 
La parte più superficiale del Mantello e la Crosta vanno a costituire quella che è definita come Litosfera, che scorre a sua volta su un piccolo strato parzialmente fuso del mantello sottostante detto Astenosfera. 
Vi sono poi due tipi di crosta: quella continentale, che è spessa ma leggera (profonda circa 30 km), e quella oceanica, che è più sottile della precedente ma più pesante (profonda circa 10 km).
La Litosfera però, non è un involucro unico e continuo, ma è costituita da più pezzi che interagiscono tra loro. Si hanno infatti margini divergenti, dove due pezzi, o meglio due placche, divergono. E in prossimità di queste zone, note come dorsali medio oceaniche, nuova crosta viene prodotta in continuazione a causa della risalita e successiva solidificazione del mantello sottostante, che risale lungo questa voragine.
Oltre a questi margini esistono anche quelli definiti come convergenti dove, al contrario, le due placche si scontrano come quelle macchinette elettriche tipiche delle sagre di paese.
Lungo i suddetti margini una placca subduce, ovvero, sprofonda sotto la seconda.
Quando si viene a scontrare una placca oceanica con una continentale, a far sempre una brutta fine sarà la placca oceanica, mentre quella continentale si salverà. Nel caso di due placche oceaniche…una delle due sprofonderà, generando uno spostamento improvviso di acqua calda verso la superficie del mare e portando alla creazione delle cosiddette onde anomale, o tsunami. 
I parole povere, quando la nuova crosta nasce è molto leggera, e come tutti i giovani si da delle arie, tutta gagliarda. Purtroppo, prima o poi l'età comincia a farsi sentire e la povera sfortunata diventa più fredda e più densa, tanto che il mantello sottostante su cui scorre non può più sorreggerla, e quindi va "in subduzione".
Nei pressi di dorsali medio oceaniche, proprio nel punto in cui la placca subduce, in contatto con le rocce della crosta può entrare dell'acqua marina, e questo causa la loro alterazione.
Le rocce alterate diventando idratate, e quando raggiungono una certa profondità (a causa della placca che sprofonda) liberano l'acqua che racchiudevano, lasciandola scorrere nel mantello in cui sono immerse.
Così facendo il mantello si idrata, e il suo punto di fusione si abbassa: si generano così fenomeni di magmatismo, eruzioni e scosse sismiche.
Il margine del pacifico era uno dei principali punti di sbocco di tale fenomeno, "decorato" da apparati vulcanici e terremoti che illuminavano la placca oceanica in subduzione, andando a formare il cosiddetto Anello di Fuoco. Ma tali disastri ambientali erano limitati a zone piuttosto isolate, e non costituivano un pericolo per le popolazioni locali.
Tutto questo era possibile soprattutto grazie al Campo Gravitazionale della Terra, che impediva alle placche di galleggiare sul mantello e modificare continuamente l’assetto esterno del pianeta.
Ma quando Ghidorah lanciò quel ruggito di sfida, esattamente alle ore 18:00 di New York City, non lo fece solo per dare spettacolo. No, perché lui cominciò a modificare la gravità del pianeta che aveva scelto come prossimo pasto, con conseguenze a dir poco devastanti.
In tutto il mondo era in corso un disastro. Improvvisamente gli idrati decomposti di metano presenti nei mari del Nord – fino a poco prima stabili estensioni di ghiaccio che s’infilavano nei sedimenti del fondale – crollarono su loro stessi.
Per un tratto di centocinquanta chilometri, il legame ghiacciato di acqua e metano si trasformò in un’esplosione di gas.
Mentre i sismografi di tutto il mondo registravano lo smottamento delle varie scarpate, il magma si apriva la strada verso la libertà, facendo saltare le pareti verticali, strappando pezzi di roccia, facendo tremare l’intero pianeta come una pentola a pressione. E le placche tettoniche cominciarono a galleggiare.
Nel giro di qualche secondo, chilometri cubi di detriti e lava crollarono.
In una mostruosa reazione a catena, le masse scivolarono l’una sull’altra, sfondando le ultime strutture ancora solide e trasformandole in fango.
L’Anello di Fuoco, con i suoi centinaia di vulcani esterni e sottomarini, esplose con una cacofonia di esplosioni pari a 2000 bombe atomiche sparate in contemporanea dalla stratosfera.
Sui confini delle altre placche franarono milioni di tonnellate di fango, magma e macerie.
Quando le prime propaggini della salvina raggiunsero la California, sulla faglia sismica tra Los Angeles e San Fransisco non c’erano più barriere, ma c’era soltanto una massa libera che precipitava sempre di più, devastando tutto ciò che poco prima aveva forma e struttura.
Una parte della placca si diresse a Ovest, e infine sì fermò contro i banchi che circondavano la Placca del Pacifico, distruggendo ambe le città con un terremoto di almeno 9.8 gradi della scala Richter, il più grande mai registrato a memoria d’uomo.
In Norvegia, una parte della salvina si divise lungo il rialzo tra l’Islanda e il continente europeo. La maggior parte, però, avanzò nel canale tra Regno Unito e Shetlands, come un gigantesco scivolo. Nulla riuscì a fermarla, e ciò provocò la formazione di numerosi tsunami.
In Indonesia, la situazione era anche peggio. Lo stesso bacino abissale che migliaia di anni prima aveva accolto la nascita della Fossa delle Marianne, ora si stava riempiendo di tonnellate e tonnellate di magma e metano fuoriusciti dal fondale, che procedevano inarrestabili verso l’alto ad una velocità inimmaginabile.
Allo stesso tempo, crollò lo Zoccolo Continentale. Fu semplicemente strappato via per una larghezza di cento chilometri. E ciò portò anche all’eruzione del Monte Fuji, in Giappone.
In meno di 30 minuti, erano già morte almeno 10 milioni di persone.

                                                                                                                                                  * * * 
 
All’interno della base dello Shield, nel Nevada, la situazione non era certo delle migliori.
I vari schermi che costituivano la sede di comando iniziarono a illuminarsi di rosso, mentre la terra sotto i piedi di tutti cominciò a tremare.
Gli allarmi suonavano come se impazziti, mentre scintille e pezzi di calcestruzzo scendevano dal soffitto.
<< Che diamine sta succedendo?! >> esclamò Fury, tenendosi ai bordi del tavolo tattico per evitare di cadere.
Affianco a lui, Maria non era messa meglio.
<< Non lo sappiamo, signore! Sono state rilevate scosse sismiche in tutto il mondo! >> disse la donna, cominciando a far scorrere il laptop che teneva tra le mani. << Tokyo, Los Angeles, Pechino, Roma, Hawaii…sono ovunque!>>
L’uomo fece per chiedere ulteriori informazioni, ma in quel preciso istante il telefono che teneva nella tasca della giacca cominciò a suonare. Una musica bassa e ritmata, come quella utilizzata dai primi telefoni satellitari degli anni 90.
Conosceva il numero che lo stava chiamando: apparteneva a Erik Selvig, il capo della sezione scientifica dello Shield.
Senza perdere tempo, Fury si portò il dispositivo all’orecchio destro, tappandosi l’altro per bloccare la cacofonia di suoni e urla che stava riecheggiando per tutta la stanza.
<< Pronto? >>
<< Fury, grazie al cielo! >> rispose una voce assai familiare dall’altro capo della linea. E non era certo di chi si aspettava.
<< Dottoressa Foster? >> domandò incredulo. << Perché ha il telefono di Selvig? >>
<< Selvig è morto, signore >> disse la donna, sorprendendo la spia.
<< Com’è successo? >>
<< Eravamo stati inviati ad indagare un meteorite caduto in Alasaka e…e…non lo so, qualcosa ha attaccato il campo base, ha ucciso Selvig… >>
<< Questa “cosa” sembrava per caso uscita direttamente da un romanzo di Tolkien? >> la interruppe Fury.
Ci fu una breve pausa.
<< Come lo sa? >>
<< Diciamo solo che non è per niente timida >> borbottò l’uomo, lanciando una rapida occhiata verso gli schermi e gli allarmi della base.
Sentì la donna deglutire dall’altro capo della linea.
<< Non importa, non ti ho chiamato per questo. Sapete cosa sta succedendo in tutto il mondo?>>
<< 2012 versione 4D? Sì, ce ne siamo accorti >> rispose sarcasticamente Fury. In quel preciso istante,una forte scossa sismica colpì l’edificio, e il Direttore si ritrovò a terra.
L’uomo lanciò un’imprecazione, mentre Jane riprese a parlare.
<< Penso di conoscerne la causa >>
<< Spiegati >> ordinò Fury, usando il tavolo per rialzarsi. Notò pigramente che Maria era riuscita a tenersi in piedi nonostante la potenza dell’urto. Dio, stava diventando vecchio.
<< Qualunque cosa sia quel mostro… penso che stia invertendo la gravità del pianeta. I miei strumenti stanno rilevando linee gravitazionali che partono direttamente dal meteorite e arrivano fino a New York, avvolgendo l’intero pianeta come una rete. E ciò sta provocando un’inversione della polarità del Campo Gravitazionale terrestre, con conseguente smottamento delle placche che costituiscono la Crosta. Ed è solo l’inizio! >>
<< E cosa succederà una volta che avrà completato l’opera? >> domandò il direttore, con un sottofondo di rassegnazione.
La risposta arrivò veloce…e prevedibile.
<< La terra collasserà su se stessa…e di noi non rimarrà altro che polvere nel vuoto dello spazio >>.
 
                                                                                                                                                 * * *                     

Lo tsunami generato dallo smottamento della Placca del Pacifico viaggiò all’inizio in tutte le direzioni a una velocità che toccava i settecento chilometri all’ora, con creste molto lunghe e basse. Soltanto la prima ondata trasportò un milione di tonnellate d’acqua e una corrispondente quantità di energia.
Dopo pochi minuti, raggiunse il margine della piattaforma continentale.
Il fondale marino, divenuto più pianeggiante,frenò l’onda e ne rallentò il fronte, senza però ridurre l’energia trasportata. Le masse d’acqua continuarono a spingersi in avanti e, dato che la velocità era diminuita, cominciarono ad accavallarsi. Più il fondale diventava basso, più lo tsunami si alzava, mentre la lunghezza delle sue onde si restringeva drammaticamente.
Sulle loro creste cavalcavano le onde di una tempesta. Allorchè lo tsunami raggiunse le prime piattaforme di trivellazione sullo zoccolo continentale del Nord America, la velocità era scesa a quattrocento chilometri all’ora, ma esso era diventato alto cinquanta metri.
Quindici metri non erano un’altezza tale da preoccupare eccessivamente tali strutture. Almeno fino a quando si trattava di normali onde da tempesta.
Ma le ondate che si propagavano dal fondale del Pacifico alla superficie dell’acqua, accompagnate da montagne di detriti, avevano l’effetto d’urto di un jumbo jet e le staccarono dalle fondamenta.
Pochi minuti dopo, l’onda raggiunse le coste dell’Alaska, abbastanza alta da superare la linea degli alberi.
Jane, che aveva ancora il cellulare di Selvig all’orecchio, vide l’enorme massa d’acqua che procedeva implacabile nella sua direzione.
<< O mio Dio >> sussurrò a bassa voce, facendo cadere il dispositivo di comunicazione.
Per chi viveva nei pressi del mare, gli tsunami era l’incubo per antonomasia. E Jane l’aveva capito subito, quello era proprio un maremoto.
Se la terra tremava, solitamente si perdeva ogni controllo. Il materiale si deformava e si strappava. C’erano fughe di massa e incendi. Se un terremoto faceva vibrare una città, si poteva soltanto sperare che non succedesse di peggio, che il fondale marino non sprofondasse e non franasse, che le costruzioni ancorate al suolo reggessero.
Ma subito dopo la scossa c’era un altro problema contro cui non c’era nulla da fare. Proprio nulla.
E quel problema stava raggiungendo il luogo d’impatto del meteorite ad una velocità di trecento chilometri orari.
Jane lo vide avvicinarsi e comprese che non c’erano più speranze. Si girò e fuggì dalla zona come una lepre.
Successe tutto in fretta.
Inciampò e cadde a causa del terreno reso scivoloso dalla tempesta. Istintivamente si aggrappò ad un tronco spezzato.
Dietro di lei esplose un rumore infernale, una serie di ruggiti e rimbombi, come se il mondo attorno a lei stesse per crollare.
Percepì le prime gocce d’acqua bagnarle il viso…l’aria che le scorreva tra i capelli…lo sferzare del vento…
Apetta…il vento?
Perché non stava annegando? L’onda si trovava ad appena pochi metri da lei, ormai avrebbe dovuto trovarsi sott’acqua. Forse la potenza dell’impatto l’aveva uccisa sul colpo. Era già morta? Ma allora perché riusciva a sentire freddo ?
Aprì gli occhi…e si bloccò. Si trovava tra le braccia di un uomo che pensava non avrebbe mai più rivisto.
Thor Odinson aveva i capelli più corti di quanto ricordasse, e la folta barba dorata con la quale lo aveva conosciuto ora era scura e malmessa, macchiata dal tempo trascorso. Ciò che era rimasto invariato erano gli occhi, azzurri al pari del cielo stesso.
Abbassando lo sguardo si rese conto che stavano volando. Lo tsunami aveva completamente sommerso l’area, e ora l’immensa massa d’acqua salata stava trasportando tronchi d’albero e detriti sotto di loro.
Si strinse attorno al corpo dell’asgardiano, cercando di non pensare a tutte quelle povere persone che si trovavano nei villaggi circostanti, probabilmente tutte morte. Non si poteva scampare ad un disastro di tale portata.
Poi, la donna udì un sibilò basso e ritmato, seguito da un mugolio e dal suono di paratie che venivano aperte. Come un aereo sul punto di imbarcare.
Pochi secondi dopo, sia lei che Thor passarono attraverso l’apertura di un velivolo, ritrovandosi su un ponte di metallo.
Il dio la lasciò andare delicatamente, permettendole di compiere alcuni passi indietro. Poi, l’astrofisica alzò lo sguardo in direzione del suo salvatore.
<< Jane >> salutò Thor, il volto adornato da un placido sorriso.
La reazione della donna fu istantanea.
<< Thor!>> esclamò felice, saltando addosso all’uomo e avvolgendo ambe le braccia attorno al suo collo. << Non penso di essere mai stata così felice di vederti >>.
Inizialmente sorpreso, l’asgardiano restituì affettuosamente il gesto. Almeno, fino a quando non udì un sonoro colpo di tosse alle proprie spalle.
Entrambi si staccarono rapidamente l’uno dall’altra.
A compiere quel suono era stata Nebula, la cui figura era affiancata dal resto dei guardiani.
Jane prese rapidamente coscienza dei loro aspetti piuttosto bizzarri, ma non si soffermò troppo sulla cosa. Dopotutto, aveva letto i loro file come qualsiasi membro dello Shield.
<< Allora, non vuoi presentarmi ai tuoi amici? >> chiese con voce esitante, notando che l’aliena blu la stava fissando molto più intensamente degli altri.
<< Lei chi è? >> disse allo stesso tempo Nebula, stringendo gli occhi in direzione di Thor.
Ignaro dell’atmosfera tesa che aleggiava nella cabina, il tonante si limitò a picchiettare amichevolmente la schiena dell’astrofisica.
<< Miei compagni, vi presento Jane, una vecchia amica >>
<< Ex fidanzata >> aggiunse lei, con un sorriso imbarazzato.
Thor ridacchiò, mentre la mano destra di Nebula si fece molto più vicina al coltello che portava nella cintura. Quill fu l’unico ad accorgersene, e compì alcuni passi lontano dalla cyborg.
<< Una specie di ragazza >> acconsentì l’asgardiano, lanciando a Jane un sorriso affettuoso.
La donna arrossì intensamente.
Nebula sembrava ormai pronta ad avventarsi su di lei, ma venne prontamente fermata dalla voce di Rocket.
Il procione aveva tra le mani un tablet olografico, dai bordi arrugginiti, ma comunque funzionante.
<< Se avete finito con la gara di sguardi… >> disse l’esperimento genetico, mostrando al gruppo lo schermo del dispositivo, << penso di aver localizzato il nostro amico >>.
 
                                                                                                                                                          * * *  

Come gran parte delle città presenti in Nord America, New York non si trovava vicino ad alcuna zona sismica. Per tale motivo, gli effetti causati dallo smottamento improvviso della varie placchi furono minimi, anche se la metropoli venne comunque colpita da una scossa abbastanza forte da far tremare anche i grattacieli più alti, senza però causare alcun tipo di vittima.
Poco male, Ghidorah avrebbe potuto distruggere quella città anche da solo.
Il drago tricefalo osservò la devastazione causata con un sorriso soddisfatto. Poi, chiudendo gli occhi, le tre teste cominciarono ad espandere il proprio campo telepatico, lo stesso che pochi minuti prima avevano utilizzato per prendere il controllo della mente di Wanda.
<<  Ascoltatemi, abitanti di questo mondo >> esordì la testa centrale, la cui voce profonda e malevola fu udita da ogni persona o animale presente sulla Terra. << Questo è un messaggio, un messaggio per ogni uomo, donna e bambino : voi avete perduto voi stessi, ma io sono giunto fino a voi. Il giorno della resa dei conti è arrivato >>.
Fece una pausa, in modo da permettere al suo nuovo pubblico di accettare la presenza estranea all’interno delle loro menti.
<<  "Jormungand", "Apophis", "Ghidorah"…mi hanno chiamato in molti nomi, nella mia lunga vita. Io sono nato dalla morte! Ero là a creare la scintilla e alimentare la fiamma dell’universo, a far girare la ruota di innumerevoli civiltà. E quando le foreste venivano disboscate per prosperare di nuovo, io ero là per darla alle fiamme! >> esclamò, scoprendo i denti in un sorriso agghiacciante. << Tutti i vostri palazzi, tutte le vostre città, tutti i vostri grattacieli e i vostri templi crolleranno…e dalle loro ceneri sorgerà l'alba di una nuova liberazione. E non potrete far nulla per impedire quanto sta per giungere >>
La creatura bevve del terrore e dello sgomento che percepì dalle menti che stava toccando, una massa indistinta di tante piccoli luci intrappolate nel vuoto che era la sua anima crudele.
<< Questo messaggio ha un'unica ragione, una sola: a coloro coi più grandi poteri...non ostacolatemi. Per tutti voi…è arrivato il tempo di morire >> sussurrò, pronto a interrompere il collegamento.
In quel preciso istante, una sfocatura verde apparve nel campo visivo della bestia, atterrando sulla cima di un palazzo che si trovava a pochi metri da essa.  Le tre teste si voltarono di scatto, puntando all’unisono in direzione del nuovo arrivato.
Era l’essere umano più strano che avessero mai visto. Piccolo in confronto a loro, certo, ma almeno tre volte le dimensioni di un umano normale. Ed era verde come l’erba di un campo appena potato.
<< No…ora è tempo di spaccare! >> disse Bruce Banner, battendo ambe le mani l’una contro l’altra.
E prima che Ghidorah potesse controbattere…l’Avenger noto come Hulk fece un balzo a mezz’aria, lanciandosi contro il mostro.
 



Com’era? Spero bello!
Ebbene sì, Ghidorah sta invertendo la gravità del pianeta. Questa sua capacità è presa direttamente dal film anime Godzilla – Il Mangiapianeti.
Il motivo per cui lo stia facendo sarà spiegato più avanti.
Luke Cage è il protagonista della serie MCU Luke Cage, e il co-protagonista della serie Jessica Jones ( e sì, era l’amante della protagonista per buona parte della prima stagione ).
Ford è un personaggio preso direttamente dal film di Godzilla uscito nel 2014.
Nel mentre, Wanda e Quake se le stanno dando di santa ragione ( e Wanda ha ovviamente il vantaggio ). Inoltre, Banner è entrato ufficialmente nella mischia e presto verrà raggiunto da Thor.
Come se la caverà con il mostro tricefalo ? Tutto questo e altro nel prossimo capitolo di Avengers : The King Of Terror!
  
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