A
Monster Like
Me
David
si svegliò di colpo nel cuore della notte con una sensazione
di smarrimento.
Aveva
sognato il fuoco un’altra volta. Rimase con gli occhi
sbarrati a fissare il
soffitto scuro per qualche minuto, poi si volse su un fianco, serrando
con
forza le palpebre nel tentativo di dormire.
Quelle
fiamme però, che nel sonno gli erano apparse così
vivide e reali, continuavano
a comparire ogni volta che chiudeva gli occhi.
Dopo
essersi rigirato per qualche minuto nel letto in preda
all’ansia, decise di
andare a bere un bicchier d’acqua, sperando che questo
potesse in qualche modo frenare
i ricordi spiacevoli dall’affiorare nella memoria.
Decise
di accostare la porta della stanza per non svegliare Alex, che pareva
dormire
beatamente in posizione supina, i capelli color cannella splendenti
alla luce
della luna che filtrava dalle tapparelle.
Giunto
in cucina, optò per una tazza di latte, ricordando i saggi
rimedi che la madre
riusciva a escogitare per farlo addormentare: David soffriva
d’insonnia da
quando era bambino e la donna, che aveva imparato a conoscerlo, ogni
sera gli
scaldava una tazza di latte, sapendo che avrebbe così
stimolato il sonno del
figlio. David prese un bicchiere dalla dispensa, versando qualche sorso
del
liquido freddo all’interno, nella speranza che ciò
lo aiutasse a dimenticare
l’incubo che di tanto in tanto disturbava ancora il suo
riposo.
Dopo
la morte di Lukas, i genitori decisero di affidarlo a uno psicologo,
che parve
riuscire miracolosamente a liberarlo dal tormento che accompagnava le
sue notti
da quella calda serata d’autunno in cui tutto ebbe inizio.
David
scostò appena la tenda della finestra, osservando il cielo
limpido ospitare
tutte le stelle del firmamento, governate dalla loro nivea madre
imperiosa,
come la matriarca di un branco di elefanti.
Poi
posò il bicchiere nel lavandino, meditando se tornare a
coricarsi, quando le
tempie cominciarono a pulsargli prepotenti e le ginocchia cedettero
improvvisamente.
Fece
appena in tempo a raggiungere la stanza da letto e lasciarsi cadere
sulle
lenzuola fresche, prendendosi la testa tra le mani.
Sentì
Alex distendere i muscoli sotto le coperte.
«Che
succede?» gli mormorò con voce impastata dal sonno.
David
serrò violentemente gli occhi, schiudendoli solo quando
l’emicrania sembrò
attenuarsi lievemente.
«Nulla»
gli rispose lui rivolgendole un rapido sguardo, «torna a
dormire, tesoro» le
sussurrò dolcemente, volgendo il busto verso di lei.
«Hai
avuto un altro incubo?» gli chiese la ragazza, ormai quasi
del tutto sveglia,
poggiandogli delicatamente una mano su una guancia.
«Sei
bollente» aggiunse, lasciando scivolare il palmo fin sulla
fronte.
«Come
il fuoco…»
Honey, I'm telling the truth
I
did something terrible in my early youth
My
mind went blank, I lost control
I
was just a little boy, I did not know
Le
fiamme erano nuovamente davanti ai suoi occhi, le sentiva ardere
dinanzi a sé
come quella notte, come se a bruciare fosse il suo stesso corpo; invece
la
carne avvolta dalle fiamme era quella del suo migliore amico e lui non
aveva
potuto fare nulla per evitarlo.
«Cosa
intendi?» chiese Alex appoggiandosi su un gomito, scostandosi
le lenzuola di
dosso.
«Promettimi
che adesso mi ascolterai bene» sussurrò David,
sentendo le tempie pulsare
nuovamente. Temeva seriamente che il cervello gli potesse esplodere da
un
momento all’altro.
«E
che non farai parola con nessuno di quello che ti sto per
dire» dichiarò in
tono risoluto, nonostante la sua fronte stesse cominciando a sudare
terribilmente.
Come
aveva potuto essere così stupido da credere di poter
dimenticare quella notte?
E come poteva non condividere con Alex ciò che aveva vissuto?
Riconobbe
di essere stato uno sciocco a non parlargliene prima, nonostante si
trattasse
di suo fratello, nonostante avesse intenzione di chiederle di sposarlo.
Sarebbe
andato incontro alla paura e, per una volta, si sarebbe comportato da
uomo,
assumendosi le responsabilità delle proprie azioni, almeno
davanti al suo
grande amore. Alex meritava di sapere.
«Te
lo prometto» bisbigliò la giovane nel buio della
notte, accasciandosi sul
cuscino.
David
fece un lungo sospiro con la testa pulsante. Tutto ciò che
vedeva in quel
momento era fuoco vivo.
I better let you go
To
find the prince you thought you found in me
I
better set you free and give you up
Just
wave and say goodbye and let you live
Without
a monster like me
«Stasera
ti porto in un posto» gli aveva detto Lukas prima di farlo
salire sulla sua
bicicletta, addentrandosi di fretta nel bosco.
Era
sera e, nonostante l’autunno fosse appena iniziato, la luce
era già quasi del
tutto scomparsa.
«Dobbiamo
affrettarci» aveva detto il giovane accelerando le pedalate,
«altrimenti
iniziano a usare la roba senza di noi».
David
non capì cosa intendesse fino a quando non mise piede dentro
la casa del suo
migliore amico, una vecchia baita in fondo al bosco che i genitori
avevano
ereditato anni prima da lontani parenti, di cui nessuno si era
più preso cura se
non il ragazzo dai capelli color miele accanto a lui. David non
conosceva
nessuno tra coloro presenti in casa, nonostante fossero tutti amici di
Lukas.
Lo
vide tirare fuori qualcosa da un cassetto della cucina, con
all’interno qualche
posata e alcuni arnesi rovinati.
«Sembra
tenuto bene questo posto» osservò David in tono
scettico.
«Ci
vengo ogni tanto quando ho voglia di sballarmi» rispose
noncurante l’amico, stringendo
in una mano qualcosa di simile a un’etichetta adesiva della
dimensione non più
grande di un francobollo.
«Questa
roba» gli disse Lukas con uno sguardo ammiccante,
«la devi provare David»
continuò stracciandola in parti uguali, riservando il pezzo
più ampio per sé.
Vide
gli altri ragazzi prendere posto al grande tavolo, poggiando sopra le
lattine
di birra, infilandosi in bocca ciò che Lukas aveva dato loro.
«Dovrei
mangiare della carta?» domandò David incredulo,
sentendo qualche risata
canzonatoria provenire dall’ampia tavolata. Li vide sputare
via la carta,
riprendendo poi a bere.
Si
volse verso Lukas con sguardo interrogativo. «Non mangiare,
David» rispose
l’amico, mettendosi in bocca la sua parte.
«Semplicemente masticare» continuò,
estraendo
un paio di lattine di birra da uno scatolone, porgendogliene una.
«Cazzo,
questo frigo non funziona e la birra non è fresca»
lo sentì mugugnare tra un
morso e l’altro, «è già tanto
se questa lampadina del cazzo si accende ancora»
continuò indicando il debole lume penzolante dal soffitto,
sputando ciò che
aveva in bocca nel lavandino.
«Non
la provi?» insisté Lukas, indicando il pezzo di
carta che David teneva ancora
in mano.
«Dai
amico, tra mezz’ora vedrai il paradiso»
ridacchiò il biondo, sedendosi a
capotavola.
Honey, what am I to you?
I
have pulled the trigger on this awful truth
Oh,
hold me now 'cause I'm burning up
Sing
this song so beautiful, just make it stop
Alex
si mise a sedere sul letto. David poteva chiaramente vedere la sua
espressione
confusa alla prima luce dell’alba.
L’emicrania
sembrava avergli concesso una tregua, anche se non era sicuro lo
avrebbe abbandonato
presto.
«Io
non avevo idea che Lukas si drogasse» mormorò la
ragazza, tirandosi indietro i
capelli, prendendosi il viso tra le mani con espressione sconvolta.
«Ma…
il fuoco…» continuò con gli occhi
sbarrati, rivolgendosi verso il giovane al
suo fianco.
Lo
vide rannicchiarsi sul cuscino, infilando la testa tra le gambe
prendendosela
tra le mani.
«Sono
stato io».
Fu
un sussurro, ma Alex lo udì chiaramente. Lo
osservò confusa stringersi i
capelli scuri tra le dita. Come un temporale che colpisce
all’improvviso, la
ragazza provò una grande pena per lui. Le apparve
d’un tratto un bambino troppo
cresciuto che si aggrappa alla gonna della madre, cercando un modo per
evadere
i propri errori e le responsabilità che ne conseguono.
David
affermava di aver ucciso suo fratello, ma lei sapeva quale fosse la
verità. La
morte di Lukas e degli altri ragazzi era stata solo un incidente.
Le
tornarono d’improvviso alla mente le parole degli agenti che
lavoravano al caso,
esaminando l’abitazione ormai completamente carbonizzata,
come le salme che ne
erano all’interno. L’incendio era di origine
accidentale: c’era un’enorme perdita
di gas, Lukas aveva acceso una sigaretta e l’esplosione fu
fatale per tutti i
quattro ragazzi ancora presenti nella casa.
«Mi
aveva detto che non funzionava un cazzo in quella casa!»
gridò d’un tratto
David con voce tremante.
«Non
mi sono accorto di…» sospirò, poi
irruppe in un pianto disperato. Alex vedeva
la sua schiena alzarsi e abbassarti aritmicamente sotto la leggera
maglietta
bianca che il ragazzo utilizzava per dormire.
«Nessuno
sa che sono stato io» grugnì David, sentendo il
sapore salmastro delle lacrime
sulla lingua.
Poi
finalmente si volse verso Alex, che lo osservava con aria affranta.
«È
stato un incidente, David» sussurrò.
«Ormai il caso è stato archiviato»
concluse con voce atona.
David
si volse lentamente verso di lei, osservandola per un tempo che gli
parve infinito,
scrutando le sue iridi color smeraldo, cercando un indizio di tutte
quelle orribili
sensazioni che Alex avrebbe dovuto provare nei suoi confronti.
Le
prese improvvisamente il viso tra le mani, stringendolo forte:
«Guardami! Sono
l’assassino di tuo fratello!» gridò, per
poi tirarsi in piedi e dirigersi verso
la finestra, spalancando le tende.
«Io
ho ucciso Lukas!» sbraitò David allargando le
braccia.
Alex
lo guardò con una sensazione di vuoto. Aveva
l’impressione che la vita si fosse
burlata di lei fino a quel momento e poteva quasi sentirla ridere
sguaiatamente,
divertendosi a osservare gli errori degli uomini ripercuotersi su di
loro
rovinandoli per sempre.
I better let you go
To
find the prince you thought you found in me
I
better set you free and give you up
Just
wave and say goodbye and let you live
Without
a monster like me