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Autore: Esca_    04/08/2019    1 recensioni
Hermione vide Joyce, se stessa, e un nuovo risvolto della sua vita, positivo o negativo che fosse. Holden.
Era pericoloso, lo sapeva, ma avrebbe potuto aiutarla ad andare avanti.
Andare oltre Ron e Michael, oltre tutto ciò che aveva scritto e che si portava dentro. Oltre tutto ciò che nemmeno lei sapeva di avere dentro di sé.
Nonostante tutto, però, era pur sempre Malfoy, serpe o furetto che fosse.
E lei, poi, era una Grifondoro come mai lo era stata prima. Fiera e testarda come sempre, mai disposta ad abbassare la testa.
Forse, però, questa volta sarebbe stata costretta a farlo.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Draco Malfoy, Hermione Granger | Coppie: Draco/Hermione, Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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  CAPITOLO VII - TRASFIGURAZIONE

 

Per qualche secondo, il risveglio di Hermione fu pacifico.
Con la mente vuota, lasciò vagare lo sguardo sul tessuto del baldacchino sopra di sé, pensando che quella gradazione di rosso fosse davvero piacevole.
Somigliava quasi a quella del vestito della festa.
La festa.
Hermione si alzò di scatto, mettendosi una mano nei capelli, sentendoli morbidi come la sera precedente
Si ricordò di Malfoy, della sua minaccia e della sua disperazione.
Scese dal letto lentamente, vedendo la copia del suo scritto sulla scrivania, pronta per essere consegnata.
Sospirò profondamente, strizzandosi gli occhi con le dita.
Perché tutte a me?, si chiese esasperata.
Continuò a farsi la stessa domanda poco dopo, mentre scendeva per la colazione, con la pergamena che sembrava fremere nella sua borsa di pelle.
Si affrettò verso i suoi amici, dando le spalle al tavolo dei Serpeverde senza pensarci due volte.
Magari era ubriaco e se n’è dimenticato, pensò speranzosa.
Fissò la sua tazza di caffè, cercando di ignorare la delusione velata a quell’eventualità.
Ma alla fine, cosa aveva da essere delusa? Se se fosse dimenticato, avrebbe ripreso la propria vita come prima, in santa pace.
Oppure era proprio quello il problema?
Riprendere la vita di prima.
Passare i pomeriggi in sala studio con i suoi soliti amici, rimproverandoli perché copiavano di nascosto i compiti. Preoccuparsi solo di aver ripassato abbastanza ogni materia e, forse, nulla di più.
Hermione lo sapeva, per dimenticarsi di Ron avrebbe dovuto cambiare qualcosa. Non le bastava più ripetersi che stava bene e che non le importava di cosa facesse lui.
Non le importava davvero, ma aveva bisogno di altro.
E, allora, per la prima volta nella sua vita, si ritrovò a sperare che Malfoy non avesse dimenticato di averla minacciata. 
Passò la sua colazione così, sgranocchiando qualche biscotto e analizzandosi in silenzio, cercando di capire cosa stesse cercando dalla sua vita.
Alzandosi dalla panca, in effetti, era così pensierosa che fu lei a dimenticarsi delle parole del ragazzo.
Camminando in silenzio per i corridoi semivuoti, fece passare lentamente le dita per il corrimano, facendole scontrare con i rilievi in marmo.
Pochi secondi dopo, fu trascinata nell’aula di Trasfigurazione da Malfoy.
«Allora?» le chiese impaziente.
«Malfoy, per l’ultima volta, non so cosa tu abbia visto in quella pagina, ma ti sei sbagliato. Non c’è nessuna ancora di salvezza per te, sono solo
parole di una persona molto arrabbiata. Stiamo entrambi sprecando il nostro tempo.»

Hermione fece un inutile tentativo di lasciare l’aula, combattendo con quella parte di sé che sperava lui la trattenesse. Voleva che qualcuno la
leggesse, la capisse, voleva parlare e urlare e perdere il suo solito controllo, una volta per tutte.

Come se avesse sentito i suoi pensieri, Malfoy le prese un braccio, fulminandola con lo sguardo, ma tremando di paura dentro di sé.
«Granger, ieri sera dicevo sul serio. Sì, mi servono quelle parole, e sì, farò sapere a tutti del tuo piccolo segreto se non me le dai.»
Hermione sospirò per l’ennesima volta dall’inizio della giornata, arrendendosi finalmente a quella situazione. Aprì lentamente la borsa, sfilando la pergamena dagli altri libri e guardandola un attimo, prima di passarla a Draco.
«Questa è la prima pagina- gli spiegò -non ho idea di cosa potresti ricavarci. Buona fortuna.»
Lasciò l’aula con una strana sensazione in corpo, senza sapere bene cosa provasse.
Lei, Hermione Granger, aveva rivelato la parte più intima di sé all’ultima persona che avrebbe dovuto mai scoprirla.
Avrebbe voluto dimenticare tutto, non fosse stato per una piccola parte di lei, quella esaltata per questo cambiamento improvviso.

All’ora di pranzo, Hermione si era già data della stupida almeno 10 volte.
Ad ogni angolo che svoltava era convinta di trovare una folla di persone a ridere di lei e dei suoi pensieri, oltre che un Ronald particolarmente rosso per la rabbia.
Invece, l’unica persona che trovò fu Ginny, che scattò in piedi all’improvviso.
«Allora, glielo hai dato?» Esclamò con gli occhi che luccicavano.
«Seriamente, Ginny, devi calmarti. Gli ho dato la prima pagina e basta, così la smetterà di assillarmi.»
«Hermione, scherzi? Non gli farai leggere anche il resto del libro?»
«Certo che no! Non sono così stupida da farmi ricattare così. Se continuerà lo pietrificherò fino alla fine dei suoi giorni e basta. Farò un favore al
mondo magico.»

«Se non vuoi fargli leggere tutto, allora, perché hai scelto la prima pagina? E non la decima? O la trentesima?»
Hermione la guardò indispettita, senza sapere cosa rispondere.
«Tu fai troppe domande, ho scelto la pagina a caso! Mi fai quasi pentire di avertelo detto, smettila di assillarmi.»
Ginny rise di gusto, sputando un po’ di caffè.
«A caso, come no. Tu non fai nulla a caso. Ti aspetto stasera in sala comune.» disse alzandosi, lasciandole un bacio sulla guancia.
Hermione scosse la testa, arrendendosi alle parole dell’amica.
Alla fine, che senso aveva dargli una pagina a caso? Tanto valeva che leggesse la storia per bene.
Sì, era solo quello il motivo. Non c’era nient’altro.
Non la speranza che lui trovasse davvero la felicità in quel modo assurdo, o che la trovasse lei.
Nemmeno la convinzione sottile che così avrebbe stravolto un po’ la sua vita.
Si spostò furiosamente i capelli sulle spalle, avvampando all’improvviso.
Era stata una stupida, a lasciarsi beffeggiare così facilmente.
Aveva passato sei anni a combattere Voldemort e la sua cricca di pazzi per essere imprigionata lì, con le sue stesse mani.
Forse stava esagerando. O forse no.
Non riusciva più a pensare, tanto si sentiva sopraffatta da quella situazione.
C’era un solo modo per scoprirlo.
Un sorriso comparve sulle labbra della Grifondoro.
Veritaserum.
Finalmente, la soluzione le arrivava all’improvviso come le altre volte.
Una piccola goccia e avrebbe saputo la verità.
Doveva solo capire quando fregarlo.
«Hermione, non sapevo fossi così contenta per me! Ho fatto solo un po’ di progressi a Quidditch, niente di più. Che hai da sorridere tanto?» Harry le passò una mano davanti agli occhi, iniziando a preoccuparsi davvero per lei.
«La verità, Harry. Verrà tutto fuori il prima possibile.» 
«Herm, te lo giuro, sono migliorato davvero. Perché dovrei mentirti?»
«Aspetta, di che parli?»
«Dei miei progressi a Quidditch. Vuoi dirmi che ti passa per la testa in questo periodo? Non ti ho mai vista così strana.»
«Niente, Harry, non preoccuparti. Tu pensa al Quidditch, io penso alla verità. A proposito, non avresti mica una boccetta in più di Veritaserum?»
«Herm, guardami bene negli occhi. Ti sta succedendo qualcosa e lo vedo. Sì, ne ho un paio da parte. Se te le do, dovrai spiegarmi tutto, non sopporto di vederti così. E non mi dire che è per qualcuno in particolare.» Harry inclinò la testa goffamente, indicano Ron che mangiava indisturbato.
«Stasera parleremo, promesso. Sei un angelo.»
Con la testa per aria, Hermione si alzò dalla panca e sembrò quasi volare verso il corridoio, felice di sapere finalmente cosa stava architettando quel
maledetto di Malfoy.

Avrebbe aggiustato tutto, se lo sentiva.
Intanto, il centro di tutti i suoi piani le veniva incontro in quel momento.
Hermione lo osservò appoggiata ad una colonna, approfittando di quel momento in cui Draco non sapeva di essere guardato.
Aveva lo sguardo perso, doveva ammetterlo.
Lo vide unirsi ad un gruppo di Serpeverde tenendosi in disparte, senza nemmeno ascoltare la loro conversazione.
La ragazza sentì le sue labbra curvarsi in un piccolo broncio.
Era palesemente solo, a parte per la compagnia di quel santo di Blaise.
Aveva ancora la stessa espressione quando il gruppo le passò accanto, ignorandola come le altre volte.
Pansy Parkinson le diede una lieve spallata, guardandola di traverso. Lei non sembrò quasi farci caso, tanto aveva la testa rivolta alla solitudine di Draco.
Fu a quel punto che lui alzò lo sguardo. Si guardarono per qualche secondo, ricordandosi del loro patto.
Del loro segreto, piuttosto.
Che fosse davvero capace di aiutarlo ad essere felice?
Lui la salutò con un cenno del capo, passandole accanto, sfiorandola appena.
Per qualche minuto, Hermione rimase a guardare il vuoto che lui aveva lasciato.
Sospirò esasperata.
La situazione stava degenerando.

  
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