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Autore: SusanTheGentle    05/08/2019    4 recensioni
Ricordo il periodo delle medie…
Nella mia scuola c’era un ragazzo che non parlava quasi con nessuno. Era diverso da tutti i miei compagni, privo di quell’aria anonima tipica degli studenti della Toho, la carnagione un po’ più scura di un comune giapponese, come se avesse passato tutta la vita sotto il sole. E, come il sole, brillava di luce propria. Fu per questo che attirò la mia attenzione.
Lui spiccava prepotente tra la folla, simile a un felino dentro un recinto di pecore tutte maledettamente uguali.
Genere: Romantico, Sportivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Danny Mellow/Takeshi Sawada, Ed Warner/Ken Wakashimazu, Kojiro Hyuga/Mark, Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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16. Un’altra giornata, un nuovo disastro
 
 
 
 
«Ricordami perché lo sto facendo»
«Perché te l’ho chiesto per favore»
«Faccio in tempo a cambiare idea?»
Kira afferrò il braccio di Mark e lo tenne stretto. «Non ci pensare nemmeno! Tu resti dove sei!»
Camminavano da alcuni minuti nel centro di Harajuku, il quartiere più frequentato dai giovani di Tokyo. Il regno dei cosplayers, delle mode sfrenate, dello shopping; negozi di ogni tipo, gente di ogni tipo. Milly aveva dato appuntamento a tutti accanto ad uno dei tanti negozi di musica.
Mark non era mai a suo agio in mezzo a tante persone, e la domenica Harajuku ne straripava letteralmente. Si sentiva in difficoltà soprattutto alla prospettiva di dover passare l’intero pomeriggio con una ragazza di cui gli importava poco.
«Guarda che carini. Devono essere studenti delle medie» disse una ragazza sui vent’anni al suo fidanzato, passando loro accanto.
Mark se ne vergognò. Li stavano scambiando per una coppietta.
«Kira, lasciami»
«Rischiando che tu ti dia alla fuga? No». Kira non si era accorta del suo disagio, troppo occupata a fargli raccomandazioni. «Prometti di essere gentile» lo supplicò.
«Certo che sarò gentile! Per chi mi hai preso?»
«Prometti, Mark»
Lui sbuffò, liberandosi dalla presa che stava lentamente trasformandosi in un gesto troppo...intimo. «Sì, sì, prometto. Sarò gentile» disse in una seccata cantilena.
«Milly è una ragazza sensibile, non puoi trattarla come tratti me»
Lo sguardo di lui fu pura innocenza. «Perché, scusa, come ti tratto?»
Kira si finse pensierosa. «Ahm…vediamo… Malissimo»
«Non è vero. Non sempre»
«Il più delle volte. Mi chiami cretina e ti fai sempre beffe di me»
«Perché so che non ti offendi»
«Non è una buona scusa»
«Ah, va bene! Sarò gentile». Mark chiuse gli occhi e piegò la testa all'indietro in un gesto disperato. «So di avertelo già chiesto ma…cosa si fa ad un’uscita di gruppo?» disse poi.
«Nulla di che», rispose Kira con un’alzata di spalle. «Niente di così diverso da quello che abbiamo fatto al Luna Park: passeggeremo, andremo in qualche posto carino, prenderemo un dolce…cose del genere»
Non sembrava così atroce, pensò Mark. Poteva resistere.
Kira si fermò, posizionandosi di fronte a lui per sistemargli la frangia lunga. «Potevi almeno pettinarti stamattina, prima di venire all'appuntamento. E srotola le maniche di quella maglia, per una volta!»
«Kira, piantala!» Lui allontanò le sue mani con un gesto brusco, passandosi le dita tra la chioma nera per spettinarla di nuovo. «Lascia stare le maniche, mi danno fastidio. E non è un appuntamento!»
«Più o meno sì»
«Beh, se la tua amica spera che lo sia, o che io la inviti ad uno vero dopo questa giornata, si sbaglia di grosso. Mi auguro che tu glielo abbia detto»
Kira non aveva avuto il coraggio di infrangere i sogni di Milly, sogni che avrebbe potuto vivere in altre galassie e in un’altra vita. Sperava più che altro che Micchan non fosse così ingenua e cieca da credere che lei e Mark sarebbero convolati a nozze l’indomani stesso.
«Tu pensa solo a comportarti bene»
«E tu mi devi un favore, ragazzina, ricordatelo».
Lei non replicò: era giusto. Lo aveva quasi obbligato e sapeva che Mark aveva accettato solo perché Milly era sua amica. Se si fosse trattato di un vero appuntamento al buio le avrebbe risposto con un no categorico e nessuna possibilità di negoziazione.
«Kira-chan! Siamo qui!» La voce allegra di Jem risuonò contro i rumori di Harajuku. Lei e Ed Warner stavano fermi sotto un grande albero vicino ad un semaforo. Appena scattò il verde attraversarono la strada e li raggiunsero.
«Micchan non è ancora arrivata?» chiese Jem dopo i saluti.
«Dovrebbe essere qui a momenti» rispose Kira controllando l’orologio.
Approfittando del momento in cui le due amiche iniziarono a parlare tra loro, Mark si avvicinò a Ed, notando il sorriso entusiasta che lo accompagnava da giovedì scorso – e la prima partita di campionato vinta dalla Toho per cinque a due c’entrava fino a un certo punto.
Lenders aveva cercato appoggio e consiglio nell’amico per capire come sopravvivere a un appuntamento a quattro, scoprendo che anche Ed era stato coinvolto nell’affare. Solo che il portiere sembrava tutto fuorché seccato.
«Tu dì quello che vuoi, Ed, ma io sono sempre più convinto di essermi perso un passaggio». Mark gli lanciò uno sguardo risentito. «Non mi ero per nulla accorto che ti interessasse la Edogawa»
Warner si massaggiò la nuca, imbarazzato di fronte allo sguardo incredulo del suo capitano. «Non prendertela se non te l’ho detto, Mark. Dopotutto, non c’è granché da dire».
Mark percepì delusione nella sua voce. «Hai stole di ammiratrici e porti fuori l’unica a cui non interessi»
«Può essere positivo» rispose il portiere con serenità. «Io e Edogawa andiamo d’accordo e poi lei è molto carina».
Ed sorrise ricordando com’era avvenuto l’invito. Jem si era seduta al suo banco come ogni giorno, appena dietro di lui, iniziando a parlargli confusamente di un’uscita di gruppo, di lei che avrebbe voluto andarci ma non sapeva chi invitare. Poi era arrossita come un’aragosta bollita, aggiungendo che se lui voleva e non aveva impegni, poteva accompagnarla come amica. Ed aveva aspettato che Jem rialzasse lo sguardo fisso sulle proprie mani. Quindi le aveva sorriso, accettando con piacere di essere il suo accompagnatore per un giorno.
«Comunque, è buffo che tu sia uscito con Kira-san e io Edogawa-san, vero?»
«No, patetico. Non vedo l’ora che questa giornata finisca». Mark ficcò le mani in tasca con un gesto rabbioso, notando Kira e Jem salutare i nuovi arrivati che venivano loro incontro.
Ci siamo.
«Scusate il ritardo. Spero non stiate aspettando da molto» disse Milly con un inchino. Non perse tempo e fece subito le presentazioni. «Kira-chan, lui è il ragazzo di cui ti ho parlato. Si chiama Darren ed è un mio compagno di classe»
Darren fece un inchino salutando tutti, riservando un breve sorriso per la Brighton.
«E lui cosa ci fa qui?» esclamò Mark, riconoscendolo immediatamente. Guardò rapido Kira, la quale sembrava rispecchiare la stessa incredulità.
«Non c’è bisogno che tu faccia le presentazioni, Milly-san. Io e Brighton ci siamo già conosciuti» disse Darren.
Milly voltò il capo da lui all’amica, confusa. «Veramente? N-non lo sapevo»
«Non è che proprio ci conosciamo…» balbettò Kira, palesemente a disagio.
«Io e Brighton ci incontriamo tutti i giorni in cortile» spiegò Darren, «ma non ci siamo mai parlati per più di due minuti»
«Non la incontri, la segui» lo accusò Mark con voce chiara e decisa. Era assolutamente contrario all’idea che Kira facesse coppia con quel tizio.
Darren increspò le labbra. «Buongiorno, Lenders. Buongiorno, Warner»
«Conosci anche loro?» chiese Milly, sempre più perplessa.
«Chi non conosce i campioni della Toho School?».
Ai due calciatori quel tono beffardo non piacque. «Stai sfottendo?» domandò Ed in tono d’avvertimento.
«Oh, no. Sottolineavo solamente la verità» si scusò Darren. «Milly-san è una vostra grande sostenitrice e parla così spesso di voi in classe, soprattutto di Lenders, che mi è inevitabile ripetere le sue parole. Vi considera due grandi campioni. Vero, Milly-san?»
Milly arrossì, annuendo e torturandosi l’orlo della gonna.
«Ma che significa 'lui ti segue?'» domandò Jem d’un tratto, l’aria allarmata, lo sguardo che andava da Kira, a Grant, a Lenders.
Mark intercettò lo sguardo di Kira. La vide volgere di scatto gli occhi verso Milly Benson e cambiare l’espressione tesa in un sorriso costruito alla perfezione.
«Niente, Jem, tranquilla. Mark esagera»
Lui sobbalzò. «Cos…?»
Kira sgranò gli occhi, fulminandolo con uno sguardo d’avvertimento: aveva promesso, non poteva mettersi a litigare con Grant in quel momento.
«Comprendo il fraintendimento di Lenders» disse Darren, rivolgendosi a Jem per rassicurarla. «Ogni giorno attendevo nello spiazzo davanti al cancello della scuola per vedere passare la tua amica Brighton. Riconosco di essere stato inopportuno, ma il mio unico intento era quello di attirare la sua attenzione. Forse l’ho fatto nel modo sbagliato, al punto da suscitare il sospetto dei suoi amici».
Mark detestò la sottile superiorità con cui Grant parlava, la falsità di cui era intrisa ogni sillaba. Attirare l’attenzione? Sì, pedinandola. Questo, per lui, si chiamava molestia.
«Capisco…» mormorò Jem, non del tutto convinta ma decisa ad accettare la spiegazione. «Mi scuso anch’io se ho pensato male di te, Grant. Sai, esco da scuola molto spesso insieme a Kira-chan e non ricordo di averti mai visto»
«Non sono un tipo che si nota molto, vero?» Darren annuì con quieta consapevolezza. Poi si voltò verso Kira con in viso un’espressione amareggiata. «Brighton, perdonami se ti ho dato fastidio»
Kira sussultò. Non si fidava di quel ragazzo ma non poteva mandare all’aria tutti gli sforzi per far andare bene quella giornata. «Non c’è alcun problema» disse. La sua voce era priva di convinzione.
«Tutto quello che desideravo era poterti conoscere» aggiunse Darren.
«Beh, oggi avrete modo di fare amicizia» esclamò Milly allegramente. «Che ne dite di incamminarci? Vorrei portarvi in un locale molto carino dove si beve un thè delizioso».
Mentre gli altri ricominciavano a parlare, Mark prese Kira da parte un istante. «Non mi avevi detto che era lui il tuo partner per questa giornata»
Lei gli rimandò lo stesso sguardo risentito. «Non sapevo fosse proprio Grant. Non ho deciso io, è stata Micchan ad organizzare tutto»
«Quello ti ha pedinato per più di un mese e adesso si presenta qui con la pretesa di volerti conoscere»
Lei tentò di calmarlo. «Mark, non è un vero appuntamento»
«Ma se prima hai detto di sì!»
«No, ho detto ‘più o meno’»
«Kira, quel tipo non mi piace!» ringhiò lui a bassa voce.
«Nemmeno a me! Ma oggi dovremo fare buon viso a cattivo gioco».
Mark rifiutò la prospettiva di dover fingere. «Questa si chiama ipocrisia, Kira»
«Dal mio punto di vista si chiama ‘fare un favore a un’amica’».
Il ragazzo emise un’esclamazione sdegnata. «Oh, quindi farai la carina con lui?»
Kira emise un verso spazientito. «Oh, santo cielo! È solo per un giorno! Dobbiamo soltanto…»
«Ragazzi?» La voce di Milly interruppe il battibecco. Lanciò all’amica un’occhiata perentoria.
«Arriviamo!» Kira si voltò un’ultima volta verso Mark, sibilandogli a un centimetro dal naso: «Comportati bene».
 
 
 

Jem aveva un bruttissimo presentimento oltre ad uno spiacevole senso di dejà vu. Milly che chiedeva a Kira di organizzarle un incontro con Lenders era un tentativo già sperimentato l’anno scorso, e il risultato era stato davvero scoraggiante. Eppure, la Benson perseverava ostinatamente nel corrergli dietro.
«J-chan. Il tuo vestito è un amore» squittì Milly mentre iniziavano a incamminarsi lungo la strada.
Jem stropicciò appena la gonna del suo abito verde pastello a fiorellini. «Grazie, anche il tuo».
Milly era agghindata in una gonnellina bianca a balze e fiocchetti insieme a una magliettina ricamata con scollo a V.
«Kira-chan, tu potevi vestirti meglio» proseguì Milly, scrutando con aria critica i jeans e la maglietta lilla con la grossa farfalla nera dell’amica.
Kira tirò i lembi inferiori della sua maglia. «Perché, non va bene?»
«È un appuntamento! Dovevi indossare un abito!» la rimproverò Milly.
«Ma sarei stata scomoda, mica è una serata galante»
Milly tamburellò con un piede a terra, sbuffando insoddisfatta.
«Siete tutte e tre molto carine» intervenne Ed, indugiando un momento in più sul vestito di Jem. «Ognuna con il suo look preferito»
«Sei gentile». Jem apprezzò il complimento, ma si era messa quel vestito perché le piaceva, non per lui.
Warner aveva fatto un apprezzamento a tutte e tre, eppure il suo sguardo si era soffermato su di lei quell’attimo in più che poteva voler dire solo una cosa: un maggiore interesse nei suoi confronti. Jem si trovò leggermente in difficoltà. Il fatto che lo trovasse bello non voleva dire che gli avrebbe concesso l’opportunità di farsi avanti.
Proseguirono verso il centro di Harajuku a due a due. Milly e Lenders non spiccicavano parola, tanto meno Kira e Grant. Era già comparso il primo sprazzo di tensione e la giornata era appena cominciata.
«Sembri preoccupata» disse Ed, chinandosi leggermente in avanti per vedere bene il suo viso.
Jem portò una ciocca di corti capelli dietro l’orecchio. «Un pochino. Ho già assistito a un tentativo di approccio da parte di Micchan verso Lenders, ed è stato un disastro»
«Non ero presente ma so come è andata. Mark me l’ha raccontato»
Jem lo guardò attentamente. «Perciò tu sai cosa sta succedendo e perché siamo qui»
«Da ciò che ho intuito, a grandi linee tutto dovrebbe concludersi con un ‘vissero per sempre felici e contenti’»
«Ehm…più o meno, a sentire Milly». Jem emise un risolino che sapeva di disperazione. «Vuole a tutti i costi fare colpo su Lenders. E, a quanto pare, quel Grant ha adocchiato Kira-chan». Tornò pensierosa. «Ora che mi ricordo, avevo notato un ragazzo guardarla spesso, ma credevo si trattasse di un suo compagno di classe dal momento che lo salutava. Perché Kira-chan non mi ha detto nulla?»
Ed comprese la sua leggera delusione. «Non voleva farti preoccupare»
«Lo so. Sta di fatto che non si è confidata con me ma con Lenders». Il tono di Jem fu quasi un’accusa. «So che sono molto legati e comprendo la sua decisione, però ci sono rimasta un po’ male»
Ed cercò un modo per consolarla. «Edogawa, nemmeno Mark mi dice tutto quello che fa, ma so che nonostante questo mi considera uno dei suoi migliori amici». Le sorrise quando lei lo guardò dubbiosa. «Ci sono cose che preferiamo tenere per noi, non è vero?»
Già. Nemmeno lei aveva mai detto nulla a Kira riguardo… lui. «Hai ragione. Beh, speriamo che le cose si risolvano per il meglio»
«Andrà come andrà. Sinceramente, in questo momento mi interessa passare un bel pomeriggio insieme a te».
L'esplicita intenzione di lui la spiazzò. Jem osservò il sorriso di Ed. Iniziava a piacerle il modo in cui lo faceva. «Sai, Warner, inizialmente avevo un’opinione diversa su di te» ammise.
Ed cercò di valutare la risposta. «...Brutta?»
«Non proprio. No. Purtroppo ho la tendenza a giudicare troppo in fretta cose e persone. Pensavo tu fossi un tipo più schivo, come Lender, un po’ rozzo e maleducato». Jem gli rivolse rapida un’occhiata mortificata. «Oh, perdonami! Non volevo parlar male di un tuo amico»
Ed le rimandò un sorriso debole. «Mark non ti piace, vero?»
«Non molto. Non lo capisco». Jem rivolse al portiere un sorriso di scuse. «Ha dei modi che non mi piacciono. Sembra che non consideri nessuno alla sua altezza»
«Probabilmente è così», ammise Ed con una risatina. «È un ragazzo forte e determinato. Lo stimo moltissimo, non solo come capitano e amico, ma proprio come persona. Tutti noi della squadra lo ammiriamo per la sua tenacia. Non ha il carattere più affabile del mondo ma ha un cuore enorme, te lo posso assicurare».
Lo sguardo di lui si era indurito, nonostante il tono della voce fosse non tradisse risentimento. Ma Jem capì ugualmente di essere stata maleducata e se ne pentì. «Non era mia intenzione offenderti»
«Lo so, tranquilla. Hai detto quello che pensi»
Lei non fu appagata dal proprio comportamento. «Di solito non lo faccio»
«Apprezzo che tu abbia deciso di farlo con me» continuò Ed con sincerità. «Il fatto che tu ti sia sentita libera di esprimerti mi fa sperare di poterti conoscere meglio».
Gli occhi di Ed rimasero fermi su di lei provocandole una reazione inaspettata. Jem distolse lo sguardo. «Con me sei sempre carino»
«Suona come una critica»
«Al contrario. Mi fa piacere»
«Forse perché ti considero degna della mia gentilezza, Edogawa-san»
Il tono più basso con cui lui pronunciò il suo nome diede vita a qualche farfalla nello stomaco.
 
 
 
 
Al suo fianco, Milly Benson cercava di intavolare una conversazione degna di questo nome. Mark non era molto collaborativo, era più occupato a fissare Kira e Grant che procedevano davanti a loro. Per lunghi minuti non fece altro che quello, quasi non prestando attenzione a dove metteva i piedi. Vide Grant dirle qualcosa, Kira scuotere il capo e poi voltarsi verso di lui. Mark provava un forte disprezzo verso l’atteggiamento condiscendente dell’amica, ma non poté ignorare il modo in cui lo guardò: Kira appariva tremendamente a disagio e Mark capì che aveva bisogno di un qualunque tipo di supporto. Le fece un cenno con la testa come a dirle ‘se hai bisogno sono qui, ti basta girarti’.
Se lei fosse uscita con chiunque altro, non gli sarebbe importato di tenerla d’occhio. Kira era libera di frequentare chi voleva; ma di Darren non si fidava, gli dava l’impressione di un tipo non del tutto a posto.
«Allora…» esordì Milly, attirando finalmente l’attenzione su di sé. «È passato parecchio tempo dall’ultima volta che ci siamo parlati. Ti ricordi?»
«Ehm… sì». Mark ricordava perfettamente. Era stata colpa di Milly Benson se lui e Kira avevano sprecato un anno ad ignorarsi. Nondimeno, forse avrebbe dovuto scusarsi per il modo in cui si era comportato quella volta.
Lei era la tipica ragazzina delle medie con classici sogni romantici a suo parere a dir poco svenevoli. Da quanto gli aveva detto Kira, Milly vedeva in lui una sorta di eroe intrepido, bello e maledetto, ma che all’improvviso l’aveva respinta disintegrando i suoi sogni d’amore. Probabilmente le avrebbe spezzato il cuore anche questa volta, quindi era bene prepararsi un bel discorso per scusarsi doppiamente. Dopotutto non era né un eroe, né maledetto. Bello magari sì…
Si concesse l’apprezzamento, pensando che se avesse detto una cosa del genere davanti a Kira, si sarebbe messa a ridere e poi lo avrebbe sistemato con una battuta poco garbata. Potendo scegliere, Mark avrebbe preferito passare quel pomeriggio con lei. Si era già pentito di aver accettato l’invito della Benson.
Milly gli si accostò maggiormente, a piccoli tentativi, intimidita dalla sua presenza, dalla prestanza fisica e l’espressione corrucciata.  «Che ne dici se ricominciamo da capo?»
«Mh?»
«Chiamami pure Milly e basta»
Perché tanta confidenza? «Come vuoi»
«Io…io posso chiamarti Mark?»
«No» rispose seccamente lui, avvedendosi immediatamente dell’errore. «Cioè…non credi sia meglio, ehm, conoscerci un tantino di più prima di eliminare gli onorifici?»
Lei si ritirò in sé stessa. «Oh. V-va bene. Allora ti chiamerò con il cognome. Scusami, sono stata troppo audace».
Cavolo, l’aveva già delusa. Mark cercò un modo per rimediare, rammentando la promessa. Diede un’occhiata al suo abbigliamento tipicamente kawaii(1), la gonna piena di balze e trine. Sospirò lentamente, dicendosi che doveva fare uno sforzo, o Kira e la sua amica avrebbero litigato di nuovo a causa sua.
Buon viso a cattivo gioco, eh? Chissà se…
«Sei…mm…graziosa». Faceva pena, ma lei sembrò apprezzare perché si rianimò tutta.
Milly Benson aveva un bel visino tondo, morbido, due occhi neri e dolci. Era piuttosto bassina, ma dovette ammettere di apprezzare la maglietta che indossava e quello che conteneva. Per essere una quattordicenne era ben formata e piuttosto piena nei punti giusti. Ma non era il suo tipo.
«Kira-chan parla sempre di te» ricominciò lei.
«Ah, sì?»
«Continuamente». Milly lo fissò come per valutare una reazione.
«Sì, andiamo d’accordo» cercò di minimizzare il più possibile lui. «Ma è anche una gran rompiscatole»
«Non ti dà fastidio se è uscita con un altro?»
«No. Perché dovrebbe?»
Milly sorrise. Emise un respiro lungo, cambiando improvvisamente argomento. «Sei stato ammesso alla Toho per merito di una borsa di studio, vero?»
«Già». Lo sapevano tutti ormai. Mark capì che era una domanda retorica nel tentativo di approfondire la conversazione a livelli più personali.
«I tuoi genitori devono essere molto fieri di te. Dimmi, vivi in città?»
«No, abito nel distretto di Saitama»
«Oh, ci sono stata» disse lei, con un entusiasmo che gli parve eccessivo. «Hai fratelli o sorelle?»
«Due fratelli e una sorella più piccoli». L’improvvisa intrusione nella sua vita privata fu un po’ troppo per lui. Non aveva intenzione di mettersi a parlare della sua famiglia con lei.
«Anch’io ho un fratellino più piccolo» continuò Milly. «Per un po’ di tempo ha giocato a calcio ma adesso pratica il karate»
Mark si zittì. Se non le avesse risposto forse avrebbe cambiato argomento.
«Ti ammiro moltissimo, sei un giocatore davvero incredibile. Avreste dovuto vincere voi il campionato, l’anno scorso. Sai, non mi sono persa una partita»
«Segui il calcio?» le chiese Mark in tono basito.
«Sì. Seguo la nazionale, e…v-voi»
Allora era no. Come molte ragazzine della loro scuola, Milly Benson non era veramente interessata a quello sport, veniva a vedere le partite solo per gridare quanto fossero belli i calciatori. Patetico.
«Appena posso, scappo via prima dagli allenamenti di pattinaggio per vedere gli ultimi minuti dei vostri. L’anno scorso ero nella sezione A e la nostra classe si affacciava proprio sui campi da calcio. Quest’anno sono nella E, ma sfortunatamente la nostra aula guarda sull’altra parte del cortile. Così non riesco più a seguirti come vorrei»
Mark non diede segnali di voler continuare quel discorso, così lei iniziò a parlar d'altro: della scuola, dei negozi che le piaceva visitare…
Mark la lasciò continuare. Non l’aveva immaginata così ciarliera. Quasi certamente stava cercando di far colpo su di lui mostrandosi spigliata e simpatica ad ogni costo. Qualcosa nei modi di fare di Milly gli ricordò un po’ Kira, quasi stesse…imitandola.
«Lenders, ti va di prendere il thè o preferisci andare da qualche altra parte?» gli chiese poi lei.
«No, va bene il thè»
Milly annuì felice. «Conosco tantissimi posti carini in questa zona, abito nei dintorni»
Mark alzò gli occhi al cielo. Il sole splendeva di un giallo accecante. Aveva sperato piovesse appena alzato dal letto, così magari poteva scampare a quello strazio che...
D’un tratto si sentirono spingere da dietro. Un paio di bambini correvano sul marciapiede senza guardare dove andavano. Milly sarebbe caduta se Mark non l’avesse presa.
«Ehi, attenta»
Lei arrossì come mai in vita sua. Non aveva pensato a un contatto. «S-s-sto bene»
«Non ti sei fatta male?»
«N-n, no. Ma solo grazie a te». Con un braccio, Milly si strinse titubante al suo come se avessero già una relazione.
Sentirsi ghermito così repentinamente gli provocò una sensazione spiacevole. Mark non amava il contatto ravvicinato, non ne sentiva il bisogno, gli dava l’impressione di essere in gabbia. Ma proprio perché inatteso, totalmente spaesato lui la lasciò fare. Si stava confrontando con qualcosa con cui non gli capitava spesso di avere a che fare: un essere arrendevole e disponibile.
Milly gli rivolse dal basso un sorriso accompagnato da due gote imporporate, come la più inibita delle fanciulle.
Kira gliel’aveva descritta timida e fragile, ma l’impressione che gli diede in quel momento fu molto diversa. Quella ragazza sapeva benissimo cosa stava facendo.
 
 
 
 
Una volta seduti in un accogliente locale dai tondi tavolini color caramello, Kira incrociò le braccia al petto lanciando a Jem e Ed sguardi rabbiosi. Quei due erano gli unici che si stavano divertendo e non sarebbero nemmeno dovuti venire! Le sarebbe tanto piaciuto ascoltare cosa stavano dicendo di così divertente, dal momento che Jem rideva di gusto. Lei invece era costretta ad ascoltare Darren Grant parlare di sé e dei suoi alti profitti scolastici. Quel ragazzo adorava il suono della propria voce... Non le era proprio antipatico ma nutriva per lui una diffidenza naturale.
Mark non doveva passarsela molto meglio di lei: se ne stava seduto accanto a Milly - trasformatasi improvvisamente nella persona più ciarliera di questo mondo – in un atteggiamento annoiato, a braccia conserte, guardandosi attorno distrattamente e annuendo ogni tanto.
Kira aveva pensato che, in presenza del suo idolo, Micchan si fosse come rimpicciolita sino a diventare trasparente. E invece...
Non le andava a genio tutta quella loquacità.
«E tu, Brighton? Qual è la tua media scolastica?» chiese Grant, risvegliandola dalle sue riflessioni.
«La mia? Boh. No, cioè… credo sia sul settanta per cento»
«Non male».
Kira tamburellò con le dita sulla superficie del tavolo. Lui le fissò la mano e ridacchiò. Sembrava divertito all’idea che lei non fosse a suo agio. Si era detta che quel sorrisino bieco sulle labbra di Darren significasse un ‘non preoccuparti, sono in imbarazzo anch’io’; ma col proseguire della giornata Kira capì che lui godeva nel vederla così impacciata. Darren aveva capito che lei lo temeva, ma invece di offendersi lo stava trovando divertente.
Irritante!
Forse aveva ragione Mark: simulare un atteggiamento positivo era da ipocriti. Tuttavia, doveva collaborare…per Milly.
Darren portò la tazza di thè alle labbra e Kira approfittò del momentaneo silenzio per porgli una domanda che suscitava la sua curiosità.
«Senti, perché sei voluto uscire con me, oggi? Micchan mi ha detto che l’idea dell’uscita di gruppo è stata tua».
Darren alzò lo sguardo, riabbassando la tazza. «So della cotta di Milly-san per Lenders e ho deciso di aiutarla»
Kira sostenne lo sguardo di lui. Quegli occhi sottili la insospettivano più di tutto il resto. Afferrò la sua tazza prima che la bevanda si raffreddasse troppo. «Non sapevo che tu e Micchan foste compagni di classe. Andate d'accordo?»
«Abbastanza» disse lui, come se non fosse del tutto vero. «Se te lo stai chiedendo, sì, mi ha detto tutto: della sua gelosia verso il rapporto che hai con Lenders, dei vostri litigi a causa sua…»
Kira provò una punta di risentimento. Da quanto stava sentendo, Darren non era un semplice compagno per Micchan. Doveva essere nata una certa familiarità tra loro.
Quasi leggendole nei pensieri, Darren disse: «Milly-san si è confidata con me perché non aveva nessuno con cui poterlo fare. È una ragazza molto insicura, ha bisogno di amici fidati»
Kira si sollevò dallo schienale della sedia. «Io sono sua amica!»
«Sembra che tu non sia stata molto solidale, ultimamente»
Lei vacillò, stringendo la mascella, risentita di fronte alla critica di un estraneo. «Beh, se sai tutta la storia, non c’è bisogno che approfondisca l’argomento»
«Direi di no». Darren sorseggiò un altro po’ di thè.
Kira posò la sua tazza e si schiarì la gola. Doveva sapere una cosa. Adesso o mai più.
«Posso farti un'altra domanda?»
Darren ingoiò un sorso. «Prego»
«È dall’inizio di quest’anno che mi talloni ogni giorno. Perché lo fai?»
Lui posò la tazza, sistemando i gomiti sul tavolino e intrecciando le dita delle mani. «Non ti tallono. Ti studio»
La risposta la lasciò sbalordita.
«Vedi, Brighton, non ho potuto farne a meno. Sei un tipo che si nota con quei capelli lunghi e chiari. Nessuno a scuola li porta così e nemmeno tu potresti»
Kira si toccò automaticamente la ciocca che le ricadeva sciolta sulla spalla. A scuola li legava quasi sempre in una coda proprio perché sapeva di non avere il consenso di sfoggiarli liberi, anche se talvolta le piaceva ignorare il regolamento. Le erano sempre piaciuti i suoi capelli, e da quando mamma le aveva permesso di farli crescere non aveva più messo mano alla forbice se non per spuntarli. «Sono miei, non li tingo. E non mi faccio notare»
«Oh, no, non intendevo accusarti di vanità. Perdonami. Il fatto è che sei molto carina»
«Ah…» Kira aprì la bocca e la richiuse. Era la prima volta che un ragazzo le diceva una cosa simile. Ne fu lusingata ma non imbarazzata al punto di arrossire.
«Trovo tu sia un tipo interessante, non solo nell’aspetto ma anche nella personalità». Darren intensificò lo sguardo. «Sei esattamente come Lenders: mi piacete entrambi ma in due modi totalmente differenti. In verità è dall’anno scorso che ti ho notata, durante il torneo interscolastico di pattinaggio artistico. Ma solo poco tempo fa ho trovato il coraggio di parlarti»
Lei fu ancora più stupita. «Hai seguito le gare?»
Darren parlò con calma, attento a scandire bene ogni parola. «Per me è quasi inevitabile seguire questo sport. Anche mia sorella è una pattinatrice di figura»
Kira rimase immobile a soffiare sul thè caldo. La sua fronte si contrasse alla ricerca frenetica di un ricordo. Non era la prima volta che aveva la netta sensazione di aver già sentito il cognome Grant da qualche parte.
«Anche mia sorella ha frequentato la nostra scuola e ha fatto parte del tuo club» proseguì Darren.
«Sul serio? Come si chiama?»
«Se fai parte del team di pattinaggio della Toho, non puoi non aver sentito parlare di Amber Grant».
Qualcosa scattò nella mente di Kira, come un meccanismo inceppato che si sblocca, e finalmente ricordò dove aveva letto quel nome: era stato su una rivista sportiva, poco prima di tentare l’esame d’ammissione alla Toho School.
 «Ma certo che ne ho sentito parlare! Tua sorella è quella che ha vinto la medaglia d’argento ai campionati nazionali juniores due anni fa!»
Darren le sorrise amichevolmente. «Proprio lei. Sapevo che la conoscevi»
Kira restò a bocca aperta. Una volta ammessa alla Toho aveva sognato di incontrare quella ragazza che aveva solo un anno più di lei, e che era così brava da essere stata ammessa alle gare nazionali. Sfortunatamente, Amber aveva lascito la scuola per trasferirsi in Russia ad allenarsi con un coach di fama mondiale.
«I miei genitori avrebbero preferito che rimanesse in Giappone» continuò Darren con lieve rammarico, «ma lei ha insistito per studiare da privatista. È molto impegnata con il pattinaggio e non ha tempo di frequentare i corsi»
Kira annuì. «Sì, lo immaginavo».
Adesso era tutto chiaro. Ecco perché quando Darren si era presentato la prima volta le era sembrato di...
Grant… ma sicuro! Al club di pattinaggio si nominava spesso la famigerata senpai Amber. Tutti la ammiravano, solo che nessuno aveva mai usato il cognome, e per questo Kira non era riuscita subito a collegare le cose.
«Mi piacerebbe conoscerla» ammise, alzando gli occhi verso il soffitto, come se potesse figurarsi la scena di lei che stringeva la mano alla sua eroina.
«Mi farebbe piacere fare qualcosa che ti rendesse felice, Kira-san».
Kira corrugò le sopracciglia, scattando sull’attenti. «Non ti ho dato il permesso di smettere di usare il mio cognome».
Troppo sgarbata? Forse. Troppo diretta? Di sicuro. Darren era riuscito ad accendere il suo interesse in una conversazione che non le stava affatto dispiacendo, ma ciò non significava prendersi confidenze gratuite.
«Perdonami, Brighton, mi è uscito senza pensare» le sorrise lui, comprensivo. «So di non piacerti. L’ho capito subito. Ma sappi che farò qualsiasi cosa per farti cambiare idea. Tu mi piaci molto»
Kira spalancò gli occhi e aprì di nuovo la bocca, dalla quale però non uscì alcun suono. Darren era un ragazzo oggettivamente carino, ma non suscitava in lei nessuna sensazione.
Milly l’aveva informata dell’interesse del ragazzo verso di lei, solo che sentirlo a chiare lettere…
Sollevò un angolo delle labbra, trattenendo un rantolo di angoscia. Per darsi coraggio riprese la propria tazza e ingollò i rimasugli del suo thè ormai freddo.
 
 
 
 
La giornata proseguì su toni tranquilli. Darren, Mark e Ed raggelavano l’atmosfera ogni volta che si rivolgevano la parola, per questo Jem, Kira e Milly pensarono fosse saggio fare in modo che non si parlassero affatto. Un buon modo per stare tranquilli e appartati a coppie fu visitare l’Ota Memorial Art Museum, dedicato alle stampe ukyo-e, le "immagini del mondo fluttuante", opera dei più grandi artisti giapponesi. (2)
Ancora scossa dopo la dichiarazione, Kira tentò di schivare Darren in tutti i modi, approfittando del fatto che nel museo non si poteva parlare ad alta voce e c’erano molteplici sale in cui ci si poteva accidentalmente perdere di vista. Quando vide Mark infilarsi solo soletto nella stanza dedicata ai souvenir, decise di seguirlo e nascondersi lì dentro con lui.
«Cosa stai facendo?» le chiese il calciatore con aria perplessa.
Kira si guardò attorno per vedere se Darren era nei paraggi. «Scappo da Grant», rispose nervosa. Preferì spostarsi dietro Mark, in modo da non essere vista nel caso Darren fosse comparso all’improvviso. Probabilmente stava ancora guardando i dipinti insieme agli altri.
«Al locale vi ho visti parlare» disse Lenders, asciutto. «Sembravi piuttosto allegra. Perché ora fai così?»
«La situazione si è fatta un tantino complicata». Kira giocherellò distrattamente con una ciocca di capelli. «Ha detto che gli piaccio»
Il capitano della Toho si voltò rapidamente verso di lei con tutto il corpo, colpendo accidentalmente l’espositore delle riproduzioni delle stampe in vendita.
Kira emise un grido strozzato. «Attento! Se rompi qualcosa te la faranno pagare»
Insieme allungarono le braccia per evitare una caduta che non avvenne. L’espositore non si era mosso di un centimetro.
Mark riportò rapidamente l’attenzione su di lei. «Cos’hai detto?!»
«Che se rompi qualcosa…»
«Non quello. Prima»
Kira lo osservò stringere gli occhi con fare minaccioso. «Di…di Grant?»
«Sì. Lui. Mister sorriso cretino permanente»
Lei emise una risata dentro uno sbuffo. «Micchan mi aveva avvertita, per cui un po’ me lo aspettavo. Anche se sapere che si tratti proprio di lui non mi fa fare i salti di gioia»
Mark sembrò rilassarsi.
«Per lo meno ora mi spiego perché mi segue sempre» continuò ragazza. «Ci trova interessanti, sai? Tutti e due»
Mark inarcò un sopracciglio. «Ti dispiacerebbe essere un filino più chiara?»
«Penso si riferisca al fatto che sei un campione». Kira assunse un’aria pensosa. «Chissà, magari sogna segretamente di essere come te»
Lui fece schioccare la lingua. «Figuriamoci. Quel secchione damerino?»
«Anche Julian Ross lo avevi definito un damerino»
«Julian ha il cervello e le doti per arrivare ad essere qualcuno di un certo calibro, oltre che impersonare il signorino di buona famiglia. Ma Grant…». Mark parlò con disprezzo. «Non me lo immaginerei avere il coraggio di sporcarsi il completo firmato»
«Che male c’è se è un secchione?» replicò Kira. «Il mondo non è fatto di atleti e ginnasti, Mark»
«Cosa vorresti dire? Che sono uno zotico ignorante capace solo di calciare un pallone?»
«Ma no». Kira sospirò di nuovo, ignorando la punta d’irritazione che solo lui era capace di farle montare tanto in fretta. «Tutto considerato, mi domando se sia stato il caso di preoccuparmi tanto. Voglio dire, ora che conosco la ragione della sua insistenza non mi sembra più così inquietante, solo un po’…strano». Le apparì un sorriso sul viso. «E poi sai, ho scoperto che gli interessa il pattinaggio artistico!»
«Lui segue il pattinaggio?» chiese Mark, afono. «E tu ci credi?»
Kira mosse le spalle. «Perché non dovrei?»
«Perché sa di balla grande come una casa, ecco perché. Kira, svegliati! Sta cercando di guadagnare punti»
C’era la possibilità che Mark avesse ragione, ma quando Darren le aveva parlato di Amber non le era sembrato che… «Lo pensi davvero?», domandò delusa.
Mark le rivolse uno sguardo che sembrava dirle ‘vuoi scommettere?’. Si allontanò piano da lei, per spostarsi verso un'altra parte della stanza.
Kira lo seguì. Il sospetto dell’inganno l’amareggiò. Allora non era vero nemmeno che era il fratello di una campionessa? Possibile che avesse inventato tutto?
Ci avrebbe pensato dopo alle bugie di Darren – se lo erano – ora era curiosa di sapere altro.
«Senti…a te come sta andando?» chiese a Mark, dandogli un colpetto con il gomito.
Lui sbuffò. «Mi sto annoiando»
Già. Anche lei. «Intendevo con Micchan»
Mark prese una guida del museo e iniziò a sfogliarla pigramente. «È appiccicosa e sta cercando di abbindolarmi come un pollo. Tu che ne pensi?»
Kira sorvolò prudentemente sul fatto che Milly si fosse tramutata in un’accalappia scimmioni. «Quindi ti stai comportando bene?»
«Sono buono come un agnellino».
La pattinatrice arricciò il naso. Certo, la tigre che diventava agnello, come no?
«Sto facendo quello che mi hai chiesto, Kira. Non aspettarti di più»
«La cosa importante è che tu sia gentile. Le hai fatto almeno un complimento?»
Sfuggente, lui continuò a sfogliare la guida. «Uhm… le ho detto che è graziosa».
La cosa non le fece piacere. Kira rivolse un’occhiata fugace al pavimento, sforzandosi di ignorare il lieve peso sul petto. «Ehm…bene». Ma… «Solo questo?»
Mark ripose il libretto e afferrò una delle stampe in facsimile fingendo di guardare i prezzi. «Non abbiamo nulla in comune. Non saprei cos’altro dirle»
«Cerca di farle qualche altro apprezzamento» suggerì Kira. «Potresti…non so, potresti dirle che trovi carina la sua pettinatura, o fare una battuta di…» …spirito.
Lui inarcò le sopracciglia.
«…Okay, niente battute»
Mark le parlò aspramente. «Mi sembrava di dover passare la giornata con la tua amica, non farle le avance»
Aveva ragione, ma Kira era del parere che incrementare un po’ le cose non avrebbe fatto male a nessuno.
No, vero?
«Dobbiamo convincerla che tra noi non c’è nulla, ricordi?»
Mark emise un suono sprezzante. «Me lo ripeti in continuazione, come faccio a dimenticarmene?»
Posò ciò che aveva in mano con indelicatezza e infilò le mani in tasca. «Lei è bellina» bofonchiò, «e pure ben fatta. Ma se devo essere sincero, trovo più bella te».
Lei trattenne il respiro e divenne di sasso.
Mark la fissò con tanto d’occhi e improvvisamente gli si seccò la gola. «Non sto dicendo che mi piaci. È solo che preferisco le ragazze slanciate»
«Ah». Quindi lui non intendeva che lei gli piaceva, ma che gli piacevano le ragazze come lei. Più alte, più longilinee… Aveva un senso: essendo Mark così alto era normale che preferisse ragazze testualmente alla sua altezza. Lui era quasi un metro e ottanta e Kira aveva il presentimento che negli anni a venire si sarebbe alzato ancora, e parecchio. Attualmente c’erano almeno dieci centimetri a separarli. Lei non era ancora sbocciata totalmente, come notava tristemente ogni mattino guardandosi allo specchio. Milly, per quanto piccola di statura, aveva già un bel seno e fianchi pronunciati; eppure Mark aveva detto di preferire lei. Anzi, no: che la trovava più bella.
Darren le aveva detto che era carina, ma il compimento non aveva percosso il suo cuore come la grancassa di un’orchestra.

 
 
 
Poco lontano dal santuario shintoista Meiji, dedicato all’imperatore Mutsuhito e a sua moglie, l'imperatrice Shōken, sorgeva un parco dove era possibile godersi una gita sul lago usufruendo del noleggio imbarcazioni. Le barchette a remi erano grandi giusto giusto per portare due persone.
Milly non perse occasione per trascinarvi Mark.
Kira salì sulla barca insieme a Darren con passo pesante, incrociando le braccia al petto lasciando che lui afferrasse i remi e li portasse al largo.
Jem e Ed, quasi esternatisi dal quartetto che li accompagnava, presero una terza barca ricominciando a parlare tranquillamente.
Warner conduceva con abilità. Era una cosa che non aveva mai fatto ma gli venne piuttosto facile ed era divertente.
«A quanti anni hai iniziato a pattinare?»
«Dieci» rispose la Edogawa. «Ho cominciato un po’ tardi. Per me era solo un divertimento, ma da quando ho iniziato a frequentare la Toho mi sono decisa a fare sul serio»
«Sei brava?»
Jem tentennò. «Credo di sì. Non come Kira, però. Lei è la più brava del corso»
«È ammirevole il modo in cui la sostieni. Però sono sicuro che anche tu te la cavi benissimo»
Jem sorrise. «È quello che mi dice sempre lei. A me pattinare diverte e mi andrebbe bene continuare così, per il semplice gusto di farlo. Ma Kira è una futura campionessa: lei e il senpai Yusuke. Dovresti vederli».
Ed le rivolse uno sguardo di scusa. «Mi dispiace dover confessare di non essere ma venuto una volta a vedere una vostra gara». La fissò attentamente ma lei non parve molto delusa e questo lo rincuorò.
«Puoi venire quest’anno» propose allegramente Jem. «I campionati inizieranno a settembre, poco dopo il termine delle partite di campionato»
Ed annuì, continuando a remare. «Verrò, se tu verrai a fare il tifo», le disse ammiccando.
Jem sorrise timidamente. «Lo scambio mi sembra giusto ed equo. Perché anch’io ammetto di aver visto pochissime partite»
Lei distolse lo sguardo dal suo. Ed sapeva di averla imbarazzata ma doveva pur iniziare da qualche parte se voleva osare un po’ di più.
«Per cui, alle elementari non praticavi nessuno sport»
«I primi anni no. Però ero manager della squadra di calcio della mia scuola»
Ed smise di remare. «Facevi la manager?»
«Perché ti stupisci?»
«Non so. Non ti ci vedo lavare divise puzzolenti di sudore»
Jem rise. «Eppure lo facevo volentieri»
«Quale istituto frequentavi?»
Lei si umettò le labbra. «Ehm, la… Saint Francis, nella prefettura di Nankatsu»
Ed si immobilizzò. La guardò. Jem lo fissava quasi come se stesse per chiedergli perdono. Lui capì che c’era qualcosa che non sapeva, qualcosa che forse lei non voleva dire. «Eri manager della squadra di calcio della Saint Francis?»
«Già» annuì lei, stropicciandosi le mani. «Mi sono trasferita prima di iniziare la sesta. Mio padre ha cambiato lavoro e siamo venuti in città. Mi dispiacque moltissimo lasciare i ragazzi»
I ragazzi…
Ed fece mente locale e, in due millesimi di secondo, le facce dei giocatori di mezza New Team gli balenarono davanti agli occhi: Paul Diamond, Ted Carter, Johnny Mason, Bob Denver e Benji Price. Tutti loro provenivano dalla Saint Francis, unica scuola elementare di Nankatsu insieme alla Newppi. Le due squadre erano avversarie da tempi immemori. Poi, entrambe le società scolastiche avevano preso i migliori giocatori da entrambe le rose per dar vita all’attuale New Team.
«Prima che me lo domandi, sì, conoscevo tutti i giocatori» lo anticipò Jem, intuendo senza fatica ciò che Ed stava per dire.
«Capisco» balbettò lui. «Beh, non è un problema se sei loro amica»
«In realtà è da molto che non li vedo» disse Jem con chiara amarezza. «Quando la New Team ha partecipato al campionato nazionale io non ero già più la manager, anche se sono andata allo stadio a vedere ogni incontro. Ho cercato di mantenere i contattati, ma sai come vanno certe cose»
«Sì…». Ed ebbe uno strano presentimento. Jem lo guardava in un modo strano. «E… dimmi, ti piaceva qualcuno nella tua vecchia scuola?». La domanda gli sorse spontanea.
Lei si ritrovò scoperta, senza la possibilità di ritrattare. Fece un sorrisino come a dirgli grazie per averle risparmiato lunghi giri di parole. «Lui faceva il portiere»
«Benji». Ed ripeté quel nome come una maledizione. Dovette sapere. «Lui ti piaceva?»
Jem si morse un labbro. «C’era una reciproca simpatia. Si può dire che stessimo insieme»
Già, per quanto potesse essere giusta la frase ‘stare insieme’ per due ragazzini delle elementari, pensò Ed. Non gli fu difficile figurarsi un piccolo e pomposo Benjamin Price mano nella mano con la sua fidanzatina. Ma perché proprio lei? Perché proprio lui?!
Non gli fu difficile fare due più due. «Ho capito». Warner abbassò la testa, sconfitto. «Stai cercando di dirmi che non ho speranze, vero?»
«Scusami» Jem si strinse nelle spalle senza il coraggio di guardarlo. «Sono ancora legata a lui, anche se ora è lontano»
Ed strinse i denti per un secondo, tornando padrone di sé un attimo dopo. «Già. Lui è in Germania e tu sei qui. Pensi non si sia trovato una ragazza in questi due anni?»
Jem trasalì, ferita dall’insinuazione. Ed si diede dell’idiota ma la gelosia era stata più forte. Lei stava iniziando a piacergli sul serio ma poi, d’un tratto, spuntava Price, il ragazzo ricco e perfetto che a uno schiocco di dita aveva tutto ciò che voleva. Non l’aveva mai sopportato e ancor più lo detestò adesso.
Per quanto il sentimento fosse stato sincero, trovò quantomeno sciocco che Jem si aggrappasse a un’affettuosità infantile che molto probabilmente non sarebbe mai divenuta null’altro.
«Non è bello sparlare di una persona che non è presente e non può difendersi» disse lei, sostenendo il proprio prezioso ricordo.
«Scusa. Sono stato impulsivo». Ed tentò di sorriderle ma non ci riuscì. «Perciò, se ti chiedessi di uscire di nuovo, non accetteresti, vero?»
Jem strinse le mani in grembo. «Warner, mi dispiace veramente. Non mi sei indifferente, altrimenti non ti avrei chiesto di uscire con me. Sei un bel ragazzo e mi sei simpatico. Ci ho provato, solo che…»
«Ma certo». Ed si strofinò la nuca imbarazzato, fingendo di ridere per la gaffe. «Accidenti, mi sarebbe piaciuto approfondire la nostra conoscenza ma, se le cose stanno così, non mi resta altro che farmi da parte»
Jem gli rivolse uno sguardo penoso che lui non accettò. Si voltò, non riuscendo neppure a tradurre in parole quello che provava.
Lei aveva tentato di dimenticare Benji uscendo con lui, e forse era vero che non l’era indifferente ma poco contava. Ed non sarebbe stato il rimpiazzo di Benji Price.

 
 
 
«Non avrei mai immaginato che un parco del genere si trovasse così vicino al centro» disse Milly con aria sognante. «Sembra quasi di non essere nemmeno a Tokyo. C’è così tanta natura… la pensi anche tu così, Lenders?»
«Sì, è un bel posto». Ogni volta che lui apriva bocca, l'ammirazione di Milly sembrava crescere, come se non avesse mai incontrato un ragazzo più intelligente.
La vide annuire. «Sì. A-anche a me piace tanto…il parco, voglio dire».
Lui non aveva afferrato il doppio senso dell’ultima frase.
Le guance Milly erano spruzzate di porpora e, invece di ammirare il paesaggio, se ne stava a capo chino. Mark, al contrario, remava godendosi la tranquillità di quel luogo. 
Milly stava diventando più sciolta in sua compagnia ma non sarebbero mai stati in grado di conversare in maniera naturale. Non c’era nulla da fare, le cose stavano così. Milly non parlava a sproposito, aveva molte qualità che un ragazzo qualunque avrebbe apprezzato, ma le mancava qualcosa. Quei suoi modi docili quasi lo irritavano. Non aveva mai compreso perché la maggior parte delle ragazze distogliessero lo sguardo quando ti rivolgevi a loro.
Smise di remare quando furono al largo, lasciando che la barca navigasse sospinta delle acque placide che scintillavano al sole. I suoi tranquilli del parco erano un toccasana per il suo animo inquieto. Lo sguardo vagò, poi Mark si voltò un momento per capire dove fossero finiti gli altri. Alle sue spalle individuò Ed e Jem sulla loro barca, chiacchierando fitto. Darren e Kira erano poco più lontano alla loro sinistra. Grant le parlava ma la pattinatrice ascoltava e basta, o forse nemmeno. I capelli di lei, rilucenti al sole, acquisivano sfumature di un intenso oro ramato.
«Non è carino fissare la gente in quel modo, soprattutto se sei in compagnia di qualcun altro»
«Mh?» Mark si voltò verso Milly. Non si era reso conto di essersi messo a fissare Kira. «Scusa, mi ero incantato». Doveva essere rimasto in quella posizione per lungo tempo, poiché la Benson sembrava arrabbiata.
«Se sei geloso di lei, non saresti dovuto venire».
«Non potrei mai essere geloso di una mia amica, di Kira tanto meno. Sarebbe ridicolo».
Ma di fatto è così.
«La chiami col suo nome di battesimo» notò Milly, mordicchiandosi l’unghia del pollice. «Tieni molto a lei, non è vero?»
La domanda spiazzò Mark. «Io…sì. Anche se il più delle volte mi fa saltare i nervi»
Milly gli rivolse uno sguardo lacrimoso. «T-ti stai divertendo…con me?»
No. «Certamente».Mark era convinto di non preoccuparsi troppo del giudizio altrui, ma alla fine stava sempre attento a non fare brutte figure.
«Eri mai uscito con qualcuno?» domandò la Benson.
«Certo, con Kira. La settimana scorsa siamo andati al Luna Park»
Milly iniziò a tremare. Mark lo notò e capì di aver sbagliato qualcosa.
Oddio, non piangerà mica?!
Kira doveva aver taciuto riguardo la loro gita al parco divertimenti. Milly sembrava così gelosa che non farglielo sapere si era probabilmente rivelata la cosa più saggia. Mark lo trovò logico, anche se mentire non funzionava sempre come soluzione migliore.
Provò a correggersi. «Comunque sia non lo considero un appuntamento. Lei è mia amica e basta»
Milly annui senza aprire bocca, per poi distogliere lo sguardo.
Bene, si disse Mark. Lo scopo della giornata era stato raggiunto. Se era lui stesso a dirglielo, lei avrebbe finalmente creduto che tra lui e Kira non c’era niente di niente anche senza una prova concreta. Almeno sperava.
Si concentrò di nuovo sulla Benson per capire se avesse funzionato. Lei rialzò lo sguardo e le sue guance si tinsero nuovamente di rosa. Gli dava come l’impressione che fosse capace di arrossisse a comando.
«Io…» ricominciò lei. «Io t-ti piaccio almeno u-un pochino?»
Mark sussultò e arretrò col busto.
E adesso? Doveva seguire il consiglio di Kira e farle un altro apprezzamento? Forse, ma aveva l’atroce dubbio che se si fosse azzardato, lei…
«Mi piaci davvero tanto, Mark». Milly si sporse sulla barca.
Lui si ritrasse. «Ma cosa…?»
Lei gli si lanciò praticamente in grembo aggrappandosi alla sua maglia, chiuse gli occhi e tese le labbra.
 
 
 
 
Dopo aver cercato di introdurre nuove argomentazioni, Darren aveva smesso di parlare. Kira, al pari di lui, non fiatava. Il ragazzo remava piano e lei se ne stava con la schiena piegata, i gomiti puntellati sulle ginocchia e una mano a sorreggere il viso. In lei si era risvegliata la fastidiosa vocina interiore che le punzecchiava la mente con elucubrazioni dalle quali si sarebbe volentieri tenuta alla larga.
Lei non piaceva a Mark. Mark non piaceva a lei. Lui aveva solo espresso un giudizio soggettivo. Un amico poteva dirle che era bella. Però… Dannazione, perché aveva dovuto usare quella parola?
Era abituata a pensare a sé stessa e Mark come un duo mal assortito ma fatalmente compatibile. Un’antica leggenda giapponese narrava che c’era un filo rosso che legava le anime di due innamorati…forse ne esisteva uno anche per gli amici.
Kira era felice che Mark la apprezzasse in quel senso, faceva bene alla sua autostima, solo che certe parole in bocca a lui suonavano veramente strane, soprattutto perché il capitano non le aveva mai fatto intendere che pensasse una cosa simile di lei.
Sapeva che non significava niente. Non era roba per loro due, quella, ma il suono di quella parola le stava trapanando il cervello.
«Qualcosa non va?» domandò d’un tratto Darren.
Kira sollevò il viso dalla mano. Doveva essere stanco di essere ignorato. «Scusa, ero distratta».
«L’ho notato». Darren continuò a remare lentamente, il solito sorriso tranquillo sempre al suo posto.
Improvvisamente, Kira ricordò che voleva chiedergli qualcosa.
«Senti, Grant, è vero che sei il fratello della senpai Amber?» domandò a bruciapelo.
Lui sollevò le sopracciglia. «Certo che è vero»
«Scusa, non volevo darti del bugiardo. Solo che…beh, tu hai detto che ti piaccio e io…»
«...hai pensato che ti abbia raccontato una frottola per impressionarti» concluse lui.
Kira annuì. Non era lei che lo pensava, ma Mark. Comunque non c’era bisogno di specificare. «Se ti fossi inventato tutto sarebbe inquietante, perché significherebbe che mi hai studiata veramente per carpire ogni più piccolo particolare»
Darren ridacchiò con lei per la battuta. «Già, sarebbe allarmante. Ma per tua fortuna non è così; Amber è davvero mia sorella maggiore, e appena potrò te lo dimostrerò»
Kira rimase sorpresa e sollevata. Poteva stare tranquilla. Non era uno stalker. Finora, l’aspetto più preoccupante era sapere che lei gli piaceva. La dichiarazione l’aveva lasciata abbastanza indifferente, per cui non avrebbe potuto affermare che le avesse provocato realmente fastidio. Se si fosse fermata ad ascoltarlo una delle tante volte in cui lo aveva incontrato a scuola, invece di fuggire via, forse il timore per quel ragazzo non sarebbe nemmeno esistito. Kira non nutriva particolare interesse a farselo amico o approfondire la conoscenza, era solo contenta di averlo capito.
«Sai, è stato davvero un bel gesto quello di accettare di venire per farli incontrare» riprese Darren, spostando lo sguardo verso Mark e Milly sulla barca più vicino a loro. «Credo che, dopotutto, tu sia riuscita a fare felice Milly-san».
Lo stomaco di Kira si contorse come una serpe malefica, ricordandole la propria bassezza: stava fantasticando sul ragazzo che piaceva alla sua amica. Che razza di persona era?
«Credo che se quei due si mettessero insieme, sarebbe la soluzione migliore per appianare le vostre divergenze» continuò Darren.
Kira si voltò rapida a fissare Mark e Milly. Mettersi insieme? Forse Grant aveva ragione: se avessero fatto coppia, lei avrebbe potuto continuare ad essere amica di entrambi senza che Micchan soffrisse di gelosia.
«Kira-san», Darren le afferrò una mano, tenendola così stretta da non permetterle di liberarsi. «Sii una buona amica per Milly-san. Un’amicizia sincera si vede anche da ciò che siamo disposti a rinunciare per il prossimo. Lascialo a lei»
No.
L'ondata di dolore si diffuse rapidamente nel suo corpo come una scarica elettrica. Kira non voleva assolutamente che quei due facessero coppia, erano troppo diversi.
Ma gli opposti si attraggono, sussurrò la vocina antipatica.
Taci!
Era escluso! Mark non avrebbe mai potuto innamorarsi di Milly. Sì, poteva trovarla graziosa ma non avrebbe mai…non avrebbe…
Si sporse sulla barca per accertarsi che quello che stava vedendo non fosse reale: Mark e Milly stavano per…
«Ehi?! EHI!!!» Kira balzò in piedi con violenza. Il movimento fece vacillare la barca. Darren le intimò di risedersi o avrebbe rischiato di cadere.
Troppo tardi.
La barca si rovesciò ed entrambi finirono in acqua, e non furono gli unici. Sull’altra imbarcazione, Mark lasciò i remi schizzando in piedi a sua volta, più per evitare Milly che per il grido di Kira. Nel tentativo di riprendere l'equilibrio, lui finì per appoggiare tutto il peso su un lato facendoli ribaltare.
«Milly! Kira!» esclamò Jem da poco lontano.
«Capitano!» le fece eco Ed, scoppiando inevitabilmente a ridere quando la testa di Mark fendette la superficie. Dire che in quel momento era furioso sarebbe stato riduttivo.
«Kira, che cazzo urli?!». L’imprecazione di Lenders era per lei.
Appena riemersa, Kira respirò a pieni polmoni. Si tenne al fasciame dell’imbarcazione capovolta, rivolgendogli un identico sguardo collerico. «E tu che cazzo facevi, Lenders?!»
Si fissarono per un momento e in quello sguardo passò tutto ciò che nessuno dei due avrebbe avuto il coraggio di esprimere. Ma era sempre la rabbia a farla da padrone.
Poi, Mark rammentò all’improvviso: dov'era finita, Milly? Si guardò attorno e notò la figura di lei che si dibatteva goffamente nell’acqua. «Stai bene?»
«S-sì, ma non si tocca» boccheggiò la Benson.
«Non sa nuotare bene» lo informò Kira con voce seccata.
«Lenders, tu stai bene?!» piagnucolò Milly.
«Certo. Dobbiamo tornare verso la riva. Riesci a nuotare fino a lì?»
Milly annuì ma ebbe bisogno di un aiuto.
«Capitano, la riportiamo a riva noi» disse Ed, sporgendo un braccio fuori dalla barca. Lui e Jem, gli unici rimasti illesi, fecero salire Milly.
«Accidenti, Kira-san!», esclamò indignato Darren Grant. Era stato praticamente ignorato e nessuno si era premurato di sapere se stesse bene. «Si può sapere cosa ti ha preso?»
«Niente!» grugnì lei, cominciando a nuotare verso la riva a grandi bracciate. Mark la affiancò in poco tempo e la superò senza degnarla di uno sguardo.
Le barche furono lasciate nel lago. Un paio di guardie del parco erano accorse, avvertite da altri passanti. Ed parlò con loro, scusandosi per il disagio e promettendo di pagare i danni se ce ne fosse stato bisogno. Essendo tutti poco più che adolescenti e capendo che non avevano provocato gravi danni alle barche né di proposito, le guardie fecero ben poche storie.
Jem aspettava un po’ più in là della riva, seduta su una panchina insieme a Milly, tenendole le spalle con un braccio. Milly tremava ma non certo per il freddo; la giornata era decisamente estiva. La caduta nel lago l’aveva spaventata a morte.
Ansimanti e grondanti acqua, Mark e Kira arrivarono fino al piccolo molo. Lui si puntellò con le mani al ponticello, issandosi fuori dall’acqua. Allungò una mano verso Kira, che lo guardò titubante. «Faccio da sola. Tu va da Milly» disse lei, velenosa.
Mark non si mosse, invece sedette con lei sull’erba quando la ragazza vi si lasciò cadere.
Darren li raggiunse pochi secondi dopo, i capelli di solito perfetti appiccicati alla testa. Scavalcò Lenders e Brighton in silenzio, per dirigersi verso le panchine esposte al sole.
«Stai bene?» chiese Mark a Kira.
«Sì». No.
Mark la squadrò con attenzione per trovare qualcosa che non andasse. «Che cos’hai, si può sapere?»
«Hai il coraggio di chiederlo?»
«Ma che vuoi? Che ho fatto?»
Kira gli lanciò un’occhiata furibonda. «Ti stai impegnando molto, vedo, e la cosa mi stupisce dal momento che trovavi Milly noiosa» rispose poi, marcando ogni parola.
«Ha cercato lei di baciarmi» si giustificò Mark. Ne sentì il bisogno anche se non le doveva niente.
«E chi se ne frega se la baci?!» esplose, Kira, rimettendosi in piedi alla svelta. «Quello che fai con lei non è affar mio. Anzi, sai cosa ti dico? Che forse ha ragione Grant: dovreste mettervi insieme, sarebbe la soluzione a tutto quanto». Ma non lo era per l'affanno nella sua voce e del dolore che fin da prima le attanagliava lo stomaco e il cuore.
Al nome di Grant, la mascella di Mark ebbe un guizzo. «Vedo che ti sei fatta abbindolare di nuovo dal damerino da strapazzo»
«Per tua informazione, il damerino era sincero e i tuoi dubbi infondati»
Lui si alzò per fronteggiarla. «Immagino che il giro in barca ti abbia chiarito le idee riguardo a lui, non è vero?»
Kira non riuscì a capire di cosa stava parlando. «Beh, non molto»
«Davvero?» Mark parlò in tono derisorio. «Ti ho vista tenerlo per mano. E oggi al locale a parlare, a sorridere…»
Lei indietreggiò di mezzo passo. «Non ci tenevamo per mano! Lui me l’ha presa e io l’ho ritratta»
«Non sono cieco, Kira»
«Mi hai spiata, scusa?!»
«Ti ho tenuta d’occhio». Mark le si fece più vicino. «Ammetti che stavi ridendo con lui»
Lei aveva sorriso, sì, quando Darren le aveva raccontato di sua sorella, mai prima, né per altri motivi. Kira scosse il capo. «Non significa niente»
«Significa tutto, invece!» Mark mosse un braccio nell’aria per indicare un punto non ben preciso dove avrebbe dovuto trovarsi Grant. «Fino all’altro giorno ti sei lamentata del suo comportamento ambiguo. Mi hai chiesto di accompagnarti fuori da scuola per paura che ti seguisse, lo evitavi come la peste, e ora amoreggi con lui!»
Kira annaspò. Lei non amoreggiava con… «Guardami bene! Ti sembro il tipo che si fa raggirare dal primo che passa?! Invece di giudicare me pensa a te stesso, che ne vai a braccetto per strada con una che hai appena conosciuto!» proruppe rabbiosa.
Mark non batté ciglio. «Se riesci a fare rewind con il cervello, ricordati che sei stata tu a insistere perché mi prodigassi in complimenti per la tua amica. Poi non stupirti se tenta di baciarmi!»
«Se la trovi così appiccicosa come mi hai detto, l’avresti allontanata, non ci saresti rimasto attaccato come una cozza allo scoglio!»
«È stata la Benson a provarci con me! Mi è praticamente saltata in braccio e io…»
«Oh, risparmiami, Lenders! E comunque…» Kira gli picchiettò un dito contro il petto, «…se tu puoi trovare Milly graziosa, anch’io posso guardarmi un po’ intorno!»
Mark fece una smorfia disgustata. «Seriamente? Tu e Grant? Dio, come coppia fareste schifo»
«Nemmeno tu e Milly somigliate alla coppia dell’anno, sai?!» Kira girò sui tacchi prima che potesse uscirle dalle labbra un’offesa peggiore. Non doveva guastare l’atmosfera, ma era incredibile il modo in cui Mark riusciva a smuovere i suoi nervi.
«Aspetta un momento». Mark la raggiunse, tentando di guardarla in viso mentre camminavano. «Mi stai dicendo che ti piace?»
«Pensa ciò che vuoi, non mi interessa»
Lui l’afferrò bruscamente per un braccio e la costrinse a voltarsi. «Guardami in faccia e dimmi che non ti piace»
Kira guardò dentro quegli occhi neri, rabbiosi, e ne fu intimorita. Mai lo era stata. «Non mi piace»
«Stai mentendo»
«Non sto mentendo affatto!»
«Non voglio che tu stia vicino a lui». Le parole di Mark suonarono come un comando.
«Sei assurdo». Lei emise una breve risata irosa. «Ma cosa sei, geloso?»
«E tu allora?» ringhiò Mark senza lasciarle il braccio. «Questa mi è sembrata una scenata in piena regola»
Kira si liberò dalla presa. «Non illuderti, Lenders. Non potrei mai innamorarmi di te»
«Io non ho parlato di innamorarsi».
Lei arrossì leggermente. Già, infatti, chi mai aveva parlato di…
Richiamati dagli altri, tornarono a camminare fianco a fianco raggiungendo le panchine. Poco dopo lasciarono il parco, spostandosi nuovamente verso il centro. La strada al sole li aiutò ad asciugarsi un poco, ma entrarono ugualmente nel primo negozio di abiti che trovarono per acquistare dei vestiti di ricambio, domandando gentilmente alle commesse se potevano usufruire del bagno per sistemarsi.
Milly si avvicinò lentamente a Mark. I suoi occhi erano pieni di lacrime trattenute, i capelli in disordine e l’abito sgualcito.
«Tutto a posto?» chiese lui.
Lei annuì, appoggiandosi contro il suo petto piangendo. «Grazie, mi hai aiutata. S-se non ci f-fossi stato tu p-probabilmente sarei affogata»
Mark si immobilizzò, le mani alzate a mezz’aria come se dovesse abbracciarla oppure respingerla. Optò naturalmente per la seconda ma non troppo bruscamente.
«Dai, sta tranquilla. Non è successo niente»
Kira osservava la scena dai camerini del negozio, in uno dei quali aveva appena finito di cambiarsi. Se le avessero dato un pugno nello stomaco non si sarebbe sentita così male. Non riusciva a dare un nome alla sensazione che provava, ma era chiaro che Mark aveva torto: non era lei ad essersi invaghita del suo accompagnatore, quel pomeriggio.
Senza dire una parola, si avviò verso l’uscita.
«Kira, dove vai?» chiese Ed, incrociandola mentre usciva da un altro camerino.
«Me ne torno a casa. Dillo tu a J-chan, d’accordo?»
«Ma…»
«Bye-bye». Kira salutò il portiere con un gesto pigro della mano. Dopotutto non serviva più lì. Aveva compiuto il suo dovere di amica.

 
 
 
 
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Note:
 
1. Kawaii è un aggettivo della lingua giapponese che può essere tradotto in "carino" o "adorabile". Viene usato per indicare qualcosa di piccolo e grazioso, come anche molti personaggi di anime e manga con occhi grandi e scintillanti, lineamenti graziosi, atteggiamenti timidi, e tutta una serie di particolari che ne hanno fatta una vera e propria moda. Molte ragazze in Giappone parlano, si atteggiano e vestono ‘kawaii’, con abiti graziosi spesso ispirati allo stile delle bambole europee. Una moda sopra tutte è quella della Lolita o Gothic Lolita.
 
2. L'ukiyo-e (tradotto "immagine del mondo fluttuante") è un genere di antica arte nata nel periodo Edo (tra il XVII e il XX secolo). È una stampa artistica giapponese su carta, impressa con matrici di legno. Se non ne avete mai sentito parlare vi consiglio di cercare sulle immagini di Google queste meravigliose e caratteristiche creazioni del Sol Levante.
 
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Questo è il capitolo più lungo di tutta la fanfiction, d’altra parte era necessario postarlo senza interruzioni. Spero si capisca tutto e che non abbiate fatto confusione tra i vari point of view. C’erano tante cose da dire e fare, e sei personaggi da muovere.
 
Non siate troppo gelose fans di Mark e Kira, dopotutto bisogna creare un po’ di casini per smuovere la situazione, non vi pare? (Era pure ora, direte, vero? xD).
I nostri cari protagonisti sono vittime delle manipolazioni più disparate: Milly si è trasformata da ragazzina innocente e timida in una personcina alquanto sicura di sé. Sarà stato l’amore a ispirarla o i ‘consigli’ del suo amico Darren? Lui non si è fatto problemi a dichiararsi apertamente a Kira, e in più ha sfoderato un’arma quasi vincente: la sorella Amber. MUAHAHAHA-AH-AH! *risata satanica*. Avrà ragione Mark e sarà tutta una bugia per attirare l’attenzione di Kira, o avrà ragione lei e Darren ha detto la verità? Voi che ne dite? ;) Sicuramente, Milly e Kira avranno di che discutere.
Scusate se Mark sembra uscito un po’ dall’IC: avrei potuto fare tranquillamente che dicesse a Milly di non scocciarle e di andarsene a quel paese, ma sono del parere che Mark Lenders non si permetterebbe di fare il prepotente con una ragazza (Kira esclusa, ovvio), ma nemmeno con le persone in generale, a meno che non siano suoi avversari. Mark non sa bene come dire di no a Milly e d'altronde non ne ha motivo: lei non gli è concretamente odiosa e Kira è ancora troppo in modalità ragazzina per sconvolgergli la vita. A quello ci arriveremo ;)
Mi scuso con le fans di Ed e Jem se sono rimaste deluse, ma per adesso Jem è ancora innamorata del suo vecchio amico d’infanzia. Vi aspettavate fosse Benji? E Ed avrà davvero rinunciato a lei? Eh, vedremo…
I miei piccoli si avventurano nel mondo degli appuntamenti e delle prime gelosie *^* Crescono in fretta.
 
Di solito aggiorno ogni due settimane, ma se volete sapere la data esatta vi ricordo che potete iscrivervi al gruppo facebook Chronicles of Queen (magari mandatemi un messaggio privato per dirmi chi siete qui si Efp, così vi riconosco).
Ringrazio come sempre chi ha inserito la storia tra le seguite/preferite/ricordate (JessAndrea, palesati! Non mi arrabbierò XD). Grazie a tutte voi che spendete il vostro tempo per leggere ‘Haru’, siete tutte preziose e io vi adoro.
 
Susan<3
 
P.s. Per eventuali errori chiedo scusa.
   
 
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