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Autore: Carme93    05/08/2019    2 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo ottavo




 
 
Scope, un avvincino e un’amicizia che cresce
 
 
 
Il martedì successivo i Tassorosso del primo anno affrontarono la loro prima lezione di Pozioni con il professor Lumacorno.
Teddy aveva già conosciuto l’insegnante qualche anno prima, mentre passeggiava a Diagon Alley con Harry. All’epoca era piccolo e aveva classificato l’uomo come un vecchietto grasso e simpatico, che aveva insistito per offrirgli un gelato da Florian Fortebraccio. Ora percepiva un profondo imbarazzo al solo ricordo di quell’episodio. Da quello che gli aveva raccontato il suo padrino e dal sorriso decisamente inquietante con cui il professore aveva accolto il suo ingresso in aula, il ragazzino era sicuro che quell’episodio non era stato dimenticato nemmeno dall’altro. Sì naturalmente non era successo nulla di che, ma Teddy odiava essere al centro dell’attenzione e quel giorno lo sarebbe stato più che mai. Ne era certo.
«Dov’è Mark?» gli sussurrò Enan, mentre prendevano posto.
Teddy si accigliò e si guardò intorno. Totalmente perso all’idea di dover rimanere nella stessa stanza con Horace Lumacorno per due ore, non si era accorto dell’assenza del compagno.
«Benvenuti, benvenuti» trillò Lumacorno tutto contento e i suoi baffi da tricheco fremettero. «Io sono Horace Lumacorno, il vostro insegnante di Pozioni e Direttore di Serpeverde… almeno per ora…».
«Come ‘per ora’ signore? Serpeverde non potrebbe fare a meno di lei!» strillò un ragazzino dalla seconda fila.
«Ruffiano» sibilò Enan disgustato. E Teddy fu d’accordo con lui, ma dopotutto non si aspettava altro da uno come Antonin Dolohov.
«Suvvia, signor Dolohov, ho un certa età in fondo e la professoressa Macklin sarà una perfetta sostituta» rispose Lumacorno lusingato, sebbene fissasse il ragazzino con sospetto. «È il momento di conoscerci!» trillò il professore. «Anche se alcuni di voi non hanno bisogno di presentazione» soggiunse con un’occhiata eloquente a Teddy, che avrebbe voluto sprofondare. Lumacorno prese il registro e chiamò: «Becker Mark».
«Dov’è?» sussurrò Charis. Teddy non seppe risponderle, ma anche lui cominciava a preoccuparsi seriamente: Mark non era il tipo che saltava le lezioni o almeno non gli era parso. Vero anche che si conoscevano ancora da troppo poco tempo.
Nel frattempo il professore continuava a chiamare l’appello e Teddy si rese conto che ad alcuni studenti rivolgeva dei sorrisi smaglianti, compresi lui e Charis – il sorriso a lui rivolto fu così ampio che Teddy ebbe il forte impulso di nascondere la testa in un calderone, visto che buttarsi dalla finestra era escluso trovandosi nei sotterranei del castello -, altri ricevevano occhiate di sufficienza, altri ancora non venivano neanche guardati. Aveva appena chiamato Yaxley Edith che Mark irruppe in classe con il fiatone. Teddy si tese in avanti per osservarlo meglio: aveva il viso arrossato, probabilmente aveva corso per raggiungere l’aula, e gli occhi umidi, che nulla c’entravano con la corsa. Che gli era successo adesso?
«M-mi s-scusi per il ritardo» mormorò Mark flebilmente, fissando il pavimento.
Teddy si chiese se il compagno stesse pregando tutte le divinità che conosceva affinché il pavimento di pietra si aprisse e lo inghiottisse.
«Poiché è la nostra prima lezione, chiuderò un occhio, signor Becker, ma che non accada di nuovo» disse quasi freddamente Lumacorno facendogli un vago cenno con la mano verso i banchi.
Mark li individuò quasi subito e si pilotò verso di loro. Teddy non gli disse nulla mentre prendeva posto tra lui ed Enan.
«Bene, bene» riprese il professore ora con aria benevola. Che cos’aveva contro Mark? Teddy non riusciva a credere che fosse solo per il ritardo. «Ho preparato qualche pozioncina per darvi un assaggio di quello che impareremo insieme nei prossimi sette anni... Sono tutte al di là della vostra portata, ma magari siete in grado di riconoscerle. Stupitemi! Signorino Ning, per favore, scoperchia il calderone vicino a te». Il Serpeverde obbedì prontamente e Lumacorno invitò gli altri studenti ad accostarsi in modo da poter osservare la pozione. «Alzi la mano chi la riconosce» aggiunse battendo le mani come se stesse facendo un gioco bellissimo.
Contento lui, pensò Teddy.
Ning Li ed Edward Burke alzarono la mano e l’insegnante gongolò. Teddy si chiese se stessero bluffando. Come potevano riconoscere pozioni di livello avanzato? Il ragazzino rimase a bocca aperta quando si accorse che anche Charis aveva alzato la mano.
«Signorina Williamson, che cosa c’è nel calderone secondo te?».
«Veritaserum, signore» rispose timidamente la ragazzina.
Teddy si concentrò sul contenuto del calderone: a lui sembrava acqua. Magari era un trucco e non c’era alcuna pozione.
«Ottimo, ottimo, signorina. E da cosa l’hai riconosciuto? Dal colore?». Il professore sembrava molto soddisfatto anche se la risposta non era stata fornita da uno dei suoi Serpeverde.
Charis arrossì. «In verità, signore, mio zio me l’ha mostrato più volte e ho imparato a riconoscerlo… Sembra acqua…» mormorò imbarazzata.
«Sì, si potrebbe confondere. Complimenti, signorina Williamson, dieci punti per Tassorosso!».
I Serpeverde apparvero scocciati, ma Teddy riteneva che fosse corretto che un Direttore non favorisse gli studenti della propria Casa.
«Spostiamoci, spostiamoci. Vediamo il calderone del tuo tavolo, signorina Shafiq». Caroline Shafiq non sembrava particolarmente colpita dalla lezione, ma scettica obbedì.  «Allora chi la riconosce?».
Ancora una volta le mani di Ning Li e Charis scattarono in aria. Teddy era trasecolato: come facevano? Si sentiva in difetto e quella situazione lo infastidiva parecchio. Laurence l’avrebbe preso in giro in eterno se gliel’avesse raccontato, ma avrebbe potuto parlarne con Diana.
«Sì, signor Ning?».
«È la Pozione Polisucco, signore. Permette di assumere le sembianze di un’altra persona» rispose con sicumera il ragazzino.
«Ottimo, dieci punti a Serpeverde! Signorina Gould, può scoperchiare il calderone?».
Matilde Gould quasi inciampò per raggiungere celermente il proprio tavolo. Oppure c’era lo zampino di Charlie che ghignava poco distante. Ormai Teddy si aspettava qualsiasi azione dalla compagna.
Questa volta furono Edward Burke e Ning Li ad alzare la mano.
«Distillato della Morte Vivente» rispose Burke appena gli fu concesso il permesso di parlare.
«Esattamente» replicò Lumacorno colpito. «Non mi aspettavo che qualcuno lo riconoscesse! Quindici punti a Serpeverde». A Teddy non sfuggì una lieve inquietudine negli occhi dell’insegnante mentre pronunciava quelle parole. «Signor Lupin sarebbe così gentile da…».
Teddy si riscosse dai suoi pensieri e per un attimo non comprese, poi, dandosi dello stupido, capì che si riferiva all’ultimo calderone, quello al loro tavolo. «Certo, signore» borbottò pur di darsi un tono.
Il ragazzino eseguì la richiesta e per un momento rimase scioccato: gli sembrò di essere tornato alla Tana… uno dei tanti pomeriggi trascorsi con Vic e gli altri a giocare… Che roba era? Una pozione della Memoria? Un po’ intontito si volse verso il professore.
In principio nessuno diede segno di riconoscere la pozione. Forse gli altri ragazzini si sentivano intontiti e inebriati proprio come Teddy.
«Allora, su, non mi deludete proprio ora» li esortò il professore.
Teddy tornò a fissare il liquido e comprese di aver già visto quella pozione. «È un filtro d’amore?» mormorò incerto senza neanche alzare la mano.
«Oh, oh, signor Lupin! Mi chiedevo quando avrebbe mostrato il talento che ha sicuramente ereditato dal suo padrino!» strillò Lumacorno. «Sì, è un filtro d’amore! Per la precisione il più potente di tutti! Si ricorda come si chiama?».
«Amortentia» rispose Teddy, per nulla contento di tutta quell’attenzione.
«L’Amortentia! Bastano poche gocce e puff siete belli che fregati signori! Una volta il tuo padrino Harry mi ha portato un suo amico che aveva ingerito un filtro dell’amore, per giunta scaduto… oh, oh, ancora me lo ricordo! Stateci attenti, mi raccomando! E ricordate che i filtri d’amore sono vietati a Hogwarts. Dieci meritatissimi punti per Tassorosso, signor Lupin!».
Aveva intenzione di continuare così tutto l’anno? Insomma era necessario tirare fuori il nome di Harry ogni due parole? Teddy era già esasperato ed era sicuro che non avrebbe retto fino a giugno.
«Bene, bene, siete una classe promettente. Ora vi illustrerò il programma che affronteremo quest’anno».
«Signore» intervenne Ning Li. «Il calderone sulla sua cattedra non contiene anche una pozione?».
«Oh, cielo come ho potuto dimenticarmene! Sì, signor Ning, hai ragione. Venite tutti qui vicino a me».
Teddy e gli altri ragazzi si spostarono ancora una volta, ma il Tassorosso era già seccato da quell’atteggiamento teatrale del professore. Che Harry l’avesse avvertito non era servito a nulla.
«Ecco, che mi dite?».
Teddy non si sforzò neanche di osservare il liquido dorato: erano le stesse pozioni che anni prima aveva mostrato a Harry e ai suoi compagni. Ma, per Merlino, loro erano al sesto anno! A che gioco giocava Lumacorno? Alzò la mano e il professore gli concesse la parola all’istante. «Felix Felicis, nota anche come Fortuna Liquida».
«Esattamente» strillò Lumacorno battendo le mani. «Dieci punti a Tassorosso. E da cosa l’hai riconosciuta?».
«Me ne ha parlato il mio padrino» sospirò ed era la verità in fondo. Peccato che Lumacorno si lanciò nel racconto del perfetto Distillato della Morte Vivente realizzato da Harry Potter e l’ampolla di Felix Felicis da lui ricevuta in premio. «Sono sicuro che anche tu hai un grande talento!».
E con questo Teddy avrebbe davvero voluto essere un Animagus e trasformarsi in uno struzzo. Sarebbe stato molto comodo in quelle situazioni. Questa Harry gliel’avrebbe pagata!
«Anche noi avremo in premio una boccetta di Felix Felicis?» chiese Ning Li bramosamente.
«No, siete un po’ troppo piccoli, non credi signor Ning?» replicò bonariamente il professore con un gesto ammonitore che nessuno prese realmente sul serio. «Per voi ho in serbo qualcos’altro, ma prima dovrete stupirmi! Cercate la ricetta della Pozione Scacciabrufoli nel vostro manuale e strabiliatemi ancora! Avete un’ora da adesso».
Teddy sospirò, sentendosi in trappola in quell’aula come neanche a Storia della Magia e gli sembrò quasi di comprendere il senso di soffocamento provato da Enan. Il giovane Tassorosso non aveva mai distillato una pozione, ma saltuariamente aveva aiutato la nonna. Egli, però, dovette risolvere prima un problema ben più grave: Mark era sprovvisto di calderone e del Kit base di pozioni. Lumacorno, che girava tra i banchi per dare indicazioni e suggerimenti, se ne avvide immediatamente e sembrò ancora più seccato che per il ritardo.
Teddy decise d’intervenire per evitare all’amico una pesante ramanzina e forse una punizione a nemmeno una settimana dall’inizio della Scuola. «Signore, sono sicuro che il mio compagno abbia avuto solo qualche difficoltà e non volesse mancarle di rispetto». Il professore non sembrò indispettito dal suo intervento non richiesto, ma lo fissò scetticamente, così il ragazzino diede una pacca sul braccio di Mark intimandogli di parlare.
«I-io d-devo dividere il calderone con i miei fratelli, ma Alexis… cioè mia sorella… non me l’ha dato…». Il ragazzino sembrava sul punto di scoppiare in lacrime, mentre la maggior parte dei Serpeverde ridacchiava.
«Sapevo che non l’aveva fatto apposto!» s’intromise all’istante Teddy. «Mark è un bravo ragazzo». Sorrise al professore, sperando che funzionasse. Fosse stato un altro insegnante, probabilmente non avrebbe avuto il coraggio di comportarsi in quel modo, ma, da quello che gli aveva raccontato Harry, Lumacorno era il tipo da cedere facilmente con i propri ‘pupilli’. E almeno per ora Teddy era convinto di essere in quell’elenco, sebbene non per meriti suoi. E tanto valeva approfittarne per tirare fuori dai guai Mark, che, di certo, colpe non ne aveva.
«Non ne può usare uno della Scuola?» mormorò Charis. Teddy non sapeva se avesse compreso che genere di persona era l’insegnante, ma le fu grato per il suo intervento. Alle sue parole, infatti, Lumacorno sembrò addolcirsi maggiormente.
«Oh, sì ce ne sono. Suvvia, tra fratelli qualche baruffa è più che normale. Vieni a prendere il calderone e gli ingredienti che ti serviranno».
Teddy non era d’accordo: le baruffe erano quelle tra James e Albus, che si bisticciavano per l’ultimo biscotto o per un giocattolo; in nessun modo poteva pensare che un fratello potesse deliberatamente tentare di mettere nei guai l’altro. Era sicuro che in futuro Harry e Ginny non avrebbero mai ammesso un comportamento del genere, visto che già si arrabbiavano quando James e Lily tentavano di dare ad Al la colpa dei loro pasticci. Comunque Mark non era finito nei guai e al momento era la cosa più importante. Al resto ci avrebbero pensato con calma.
Il resto della lezione trascorse tranquillamente e tutti i ragazzi s’impegnarono al massimo spronati dal premio segreto. Alla fine dell’ora concessa tutti fissarono Lumacorno con il fiato sospeso in attesa che annunciasse il fortunato vincitore.
«Non c’è male, non c’è male» commentò il professore tornando alla cattedra e fronteggiando l’intera classe. «Il migliore, però, è senz’altro il signor Ning».
I Tassorosso non furono per nulla contenti, specialmente quando scoprirono che il premio era una scatola di dolci di Mielandia, il negozio di dolciumi più famoso di Hogsmeade.
 



*
 


Madama Bumb assomigliava a un falco, ma era una bella donna. Questo fu il primo pensiero di Zoey osservando l’insegnante di Volo incedere tra Tassorosso e Grifondoro schierati in due file, una di fronte all’altra. E gli occhi, gli occhi era gialli come quelli dei gatti. Non avrebbe saputo dire perché, ma le piacque a primo acchito.
Di fronte a ogni ragazzo vi era una scopa. Zoey ancora non ci credeva che potessero volare e non stava più nella pelle. Quel posto risultava sempre più incredibile man mano che trascorrevano i giorni.
«Buongiorno a tutti e benvenuti alla vostra prima lezione di Volo!».
I ragazzini salutarono a loro volta e Zoey si rese conto di non essere l’unica eccitata. Samuel Harper di Grifondoro, per esempio, saltellava sul posto.
«Guidare una scopa non è semplice e soprattutto potrebbe essere pericoloso per coloro che mancano di esperienza, perciò pretendo da parte vostra la massima attenzione e non tollererò disubbidienze ai miei ordini. È chiaro?». Un coro di «Sì, Madama Bumb», «Sì, signora», «Sì, professoressa» si levò dai ragazzi. L’insegnante apparve soddisfatta e riprese: «Bene, adesso stendete la mano destra sulla vostra scopa e dite ‘Su! ’. Mi raccomando con convinzione».
Zoey si affrettò a obbedire. «Su!», ma il suo manico di scopa si limitò a tremolare. Che cos’era uno scherzo? Perché non potevano prenderla in mano e basta?
«Se sei insicura, la scopa lo sente».
Zoey si voltò verso Charlie e notò che l’amica teneva il suo manico di scopa ben stretto nella mano.  «Ce l’hai fatta!».
«Ci mancava pure! Cris mi ha insegnato ad andare sulla scopa a sei anni!».
«Chi è Cris?».
«Il mio maggiordomo» replicò Charlie. «Poi te lo presento. Ora riprova con più sentimento».
«Su!». Questa volta la scopa si sollevò di qualche centimetro e Zoey sussultò sempre più eccitata.
«Concentrati» sussurrò Charlie, come se non volesse disturbarla in un frangente tanto delicato.
«Su!». E questa volta la scopa volò dritta nelle mani della ragazzina che saltellò entusiasta. «Ce l’ho fatta! Ce l’ho fatta!».
«Grande!» commentò Charlie con un ampio sorriso.
In attesa di nuove istruzioni, Zoey si guardò intorno e vide che non tutti avevano avuto la sua stessa fortuna: Mark fissava la sua scopa con aria supplice, Hannah Carson, di Grifondoro, ripeteva ‘Su! ’ con aria sempre più esasperata e annoiata – sicuramente non vi era la minima convinzione in lei che la scopa si sarebbe mai sollevata -; Britney Palmer, sempre di Grifondoro, non sembrava neanche provarci ed era imbronciata. Gli altri, invece, sembravano come lei bramosi di passare alla fase successiva. Madama Bumb dovette intervenire per aiutare i tre rimasti indietro, ma ebbe il suo bel da fare soprattutto per spingere Britney a collaborare e Mark ad avere una minima fiducia in sé stesso. Quando finalmente tutti ebbero il proprio manico di scopa in mano, la professoressa mostrò loro come montare sulla scopa senza scivolare all’indietro e poi passò in rassegna la classe per verificare la correttezza della posizione. Fu il momento in cui, e Zoey se ne rese perfettamente conto, alcuni ragazzi provenienti da famiglie di maghi ebbero l’opportunità di mettersi in mostra: sapevano già come salire su una scopa, per loro era una sciocchezza. Persino Teddy non ebbe alcuna difficoltà, nonostante sembrasse un vero e proprio secchione ed Enan per la prima volta appariva realmente eccitato e attento durante una lezione. La ragazzina per conto suo si sentiva molto insicura e accolse con sollievo l’aiuto dell’insegnante.
«Bene, al suono del fischietto, datevi una spinta forte con i piedi. Tenetevi stretti e alzatevi per un metro circa, poi tornata giù inclinandovi leggermente in avanti». Come volare subito? Zoey si spaventò tanto da rimanere immobile al fischio, mentre accanto a lei i suoi compagni eseguivano l’esercizio stabilito, con eccezione di Mark che non si mosse minimamente e di Charlie che superò abbondantemente il metro di altezza e, gettando un urlo liberatorio, si librò liberamente nel cielo. Probabilmente fu l’espressione estasiata sul viso dell’amica che spinse Zoey a mettere da parte ogni remora e sollevarsi a sua volta.
«Signorina Krueger!» gridò furiosa Madama Bumb. «Avevo detto un metro! Scendi immediatamente!».
«Ma io so volare! Ed è bellissimo! Un vero stadio da Quidditch!» replicò la ragazzina.
Zoey l’ammirò moltissimo in quel momento e avrebbe voluto raggiungerla, ma aveva troppa paura di salire così in alto. E se fosse caduta?
«Signorina Krueger scendi immediatamente! Quindici punti in meno a Tassorosso!».
«Scendo, scendo» strillò Charlie di malavoglia.
«Non si smentisce mai» sbottò Teddy a poca distanza da Zoey.
Zoey, invece, adorava questo tratto di Charlie visto che alla scuola babbana era sempre lei quella che trascinava gli altri. Non vedeva l’ora di raccontare ai suoi che era riuscita a volare su una scopa! Volare! Inclinarsi in avanti e scendere fu facilissimo, così come riprendere nuovamente quota. Adorava la magia.
Charlie si beccò una ramanzina infinita da Madama Bumb e una punizione, ma quello che sembrò infastidire di più la ragazzina fu dover andarsi a sedere a bordo campo per il resto della lezione. Zoey si appuntò mentalmente che l’insegnante di Volo non era una con cui si scherzava. Eppure non doveva essere una persona cattiva, considerata la delicatezza con cui poco dopo tentò di tranquillizzare Mark e a spingerlo a levarsi in volo come i compagni.
Se c’era un compagno che Zoey non riusciva proprio a comprendere quello era Mark. Non capiva perché lei era di famiglia babbana e i suoi, nonostante le comprensibili difficoltà, aveva accettato di avere una strega per figlia; mentre Mark, proveniente da una famiglia di maghi, aveva tanti problemi. Perché non aveva una bacchetta funzionante o il materiale per le lezioni di Pozioni? Nonostante fossero trascorse ormai quasi tre settimane dall’inizio della Scuola, i signori Becker non avevano ancora comprato una bacchetta al figlio, che entrava in crisi a ogni lezione di Trasfigurazione, alla quale presto si sarebbe aggiunta quella di Incantesimi in quanto il professor Vitious aveva annunciato che da lì a qualche settimana avrebbero iniziato a lavorare sulla parte pratica.
Zoey ricambiò il sorriso incerto che il compagno le rivolse quando finalmente riuscì a sollevarsi da terra.


 
*
 


La disposizione dei posti durante la lezione di Difesa contro le Arti Oscure aveva fatto scoccare le prime scintille fin dalla seconda lezione e alla fine di settembre la situazione era sempre più preoccupante. L’unico che sembrava – o non voleva – rendersene conto era proprio il professor McBridge.
In più le lezioni con il loro Direttore erano più noiose di quelle di Storie della Magia e questo era tutto dire. Charlie ne era profondamente delusa: non facevano altro che leggere il libro di testo. Nient’altro! Nemmeno un semplicissimo Incantesimo di Disarmo!
Unico elemento positivo era l’essere riuscita a superare i suoi pregiudizi nei confronti dei Serpeverde – o almeno verso alcuni di loro – e fare amicizia con Caroline Shafiq ed Elisabeth Foster con le quali lei e Zoey giocavano a ogni lezione, così da non annoiarsi eccessivamente. Peggio andava a Enan che continuava a squadrarsi con Thomas Mulciber, seduto proprio dietro di lui, ma nessuno dei due aveva ancora fatto il primo passo verso l’altro; Mark era vittima costante delle angherie di Dolohov e dei suoi amici, il tutto sotto gli occhi indifferenti del professore. Ma Charlie e Zoey si stavano già organizzando per dare una lezione a Dolohov e compari.
«C’è la E?» sussurrò Elisabeth, distraendola dai suoi pensieri.
«No, non c’è» rispose tutta contenta aggiungendo un braccio al fantoccio schizzato sul foglio. «Presto sarai bella che impiccata» soggiunse soddisfatta.
«Non cantare vittoria» sbuffò la Serpeverde concentrandosi per scoprire la parola. «Non è che è una parolaccia?».
«Può darsi» replicò Charlie divertita.
«Becker!» la voce acuta del professore le fece sobbalzare e le spinse a voltarsi verso il fondo della classe.
Charlie si morse la lingua per non dare dell’imbecille al professore – dopotutto, come gentilmente le aveva fatto notare James non più tardi di quella mattina, era riuscita a beccarsi una punizione a settimana dall’inizio della Scuola e insultare un docente l’avrebbe senz’altro aiutata a mantenere quella ‘linea di condotta’, così definita da suo padre nell’ultima lettera.
Il banco di Mark era vuoto: borsellino e libro giacevano ai piedi di Edward Burke e solo uno stupido non avrebbe inteso quanto doveva essere accaduto. McBridge si limitò a togliere punti a Tassorosso e a mettere in punizione il ragazzino, che sembrava ormai rassegnato a sopportare qualunque prepotenza.
Ed era questo che Charlie non comprendeva del compagno: non si ribellava mai. Un atteggiamento decisamente inconcepibile per lei. La ragazzina strinse i pugni e decise di vendicarsi. In quel momento non poteva farlo direttamente su Dolohov, ma avrebbe colpito una delle sue amichette. Sventolò una mano e attirò l’attenzione di Edith Yaxley – altra mancata Grifondoro – e le fece capire di voler cambiare posto. Il professore troppo occupato a rimproverare e umiliare Mark, per non si quale sadico piacere, non si accorse di nulla neanche quando effettivamente si scambiarono.
«Che vuoi qui?» borbottò bruscamente Thomas Mulciber.
«Non un fiato» sibilò in risposta la ragazzina. «O stavolta ti faccio male sul serio».
Mulciber non sembrava aver dimenticato il calcio ricevuto in parti delicate neanche una settimana prima e la fissò terrorizzato. Bene, non avrebbe parlato. Matilde Gould si stava divertendo troppo insieme agli altri Serpeverde e non si accorse della sua presenza. Enan non disse nulla, ma le rifilò uno sguardo tra il preoccupato e il curioso.
Come previsto, l’insegnante, conclusa l’immeritata ed esagerata strigliata a Mark, tornò alla cattedra senza neanche guardarli e ordinò a Edward Burke di riprendere a leggere.
Charlie attese che la classe piombasse nuovamente nel torpore precedente ed estrasse un paio di forbici dalla tasca della divisa. Sotto gli occhi scioccati di Thomas Mulciber, si allungò in avanti e tagliò una grossa ciocca di capelli alla Gould, che sentendosi toccata sobbalzò ma solo dopo aver visto i suoi meravigliosi capelli sul pavimento – parole sue s’intende – si mise a urlare istericamente.
La Tassorosso sorrise sadicamente di fronte alle lacrime della Serpeverde e ai tentativi dell’insegnante di riportare la ragazzina all’ordine e comprendere che cosa fosse accaduto.
 

 
*


 
L’autunno ormai aveva preso piede e l’estate iniziava a essere soltanto un ricordo. Nell’ultima settimana aveva piovuto molto e quando finalmente il cielo era tornato sereno, le chiome una volta splendenti della foresta avevano assunto il colori chiari e malinconici dell’autunno. Il parco era disseminato di foglie secche, tanto che il professor Paciock qualche giorno prima aveva trovato divertente portarli fino al confine con la Foresta Proibita per studiare meglio gli alberi presenti e imparare a riconoscerli anche dalla forma delle foglie. Quel giorno il cielo era nuovamente cupo: le nuvole si stavano ammassando e presto avrebbe sicuramente piovuto. Ancora. Ciò significava dover rimanere all’interno del castello.
«Macfusty!».
Enan si riscosse, ricordandosi di essere in classe.
«Scusi» mormorò rivolgendo un’occhiata colpevole al professor Vitious.
«Avanti, prova anche tu il movimento del polso».
«Sì, signore».
Svogliatamente si esercitò come i compagni, sebbene trovasse il tutto estremamente noioso. Sapeva, però, che non era il caso di farsi richiamare nuovamente dall’insegnante. Ormai probabilmente tutti gli insegnanti avevano notato la sua tendenza a distrarsi e a estraniarsi. Naturalmente a nessuno piaceva quel suo atteggiamento. Ma non lo faceva mica apposta! Loro non si immaginavano neanche quanto gli mancasse la sua bellissima isola e la libertà di correre all’aria aperta.
 «Attento, stai sbagliando» gli sussurrò Teddy.
Puntò gli occhi su di lui e osservò i suoi movimenti, poi tentò di imitarli sempre senza alcun entusiasmo. Nulla da meravigliarsi se accolse il suono del campanello con sollievo. Raccolse in fretta la borsa e i libri e si fiondò fuori dalla classe senza neanche aspettare gli amici. Doveva raggiungere la capanna di Hagrid prima che il temporale scoppiasse. Doveva battere la pioggia. Doveva essere più veloce. Si scontrò con gli altri studenti che a quell’ora affollavano i corridoi, ma non si fermò a chiedere scusa. Se l’avesse fatto avrebbe perso.
Corse a perdifiato ignorando persino il richiamo del professor Paciock che tornava al castello. Ignorò le goccioline che cominciarono a bagnargli la testa. No, il temporale non l’avrebbe fregato.
Effettivamente riuscì ad arrivare alla capanna appena in tempo. Bussò e Hagrid gli aprì con Loki già pronto a fare le feste all’ospite in atteso.
«Ciao» strillò Enan tutto contento.
«Mica ti aspettavo. Sei un bel matto, guarda come piove!».
Enan si buttò su una sedia con Loki alle calcagna, non facendo neanche caso alla pioggia che batteva violentemente contro i vetri. Ce l’aveva fatta! Ce l’aveva fatta: aveva battuto il temporale! Era arrivato da Hagrid prima che la tempesta si scatenasse.
«Odio la pioggia! Ti costringe a stare in casa!» si lamentò il ragazzino accarezzando allegramente il cagnone.
Hagrid ridacchiò e scosse la testa. «Dovresti essere al castello, sai? Aspetta che ti preparo un thè».
«Non ne potevo più di stare al castello! Stamattina abbiamo avuto Erbologia, è vero, ma dopo pranzo abbiamo avuto Storia della Magia! Ti rendi conto? Credo di aver dormito almeno mezz’ora!».
Hagrid gli porse un’enorme tazza leggermente sbeccata e ridacchiò alle sue parole.
«È stata un settimana pesante, eh?».
«Lo puoi ben dire! I professori non fanno che spiegare e segnare compiti, spiegare e segnare compiti! All’infinito, ma non si annoiano!?».
«È il loro lavoro» replicò Hagrid saggiamente. «E poi dovete impararle le cose no?».
«Mio nonno me ne ha insegnante un sacco, ma non mi ha mai chiesto di fare saggi, relazioni, ricerche, temi o riassunti!» si lagnò, invece, Enan. «Non sai quanti compiti ci segna ogni volta la Macklin! La verità è che i professori non hanno nulla da fare la sera e quindi si divertono a correggere i compiti e a mettere brutti voti… soprattutto a mettere brutti voti!».
Hagrid sorrise e lo lasciò sfogare, poi gli disse: «Vuoi vedere qualcosa di interessante?».
Enan quasi saltò giù dalla sedia. «Cosa? Sì, certo! Ma non sta piovendo?».
«Non dobbiamo mica uscire!». Il mezzogigante si alzò e recuperò qualcosa che Enan non fu capace di identificare perché ricoperto da una panno. «Che cos’è? Che cos’è?» strillò eccitato.
«Un avvincino. L’ho trovato vicino al Lago Nero. Dev’essersi avvicinato troppo e qualche stupido ragazzino ci ha giocato. Ora lo devo curare, prima di liberarlo. Vuoi darmi una mano?».
«E me lo chiedi?» trillò Enan estasiato alla vista del demone acquatico. Sembrava particolarmente incattivito probabilmente a causa della ferita alla testa e dell’essere stato il giochino di un essere umano.
«L’hai mai fatto?».
«No. Ho medicato molti animali, ma mai un avvincino».
«Allora segui le mie indicazioni».
Enan seguì alla lettera le istruzioni e nel giro di mezz’ora la piccola creatura stava molto meglio.
«Sei stato bravissimo!» ruggì Hagrid dandogli una pacca sulle spalle.
Il ragazzino sorrise raggiante: quando era in quella capanna sentiva di meno la mancanza di casa.
 


 
*
 



«Molto bene ragazzi, nelle scorse lezioni ci siamo esercitati a lungo sul movimento da compiere con la bacchetta, perciò credo sia arrivato il momento di passare alla pratica».
La vocetta acuta e stridula del professor Vitious risuonò nella classe in una cupa mattina di fine ottobre. Corvonero e Tassorosso del primo anno furono subito entusiasti all’idea di compiere finalmente qualche incantesimo. A eccezione di Trasfigurazione fino ad allora non ne avevano avuto grande possibilità.
L’unico a non esserne felice era Mark, seduto accanto a Charis. Alla prospettiva il ragazzino gemette, ma solo la compagna sembrò fare caso al suo stato d’animo tanto da poggiargli una mano sul braccio con fare incoraggiante. A Mark la ragazzina piaceva: era sempre così silenziosa e timida, ma non mancava mai di aiutare gli altri – Charlie e Zoey ne approfittavano abbondantemente – senza mai aspettarsi qualcosa in cambio. La gentilezza e la premura con cui lo trattavano lei, Teddy e persino Enan lo avevano spiazzato, ma con il trascorrere del tempo lo rendevano un po’ più sicuro di sè. Mark doveva anche ammettere che dopo aver conosciuto Madama Chips stava leggermente meglio: era andata a trovarla altre due volte ed ella lo aveva sempre tranquillizzato e confortato, in tal modo le sue crisi si erano ridotte nonostante i problemi con quella stupida bacchetta.
Il professore distribuì una piuma ciascuno. «Cominciamo con qualcosa di molto leggero. Forza, provate a farla levitare… così… Wingardium Leviosa…». La piuma poggiata sulla cattedra galleggiò sopra la sua testa.
Mark osservò i suoi compagni affrettarsi a eseguire l’incantesimo. Che avrebbe dovuto fare? Le uniche due volte in cui aveva provato a usare la bacchetta a Trasfigurazione era andata male – prima aveva inzuppato la povera Charis, poi aveva praticamente dato fuoco al proprio banco -, ma non voleva compiere pasticci anche a Incantesimi. Si stava impegnando molto in tutte le materie e con sua grande sorpresa si era reso conto che gli insegnanti, a differenza di quelli babbani, non lo ostacolavano ma, al contrario, lo spronavamo e incoraggiavano a far meglio e, cosa più assurda di tutte, lui ci riusciva, riusciva a raggiungere buoni risultati! Alcuni professori, quali Paciock, Vitious e Madama Bumb, l’avevano preso persino a ben volere. La Macklin era neutrale, letteralmente: non lo rimproverava aspramente come altri ragazzi che non studiavano o non facevano i compiti, valutava il suo lavoro in maniera abbastanza positiva, ma lo scrutava sempre infastidita durante le esercitazioni – a dire la verità dopo i primi due disastri gli aveva anche vietato di toccare la bacchetta finché non l’avesse sostituita. Il professor Nichols di Astronomia non lo considerava proprio come in realtà non considerava nessun altro, sembrava perennemente annoiato a lezione, ma l’aveva intravisto con i ragazzi più grandi e sembrava tutt’altra persona. Willy, il fratello di Charlie, aveva detto che Nichols faceva così perché non sopportava i bambini e tutto sommato non aveva particolarmente piacere a insegnare a Hogwarts. A Mark non stava particolarmente simpatico, ma almeno non faceva assolutamente nulla per farsi odiare, a differenza di McBridge che l’aveva preso di mira e per giunta era il loro Direttore. Lumacorno lo ignorava, il che tutto sommato poteva essere ritenuto un bene visto quanto Teddy e Charis si imbarazzavano a essere sempre al centro dell’attenzione a Pozioni.  La materia che Mark preferiva era senz’altro Storia della Magia, lì otteneva ottimi risultati senza sforzarsi come per Pozioni o Trasfigurazione.
«Becker, problemi?».
Il ragazzino sobbalzò, non avendo sentito il professore avvicinarsi. Alzò la testa, ma come sempre fissò un punto del viso che non fossero gli occhi. Non sapeva che cosa rispondere. Se avesse tirato fuori la bacchetta, avrebbe combinato guai e non voleva far arrabbiare proprio Vitious né deluderlo, ma non poteva nemmeno rifiutarsi di eseguire la richiesta di un insegnante! Chinò il capo e fissò il banco.
«Becker, dov’è la tua bacchetta?».
Se gli avesse detto che l’aveva dimenticata in Dormitorio? L’avrebbe mandato a recuperarla? Sarebbe stato inutile allora. L’avrebbe punito o gli avrebbe tolto punti? Così avrebbe comunque mandato all’aria il lavoro compiuto fino a quel momento. In più mentire a un insegnante non era un’azione grave?
«Credo che Mark abbia qualche problema con la sua bacchetta» pigolò timidamente Charis.
Il cuore del ragazzino ebbe un tuffo. Mark s’irrigidì scrutando ostinatamente la superficie lignea del banco, senza veramente vederla.
«Ah, sì? Che genere di problemi? Mostramela».
Era un tono molto diverso da quello della Macklin, ma Mark sapeva che era pur sempre la richiesta esplicita di un insegnante e non poteva disubbidire, così tirò fuori la custodia dallo zaino e l’appoggiò sul banco, poi l’aprì e afferrò la bacchetta. Aveva compiuto questi gesti con deliberata lentezza, come sperando che questa piccola attenzione avrebbe mutato i sentimenti dell’oggetto nei suoi confronti. Vana speranza! Appena strinse la bacchetta nella mano destra essa spruzzò delle scintille rosse che fecero indietreggiare sia Vitious sia Charis e lui la mollò sul banco spaventato. La bacchetta non gradì ed emise una fiammata che l’avrebbe seriamente ustionato se non si fosse tirato istintivamente indietro con la sedia.
«Non. Lo. Fare. Mai. Più» sbottò il professor irritato dopo aver spento il fuoco.
«Non l’ho fatto apposta» piagnucolò Mark. Ecco non ne faceva una giusta: ora anche Vitious l’avrebbe odiato. Forse McBridge e Alexis avevano ragione a dire che era un inutile incapace. «È ostile» aggiunse come se quello potesse giustificarlo.
«A maggior ragione, non la lanciare più in quel modo» replicò il professore severamente. «Le bacchette tendono a incanalare una piccola parte della magia del proprietario, avresti potuto farti molto male!».
«N-non lo s-sapevo» mormorò affranto.
Il tono di Vitious si addolcì. «È meglio che tu la riponga. Hai già studiato bene la teoria di quest’incantesimo e non ritengo che tu debba andare avanti da solo, ma confido che saprai comportati in modo adeguato per il resto della lezione e non dare disturbo ai tuoi compagni».
«Sì, signore» rispose flebilmente Mark.
Alla fine della lezione il professore disse: «Molto bene, siete stati tutti molto bravi. Continueremo a esercitarci nella prossima lezione con qualcosa di più pesante di una piuma. Mi raccomando rileggete con attenzione il capitolo sull’Incantesimo di Levitazione e non esercitatevi da soli… Potete andare. Becker, tu aspetta un attimo».
Perché? Non aveva fiatato per tutta l’ora ed era stato a braccia conserte per tutto il tempo (l’insegnante babbana era fissata con questa cosa) e non aveva disturbato nessuno! Aveva sperato di poter scappar via e chiudersi nella propria stanza per tutto il week end!
Attese che il resto dei compagni uscisse – avrebbe preferito evitare di essere rimproverato davanti a tutti – e si avvicinò mogiamente alla cattedra. Vitious era seduto come sempre su una pila di cuscini e metteva in ordine il registro e i compiti che gli erano stati consegnati quel giorno.
Mark si domandò se dovesse dire qualcosa, probabilmente avrebbe dovuto scusarsi di nuovo. Alla fine decise di tacere e attendere che l’insegnante parlasse per primo: aveva un nodo in gola e pensava che se avesse aperto la bocca sarebbe scoppiato a piangere. Enan lo aveva pregato di smettere di farlo in continuazione perché in caso contrario presto l’avrebbero soprannominato tutti il Frignone o in qualche altro modo peggiore.
«Allora Mark perché non hai sostituito la bacchetta? La professoressa Macklin te l’ha detto più di un mese fa. Temo che tu non comprenda ancora la gravità della situazione, eppure prima ti sei spaventato».
«M-mi dispiace, signore. Farò meglio» sussurrò, trattenendo le lacrime.
«Non puoi fare meglio se la tua bacchetta non ti riconosce come suo padrone».
«M’impegnerò di più» tentò Mark disperato. Lo voleva espellere? Lo voleva rimandare a casa? Ma lui cominciava a trovarsi bene: la biblioteca di Hogwarts era veramente fantastica proprio come gli aveva raccontato Jay, adorava le lezioni di Storia della Magia, Charis era così dolce e si sentiva così bene con lei, Teddy era arguto e cortese, Enan simpatico e aveva sempre storie fantastiche sui draghi o altre creature magiche. Non voleva, non voleva rinunciare a tutto quello.
«Non funziona così» sospirò Vitious pazientemente. «Le bacchette sono manufatti magici incredibilmente potenti e non si piegano al dominio di un mago facilmente. No, non è questione d’impegno. Devi procurarti una bacchetta che vada bene per te e anche al più presto o rimarrai indietro».
«P-posso esercitarmi di più e…».
«No» lo interruppe bruscamente l’insegnante. «Non voglio che tocchi più quella bacchetta, è chiaro? O sarò costretto a prendere provvedimenti seri».
Il tono severo del professore colpì profondamente Mark, che vistosi in trappola – non poteva assolutamente avere una bacchetta nuova, ma non voleva neanche lasciare Hogwarts – sollevò gli occhi pieni di lacrime a stento trattenute su di lui. Fu un attimo, la debolezza di un momento, ma si dimenticò la sua regola d’oro: non guardare mai le persone negli occhi.
«La prego…». Per una manciata di secondi si rivide lanciare la bacchetta sul banco e scansare appena in tempo la fiammata, poi, all’improvviso, un muro nebuloso ma compatto si levò e lo respinse violentemente. E a quel punto una serie di suoi ricordi fluirono liberamente: Alexis che lo minacciava fuori dalla Sala Grande il secondo giorno di Scuola, lo Smistamento, la sedia in fiamme e il capriccio perché il padre aveva comprato la scopa ad Alexis e non la bacchetta a lui, le orecchie d’asino, una delle tante punizioni ricevute alla scuola babbana… A Mark sembrò essere in balia di quel flusso e quasi fu sorpreso quando finì e tornò stordito a fissare lucidamente il professore di fronte a sé che ne ricambiava lo sguardo scioccato. Mark finalmente comprese quello che era accaduto: aveva violato la mente del suo insegnante! La consapevolezza di ciò si depositò come un macigno sul suo petto: sarebbe stato espulso. Non c’erano dubbi. Respirò a fatica per qualche secondo, poi fece l’unica cosa che gli venne in mente: scappare.




 
*
 




Charis sorrise. «Grazie Shawn, sei davvero bravo in Pozioni!».
«Sì, infatti» concordò Teddy altrettanto grato dell’aiuto ricevuto dal ragazzo più grande.
Charis trovava sempre più gentile e simpatico Shawn, rammaricandosi di non averlo conosciuto negli anni precedenti. Sarebbe stato bello stringere amicizia con un altro mago prima di Hogwarts e probabilmente, grazie a lui, si sarebbe avvicinata prima anche agli altri bambini del quartiere.
Erano in biblioteca già da qualche ora, nonostante fosse sabato pomeriggio, ma il tempo era terribile e tanto valeva approfittarne per anticipare i compiti della settimana successiva.
«Che facciamo ora? Storia della Magia? Non possiamo rimandarla ancora, il saggio è per lunedì» sospirò Teddy.
«Ah! Di questa proprio non voglio saperne nulla» borbottò Shawn fingendosi terrorizzato.
Charis ridacchiò insieme ai due ragazzi. «Nemmeno a te piace?» gli chiese poi.
«No» replicò Shawn. «È noiosa».
«Non abbiamo altra scelta» costatò la ragazzina rivolta a Teddy, dopo aver sorriso a Shawn che si rimise a lavorare alla sua relazione per la Macklin.
«Oh, che bravi! State facendo i compiti!».
I tre ragazzi si voltarono meravigliati verso Horace Lumacorno. Charis pensò che per essere un Serpeverde era coraggioso: parlare con un tono tanto squillante nel territorio di Madama Pince equivaleva a un suicidio. O forse i professori non dovevano sottostare a quelle regole, visto che la bibliotecaria si limitò a lanciare un’occhiataccia nella loro direzione.
«Ehm, sì signore» mormorò Teddy, mantenendo bassa la voce.
Charis non era felice d’incontrare Lumacorno al di fuori delle lezioni, mal sopportando il suo modo differente di trattare gli allievi. Né lei né Teddy erano particolarmente brillanti in Pozioni, sebbene comunque se la cavassero decentemente, ma il professore non perdeva occasione di lodarli ed elogiarli davanti a tutti. E il perché non sfuggiva a nessuno: i genitori di Teddy avevano dato la vita durante la battaglia di Hogwarts e i suoi erano stati uccisi dai Mangiamorte. Un motivo terribile insomma.
«Bravi, bravi!» trillò l’insegnante allargando il suo sorriso. «Ma ci vuole anche una pausa ogni tanto! Venerdì prossimo mi piacerebbe avervi nelle mie stanze per una cenetta tranquilla. Vi presenterò dei simpatici e brillanti compagni, se già non li conoscete già». E qui ridacchiò. «Vero, signor Lattes?».
«Oh, signore, io e Charis abitiamo nello stesso quartiere».
«Oh, oh, è bello quando le famiglie magiche riescono a riunirsi in una città» commentò Lumacorno. «Allora, posso contare di avervi tutti e tre come miei ospiti?».
Charis avrebbe voluto dire no, ma riuscì a trattenersi considerandola una risposta maleducata.
«Sì, ne saremo lieti» rispose per tutti Shawn.
«Non mi sembra una grande idea» sussurrò Charis appena il professore fu più lontano.
«‘Ne saremo felici? ’ Davvero?» borbottò Teddy.
«Volevate rifiutare il primo invito?» replicò Shawn. «Non era il caso. Più avanti potrete trovare delle scuse, ma, vi avverto, sa essere tenace, per cui meglio accontentarlo per una volta».
Charis non aveva alcuna intenzione di non seguire il consiglio del più grande, ma fu comunque sollevata quando costatò che Teddy era d’accordo.
Ripresero a studiare di buona lena, spinti dal desiderio di metter al più presto da parte i libri di Storia della Magia, ma circa un’oretta dopo furono nuovamente interrotti.
Charis avevano notato il professor Vitious farsi strada tra tavoli e studenti con pile traballanti di libri tra le braccia, ma fu stupita quando si fermò vicino a loro.
«Buonasera, ragazzi».
Charis si chiese se era normale che i professori controllassero gli studenti in biblioteca. L’idea la innervosiva parecchio.
«Buonasera, signore» risposero i tre ragazzi.
«Mi dispiace disturbarvi, ma mi chiedevo come sta Mark Becker. Non l’ho visto in Sala Grande né ieri sera, né oggi».
Charis scambiò un’occhiata veloce con Teddy. Mark si era rinchiuso in camera dopo la lezione d’Incantesimi del giorno precedente senza dar loro spiegazioni e avevano dovuto faticare a lungo per capire che era successo qualcosa quando il professore l’aveva trattenuto in classe. Qualcosa di grave, visto che era sicuro che sarebbe stato espulso. Non sapendo a chi chiedere – di certo non al loro Direttore – e non volendo peggiorare la situazione, si erano risolti ad attendere gli sviluppi della situazione o che finalmente il compagno decidesse di confidarsi con loro. Ora non sapevano come comportarsi.
Il professore colse la loro esitazione. «Se il vostro compagno sta male, dovete dirlo».
Dopo quella che sembrò un’eternità Teddy sospirò: «Non mangia da ieri. È sconvolto, ma non ha voluto dirci perché».
Vitious s’incupì, ma a parte questo non apparve particolarmente sorpreso. Come se già sapesse.
«Professore» pigolò allora Charis, «Mark non è cattivo. Se ieri ha fatto qualcosa di sbagliato, lo perdoni». Si sentì stupida non appena pronunciò quelle parole: era pur sempre un insegnante, non suo zio e se il compagno aveva violato le regole c’era ben poco da supplicare.
«Infatti» intervenne immediatamente Teddy. «Credo che i suoi non possano permettersi una bacchetta nuova e per questo che ancora non ha scritto a casa come gli ha più volte detto la professoressa Macklin».
Non aggiunse altro, ma Charis ricordava l’accordo che lei stessa aveva stretto quella mattina con i compagni: avrebbero comprato loro la bacchetta nuova a Mark. Il problema non era di natura economica – a parte Enan, tutti loro erano sicuri di poter ottenere i soldi necessari da genitori e tutori senza particolari difficoltà -, ma logistica: come e dove avrebbero dovuto comprare la bacchetta se non potevano uscire dal castello? L’unica soluzione sarebbe stata aspettare Natale, ma Mark avrebbe dovuto essere presente, non potevano comprargli una bacchetta in sua assenza e comunque alle vacanze mancavano quasi due mesi.
Vitious li aveva ascoltati pazientemente e quasi sorrise di fronte ai loro tentativi di aiutare Mark. «Dite al vostro compagno che voglio vederlo a cena questa sera o sarò costretto a parlare con il vostro Direttore. Inoltre per lunedì mi aspetto da parte sua una ricerca approfondita sulle bacchette magiche, almeno due rotoli di pergamena. Infine ditegli che, quando se la sentirà di parlare di quello che è accaduto ieri, io sarò felice di farlo, ma convincetelo a farlo al più presto. È molto importante».
«Va bene, signore» assentì Teddy compito.
«Che facciamo?» bisbigliò Charis appena Vitious non fu più a portata di orecchie.
«Che domande! Andiamo a parlargli subito» rispose Teddy alzandosi. «Due rotoli di pergamena!» quasi strillò nemmeno dovesse scriverli lui. «Deve iniziare subito o non finirà mai per lunedì! Per fortuna stamattina ha fatto un po’ di compiti! Andiamo, su. Avrò bisogno di aiuto per tranquillizzarlo».
«Ma secondo te che è successo ieri?».
«Non lo so» sospirò Teddy. «Ma non credo che gli abbia semplicemente risposto male. Dev’essere qualcosa di più serio».
Charis annuì concorde.
   
 
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