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Autore: Katie88    05/08/2019    2 recensioni
Ecco a voi l'ennesima storia su una ipotetica sesta serie, dopo la tristissima 5x13. So che ci sono già moltissime fanfiction sullo stesso argomento, ma ho voluto comunque dare la mia versione. Spero che vi piaccia!
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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No One Else Like You
 


 


“A noi! Amici per la vita!”
Hunter sorrise divertito dalle solite buffonate di Howie prima di scambiare un sorriso con Paul che scosse la testa, dando un lungo sorso alla sua birra. Hunter lo imitò, lanciando uno sguardo verso Howie che nel frattempo si era lanciato alla conquista di una bionda tutta curve che non l’avrebbe degnato di un sguardo.
“Bisogna ammirarne il coraggio, se non altro!” Gridò Paul al suo orecchio cercando di sovrastare la musica.
Hunter annuì e sorseggiò la birra ormai calda che stringeva tra le mani; al centro del salone, Callie rideva circondata dalle sue compagne di corso. Gli sorrise quando si accorse del suo sguardo e gli mandò un bacio da lontano.
“Le cose vanno bene tra voi, deduco?”
La voce di Paul lo colse di sorpresa. Annuì. “Più che bene.”
“Sono contento.” Hunter guardò in viso il suo amico e capì che era sincero, che era davvero felice per lui, per loro. “Te lo meriti. E per la storia di Lane…”
Hunter scosse il capo. “Ehi, ne abbiamo già parlato.”
E lo avevano fatto. Dopo averli incontrati e aver avuto quell’uscita infelice – da vero coglione!, gli aveva gentilmente fatto notare Lane quando lui si era presentato strisciando a casa sua per implorare perdono –, Hunter aveva capito che non c’era nulla da temere se Paul e Lane diventavano amici, che al contrario avrebbe dovuto rallegrarsi di una simile circostanza dato che la sua vita sarebbe stata di certo più semplice. Lane aveva accettato le sue scuse – c’era voluto sorprendentemente poco, a dirla tutta – e tutto era tornato alla normalità.
Con Paul non ce n’era nemmeno stato bisogno: non appena Lane gli aveva detto di aver risolto le cose, il loro amico gli aveva rifilato una pacca sulla spalla e lo aveva invitato ad una delle tante feste cui era solito imbucarsi.
Tutto come ai vecchi tempi. Lui, Paul, Howie e Lane. E Callie. Sì, adesso c’era anche lei e la cosa gli andava bene così.
“Sì, so che tu e Lane avete chiarito e mi sta bene, ma…” Paul giocherellò nervosamente con il bordo del bicchiere di carta che stringeva tra le mani.
Hunter aggrottò la fronte. “Tutto okay?” Vide il suo amico prendere un lungo respiro. “Sembra che tu stia per vomitare.”
“Devo dirti una cosa.”
“Hai messo incinta qualche ragazza?”
Paul sgranò gli occhi. “Cosa?! No! Come ti viene in mente?”
Hunter scosse il capo. “Sono troppo giovane per fare lo zio.”
“Nessuna è incinta.”
“Sicuro?”
“Cento per cento.”
“E allora che hai?” Hunter gli colpì la spalla con la propria.
Paul finì la sua birra con un lungo sorso e si voltò a guardarlo. “Mi piace Lane.” Sbottò senza preavviso.
Le sopracciglia di Hunter sparirono comicamente dietro la frangia di capelli. “Lane? La mia Lane?”
Paul lo guardò male. “Non sapevo fosse tua.”
“Sai che intendo.” Borbottò il suo amico con tono annoiato. “Ti piace Lane?” Paul annuì. “E quando cazzo è successo precisamente?”
“Non lo so!” Ribatté Paul sulla difensiva. “È iniziato tutto con il concerto, poi ci siamo incontrati qualche volta in biblioteca e abbiamo iniziato a… parlare.”
“Parlare.” Ripeté Hunter con tono glaciale. “È così che si dice adesso?”
Paul lo colpì ad una spalla con fare risentito. “Non ci provare. Sai che non farei mai una cosa del genere a Lane.”
“Cosa, scopartela e poi scaricarla come fai di solito?”
“E che cazzo, Hunter!” A quel punto, Paul gli si parò davanti con le braccia incrociate e l’espressione minacciosa. “È di Lane che stai parlando! Non di una qualsiasi!”
Hunter sgranò gli occhi colpito, posando il bicchiere di birra ormai vuota su una superficie a caso, un tavolo forse? “Sei serio?”
“Come un infarto.”
“Wow. Sono…” Hunter si schiarì la gola. “Non so che dire.”
Paul annuì con un gesto secco. “Volevo solo che lo sapessi da me, da noi. Per accertarmi che per te… sì, insomma, che sia okay.”
“Che i miei migliori amici stiano insieme?” Domandò Hunter con tono ancora scioccato. Davvero stava succedendo? Lanie e Paul?
Paul alzò gli occhi al cielo. “Non stiamo insieme. Siamo solo usciti qualche volta.”
Hunter annuì. “Ma vorresti essere il suo ragazzo?”
“Hunter non ti sto chiedendo la sua mano. Non l’ho mai neanche baciata, cazzo.” Paul si passò nervosamente una mano tra i capelli e Hunter si stupì. Paul non era mai nervoso quando si trattava di ragazze. “Volevo solo che tu lo sapessi prima che la cosa si--”
“Ehi, Laney!” Si voltarono entrambi verso il centro del salotto dove Callie stava abbracciando con calore la loro amica bionda appena arrivata. Videro le due ragazze conversare per qualche minuto prima che Lane le domandasse qualcosa e Callie indicasse nella loro direzione.
Lane li individuò all’istante e sorrise, avviandosi verso di loro.
“Altro giro?” Chiese Hunter al suo amico, accennando al bicchiere che aveva tra le mani. Paul annuì. “Torno subito.”
Sparì prima che Lane li raggiungesse e finse di essere interessato alla conversazione sull’allevamento degli alpaca che il ragazzo incaricato della birra stava intavolando con lui. Annuendo distrattamente, si voltò cauto verso Lane che ormai aveva raggiunto Paul. Vide il suo amico sorriderle impacciato prima di abbracciarla con calore, Lane ricambiò la stretta. La vide inclinare il capo come faceva di solito quando era imbarazzata e portarsi poi una ciocca di capelli biondi dietro l’orecchio. Paul le si avvicinò per sussurrarle all’orecchio qualcosa che la fece ridere e così, come per magia, come se loro due fossero amici da sempre, come se non si conoscessero semplicemente per merito suo, l’imbarazzo svanì e Lane gli sorrise con calore, sfiorandogli il braccio. Hunter distolse lo sguardo quando Paul posò la mano alla base della schiena della ragazza.
“Ti serve altro amico?” Gli domandò l’amico degli alpaca. Hunter scosse il capo. “E allora sparisci e tornatene dai tuoi amici! C’è la fila dietro di te!”
Hunter sussultò sorpreso e si spostò da un lato. Riportò lo sguardo su Paul e Lane che sembravano immersi una conversazione abbastanza importante da richiedere la totale vicinanza dei loro corpi e dei loro visi.
Voltò loro le spalle e andò a cercare Howie.
 
 




Brian alzò gli occhi al cielo, grugnendo contrariato quando lo sconosciuto che lo premeva contro il muro si avventò sul suo collo. Prese ad emettere inquietanti suoni di risucchio che lo spinsero ad allontanarlo per paura di trovarsi con un orrendo succhiotto in una posizione abbastanza scomoda.
Il ragazzo mal interpretò il suo gesto, sporgendosi verso di lui con l’intenzione di baciarlo; Brian si ritrasse nel momento esatto in cui l’ascensore arrivava al piano.
“Ci siamo.” Disse solo prima di staccarsi da lui e avviarsi verso la porta del loft.
Con il rientro  - “Temporaneo, brutto idiota!” – di Justin a New York, Brian aveva deciso di tornare a vivere al loft mentre a Britin, che era finalmente stata eletta come residenza ufficiale della loro… coppia? Famiglia?, fervevano gli ultimi lavori di ristrutturazione in vista del trasloco imminente.
Il suo compagno lo aveva salutato in aeroporto con un sorriso machiavellico e la promessa che avrebbe risolto tutto con Vanessa.
“Vedrai.” Gli aveva detto con tono risoluto. “Ho un piano geniale in mente e neppure Ness riuscirà a dirmi di no.”
“Sottovaluti la testardaggine della Strega dell’Ovest.”
“Stronzate. Dopo aver battuto la tua di testardaggine, nulla può fermare la mia avanzata.”
Brian aveva alzato gli occhi al cielo mentre uno strano formicolio gli si formava nel petto. “Ehi Alessandro Magno, il tuo volo sta per partire.”
Justin lo aveva quindi baciato ed ero corso ai controlli di sicurezza ancora sfoggiando quel dannato sorriso vittorioso. Lui non aveva voluto saputo i particolari, ma era alquanto curioso, anche se non l’avrebbe mai ammesso, di sapere l’esito.
Inoltre attendeva ancora la realizzazione da parte di Justin di aver fatto una cazzata a tornare a Pittsburgh e abbandonare la sua brillante carriera nella Grande Mela, ma al momento il ragazzo pareva ancora sicurissimo della sua scelta. La piccola, minuscola, infinitesimale parte del suo cuore che provava sentimenti verosimilmente umani ruggì d’orgoglio al pensiero.
Ha scelto me sentì la sua testa ripetergli per la milionesima volta. Ha scelto di mettere da parte il suo futuro per averne uno qui, con me.
Dopo Joan, dopo Jack e Claire, dopo Michael e Linz, qualcuno – Justin, perché del resto, chi diavolo avrebbe potuto essere se non lui? – aveva finalmente scelto lui, aveva scelto di mettere lui al primo posto. E nonostante la parte di cervello che gli ricordasse quanto tutto ciò fosse egoista, Brian non riusciva a non sentirsi… orgoglioso? Incredulo?
Innamorato. Follemente innamorato. Di un ragazzino biondo con gli occhi più luminosi del mondo e il sorriso devastante.
Aprì la porta con un gesto secco e un sorriso ebete che lo sconosciuto, di nuovo, interpretò male. “Qualcuno è impaziente, eh?”
Brian alzò gli occhi al cielo e aprì la bocca per mandarlo al diavolo quando un movimento in cucina attrasse la sua attenzione. Scosse il capo incredulo all’inaspettato intruso.
“Ciao, amore! Ti sono mancato?”
Brian scoppiò a ridere di gusto di fronte a Justin, comodamente seduto sul bancone, che lo guardava con un sorriso allegro. “Vedo che hai ospiti.”
“Dovevi tornare domani.” Rispose solo Brian ancora scioccato da quell’improvvisata.
Justin saltò giù dal bancone e si avvicinò a lui, stringendosi nelle spalle. “Volevo farti una sorpresa.” Si alzò sulle punte e lo baciò appassionato, con più lingua del dovuto.
Senza neanche staccarsi da lui, Brian afferrò il braccio del tizio e lo spinse via dal loft. “Serata terminata. Fuori.” E senza neanche attendere risposta, chiuse la pesante porta di metallo in faccia al povero malcapitato.
Justin ridacchiò, circondandogli il collo con le braccia e tornando a baciarlo. “Sei stato molto scortese, Brian.”
“Mh mh.” Brian scese a dedicarsi al collo di Justin, stringendolo per la vita e spingendolo verso il divano.
“Magari il tuo amico si aspettava una serata diversa che essere maltrattato dal grande Brian Kinney.”
“Se ne farà una ragione.”
“O potremmo farcelo noi.”
Brian si bloccò, staccandosi con lentezza da lui. Inarcò un sopracciglio e lo guardò confuso. Il sorriso smagliante di Justin non prometteva niente di buono. “Cioè?”
Justin si morse un labbro e si sporse a baciarlo di nuovo, poi si separò da lui e trotterellò ad aprire la porta del loft. Lo sconosciuto era ancora sul pianerottolo. “Ciao.” Lo salutò allegro, sbattendo le lunghe ciglia e Brian capì che il poveretto era spacciato. Come da copione, vide l’uomo sgranare gli occhi e guardare Justin incerto. “Ehi.” Alzò le mani in segno di resa. “Non sapevo fosse sposato.”
Justin si strinse nelle spalle prima di avvicinarsi a lui e afferrarlo per la cintura così da poterlo attirare a sé. “Non siamo sposati.”
Lo sconosciuto annuì, confuso ed eccitato, e Brian poté vedere chiaramente l’interesse che Justin aveva suscitato in lui. In silenzio, assecondò la volontà del ragazzo e si lasciò spingere contro il muro mentre Justin si alzava sulle punte per sussurrargli all’orecchio qualcosa che lo fece deglutire e socchiudere gli occhi.
“Che ne dici, ti va di unirti a noi?” Gli sussurrò Justin a voce più alta in modo che Brian lo sentisse.
Lo sguardo dell’uomo guizzò da Justin che lo fissava ancora con espressione maliziosa a Brian poggiato allo stipite della porta chiaramente divertito dalla loro interazione. “La cosa… vi sta bene? Voglio dire, ad entrambi?”
Justin si sporse verso di lui e gli mordicchiò il lobo dell’orecchio. “Non sarebbe la prima volta. Né probabilmente sarà l’ultima.”
Brian scosse il capo con una mezza risata. Justin era davvero la sua anima gemella.
“Quindi?” Pressò il ragazzo. “Entri o no?” Si staccò da lui e tornò tra le braccia di Brian.
Lo sconosciuto li fissò mentre si baciavano appassionatamente e si sistemò a fatica il cavallo dei pantaloni. “Fai strada.”
 
 
 
 


La prima cosa che Justin avvertì fu la morbidezza del cuscino.
A New York aveva degli strani cuscini ortopedici che sua madre aveva insistito per comprare che lui trovava scomodissimi, ma che era sempre stato troppo pigro per sostituire.
La seconda cosa fu il respiro di qualcuno al suo fianco, cosa decisamente strana visto che raramente lasciava che le sue avventure di una notte dormissero da lui.
Quando infine avvertì un braccio stringersi attorno alla sua vita, sorrise contro la stoffa pregiata dei cuscini e si accoccolò meglio nella stretta familiare del suo fidanzato. Senza aprire gli occhi lo sentì muoversi al suo fianco e due labbra di posarono sulle sue.
Justin aprì gli occhi di colpo e scattò a sedere, allontanando con un gesto secco lo sconosciuto che aveva osato baciarlo. “Ehi!”
Il braccio di Brian – almeno quello era il suo per fortuna – si strinse di riflesso attorno a lui e Justin lo abbracciò di rimando. “Che succede, Sunshine?” Domandò con voce strascicata.
Justin guardò male lo sconosciuto che continuava a fissarlo con espressione maliziosa. “Andiamo.” Sussurrò allungando una mano verso di lui sotto le lenzuola. “Stanotte non mi sei sembrato uno timido.”
Quella frase ebbe il potere di svegliare del tutto Brian. Con un movimento rapido spostò Justin dall’altro lato del letto, lontano dalle mani vaganti del tizio, e gli si parò davanti. “È mattina. Ora puoi anche sparire.” Sibilò glaciale.
“Tutto qui?” Lo sconosciuto parve offendersi. “Pensavo avremmo potuto fare il bis.”
Justin diede loro le spalle, tornando nel mondo dei sogni mentre il suo bellissimo, atletico, nudo fidanzato si liberava del loro divertimento notturno.
“Incredibile. Non ci sono più scopate di una volta.” Lo sentì borbottare tornando a letto, dove crollò sul materasso accanto a lui. Gli circondò di nuovo la vita con un braccio.
“Mi ha baciato.” Si lagnò Justin ancora con gli occhi chiusi. “Quell’idiota mi ha dato un bacio.” Fece una smorfia disgustata e affondò il capo contro il collo di Brian. “Voglio dire… come diavolo si è permesso?”
Brian piegò le labbra all’interno della bocca e sorrise. “Forse gli hai dato false speranze.”
“Tu di sicuro gli hai dato tanto, stanotte.”
“Non mi sembravi contrariato.”
“Per niente.” Justin sorrise contro la sua pelle. “È stato eccitante, cazzo. Non lo facevamo da un secolo.”
“Però una cosa sensata l’ha detta.”
Justin sollevò il capo e lo guardò con espressione ancora mezza addormentata, i capelli sparati in aria e le labbra screpolate dai baci della sera prima. Se Brian fosse stato un frocio patetico, avrebbe potuto anche definirlo adorabile. “Sarebbe?”
“Potremmo fare il bis.”
Justin ricambiò il ghignò e si avventò su di lui senza dire altro.
Non ci volle molto perché entrambi fossero di nuovo sudati, ansimanti ed eccitati. “Brian…” Sussurrò Justin, mordendosi un labbro e gettando indietro la testa contro i cuscini scuri, dopo una spinta decisamente energica.
“La mattinata sta migliorando?” Brian inarcò la schiena e si spinse di più dentro di lui.
“Si!” Justin ansimò forte quando Brian arrivò a sfiorare quel punto che lo faceva impazzire. “Non… ti fermare…”
Brian sorrise contro le sue labbra continuando ad inarcarsi contro di lui. “Non ne ho intenzione.”
“Dio, ti amo da morire.” Justin immerse le dita nei suoi capelli scuri e lo attirò a sé bruscamente mentre Brian affondava di più in lui, sempre di più in lui accelerando il ritmo. Lo baciò con trasporto e veemenza, mordendogli il labbro e sospirando pesantemente dentro la sua bocca, invitando, implorando Brian a fare lo stesso mentre rispondeva alle spinte con altrettanta passione. Circondò la vita di Brian con le gambe e lo sentì gemere forte contro il suo orecchio un attimo prima di venire. Justin lo seguì un istante dopo.
“Gesù Santissimo…” Brian crollò esausto accanto a lui.
Justin, gli occhi ancora chiusi e la fronte imperlata di sudore, lo colpì distrattamente al petto. “Non serve chiamarmi così. Justin va benissimo.”
Brian sorrise ad occhi chiusi. “Passi troppo tempo con me.”
“E presto ne passerò ancora di più.” Justin si girò su un lato sollevandosi su un gomito e posando la testa su suo palmo. Accarezzò i capelli sudati di Brian e si sporse per baciargli una guancia. “Non riesco ancora a crederci, sai?”
“Che stai per fare--” L’occhiataccia di Justin e il pizzicotto sul fianco zittirono Brian all’istante. “Neanche io.” Ammise dopo essersi massaggiato la parte offesa.
Justin sospirò, posandogli la testa sul petto. “Ancora convinto?”
Brian rispose dopo un lungo istante e la risposta non poté essere più sincera. “Mai stato più convinto.”
 
 
 
 


“Quindi non l’hai ancora convinta.” Osservò Brian, versandosi un bicchiere del suo prezioso scotch.
Justin sistemò l’ultimo vassoio sul lungo tavolo posizionato al centro del salotto e annuì soddisfatto della sua opera. “Praticamente è fatta. Ho lanciato la pietra, ora c’è Steve a perorare la mia causa.”
“E la cosa ti rassicura?” Brian si sedette sul divano e sorrise, guardando Justin che zompettava dal salotto alla cucina, immerso nei preparativi della cena che aveva voluto organizzare all’ultimo minuto per i loro amici.
“Assolutamente.” Finalmente soddisfatto, Justin lo raggiunse crollando a sedere sul divano accanto a lui con il capo sul suo grembo. “Se c’è qualcuno che può convincerla è Steve.”
Brian mugolò poco convinto. “A proposito…” Prese ad accarezzare i capelli biondi di Justin. “Steve e Vanessa.”
Justin chiuse gli occhi godendosi le coccole. “Si?”
“Che c’è tra loro?” Vide Justin aprire gli occhi e guardarlo sottosopra. “Cioè scopano o…?”
“No! Certo che no!” Justin ridacchiò, chiudendo di nuovo gli occhi. “Sono amici. Colleghi, a volte sembrano persino soci per come gestiscono insieme gli affari della galleria.”
“E tu sei sicuro che non ci sia nulla tra loro?”
“Ovvio. Sono decisamente troppo diversi.”
Brian ridacchiò. “E questo che vorrebbe dire?”
Justin gli schiaffeggiò una coscia con un mezzo sorriso. “Che sono… Ness e Steve! Sarebbe troppo strano vederli insieme.” Brian sospirò continuando a massaggiare la testa di Justin. “A Ness serve qualcuno di pacato, calmo. Qualcuno tipo Stan.”
“Il mio avvocato?”
“Sì.”
“È per questo che mi hai fatto invitare anche lui stasera?”
Justin rise, spostando le mani del suo fidanzato dai suoi capelli e mettendosi seduto. “Tentar non nuoce, no? Voglio conoscerlo meglio per vedere se è all’altezza di Vanessa.”
Brian emise un verso scettico. “Semmai è il contrario. Malefica mangerebbe in un sol boccone il povero Stan.”
“Non è vero!” Justin scoppiò a ridere sedendosi poi a cavalcioni su Brian che non esitò a stringerlo per i fianchi. “E smettila di chiamare così la mia amica.”
“Come? Malefica?”
“O strega dell’Est o Grimilde o qualunque altro stupido soprannome ti venga in mente.”
“Sono incredibilmente fantasioso.” Brian gli lanciò un’occhiata maliziosa. “Tu più di chiunque altro dovresti saperlo.”
Justin scosse la testa alzando gli occhi al cielo. “Sei un idiota.”
“Ma sono il tuo idiota.” Lo prese in giro Brian con tono melenso. “E tu mi ami così taaanto.”
Justin lo schiaffeggiò piano su una guancia. “Smettila di fare il fidanzato stucchevole o me ne torno a New York di corsa.”
“A saperlo che ci voleva così poco.”
Un leggero bussare alla porta seguito dal raffinatissimo “Ehiiii, siete vestiti?!” di Emmett impedì a Justin di vendicarsi come avrebbe voluto. Con un’ultima occhiataccia e un bacio veloce – perché ehi, c’era Brian di fronte a lui! Era impossibile trattenersi – si alzò per aprire ai suoi ospiti.
Mezz’ora più tardi, il loft era completamente invaso.
“Dimmi ancora perché ti permetto di organizzare cose del genere?” Gli domandò Brian con tono seccato quando si incrociarono in cucina.
Justin chiuse il frigo con l’ennesimo pacco di birre tra le mani e gli sorrise raggiante. Si alzò sulle punte e lo baciò una, due, tre, dieci volte finché Brian non lo allontanò cercando di nascondere un sorriso. “Perché mi ami follemente e non mi diresti mai di no.”
Brian borbottò contrariato prima di tornare in salotto.
“Allora?” Daphne si sedette su uno degli sgabelli del bancone e gli sorrise allegra. “Per quanto rimani?”
“Se tutto va secondo i piani, per sempre.” La sua amica lo guardò stupita. “La ditta dei traslochi si sta occupando delle mie cose e il mio studio è già nelle mani di un’agenzia. Se Steve risolve il casino col mio contratto, non avrò bisogno di tornare a New York.”
Daphne lanciò un urletto entusiasta correndo ad abbracciarlo. “È fantastico!”
“Lo è, vero?” Justin ricambiò l’abbraccio e per la prima volta da quando era atterrato la sera prima lo colpì la realizzazione che era davvero tornato, tornato per restare. Chiuse gli occhi per evitare che la sua amica si accorgesse dei suoi occhi lucidi.
“Non posso crederci.” Daphne lo guardò commossa e gli baciò una guancia. “Ho finalmente il mio migliore amico qui con me.”
“Sembra impossibile, eh?” Justin la strinse di nuovo prima di staccarsi del tutto da lei e asciugarsi di sottecchi gli occhi. Vide Daphne fare lo stesso, ma nessuno dei due commentò la cosa.
“Lui che dice? Ha già iniziato ad avere crisi esistenziali?”
Justin ridacchiò, sistemando altri stuzzichini nel vassoio. “Pare stranamente convinto.”
“Miracolo!” Daphne rubò una delle tartine al salmone e se la infilò in bocca senza troppa grazia. “Gli ci sono voluti solo dieci anni!” Commentò a bocca piena.
“Finché c’è vita, c’è speranza.”
“Sì, e a Brian sono servite solo quattro o cinque esperienze pre-morte per capirlo.” La ragazza rubò un altro crostino. “Fesso.”
Justin le baciò una guancia cercando di placarne l’irritazione. “E parlando di speranze…”
“Justin…” Lo ammonì Daphne già sospettosa dell’argomento che il suo amico stesse per intavolare.
Justin alzò le mani in segno di resa. “Mi sto solo domandando dove tu abbia incontrato… come hai detto che si chiama?”
Daphne sbuffò annoiata e si sedette di nuovo sullo sgabello, agguantando uno dei bicchieri ordinatamente allineati sul bancone. “Si chiama Terrance ed è un tirocinante come me.” Lanciò uno sguardo fugace al ragazzo dalla pelle scura che chiacchierava sorridente con Emmett e Ted e si strinse nelle spalle. “Usciamo insieme da un po’.”
Justin inarcò un sopracciglio. “Da un po’? Perché non ne sapevo nulla?”
Daphne sorseggiò il suo vino con noncuranza. “Non è niente di serio.”
“Perché tu sei innamorata persa di Nathan.”
Daphne quasi si strozzò. “Justin Taylor!” Lo rimproverò tossendo e sputacchiando qua e là. Dal salotto nessuno parve accorgersi del dramma in atto. “Io non sono…” Si assicurò che nessuno li stesse ascoltando. “Tra me e Nathan non c’è nulla!” Sibilò.
“Ancora.” Justin si sporse in avanti poggiando i gomiti sul bancone e le sorrise diabolico. “Ma ti piacerebbe.”
“Smettila. Nate ha una ragazza.”
“Che non si è mai vista. Che vive in un’altra città. Che lavora chissà dove.”
Daphne incrociò le braccia al petto e sollevò la testa in un gesto offeso. “Nathan e Corey convivono da quattro anni solo che lei viaggia molto per lavoro. Fine della storia.”
“Sei piuttosto informata per essere una a cui non importa.”
“È il mio capo.”
“Quindi devi fare la stalker sui suoi profili social?”
“Nate non è sui social network.”
“Ah ha!” Justin le puntò un dito contro con fare accusatorio. “Sapevo che l’avevi cercato!”
Daphne digrignò i denti e prese un bel respiro. “Okay, va bene.” Ammise con un’altra occhiata fugace verso Terrance. “Potrei aver controllato. Ciò non cambia la situazione: Nate è fidanzato ed io non sono una rovina famiglia. Senza contare che Corey è un amore.”
“Mai farsi intenerire dal nemico.”
“Ma smettila!” Daphne scoppiò a ridere tirandogli addosso una manciata di noccioline. “Corey non è il nemico! È solo la fidanzata di un superiore di cui ho infinita stima.”
Justin la studiò per un lungo istante, socchiudendo gli occhi. “Se ne sei sicura.”
“Sono sicura.”
“Quindi bye bye Nathan, benvenuto Terrance?”
Daphne gli sorrise sorseggiando il vino. “Bye bye Nathan, benvenuto Terrance.” Confermò.
Emmett li raggiunse al loro quarto brindisi, le guance ormai rosse e gli occhi già lucidi a causa dell’alcool. “Oh mio Dio.” Si posò una mano sul petto servendosi dalla bottiglia di rosso ormai agli sgoccioli. “Quel tuo dottorino è assolutamente a-do-ra-bi-le!”
Daphne gli sorrise grata. “Lo è, vero?”
Emmett annuì. “Lo è di certo. E mi sembra anche che lui--” Il resto della frase su interrotta dal suo telefono. Lesse il messaggio che aveva appena ricevuto e un sorriso raggiante comparve sul suo viso. “Oh buon Dio.”
Justin e Daphne si scambiarono un’occhiata incuriosita. “Buone notizie?” Chiese il ragazzo.
Emmett abbassò lo sguardo sul bicchiere e assentì quasi… timidamente. “Non vorrei costruirmi troppi castelli in aria, ma…” Si sporse in avanti con fare cospiratorio e vide i due ragazzi fare lo stesso “… credo che Richard sia l’uomo perfetto.”
Le sopracciglia di Justin scomparvero dietro la frangia bionda. “Chi è Richard? E perché io non so mai nulla?”
Daphne alzò gli occhi al cielo. “Richard è il fratello di John, testone.”
“Oh fantastico.” Borbottò Justin incrociando le braccia al petto e assumendo una posa da bambino offeso. “Prima Terrance, ora Richard.” Si voltò verso Brian che li aveva raggiunti e ora stava prendendo qualcosa dal mobile scuro. “Tu lo sapevi di Em e Richard?”
“Chi?” Domandò l’uomo, afferrando due confezioni di patatine e scrutandole con aria disgustata.
“Richard, Brian!” S’intromise Emmett con tono risentito. “Il mio Richard!”
Brian alzò gli occhi al cielo. “Ah, il fratello perduto di Masterchef? Ho sentito qualche accenno.”
“Ne abbiamo parlato per tutta la sera due giorni fa quando eravamo da Debbie.” Gli ricordò Emmett.
Brian si strinse nelle spalle. “Appunto. Ho qualche vaga notizia della cosa.”
“Perché non me l’hai detto?”
“Perché ero impegnato a scoparmi il tuo bel culo. Non volevo perdere tempo a parlare delle tormentate storie d’amore di Emmett, la regina del melodramma.”
Justin lo congedò con un gesto secco della mano e il suo fidanzato parve prenderla per buona, tornando dai suoi ospiti. “Avanti, spara.”
Emmett raccontò di come lui e Richard si erano incontrati l’ultima sera che erano stati al Babylon; Justin e Brian se n’erano andati via prima che avessero l’occasione di incontrarlo dato che avevano ancora da risolvere la questione di New York. Lui era poi ripartito la sera dopo ed Emmett aveva atteso che tornasse a Pittsburgh per aggiornarlo sugli sviluppi. Per la prima volta, voleva prendere le cose con calma e affrontare questa nuova storia con la consapevolezza di un adulto quale era.
“… e non ci crederai, baby, ma quando mi ha portato a cena fuori mi ha persino aperto lo sportello dell’auto!” Gridò battendo le mani con fare elettrizzato. “Voglio dire, quando mai succede nella realtà?”
Justin sorrise stringendogli una mano. “Sono contento per te, Em. Ti meriti un uomo così.”
Emmett annuì, ricambiando la stretta. “Non mi sembra ancora vero.”
Daphne lo baciò su una guancia. “È tutto vero invece. E Richard mi sembra una splendida persona.”
“Lo è!” Esclamò eccitato Emmett. “Non fa che scrivermi messaggini dolci o chiamarmi. Se sa che sto avendo una lunga giornata passa a trovarmi in agenzia, portandomi sempre qualcosa da mangiare.” Sospirò, sventolandosi con una mano. “Se sto sognando non svegliatemi.”
“Ehi, principessa.” Brian gli arrivò alle spalle facendolo sussultare. “Quando hai finito di impersonare Pretty Woman, Theodore avrebbe bisogno di te.” Fece un cenno col capo verso la porta diretto a Justin. “Abbiamo altri ospiti.”
Justin aggrottò le sopracciglia. “Devo preoccuparmi?”
“Non lo so. Hai invitato tuo padre o mia madre?”
Justin lo schiaffeggiò sul petto prima di trascinarselo dietro, ancora ridacchiante, in direzione della porta.
“Sorpresa!” Gli gridò in faccia Steve appena aprirono il pesante portone. “Indovina chi è arrivato da New York?”
Justin, ripresosi dallo shock, lo abbracciò. “Che ci fai qui?”
“Ah, grazie dell’accoglienza!” Esordì una voce alle sue spalle, facendo ridere un altro degli ospiti a sorpresa.
“Amy!” Justin sgranò gli occhi sorpreso. “Che ci fai qui?” Ripeté come un vecchio disco rotto.
Amelia Stone, seguita da Stan, l’avvocato di Brian, fecero il loro ingresso nel loft, salutando i padroni di casa. Steve, al centro del salotto, si mise subito a suo agio avventandosi sul buffet. “Beh, Steve ha detto che sarebbe tornato qui per qualche giorno per conto di Vanessa e ne ho approfittato.” Lanciò un’occhiata di sottecchi a Stan, ancora sorridente al suo fianco, e arrossì. “Alle volte è bello tornare a casa.”
Justin e Brian si scambiarono un’occhiata di comprensione mentre i loro due ospiti raggiungevano il resto della truppa. “Dovrei aprire un’agenzia matrimoniale.” Osservò Justin chiudendo la porta e passando poi un braccio attorno alla vita del suo fidanzato che lo strinse per le spalle. “E che c’entri tu? Sono stato io a farli incontrare.”
“Quasi ammazzandoti?”
“Esatto. Ma era tutto calcolato.”
“Immagino.” Justin si alzò sulle punte e gli posò un bacio leggero sulle labbra che lo fece sorridere.
Con l’arrivo dei nuovi ospiti, la serata si animò. Steve ed Emmett diedero il via ad una gara a Just Dance con la Wii che Gus aveva costretto suo padre a comprargli – Emmett con le sue doti camaleontiche stracciò il povero Steve che fu consolato da Debbie e Ted –, Michael aggiornò il gruppo sugli ultimi sviluppi del dramma che ormai era diventata la vita del suo primogenito con grande disapprovazione di suo marito e Debbie e Carl mostrarono per la milionesima volta le foto della loro vacanza a Venezia, stavolta a due poveri ignari Amelia e Stan.
Quando, ormai a notte fonda, la rumorosa comitiva decise di andarsene, Brian era ormai al limite della sopportazione; un’altra ora così e si sarebbe buttato dalla finestra. Justin, consapevole del suo malessere, aveva passato gli ultimi venti minuti a massaggiargli le spalle con fare premuroso, più preoccupato che avrebbe ucciso qualcuno che dei suoi tentativi di suicidio.
“È stata una bellissima serata!” Esclamò Emmett brillo ed esausto mentre si accalcava nell’ascensore. Ted lo afferrò un attimo prima che rovinasse a terra. “Teddy, come farei senza di te!” E lo abbracciò di slancio.
Brian alzò gli occhi al cielo, mugugnando tra sé e facendo ridere Justin che affondò il viso contro la sua camicia.
“Em ha ragione.” Ben abbracciò Justin riconoscente. “Dovremmo rifarlo più spesso ora che sei tornato.”
“Steve viene da me.” Lo informò poi Amelia quando fu il suo turno dei saluti.
“Non ci tengo ad essere traumatizzato per la vita rimanendo qui.” Steve lanciò alla coppia un’occhiata eloquente e salì sull’ascensore.
Brian sogghignò, stringendo il braccio attorno alle spalle di Justin. “Ti piacerebbe assistere, dì la verità.”
Steve fece una smorfia. “E vedere te che… profani il mio migliore amico? No grazie.”
“Profani?” Justin soffocò una risata. In fatto di drammaticità, Steve non era secondo ad Emmett. “Ma come parli?”
“Senza contare che al tuo amico piace molto che io lo--”
Justin lo zittì con una mano sulla bocca. “Basta così.” Brian si strinse nelle spalle e sorrise all’occhiataccia di Steve.
“Adesso però aspettiamo l’inaugurazione della vostra casa!” Esclamò allegro Michael, abbracciando Ben. I due si scambiarono un sorriso così dolce che Brian quasi vomitò. “Come quella che abbiamo fatto noi!”
Finalmente tutti si dispersero tra scale e ascensore e Brian sospirò sollevato, beandosi di quell’improvviso e tanto agognato silenzio. Spostò lo sguardo su Justin che aveva ancora gli occhi fissi sulle scale da cui Michael e Ben erano scesi.
“Tutto okay?”
Justin annuì.
“Sei sicuro?”
Annuì di nuovo.
“Non hai una bella cera.”
Justin si voltò verso di lui afferrandogli il viso tra le mani. “Brian.” L’uomo lo guardò con apprensione. “Noi non faremo nessuna dannatissima festa per inaugurare la casa, vero?”
Brian piegò le labbra all’interno della bocca e scosse il capo. “Credevo che l’avessimo già inaugurata noi. Molteplici volte.”
Justin ricambiò il sorrisetto e si alzò sulle punte per baciarlo. “Quindi niente stupida festa?”
“Piuttosto mi taglio la palla che mi è rimasta.”

 
 

 
 


Ed eccoci qua! Dite la verità che pensavate di dover aspettare altri due anni, eh? E invece solo otto mesi (chiedo perdono in ginocchio)! A mia discolpa dico che manca solo un altro capitolo (già quasi concluso) e un minuscolo epilogo quindi ci siamo quasi! 
Voglio ringraziare voi, splendide anime pazienti che continuate a seguirmi nonostante tutto, e scusarmi con tutti quelli che non hanno avuto una risposta alle recensioni, spero che questo capitolo mi farà perdonare!
P:S: Magari non vi interessa, ma il titolo viene da una canzone di un film e ho pensato che si sposasse bene sia con Brian e Justin che con la situazione ingarbugliata di Hunter/Lane/ Paul!
Un bacio grandissimo a tutte voi e A PRESTO! PROMESSO!

Ale


 
  
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