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CAPITOLO II: UNA
PESSIMA GIORNATA
Si risciacqua la
faccia, si sistema più che può la
barba e gli aculei e si aggiusta cravatta e colletto. Respira
profondamente, i
colpi inferti li sente ancora su tutto il corpo, specie i lividi che si
sono
formati a causa dei colpi di spranga.
Dopo il settimo
respiro profondo non rimane un
attimo di più: il fetore di urina di quella latrina lo sta
asfissiando.
Lentamente esce dal bagno, apre la porta con una gomitata e ritorna in
macchina. Inserisce la chiave, accende l’auto, fa retromarcia
e se ne va.
La sua prossima
mossa? –Cazzo, è già mattina?- si
chiede, guardando il cielo che pian piano si illumina dai raggi del
sole. -Chissà
quanto sono stato in quello schifo di bagno.- si domanda ancora, ma
ecco che i
suoi pensieri vengono interrotti da un messaggio proveniente dal suo
cercapersone. Sarà sua moglie? Un amico? Niente di tutto
questo, solo un
imprenditore umano del Texas che ha bisogno di un passaggio
dall’aeroporto di
Westopolis.
-Si si certo,
l’incontro è andato più che bene: un
successo su tutti i fronti.- dice al cellulare il tipo appena seduto
dietro al
sedile. –Che coglione.- pensa il riccio, sbirciando il tipo
senza dare troppo
nell’occhio. Insomma, come si fa nel ventunesimo secolo a
portare ancora in giro
quei cappelli.
Quindi, ecco
cosa fa il riccio blu per campare:
l’autista privato. Chi l’avrebbe detto che fare
l’autista a tempo pieno fosse
così redditizio. – Te lo dico io Doc, calotte
polari, riscaldamento globale,
controllo dell’informazione, acqua inquinata, mobiani
speciali: è tutto collegato!-
-Blake siamo nel 2032, perché parliamo ancora di mobiani
speciali? Insomma, non
ne vediamo uno nuovo da quanto? Vent’anni? O almeno, non
dall’incident..- a
quelle parole il riccio cambia subito trasmissione radio: troppi
ricordi di un
passato messo alle spalle.
Non ne voleva
saperne più di fare la differenza,
ormai aveva una grossa responsabilità e fin troppi
rimpianti. I tempi per le
corse erano finiti da un bel pezzo per lui, ora tutto quello che vuole
fare è
prendere più soldi possibili per andarsene dal Texas: ormai
le sue vecchie
scarpe rosse le ha messe al chiodo.
All’inizio
credeva che stare a Westopolis lo avrebbe
motivato a resistere ma, a suo modo di vedere, ormai né gli
umani e né i
mobiani sono più gli stessi da tempo.
In questi ultimi
due anni di lavoro gli sono davvero
capitati tutti i tipi di passeggeri, da imprenditori ben ricchi, come
il
cretino che sta accompagnando proprio adesso, a ragazzini sballati di
alcool e
persino sposini brilli pronti a festeggiare tutta la notte il loro
matrimonio.
A parte rare
eccezioni, le sue giornate sono
talmente ripetitive che certe volte perde persino la cognizione del
tempo.
Dopo neanche
quattro giri in macchina e una fermata
a un bar per prendere una tequila che subito si fanno le dieci.
-Bene.- Adesso
è in pausa dai suoi orari e, come
ogni settimana, deve fare una passata al Westopolis Clinic Hospital.
Posto
davvero niente male, con tutti i comfort e le cure disponibili per i
pazienti.
Persino un tipo come lui che non gode di un’assicurazione
può godere delle cure
e dei servizi dell’ospedale.
Parcheggia
l’auto più vicino possibile all’entrata
dell’ospedale, scende dalla macchine e con la giacca sulla
testa corre verso le
porte scorrevoli: ci mancava solo che piovesse oggi. Come da orario,
trova il
suo fornitore, un medico umano del posto. Si danno
un’occhiata, non serve
neanche che aprano bocca che come sempre, lui gli passa una busta piena
di
medicine e il riccio gli allunga una bustarella.
Tutto da
programma per il riccio, peccato solo che
qualcuno lo sta osservando dentro a una macchina parcheggiata.
Presa la busta
Sonic rientra in fretta in macchina,
poggia le medicine sul sedile a fianco e riprende a bere la Tequila
mezza
vuota. Mentre beve però, l’individuo che lo sta
spiando è sceso dalla propria
auto, e non appena Sonic finisce di scolarsi la bottiglia ecco che
quella
persona entra dalla portiera di dietro.
Mobiano classe
leone, stranamente più alto e
muscoloso per essere un mobiano normale. Gli occhi nascosti da dei
tondi
occhiali da sole retrò e il suo pelo dorato, doppio e ben
curato, come quello
di un alfa. Indossa un cappotto verde militare, sotto completo nero,
scarponi e
la mano destra è celata da un guanto doppio. Sonic non sa
chi è, ma di certo
non è un nuovo cliente che ha bisogno di un passaggio.
-Guarda guarda
chi mi trovo davanti, Sonic the
Hedgehog l’Eroe di Mobius. E adesso è
un’alcolista.-
-E tu chi cazzo
sei?- gli risponde di getto Sonic.
Ha l’aria da sbruffone, troppo da sbruffone per i suoi gusti.
-Sai, i fori di
proiettile su un’auto sono facili da
vedere. So che lavori a Westopolis da molto tempo e che la polizia
stradale mi
ha chiamato per dirmi di aver trovato cinque cholo morti in una
piazzola di
sosta proprio di fronte all’entrata della città.
Ciò non sorprenderebbe oggi certo, peccato però
che a qualcuno mancasse un
braccio e a un altro le interiora. A parte il sangue sono
però riusciti a
raccogliere dei pezzi di una Mercedes Classe S 2028. Tu sei a
Westopolis e..
hai una Mercedes Classe S 2028. Sai non mi aspettavo tutta questa
violenza da
parte tua Sonic, o forse dovrei chiamarti col tuo nome attuale, Naoto
Jackson?
Devo dire che l’originalità non ti manca per
niente.-
Con quelle
parole il riccio impallidisce di netto.
Sa come si fa chiamare, sa chi è davvero e sa di stanotte.
Chi diavolo è? Non
può essere di certo un poliziotto, che possa lavorare per i
servizi segreti? Se
è così, è davvero possibile che dopo
anni sono riusciti a rintracciarlo? Perché
così? Perché adesso?
-Chi sei.- gli
domanda. Deve assolutamente capire
con chi ha a che fare.
-Mi chiamo Liam.
Ascolta, non cerco te Sonic. Sto
cercando qualcuno, una ragazza. Lei ti sta cercando e mi ha preso una
cosa mentre
ero distratto, una cosa della quale sono direttamente responsabile.
È un’umana,
messicana: Sonia. Non ti dice niente?-
-Non conosco
nessuna Sonia perciò vaffanculo fuori
dalla mia auto.- gli risponde secco il riccio blu. Chi diavolo
è Sonia? E se esiste,
che diavolo vuole da me? Che sia solo un imbroglio?
Ma Liam rimane
indifferente alla risposta, si toglie
gli occhiali e si avvicina di qualche centimetro al riccio. Basta
guardarlo
negli occhi da capire che non è un’idiota come il
vecchio testa d’uovo.
-Guarda che
conosco il tuo segreto Sonic: il
mentecatto argentato venuto dal futuro.-
-Oh no.. s-sa
anche degli altri. Ma si può sapere
chi diavolo è.- pensa turbato Sonic, cercando di non
distogliere lo sguardo da
lui senza dare segni di cedimento. Forse, per una volta è
meglio essere
collaborativi con stronzi come questo. - Che cosa vuoi?- chiede ancora.
-Solo un
po’ di collaborazione.- prendendo dal
taschino un biglietto da visita e allungando la mano verso il riccio.
Sonic non
la prende subito così il leone gliela lancia nel posacenere
vicino al cambio
dell’auto. -Per
intenderci, sono un
fan.- finisce con tono quasi amichevole, uscendo infine
dall’auto per tornare
alla sua vettura. Vedendolo allontanarsi Sonic prende in fretta il
biglietto
che gli ha lasciato e legge due parole: Thorndyke Transfusion. -No, non
è
possibile.- pensa.
-Cazzo
cazzo!- bestemmia forte, riaccende la macchina, fa manovra e va via
dall’ospedale.
Ci vogliono due
ore per uscire da Westopolis e
arrivare così a un pedaggio pieno di posti di blocco che
porta alla cosiddetta
“Linea di Nessuno”, gli ultimi trenta chilometri
che dividono il Texas con lo
stato del Messico. La fila di macchine è lunga e mentre
aspetta Sonic ne
approfitta per parlare al telefono con un’agenzia immobiliare.
-Si, lo so che
la villa l’avevo chiesta per l’anno
prossimo ma ci sono stati dei problemi e mi serve adesso. Senta, l-lo
so che la
richiesta è centomila ma.. o-ok e se gliene porto
ottantamila in contanti
subito può venirmi incontro? Pronto? Pronto? Bastardo.-
Dopo dieci
minuti il traffico torna scorrevole e
dopo aver pagato e lasciato che i poliziotti facessero un veloce
controllo di
lui e della macchina, poté proseguire.
Deserto, solo lo
stramaledetto deserto, l’autostrada
e qualche cactus ai lati della strada. Non parliamo del sole
pomeridiano, alto
e sempre accecante per le retine. È sempre così
quando deve tornare qui e
ancora oggi non se ne è fatto l’abitudine.
Venti minuti per
l’autostrada, svolta per la
stradina malandata a sinistra e continua dritto, fino ad arrivare a
casa, e per
casa intende l’unico luogo dove può dormire
comodamente senza che nessuno tenti
di rubargli la macchina.
Un vecchio
centro siderurgico abbandonato. Isolato,
in mezzo al torrido deserto a confine col Messico. Un vecchio capannone
per
l’acciaieria con ben tre altiforni, di cui uno crollato per
l’ormai inesistente
manutenzione. Vicino al capannone una cisterna anche quella crollata e
altri
due capannoni inutilizzati, il tutto circondate da una vasta
staccionata di fortuna:
grate in metallo, staccionate in legno, filo spinato e vari cartelli
all’entrata con su scritto: Proprietà privata,
vietato l’accesso, non entrare
senza permesso, eccetera eccetera.
Come solito deve
scendere dall’auto, sbloccare i due
lucchetti, aprire i cancelli scorrevoli ed entrare poi con la macchina.
Appena
parcheggia a fianco all’entrata del
capannone, una figura esce fuori dalla casa. Un altro mobiano forse?
È un
figuro di ottanta centimetri, quindi decisamente di razza mobiana, ma
vestito
da una larga felpa e pantaloni neri, con addosso ginocchiere e
gomitiere
militari. Ai piedi indossa delle particolari scarpe viola con strisce
nere e il
suo viso è totalmente celato da una maschera balistica nera
con sopra il
cappuccio della felpa. Non è solo particolare la maschera,
ma sulla parte
frontale è dipinto sopra uno strano simbolo, una parola
colorata di rosso, che
significa una cosa sola: Ronin. Non si può vedere niente del
viso del figuro,
ma una parte del suo corpo è scoperta, bensì la
sua coda: una lunga coda viola
dalla punta arrotolata .
Non appena il
mobiano arriva sul portico della casa
e incrocia lo sguardo del vecchio riccio blu, alza le mani dai fianchi
e con la
sinistra fa scendere il cappuccio, mentre con l’altra si
toglie con calma la
maschera, mostrando il suo viso.
Anche se i primi
peli bianchi decoravano le sue
creste e le sopracciglia, la coda confermava il suo pelo, un forte
colore
viola, fatta forse eccezione di qualche chiazza più chiara
forse sempre dovuta
alla vecchiaia.
Il muso rado,
anche se alcuni peli grigi stavano già
ricrescendo e il corno in mezzo alla fronte, unico della sua specie.
Come per il porcospino blu, anche quel camaleonte, un tempo una
leggenda tra i
mobiani, ora si ritrova lì, sperduto per sua scelta in
quella terra di nessuno.
Gli
occhi arrossati, stanchi per il poco sonno, e le rughe ben piazzate sul
suo
viso non bastano a nascondere né il suo sguardo, torvo e
sicuro, né il forte
colore delle sue iridi, più gialli persino del sole.
Si può dire però che i suoi occhi sono
più
splendenti che mai, forse l’unica parte del suo corpo che non
è per niente
invecchiata.
-Finalmente sei
tornato.- dice il camaleonte. Si
aspettava che tornasse già da giorni. -Si lo so ho preferito
lavorare senza sosta
questa settimana.- gli risponde il riccio, allungandogli il sacchetto
preso
all’ospedale. Al camaleonte spunta un leggero sorriso: a
quanto pare non è
tornato a mani vuote stavolta. –Gli serviranno: sono state
brutte giornate per
lui.- afferma.
-Sono sempre
brutte giornate Espio.- risponde
sarcastico Sonic, mentre entra nel capannone.
Può
darsi che un nuovo problema uscirà tra breve, un
problema alto quanto loro.
SPAZIO
DELL’AUTORE
Mizzica, meglio
tardi che mai. Lo so, sono uno
stronzo ma FINALMENTE ho pubblicato questo capitolo e per farmi
perdonare, metà
del terzo capitolo è già bello compilato. Spero
che in Old Sonic riesca a
tirare tutto questo che posso ragazzi, perché non nego che
ho avuto non poche
difficoltà a descrivere gli avvenimenti di questo capitolo.
Con la differenza
che a questo giro ammetto che non è stata la mia agenda di
impegni a bloccarmi,
bensì tentare di scrivere in ordine gli avvenimenti.
Vabbè, spero di migliorare
in fondo: non si può scendere più in basso di
così no? ahahah.
INOLTRE, come
potete vedere QUI in basso (e anche
nel mio profilo se andate a vedere) che ho
“assoldato” una disegnatrice tale
ginger_dev_art con il quale mi sta aiutando a creare fan art delle mie
storie
su Sonic.
Infatti qui
potete vedere in tutta la sua stanchezza
il nostro Sonic e se controllate il mio profilo, potrete vedere lo
sfondo (e in
futuro anche TDIHE, il concept di Blade, la mia immagine di profilo
avrà
un’immagine tutta sua e altro ancora!) di Old Sonic. Link
qui, se potete
supportatela: https://www.instagram.com/ginger_dev_art/