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Autore: Retsuko    15/08/2019    2 recensioni
Il futuro è inevitabile e riserva cambiamenti che non sempre si possono affrontare da soli.
A Kaede Rukawa la parola “insieme” fa paura, ma quando la sua perfetta routine fatta di solitudine, basket e pisolini si spezza, è costretto a ricercare un nuovo equilibrio e a fare i conti con ciò che prova per Hanamichi Sakuragi.
Un anno di vita di un gruppo di ragazzi.
Genere: Erotico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Yaoi | Personaggi: Akira Sendoh, Ayako, Hanamichi Sakuragi, Hiroaki Koshino, Kaede Rukawa
Note: Lemon | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Brave intro: questo capitolo mi è scappato, non l’avevo previsto, infatti non riguarda   direttamente sviluppi alla storia, serve ad approfondire la vita di altri personaggi importanti. Lo avevo immaginato come un’intermezzo, una sorta di pausa, ma alla fine è il più lungo che abbia scritto finora. L’idea di inserire questi cambi di prospettiva, questi “Altrove” come espedienti narrativi mi piace può darsi che me ne verranno in mente altri, sperando che non siano motivo di confusione.

 

Lo dedico a Ste_exLagu e Cathy Black che si stavano preoccupando per la salute di Sendoh. 

 

Buon fine ferragosto a tutti e tutte ;)

 


 

 

Lo stesso giorno in cui Hanamichi Sakuragi rientrò a scuola, altrove, Hiroaki Koshino, cominciava a preoccuparsi seriamente per il crollo di qualità nel gioco di Sendoh e conseguentemente della salute di Taoka. Gli sarebbe dispiaciuto vedere il mister stramazzare a terra a causa di un colpo apoplettico. Per il momento sembrava che il suo sistema cerebrovascolare reggesse e aveva resistito abbastanza per spedire il loro campione negli spogliatoi prima della fine dell’allenamento.

«Vattene a casa ragazzo» gli aveva detto.

Non aveva urlato né lanciato oggetti come al solito, ma nella sua voce c’era una nota di amarezza che Koshino sentiva per la prima volta.

Merda, se non si fosse ripreso al più presto, sarebbero stati spacciati, letteralmente fottuti. 

Se Sendoh crollava, crollavano tutti, innegabilmente era lui l’anima della squadra e una persona con una tale potenza carismatica purtroppo non poteva permettersi di vacillare e comportarsi a quel modo. 

 

Hiroaki Koshino era seriamente preoccupato per le sorti della squadra e dispiaciuto per un amico.

 

Lo trovarono seduto su una panca con i gomiti appoggiati alle ginocchia e la testa fra le mani, guardava per terra. Koshino avrebbe voluto prenderlo a pugni, non lo reggeva quando si atteggiava da drammatico insicuro addolorato, ma optò per la “strategia del dialogo”, un concetto spiegatogli dalla madre per cercare di arginare il suo carattere irruente. Hiroaki restava convinto che un bel cazzotto in faccia funzionasse meglio di mille bla-bla-bla, ma quella volta era deciso a dare una possibilità ai miti consigli materni. Attese che il resto della squadra andasse sotto le docce e si sedette accanto a lui, dandogli una pacca sulla spalla.

«Ehi»

«Ehi» rispose Sendoh rialzando la testa mentre Koshino cercava dentro di sé il modo più adatto per cominciare.

«Senti, te lo chiedo a bruciapelo perché non sono molto bravo in queste cose: che cavolo ti prende?»

«Niente» 

Lo aveva detto con lo stesso tono di una donna incazzata col fidanzato. Koshino sospirò, aveva già la pazienza sotto la suola delle scarpe.

«Akira, a costo di sembrarti indiscreto te lo devo chiedere perché mi sto seriamente preoccupando, è successo qualcosa a casa?»

L’altro negò scuotendo la testa.

«A casa tutto ok, tranquillo. Ti ringrazio per tua premura, però ora vorrei restare da solo»

Hiroaki si aspettava quella richiesta.

«No, adesso io e te parliamo. Usciremo di qui solo quando mi avrai detto cos’è che ti sta trasformando in una mezza pippa»

Si, suonava minaccioso, voleva esserlo. In un modo o nell’altro avrebbe scoperto cosa stesse accadendo al suo compagno che nel frattempo era scattato in piedi come una molla e si era messo a camminare per lo spogliatoio. Ripercorse i suoi passi diverse volte, muovendosi a destra e a sinistra su una stessa linea, poi si fermò bruscamente come se avesse esaurito ogni energia. Si era fermato proprio dinnanzi a Koshino, sovrastandolo.

«Non voglio più essere il capitano del Ryonan, contento?» disse serio fissando il compagno di squadra e allargando le braccia in segno di resa « E’ questo che mi turba, è per questo che gioco male e prendo brutti voti, sono sempre distratto, ci penso continuamente» sospirò.

«Hiro, tu conosci la verità, non è come dicono tutti, non sono tagliato per fare i leader. Ho un carattere di merda, e tu lo sai. Sono lunatico, volubile, inaffidabile, cambio idea continuamente e mia sorella di 8 anni è più matura di me. Io non possiedo la personalità di un capitano, non ho il senso di responsabilità di Uozumi, o la perseveranza a lungo termine di Akagi o la...la qualsiasi cosa abbia Maki. So’ essere un bravo giocatore e quello voglio rimanere, basta» si fece scivolare una mano sulla faccia prima di continuare. 

«Questo ruolo mi fa sentire così sotto pressione che mi viene da vomitare al solo pensiero dei campionati invernali» concluse guardando da qualche parte oltre Koshino, che non si era scomposto minimamente. 

«Finito l’ Akira Sendo Drama show? Passi l’interpretazione, la sceneggiatura però è pessima ci dovrai lavorare»

 

«Dai ragazzi! Dove avete messo il mio accappatoio?»

Lo scroscio ritmico dell’acqua andava diminuendo, il resto della squadra stava finendo di fare la doccia e qualcuno aveva nascosto l’asciugamano di Hikoichi.

«Non è divertente! Tiratelo fuori!»

«Fukuda che schifo, copriti!»

«Prenditela con Aida è lui che ha chiesto di tirarlo fuori»

 

«Non fa ridere»

Quell’imbecille ebbe perfino la faccia tosta di reagire stizzito e Koshino non ci vide più. 

Saltò in piedi anche lui.

«Infatti non voglio farti ridere, voglio che ti rimangi tutte le stronzate che hai detto. Akira, ma ti sei ascoltato? Hai una vaga idea del peso delle tue parole? Hai la più vaga idea di quanto si sia battuto Taoka per averti in questa scuola? Lo sai quanti soldi sta investendo il Ryonan nella tua istruzione? E i tuoi genitori che ti hanno lasciato venir qui da Tokyo a 15 anni perché tu potessi diventare un campione, a loro almeno ci pensi? Ti rendi conto che c’è chi venderebbe un rene per avere anche solo una briciola del tuo talento?» 

Hiroaki si zittì, anche se intimamente sapeva di non aver finito. Chiuse gli occhi e si massaggiò le tempie. Gli stava venendo mal di testa.

«Facciamo un passo indietro Sendoh. Te lo ricordi agosto? Quando ci hai costretto a richiamare Uozumi perché non ti degnavi di presentati agli allenamenti? Che bel periodo che è stato! A setacciare i moli per convincerti a venire in palestra» continuò sarcastico «Beh mentre tu giocavi a fare il pescatore solitario, noi qui ci stava sfasciando! Litigavamo ogni giorno senza di te. Abbiamo persino pensato che fosse un’ ingiustizia assegnarti il ruolo di capitano. Si, sei il campione, il cocco del mister che sorvola su ogni tuo ritardo o sregolatezza, però quelli che si facevano il culo tutti i pomeriggi, durante le vacanze, eravamo noi, non te!» Koshino si rese conto che stava urlando in faccia al suo compagno, ma era troppo tardi, ormai la diga si era rotta. 

«Ad un certo punto, però, abbiamo capito che il problema era proprio quello: la tua mancanza, la tua capacità di tenerci uniti e combattivi. Abbiamo capito che nessuno di noi sarebbe mai stato in grado di sostituirti. Per questo quando finalmente ti sei dato una regolata abbiamo deciso di starcene zitti e continuare a seguirti a testa bassa. E adesso mi vieni fuori con sta cazzata del non essere un leader?» domandò sempre più infuriato «Dio, nemmeno ti rendi conto che qui tutti ti sbaviamo dietro. Sai che c’è Akira, tu non hai un carattere di merda, tu sei solo un miserevole, ingrato egoista!»

Me la sono cercata considerò Koshino nell’istante in cui venne afferrato per la maglietta e praticamente lanciato contro il muro. Sapeva benissimo che Sendoh era un incapace in fatto di risse ma era pur sempre più alto di lui di quasi 20 centimetri e decisamente più massiccio. Lo spintonò facendogli sbattere la testa.

«Vuoi picchiarmi Sendoh?» lo provocò appena si fu ripreso dal colpo. Sendoh non mollava la presa e lo stava guardando, uno sguardo carico di astio, la mascella tirata e i muscoli tesi. Stava tremando.

«Picchiami se vuoi, ma tanto questo non mi dimostrerà che sei forte e coraggioso. Se vuoi farmi vedere di avere davvero le palle, voltati e di tutti quello che hai appena detto a me.»

Akira aprì i pugni e lo mollò, guardando alle sue spalle, verso la squadra che li fissava ammutolita, qualcuno con la bocca aperta per lo stupore, altri attenti e pronti ad intervenire in caso se le fossero date di santa ragione. Hikoichi era terrorizzato e piangeva in silenzio. Sendoh abbassò la testa e parlò a bassa voce quasi sussurrando, rivolgendosi di nuovo verso Koshino.

«Ho paura Hiro-Kun. Ho paura di fare una cazzata dopo l’altra, di sbagliare ogni cosa, di deludervi. Temo di non essere in grado di portarci al campionato nazionale nemmeno questa volta»

«Tutto qui? Hai paura? Ma che idiota che sei! È normale aver paura e si, può darsi che sbaglierai - sbaglieremo - ma può anche darsi che andrà tutto bene. Il punto è che se non ci provi nemmeno hai fallito in partenza» Koshino fece una pausa e guardò Sendoh dritto negli occhi.

«Senti cretino, noi non vogliamo che il nostro capitano sia perfetto, noi vogliamo che il nostro capitano sia Akira Sendoh» 

Il numero 7 non accennava a muoversi, sempre nella stessa posizione mortificata, il fiato corto e le spalle che presero a sussultare. Fantastico ora si era messo a frignare pure lui.

Hiroaki doveva mettere fine a quella situazione, superò il compagno di squadra, dritto verso un obiettivo ben preciso. Borbottò qualcosa che suonava tipo “guarda te cosa mi tocca fare” e si diresse al centro dello spogliatoio. 

 

Si era ricordato senza alcun motivo cosciente di una serata estiva. Era luglio e per consolarsi della sconfitta, approfittando dell’assenza dei genitori, Fukuda aveva invitato mezza squadra a casa sua e si era procurato dell’erba, impostando un programma ben preciso: “fumiamoci un paio di cannette e poi andiamo alla spiaggia di Yuigahama. Allo stabilimento fanno una festa con bagno di mezzanotte. Sarà pieno di ragazze in bikini”. 

Peccato che nessuno di loro avesse esperienza in fatto di droghe e, come prevedibile, erano collassati in salotto a discutere di ogni scemenza con l’enfasi di filosofi che si confrontano sulla metafisica dell’esistenza, trangugiando tutto ciò che di commestibile c’era in casa.

Ad un certo punto qualcuno propose un film e Fukuda tirò fuori dal mucchio il suo preferito del momento “L’ultimo boy-scout” con Bruce Willis. Bestemmiò in malo modo quando scoprì che suo fratello - giocatore di rugby all’università di Yokohama- ci aveva registrato sopra una partita del torneo 5 nazioni; Sudafrica contro Nuova Zelanda. 

“Aspetta, aspetta!” aveva urlato Sendoh fermando Fukuda in procinto di togliere la cassetta dal video registratore. Il loro campione se ne stava seduto sul tappeto davanti al divano e quelle erano le prime parole pronunciate dopo quasi mezz’ora di strafatto silenzio. 

“Cos’eeee?” chiese Sendoh con la voce estatica indicando la televisione.

“Si chiama Ka Mate, è uno stile di Haka, la danza tradizionale Maori" ripose Fukuda. 

“La voglio imparare, è bellissima!” biascicò battendo le mani come un bimbo “La facciamo anche noi?” 

“Sei strafatto amico” commentò Fukuda mentre Sendoh cercava di rialzarsi usando le ginocchia di Uekusa, seduto sul divano, come punto d’appoggio. 

“Oohh…guardate…quelli della TV hanno messo anche i sottotitoli! Così si può cantare!”

“Sendoh è una danza tradizione non un Karaoke” lo redarguì Ikegami, anche se la voce gli era uscita fievole e impastata. Sendoh guardò meravigliato il compagno. Le pupille dilatate e lo stupore lo facevano sembrare un cucciolo sgridato dal padrone.

“Ma io non li voglio offendere! Li rispetto e li trovo molto affascinati” cercò di spiegarsi malamente.

“Ehi, se hai certi gusti posso presentarti un amico di mio fratello che potrebbe essere interessato” ribatté Fukuda approfittando della frase equivoca “Oddio, però considera che è un pilone più grosso di Uozumi e beh…insomma lo hai visto anche tu il coso di Uozumi…”

Partirono una serie di sghignazzi e boccacce schifate, ma Sendoh non si lasciò ingannare.

“Ah ah ah” rispose incrociando le braccia la petto e poi oscillò pericolosamente. 

“Daiii proviamoci, solo stasera!” 

E alla fine si erano trovati alle 02.00 di notte a ballare la Haka, perché Sendoh, anche da sballato, era capace di trascinarli ed esaltarli, anche quando si trattava di imitare 15 energumeni che si danno delle sberle micidiali sulle cosce. 

 

Hiroaki da allora si era tenuto ben lontano dall’erba di Fukuda o di qualsiasi altra persona, ma i movimenti della Ka mate se li ricordava. Si mise in posizione, gamba divaricate, ginocchia piegate braccia di fronte al corpo, una sopra l’altra, parallele al terreno, e pregò gli Dei maori di non fulminarlo. Scandì ogni parola con cura alzando la voce, sforzandosi di pronunciare correttamente i lemma di quella lingua così diversa. Non si sentiva nemmeno troppo un coglione, bastava ignorare gli sguardi dei compagni. 

Sendoh smise di sussultare e si voltò lentamente verso di lui, gli occhi lucidi sgranati e la bocca aperta.

«Ti prego no!» riuscì a dire cominciando ad arrossire. In un paio di falcate gli fu vicino e cercò di fermarlo tirandolo per un gomito, ma Koshino lo spinse via e ricominciò d’accapo. 

Confidava che qualcuno dei presenti capisse e lo imitasse. Funzionò. Il primo ad affiancarlo fu Fukuda, poi Uekusa e poi, uno dopo l’altro gli altri ragazzi, si unirono persino coloro che non erano presenti quella sera allucinante, cercando di copiare i movimenti a modo loro.

 

Sendoh osservava i suoi compagni di squadra trasformarsi nella versione sbiadita e gracilina degli All Blacks. Le sue guance si erano tinte di un delicato colore capelli-di-Sakuragi e gli brillavano gli occhi. Brillavano di sorpresa, di felicità, ma sopratutto di gratitudine. Koshino aveva mentito ed era consapevole di averlo fatto, perché Sendoh era un amico leale e genuino, una delle persone più altruiste e generose che conoscesse. Lo stimava profondamente e ad ogni partita si sentiva onorato di scendere in campo con lui.

Il sorriso luminoso di Akira Sendoh era tornato.

Poi la danza finì, Fukuda scattò in avanti, accovacciato, afferrò Sendoh all’altezza delle ginocchia e lo trascinò a terra, riuscendo in un placcaggio perfetto. 

«Mischia!»

Sendoh ebbe appena il tempo di ululare un “Nooo” prima di trovarsi travolto dai corpi dell’intera squadra di basket del Ryonan, che magari non era la nazionale neozelandese, ma sapeva farsi valere. 

«Basta! Ragazzi basta! Ho capito!» pregò bloccato da un groviglio di gambe e braccia «Alzateviiii! No dai che ho un piede in faccia, che schifo! Vi prego…ahi! Mi state schiacciando le palle!» 

E poi sentirono bussare alla porta con veemenza Taoka la stava prendendo a pugni e sbraitava.

Ohi ohi

«Cos’è questo casino?!?» inveì «Adesso entro! Voglio vedere cosa diamine state combinando lì dentro»

Taoka entrò e osservò quell’ammucchiata senza dire una parola. 

«Mister aiuto!» urlò Sendoh che era riuscito a dimenarsi abbastanza da liberare un braccio. 

«Ben ti sta idiota. Che ti sia di lezione, dovresti solo ringraziare che Uozumi è fuori squadra» disse rivolto al suo campione «Voialtri, liberatolo. Se soffoca mi toccherà compilare una montagna di  noiose scartoffie e temo che dovrò farne accenno sul vostro curriculum scolastico»(*)

 

Tornando a casa quella sera Hiroaki Koshino pensava che sua madre avrebbe dovuto essere fiera di lui. Si era dimostrato un vero campione nella “comunicazione non violenta”. Beh più o meno.

 

 

 

 

 

 


 

(*) Questa frase, leggermente rielaborata, è una citazione tratta da “Harry Potter e l’Ordine della Fenice”. 

“Tiger, per favore, allenta quella presa. Se Paciock soffoca, ci toccherà riempire una montagna di noiose scartoffie e temo che dovrei farne cenno nelle tue referenze, se mai tu cercassi lavoro.”

Un grazie al professor Severus Snape per il prestito (riguardo lui mantengo il cognome originale perché “Piton" non l’ho mai potuto sentì). 

 

 

Sempre in “Slam Dunk 10 giorni dopo” il Ryonan è messo come Koshino lo descrive nel capitolo, Sendoh che non si va vedere, il nostro Re delle Scimmie che è costretto a rivestire i panni del capitano provvisorio e gli altri lievemente incazzati. Il dopo è farina del mio sacco. 

 

Riguardo il Rugby. Oggi il torneo è 6 nazioni perché nel 2000 è stata ammessa l’Italia.

  
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