Libri > Il Signore degli Anelli e altri
Segui la storia  |       
Autore: AleeraRedwoods    17/08/2019    2 recensioni
Dal testo:
“Tu sei nata per una ragione e il tuo cammino non può cambiare.
Ma un destino scritto è anche una maledizione.
Il tuo compito è salvare la Terra di Mezzo,
riunirai i Popoli Liberi e scenderai in battaglia.
Una prova ti attende e dovrai affrontarla per vincere il Male.
Perché la Stella dei Valar si è svegliata.
La Stella dei Valar porterà la pace.
A caro prezzo.”
(Revisionata e corretta)
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Aragorn, Nuovo personaggio, Thranduil
Note: Lime, OOC | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
 
-Minas Tirith-


 
    Sillen si trovava in un luogo che conosceva bene: le fronde rosse, la corteccia scura, la luce dorata.  Accarezzò distrattamente la terra bruna su cui era seduta, ricoperta di brillanti gemme di luce stellare, tanto candide quanto la delicata veste bianca che stava indossando.
    Lasciò vagare lo sguardo nella radura e, quando lo vide, le mancò un battito. Thranduil uscì dall’ombra del bosco per offrirsi ai caldi raggi del sole: -La Stella dei Valar è nei guai.- Ghignò, una volta giunto a pochi passi da lei.
    La stella strinse le labbra:-Non è affar tuo, Thranduil.-
    L’elfo le tese la mano e lei si alzò in piedi, trovandosi inaspettatamente avvolta in un abbraccio. –No, tu non sei un problema mio… allora perché non riesco a smettere di pensarti?-
Sillen deglutì a vuoto, premuta contro il petto del Re.
    -Thranduil, io...-
    -Non hai idea del male che mi hai fatto.- La interruppe con tono duro.
    –Il male passerà. Infondo, non sono altro che una stella passeggera e sono certa che mi dimenticherai, un giorno.-
    Lui strinse la presa su di lei: -Credi sia così? Allora ti sbagli Sillen, per me non è così. Ma cosa puoi saperne tu, crudele come solo una lontana stella può essere.-
    In assoluto contrasto con le sue parole, le dita dell’elfo le accarezzavano i capelli, le spalle, le braccia. Il suo tono si fece distaccato: -Quando ci rivedremo davvero, sempre che tu non muoia prima, te la farò pagare.- La stella aggrottò le sopracciglia e sollevò la testa, cercando il suo sguardo. L’elfo le accarezzò il viso, posando la sua fronte su quella di lei: -Adesso devi svegliarti, Sillen.- Come provocata da quelle parole, una violenta raffica di vento li avvolse. La terrà tremò sotto di loro e la luce si fece sempre meno intensa, fino a che una forza misteriosa prese a strattonare la stella da ogni lato.
    Sillen si aggrappò alle spalle del Re elfico: -No, aspetta! Non voglio, ho sbagliato ad andarmene, ho sbagliato tutto!- Urlò.
    Thranduil la fissava con espressione grave: -Non hai detto che questo è il tuo prezioso compito? Hai dimenticato la voce che ti chiama, laggiù a Ovest? Svegliati!- Sillen scosse la testa, stringendo convulsamente la stoffa dei vestiti del Re: -Ti prego, fammi restare! Ho paura, Thranduil.- Ma venne trascinata via con sempre più forza, fino a perdere la presa.
    La voce dell’elfo divenne un lamento e di lui rimase solo una sagoma lontana, sempre più lontana. Sillen finì in un vortice scuro, buio e desolato, dove il silenzio era scosso solo dai singhiozzi del suo pianto. Scese giù, sempre più giù.


    Un raggio di luce le batteva insistentemente sugli occhi. Si rigirò nel letto più volte ma sapeva che, una volta sveglia, non sarebbe più riuscita ad addormentarsi. Anche se ne avrebbe avuto davvero bisogno.
    Sollevò piano le palpebre, richiudendole subito dopo con un sibilo dolorante. Improvvisamente, la luce si attenuò e dei passi risuonarono poco lontano.
    Sillen si fece forza e aprì di nuovo gli occhi, voltandosi verso la fonte del rumore: in piedi, vicino alla finestra, vi era Elessar, intento a tirare una pesante tenda rossa a schermare la luce del sole. –Dovresti riposare ancora un po’.- Le sorrise. Lei si tirò a sedere, scostandosi indietro i capelli con una mano.
    Un’improvvisa vertigine le attanagliò lo stomaco e dovette rimanere immobile a lungo prima di essere certa di riuscire a muoversi senza rimettere: le sembrava di continuare a vorticare verso il basso, nelle viscere della terra.
    Il Re sedette sul bordo del letto, posandole una mano sulla spalla: -Sillen, devi dormire ancora un po’ se vuoi riprenderti. Sei qui solo da qualche ora e questa volta hai seriamente rischiato di morire...- Lei gli rivolse uno sguardo stranito: -Qui dove?-
    Elessar cerò di trattenerla ma la stella si affaccendò per scostare le coperte. Sporse le gambe oltre il bordo del letto e cercò di mettersi in piedi, lentamente, tirando giù la veste bianca che si era arrotolata attorno ai suoi fianchi: qualcuno si era premurato di lavarla e vestirla, mentre era incosciente.
    Si trovavano in una stanza regale, dalle pareti di legno e con un grosso tappeto rosso che copriva il centro del pavimento di marmo bianco. Di sicuro non si trovava nel Reame Boscoso e di Thranduil non vi era traccia.
    Il Re di Gondor e di Arnor la afferrò poco prima che le sue gambe cedessero ma lei riuscì a scorgere il paesaggio fuori dalla finestra. La bianca torre di Ecthelion svettava sopra il cortile della Cittadella come un guardiano silenzioso: Minas Tirith.
    –Come è possibile? Mi avete trasportato per tutta la Terra di Mezzo mentre ero incosciente? Non posso aver dormito per settimane!- Elessar la fece nuovamente sedere sul letto: -No, infatti. Le Aquile di Landroval hanno impiegato solo due giorni per raggiungere Minas Tirith.- Sillen sussultò: -Quindi le Aquile si sono unite a noi?- Il Re annuì e la stella gli gettò inaspettatamente le braccia al collo, esultando. –Non posso credere di avercela fatta!-
    Lui la strinse a sua volta, felice di vederla recuperare le forze.
    -Stanno pattugliando gli orchi al confine, sono veloci ed efficienti. Dopo quanto è successo sulle montagne, non dovresti sorprenderti del fatto che si stiano impegnando per aiutarti.-
    La stella ricordò gli ultimi momenti in cui era stata cosciente come se stesse rivivendo un sogno sfocato, ben più sfocato e lontano di quello in cui aveva incontrato il Re degli Elfi. Guardò la collana che dondolava sul suo petto, pensierosa. Alatar aveva cercato di dirglielo ma lei non era stata in grado di utilizzare il suo potere fino a quando non era stato davvero necessario.
    Si morse le labbra, accarezzando distrattamente il ciondolo di pietra viola: ora aveva davvero qualcosa su cui allenarsi e non con una spada.
    Elessar le fece cenno verso la porta di legno: -Ti aspetto qui fuori, vestiti. Dato che ti sei ripresa, sarebbe saggio mettersi al lavoro.- Lei annuì e lo guardò uscire. Il Re le aveva fatto preparare una bacinella d’acqua di rose e, su una sedia, era stato adagiato un vestito rosso scuro. Sillen si perse ad ammirare il tessuto leggero, decorato con preziosi fili argentati. Stretta in vita da una fascia chiara, la veste aveva larghe maniche pendenti e vantava un delicato scollo quadrato, molto lontano dal tipico stile semplice e severo cui era abituata, al Reame Boscoso.
    Si apprestò a vestirsi, con movimenti misurati e lanciò uno sguardo allo specchio alla sua sinistra. Faticò a riconoscersi e strinse i pugni: il vestito aderiva al suo corpo come un soffice guanto, sottolineando ogni curva morbida più di quanto avrebbe voluto.
    Avrebbe preferito indossare nuovamente le brache di pelle e la grossa camicia di flanella, oppure i semplici abiti della guardia elfica, mostrandosi come un soldato, non certo come una dama. Infilò il ciondolo nel corpetto dell’abito e prese un oggetto lungo e appuntito dalla specchiera: era uno spillone fermacapelli, Emlinel ne aveva molti simili e questo, sulla sommità, finiva in un intricato nodo di fili argentati. Fermò i capelli in alto, sulla nuca, liberando il collo sottile. Almeno a quelli, avrebbe cercato di dare un aspetto più severo.
    Quando Elessar la vide uscire dalla stanza, trattenne il fiato per lo stupore. Era la prima volta che la stella indossava un abito pregiato ma esso non era comunque in grado di rendere giustizia alla sua singolare ed esotica bellezza.
    Sillen si fermò davanti a lui con aria lievemente contrariata e il Re sorrise con fare rassicurante: -Non ti piace quest’abito?-
    La stella volse lo sguardo altrove: -È molto bello.- Tagliò corto. Poi notò che, alle loro spalle, stavano compostamente sull’attenti quattro guardie ben armate, in attesa di ordini da parte del Re.
    Dal canto suo, Sillen comprendeva che, dopo quanto era accaduto sulle montagne, i suoi compagni fossero ancora scossi ma di certo non fu felice di sapere che fossero diffidenti al punto da non lasciare Elessar da solo in sua compagnia.
    Cercò di ignorare il più possibile le quattro guardie e seguì il Re nella Sala dal Trono. Nella grande sala di marmo faceva freddo e Sillen si strinse le braccia al petto: -Dove sono Legolas e Alatar?- Il viso di Elessar si tese in una strana espressione, che la stella non riuscì a decifrare.
    -Per quanto riguarda Alatar…- Ma prima che finisse di parlare, nella sala avanzarono due figure.
    La stella si voltò con un sorriso quando scorse Legolas ma lui, per qualche motivo, non ricambiò: si fermò dall’altro lato della sala, gli occhi verdi e terribilmente seri puntati su di lei.
    Accanto a lui, una figura minuta si fermò a sua volta, volgendo lo sguardo verso di loro: -Padre.- Sorrise, rivolta al Re. Poi sembrò accorgersi della stella e il suo viso s’illuminò. Si fece avanti, quasi saltellando: -Tu sei Sillen, vero? La tua pelle è davvero color dell’oro come dicevano!-
    La stella spalancò gli occhi: quella giovanissima dama somigliava incredibilmente al Re e le sue orecchie leggermente a punta tradivano il suo sangue elfico. Era certamente sua figlia.
    –Io sono Miniel, è un piacere conoscerti.- Esclamò questa, afferrandole le mani. Sillen ammirò i suoi capelli bruni, molto diversi da quelli biondi di Legolas o da quelli color rame degli elfi silvani di Bosco Atro. –Sono lieta di conoscerti, Principessa.- Sorrise a sua volta, stringendole le mani con gioia.
    Elessar posò amorevolmente una mano sulla testa della figlia.
-Non vedeva l’ora di conoscerti.- Miniel annuì, indicando Legolas con il mento: -Legolas mi ha raccontato tutto quello che è successo. Sei davvero così forte da uccidere cento nemici con un solo gesto?- Legolas ed Elessar s’irrigidirono e lanciarono sguardi di rimprovero alla Principessa: -Miniel!- Quella non si scompose, continuando a tenere le mani della stella fra le proprie.
    Sillen lanciò nuovamente uno sguardo serio al Sindar: -Si, è quello che ho fatto. Ma vedi- Parlò più ai due compagni che alla Principessa e lo fece con voce dura: -è stato un gesto estremo che non ho potuto prevedere. Ho avuto paura di perdere i miei amici e non me lo sarei mai perdonato.-
    Il viso di Legolas si distese e la stella lo guardò con un’espressione di duro rimprovero. Elessar annuì, sospirando: -Te ne siamo davvero grati, Sillen. È stato solo… inaspettato.-
    Lei strinse le labbra e Legolas si decise ad avvicinarsi: -Ed è stato spaventoso. Non avevo mai visto nulla del genere…-
    Miniel alzò le spalle: -Non è detto che qualcosa di incomprensibile sia per forza malvagio. Giusto?- Come sempre, la Principessa aveva saputo esattamente cogliere il problema e aveva voluto chiarire subito la situazione tesa che si era creata tra i compagni.
    Legolas posò una mano sulla spalla della stella e sorrise:
    -Perdonami, se ho avuto paura. Ci hai salvato la vita e mi fiderò di te, Stella dei Valar, fino alla morte.- Poi storse la bocca: -Tu di sicuro non hai nulla da nascondere, non come lui. Di lui sembra proprio non sia saggio fidarsi.-
    Sillen aggrottò le sopracciglia: -Lui?-
    Elessar si intromise nel discorso: -Era quello che cercavo di dirti.- La stella avvertì l’incertezza nella sua voce.
    -Alatar al momento si trova nelle prigioni.-
    Lei spalancò gli occhi viola: -Cosa? Perché?- Legolas guardò Miniel e la Principessa annuì, correndo fuori dalla sala.
    –Ora ti spiegheremo ogni cosa ma tu non devi agitarti.-
    L’altra strinse gli occhi a due fessure: -Perché, hai paura che ti fulmini sul posto, mio Re?- Quello s’irrigidì, rimanendo però zitto. –Vi lascio da soli per due giorni e vi fate la guerra a vicenda.- Sibilò lei.
    Miniel riapparve nella sala, seguita da un elfo femmina: se Sillen non fosse stata tanto arrabbiata, sarebbe di certo rimasta colpita dalla bellezza eterea della Regina Arwen, sinuosa e regale.
    –Im gelir le mae, Sillen (sono felice che tu stia bene). Grazie di aver protetto il mio sposo.- Si inchinò con compostezza, la Regina. La stella fece altrettanto, senza staccare gli occhi da quelli azzurri di lei, curiosa di sapere cosa avesse da dirle.
    –Quando sei arrivata da noi, mi sono presa cura di te personalmente. Eri incosciente e ho dovuto svegliarti con la poca magia a me rimasta. In quel momento, ti confesso, ho avuto una visione. Mio padre ha condiviso con me la sua preveggenza, affinché io ti avvertissi.-
    L’espressione della Regina era grave e Sillen strinse gli occhi a due fessure, sospettosa: -Avvertirmi riguardo a cosa?-
    L’altra piegò la testa: -Il futuro ci è stato svelato e mostra il Falco blu che artiglia la Stella.- Legolas, allora, strinse i pugni: -Il Falco blu è Alatar. Non può essere più chiaro di così. Ti tradirà o forse è già contro di te, un nemico che ha agito inducendoci a crederlo un amico.- Elessar continuò: -Abbiamo questo presentimento da sempre, dal primo giorno. Ci seguiva come un cacciatore in cerca della preda. Per non parlare di quello che ti ha fatto durante l’allenamento: i lividi ricoprono ancora il tuo corpo.-
    Sillen si sentiva attaccata, come se le dure parole che i due rivolgevano allo stregone fossero indirizzate a lei: -Voglio vederlo.-
    -Anche Landroval non si fida di lui. Ci ha riferito di ciò che si racconta da quando Alatar è sparito ad Est con il suo compagno Pallando. Dicono che sia stato circuito dall’Oscurità e che si sia messo al servizio di Sauron.-
    La stella si allontanò dai due, tesa: -Dicono, dicono! Vaneggiamenti! Quello che vi ha dimostrato fino ad ora non conta niente?- Arwen cercò di calmarla, sollevando le mani delicate tra lei e i compagni: -Certo che conta, Stella dei Valar. Tuttavia, non possiamo permetterci di dubitare dei nostri stessi alleati quando la priorità è tenerti al sicuro.-
    -Voglio vederlo, ho detto. Osate negarmelo?- Insistette, la stella.
    Non voleva prendersela con la regina ma, inconsciamente, attribuiva a lei la colpa di averla svegliata proprio quando era riuscita a rincontrare Thranduil, anche se solo in sogno.
    Elessar non rispose e lei sentì la rabbia ribollirle nel petto:
    -Alatar non mi farebbe mai del male.- E si voltò con fare caparbio, sollevando il mento.
    Miniel la guardò uscire dalla sala, dispiaciuta e la seguì nel corridoio buio, ignorando i richiami del padre. Trovò la stella nella sua camera, seduta sul letto con le gambe tirate al petto.
    Questa sollevò gli occhi arrossati e la Principessa salì sul letto a sua volta, sedendosi davanti a lei.
    –Alatar non mi ferirebbe mai.- Sentenziò Sillen, volgendo lo sguardo verso la finestra. Miniel le accarezzò un ginocchio con fare protettivo: -Io ti credo, Stella dei Valar. Tu e lo stregone avete un rapporto speciale e non sarebbe così se lui non fosse un uomo giusto e buono.- Sillen annuì: -Lo è. Io ne sono certa.-
    Miniel si morse le labbra: -Forse conosco un modo per permetterti di vederlo.- L’altra sollevò la testa di scatto.
    –Però dovremo essere veloci se non vogliamo essere fermate. Mio padre è sveglio, quando vuole: se non ci vedrà tornare, non impiegherà molto a capire che siamo andate dallo Stregone.-
    Sillen abbracciò con forza la giovane dama: -Grazie Miniel!-
    Anche la Principessa la strinse, sorridendo.

**


    Alatar si voltò di scatto quando sentì un sasso rimbalzargli sul fondoschiena: -Dannazione, ma chi è?- Si alzò di malavoglia dal lettino e si avvicinò alle sbarre con passo strascicato. Anche Lelya guardò con curiosità nell’ombra davanti a loro, con la catenina che la teneva legata al suo trespolo che tintinnava attorno alle zampette. Da una botola sul terreno sporgeva la stella, sorridente e piena di polvere e terriccio.
    Alatar sollevò un sopracciglio quando la vide uscire per metà busto, ancora agghindata con l’abito rosso e con i capelli raccolti: -Una stella molto ben vestita che spunta dalla terra nel bel mezzo delle segrete della Cittadella.-
    -Insieme alla Principessa.- Aggiunse lei, facendo leva sulle braccia per tirarsi fuori dalla botola e voltandosi per aiutare Miniel, altrettanto sporca.
    –Già. Sembra l’inizio di una barzelletta oscena.- Sorrise lui.
    Sillen corse alle sbarre, posando una mano su quella dello stregone, stretta al duro ferro della cella: -Mi dispiace, Alatar. Ti farò uscire da qui, non ti preoccupare.-
    -Non c’è male.- Scrollò le spalle, lui. Miniel si appostò nel corridoio per controllare che nessuno li vedesse.
    –Come stai?- Chiese lo stregone alla stella, alludendo al suo svenimento. –La Regina si è presa cura di me. Sto bene.-
    Lui si fregò una mano sul viso stanco, ormai coperto dalla folta barba brizzolata: -Accidenti, non abbiamo tempo da perdere adesso, dovrei essere lì ad aiutarti.-
    Lei lo guardò senza capire e lui le passò le dita sotto il mento con fare preoccupato: -Hai perso conoscenza a causata dell’uso spropositato e fuori controllo che hai fatto dei tuoi poteri, stellina. So che è difficile da comprendere ma quando si tratta di questo tipo di energia bisogna essere molto forti e allenati. Non si rischia solo di svenire, se capisci cosa intendo.-
    Sillen rimase a bocca aperta e prese la mano di Alatar tra le sue: -Vuoi dire che usare il mio potere potrebbe uccidermi?-
    L’altro annuì: -Per questo devi imparare ad usarlo, per evitare di esaurire tutte le tue energie e morire inutilmente, capisci? Ma per farlo devi allenarti ed io non posso aiutarti da qui.-
    Lei si morse il labbro inferiore: -Lo hai detto agli altri?- Lui scosse la testa: -Ci ho provato. A quanto pare non sono stato abbastanza convincente.-
    -Sono molto preoccupati. Pensano che tu sia dalla parte del Male. Artefice o alleato del pericolo che incombe contro di noi.- Gli rivelò, con trasparente sincerità. Lui sospirò, avvicinandosi alle sbarre: -La mia non è stata una vita facile, Sillen. Un giorno racconterò la mia storia e molte cose ti saranno più chiare. Ma adesso fidati di me quando ti dico che voglio aiutarti: ti insegnerò ad usare il tuo potere, ad essere più forte.-
    La stella annuì, chiedendosi, in un recondito angolo della propria mente, se davvero non avesse dovuto fidarsi delle parole dei suoi compagni. Eppure, guardando lo stregone negli occhi scuri, le sembrò solo di vedere un'estrema dolcezza. Come potevano essere vere, quelle orribili accuse? La Regina e Re Elrond potevano credere nelle loro fantomatiche visioni ma lei era la Stella dei Valar, solo le sue contavano davvero.
    Miniel si voltò improvvisamente verso di loro: -Arriva qualcuno!-
    Sillen si sporse quanto le sbarre le permettevano per stringere frettolosamente lo stregone: -Giuro che ti farò uscire da qui il prima possibile.-
    -A presto, stellina.-
    Sillen si lasciò cadere nella botola per prima, atterrando senza problemi pochi metri più in basso. Miniel fece altrettanto, aiutata dalle mani sicure e forti della stella e, insieme, si incamminarono velocemente nel passaggio buio e pieno di ragnatele. Sbucarono nelle armerie e, silenziose come ombre, sgusciarono di nuovo fino alle stanze della stella. –Ora che sappiamo qual è la verità, non abbiamo un minuto da perdere.- Sentenziò quest’ultima.
    Miniel la guardò, spolverandosi la gonna dell’abito verde con gesti secchi: -Quello che ha detto Alatar è logico e plausibile. Sei talmente forte che il tuo involucro fatica a sopportare il tuo potere. Perché non gli hanno creduto?- L’altra non seppe rispondere. Era come se gli altri non volessero credere alle parole dello stregone. L’influenza del Maia Landroval su di loro era forse più forte della sua, di quella della Stella dei Valar?
    In quel momento, il suono acuto di un corno si propagò nella Cittadella e Miniel corse alla finestra: -Abbiamo visite, Sillen!-
    La stella la raggiunse e seguì il suo sguardo all’orizzonte, verso il Nord Ithilien: un immenso corteo stava avanzando verso Minas Tirith. A vederlo da lontano, sembrava un fiume scuro e lucente, che si muoveva velocemente in mezzo alla valle.
    Sillen spalancò gli occhi: erano Nani, un esercito di Nani.
    La Principessa aguzzò la vista e saltellò allegramente:
    -Potrebbe essere Gimli! Sono anni che non viene a farci visita.- Poi si fermò, incrociando le braccia: -Anche se credo proprio non sia qui per una visita di cortesia.-
    La stella non credeva ai propri occhi. -Saranno qui in meno di quattro ore.- Esclamò, spazzandosi il vestito e sistemando i capelli. –Troviamo il Re.- Miniel le pulì velocemente il viso e la prese per mano, guidandola nei corridoi freddi.
    In breve, raggiunsero gli appartamenti reali e quasi corsero nello studio di Elessar. Legolas le intercettò sulla porta, sollevando le sopracciglia con espressione sorpresa.
    –Da quanto sapevate dell’arrivo dei Nani? Perché non sono stata messa al corrente della cosa?- Lo aggredì la stella, spazientita. Lui cercò di calmarla, posandole le mani sulle spalle:
 -I Nani sono amici degli Uomini, da quando Elessar è il Re, e non hanno esitato a raggiungerci. Sono stati avvertiti quando siamo arrivati a Rohan, due settimane orsono.- Miniel, con un saltello gioioso, guardò il Principe degli Elfi con occhi scintillanti: -Viaggia con loro anche Gimli?- Legolas distolse lo sguardo e Sillen poté giurare di aver scorto una traccia di rossore sul suo viso.
    –Lui… Ad ogni modo, il Re stava per mandarti a chiamare.- Concluse, frettolosamente. La stella lo superò senza commentare oltre: -Bene.-
    I tre raggiunsero Elessar nello studio e lui alzò la testa dalle carte che aveva di fronte. Alle sue spalle, due uomini e un ragazzo si drizzarono velocemente: uno dei due uomini, di bell’aspetto e sulla cinquantina, fissò gli occhi sgranati sulla stella: -è lei?-
    Elessar annuì e l’uomo avanzò con sguardo stupito. Si inchinò al cospetto della stella e lei accettò quella formalità con compostezza. –Io sono Re Éomer, Signore del Mark e Re di Rohan. Il mio regno e al tuo servizio, Stella dei Valar.- I suoi occhi castani erano limpidi e sinceri e Sillen sorrise istintivamente: -Ti ringrazio di cuore, Re Éomer.-
    L’altro uomo, coetaneo del primo, fu meno impetuoso e si limitò ad abbassare la testa con riverenza: -Anche i miei uomini ti serviranno. Sono Faramir, Sovrintendente di Gondor e Principe dell’Ithilien. E lui è mio figlio, Elboron.- Un giovane allampanato, all’apparenza poco più che adolescente, s’inchinò con eleganza e la stella, cercando di apparire tranquilla, chinò il capo di rimando: -Per me è un vero onore trovare così tanti valorosi signori disposti ad aiutarci in questa disastrosa battaglia.-
    Elessar si alzò con espressione grave: -Purtroppo, non ci sono buone notizie. Altri gruppi di orchi sono stati avvistati ai confini con le vecchie terre di Mordor.-
    Éomer consegnò alla stella la mappa che i presenti stavano studiando e indicò dei segni in inchiostro scuro, che costellavano gli Ered Lithui: -Ad oggi, i nostri informatori ne hanno contati più di centomila ma ogni giorno il numero cresce a dismisura. Sbucano da sotto terra e nello stesso modo spariscono. Le Aquile non possono seguirli fino laggiù, perciò ignoriamo la loro effettiva ubicazione. E il loro numero. Sappiamo che per la maggior parte sono Uruk-hai: hanno attaccato vari paesi nell’ultima settimana, distaccandosi dal grosso esercito in gruppi di poche centinaia.-
    Poi si passò una mano sulla folta barba, pensieroso. -Si comportano in modo insolito. In un modo o nell’altro si riuniscono più velocemente che mai e, una volta insieme, diventano implacabili. Non ho mai visto dei goblin così organizzati e silenziosi.-
    Faticando ad elaborare tutte quelle terribili informazioni, Sillen impallidì: -Centomila… A quanto ammonta il nostro numero?- Faramir si appoggiò alla scrivania del Re con un sospiro:
    -Diecimila uomini dall’Ithilien, poco più di quindicimila Rohirrim dal Mark e ventimila soldati addestrati da Gondor e Arnor. Certo, dalla nostra abbiamo le Aquile.-
    -Gli Elfi dell’Ithilien sono circa cinquemila, purtroppo, non di più. Ma i Nani in arrivo contano almeno ventimila sodati.- Aggiunse Legolas. La stella si morse il labbro inferiore ma non perse il suo temperamento sicuro: -Uno solo di noi vale quanto cinque di quelle maledette creature. Siamo già in vantaggio.-
    Lo sguardo di Éomer si fece fiducioso e annuì: -Siamo ai tuoi ordini, mia signora.-
    Lei guardò Elessar, poi la mappa: -Avete un piano?- Elessar cercò Legolas con lo sguardo teso: -Speravamo ne avessi uno tu.-
Stizzita, Sillen puntò le mani sui fianchi: -Quindi il mio pensiero conta, adesso?- I due si zittirono e gli altri presenti, esclusa la giovane Miniel, sua complice, non capirono quelle parole.
    –Liberate Alatar.-
    Quelli fecero per ribattere ma la Stella dei Valar fu irremovibile. Sembrò diventare più alta e imponente e una luce innaturale scaturì per un attimo dai suoi occhi violetti: fu solo un secondo, ma ricordò ai due quello che era accaduto sulle montagne.
    –Non è un consiglio, Re Elessar. Questo è un ordine.- Avanzò di un passo, sibilando: -O vorresti dirmi che le opinioni di Landroval contano più di quelle della Stella dei Valar?-
    Elessar strinse i denti, colto sul fatto. Sostenne lo sguardo della stella ma annuì, richiamando le guardie: -Liberate lo stregone. Da questo momento sarà sotto custodia vigilata.- La stella non ribatté, consapevole che litigare non li avrebbe portati da nessuna parte e si accontentò del fatto che, perlomeno, Alatar sarebbe stato fuori dalla prigione.
    Si rivolse anche all’elfo biondo, che alzò il mento. -Legolas, hai detto che ti saresti fidato di me. Fallo fino in fondo. Non dovete dubitare di Alatar, mai.- Il tono con cui parlò, i suoi occhi d’acciaio e la sua espressione regale, ricordarono all’elfo il Re del Reame Boscoso e non poté fare a meno di sottostare a quell'ordine: -Be iest lin, Sillen. (come desideri)-
    Miniel sorrise alla stella e lei si calmò: –Per quanto tempo siamo in grado di accogliere gli eserciti a Minas Tirith?-
    Faramir le consegnò un plico di documenti, dov’erano alacremente segnati i viveri reperibili nei dintorni. -Per ora, siamo in grado di far fronte a poco più di due mesi ma altri rifornimenti sono in arrivo dalle terre di Arnor.-
    -E se non contassimo gli altri abitanti?-
    Lui tentennò, senza capire: -Allora… sei mesi almeno.-
    Lei rifletté un secondo, poi sollevò il mento: -Allora il piano, per ora, è attendere.- Tutti le puntarono gli occhi addosso. –Evacuate i piccoli villaggi e conducete la popolazione il più lontano possibile. Tutto l’Ithilien e Gondor stessa verranno invasi a breve e non possiamo permetterci distrazioni: che i nemici trovino solo paesi vuoti.- Nessuno dei presenti credeva alle proprie orecchie.
    -Stai dicendo di lasciare che il nemico entri così nelle nostre terre, senza combattere?- Esclamò, éomer.
    La stella ragionava velocemente e giustificò in fretta la propria decisione: -Il nemico, con ogni probabilità, è già nelle nostre terre, sotto le nostre terre. In qualche modo, sanno dove mi trovo. Erano sulle Montagne Nebbiose ancor prima del mio arrivo… Se saremo noi a mobilitarci, ci indeboliremo e perderemo la capacità difensiva della città: ci seguirebbero, seguirebbero me. Allora, dobbiamo lasciare che vengano da noi. In mia presenza la testa del serpente verrà fuori.-
    Éomer si accigliò: -Così facendo, rimarrebbero comunque migliaia di orchi nel nostro territorio.- La stella scosse la testa, posando le mani sulla scrivania per chinarsi sulle mappe: -Quello che ha detto il Sovrintendente Faramir mi ha fatto riflettere. Non ho mai visto dei goblin così organizzati e silenziosi. È la stessa cosa che ho pensato quando ho visto gli orchi fuoriuscire dal terreno e uscire alla luce del sole, al Nido delle Aquile: non l’avrebbero mai fatto se qualcuno non li stesse manovrando.-
    Legolas spalancò gli occhi, capendo al volo cosa la stella intendesse dire: -Sono controllati come burattini, non hanno coscienza di quello che accade. Sono come… cadaveri usati come armi.- Lei annuì. Ma Eomer non sembrò convinto: -Come facciamo ad esserne sicuri? Potrebbero solo essere più forti e meno sensibili alla luce.-
    Sillen strinse il ciondolo viola tra le dita, risoluta: -Sono certa che dietro a tutto questo ci sia un nemico peggiore addirittura di Sauron stesso, qualcuno in grado di controllare queste creature ormai prive di ogni coscienza. Prive di vita, oserei dire. Tagliando la testa al serpente, rimarrebbero solo gusci vuoti, una distesa di cadaveri senza il loro necromante.-
    Tutti, senza parole, la fissarono con il terrore negli occhi.
    –Ebbene sì. Meno male che c’è qualcuno che sa usare il cervello, qui dentro.- Sentenziò Alatar, apparso sulla porta reggendosi al suo bastone, mentre due guardie lo seguivano con il fiato corto.
    Sillen gli andò incontro: -Sono felice che tu sia qui.- Sorrise, rassicurata. Lui le rivolse un sorriso sghembo: -Per fortuna hai me. Questi qui sono svegli come pennuti.- Lelya gli gracchiò in un orecchio e lui alzò le mani: -Quando dico pennuti mi riferisco a qualcosa come polli e tacchini, non ti scaldare!-



 


N.D.A

Seppur un po’ in ritardo, ecco il nuovo capitolo. Sentore di battaglia! Avete già delle teorie su questi misteriosi avvenimenti? Fatemi sapere cosa ne pensate,

la vostra
Aleera.
   
 
Leggi le 2 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Il Signore degli Anelli e altri / Vai alla pagina dell'autore: AleeraRedwoods