Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: LazyBonesz_    18/08/2019    1 recensioni
“Questa canzone mi faceva pensare a te”, mormorò il ragazzo, contro un mio orecchio quando la musica cambiò. Mi concentrai sul testo. Ascoltammo la canzone in silenzio fin quando, verso la fine, Eren non parlò nuovamente, quasi cantando.
“But I just cannot manage to make it through the day without thinking of you, lately.”
Accennai un breve sorriso e mi sporsi verso di lui, senza aprire gli occhi. Riuscii a baciare le sue labbra piene e sentii il sapore delle lacrime su di esse.
“Eren”, sussurrai confuso. Sollevai le palpebre e vidi qualche goccia salata sulle sue guance. Però sorrideva.
“Sono felice, non preoccuparti. E penso che ti dedicherò un’altra canzone perché questa è fottutamente triste”, mormorò e decisi di bloccare la sua parlantina con un altro bacio. Un altro ancora e ancora un altro finché non ci addormentammo con le labbra stanche ma i cuori felici.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Los Angeles- 7 gennaio 2020

Levi 

Eren mi stava aspettando davanti al mio vialetto perciò finii in fretta la mia colazione e uscii da casa. Kenny mi salutò velocemente e io risposi prima di sbattere la porta dietro di me. 

Camminai verso Eren e salii nella sua auto, cercando di calmare la mia agitazione. Dovevamo andare a scuola e dovevo sia parlare con il professor Erwin che con i miei amici, ne avevo discusso con Mikasa durante le vacanze. 

“Tutto okay?”, mi chiese il mio amico, guardandomi con preoccupazione. In effetti stavo stringendo il mio zaino fra le braccia e fissavo un punto davanti a me, cercando di organizzare mentalmente le cose che avrei dovuto fare. 

“Si”, mormorai e sollevai il viso, poggiando la borsa ai miei piedi mentre Eren metteva in moto per andare verso il nostro liceo. Ormai era arrivato il momento di far fronte a certe situazioni, per questo avevo chiesto al mio amico di andare in anticipo. Avevo anche mandato un messaggio nel gruppo di teatro per dirgli che dovevo parlargli. Marco era stato il primo a rispondere. 

Chiusi gli occhi e mi accasciai contro il sedile, pensando a quanto si fosse incasinata la mia vita in meno di due mesi. La cosa positiva era aver ritrovato Eren ma sentivo che ci fosse ancora qualcosa in sospeso fra di noi, sopratutto dopo la serata da Ymir. 

Ci eravamo visti durante le vacanze ma l’argomento non era mai saltato fuori, forse era troppo confuso per ricordarlo come un fatto reale. O forse sapeva benissimo che fosse stato un gesto dettato dallo stordimento, non qualcosa che realmente voleva fare. Ci avevo pensato e ripensato per giorni e il dubbio era ancora forte. 

Arrivammo alla scuola e scesi dall’auto con un sospiro, notando Marco e Jean all’entrata. Mi fecero un cenno con la mano e io annuii. 

“Dai, puoi farcela”, mi disse Eren, con allegria. Poi mi strinse una spalla e mi superò per entrare a scuola. 

Mi trascinai verso le porte in vetro e mi fermai davanti ai miei due amici. 

“Gli altri?”, chiesi mestamente, giocando con una cinghia del mio zaino. Jean indicò qualcosa dietro di me e mi voltai, notando Annie, Reiner e Berthold. Quei tre erano sempre stati inseparabili. 

Si fermarono vicino a noi e allora capii che fosse arrivato il mio momento. 

“Sinceramente non so bene cosa dire ma mi dispiace. Mi dispiace per essere stato uno stronzo con delle persone che cercavano di aiutarmi e starci vicino. Non avrei dovuto reagire così”, dissi tutto d’un fiato. 

“Levi, abbiamo esagerato anche noi, avevi bisogno di tempo e non di persone che ti stavano addosso”, rispose Marco mentre gli altri annuivano. 

“Sono stato anche violento...”, ammisi, ricordando il piccolo litigio con Marco, “e per questo non ho scuse. Basta pensare al livido di Eren...”

“E accettiamo le tue scuse, tu accetta le nostre. Non potevamo e non possiamo capire cosa stai passando e su questo avevi ragione”, disse Reiner. Io lo guardai e accennai un sorriso, grato che stessimo finalmente chiarendo. 

“Quindi, sono okay le cose fra di noi?”, chiese Jean a un certo punto. 

“Si, credo di sì”, risposi, sentendomi con un grosso peso in meno. 

“Quel Jaeger deve aver fatto una magia”, ridacchiò Berthold. 

“Mi ha solo fatto capire che la vita non fa totalmente schifo”, scrollai le spalle. 

“Comunque, come stai?”, mi domandò Marco anche se la domanda era comune. 

“Ci sto lavorando. È difficile andare avanti ma tutta quella rabbia irrazionale era ingestibile”, mormorai, alzando le spalle. Avevo ancora tantissimi giorni no in cui non riuscivo a sopportare l’idea di aver perso mia madre ma avevo anche pochi giorni si in cui capivo che c’era ancora qualcosa di positivo attorno a me. 

“Tornerai nel gruppo?” 

“Non ora, ho ancora tanto da sistemare, mi spiace.” 

“No, è giusto così. Hai bisogno del tuo tempo e noi te lo daremo. Ti aspetteremo”, disse Marco e io sorrisi, sentendo nuovamente il loro affetto nei miei confronti. Li avevo trattati come nemici quando erano sempre stati pronti ad aiutarmi. 

La campanella suonò e ci salutammo per andare a lezione. Mentre camminavo per il corridoio incontrai Erwin che mi fermò per qualche istante, dicendo che aveva bisogno di parlarmi del mio rendimento dopo le lezioni. Annuì velocemente e poi entrai nella mia aula, sedendomi nel primo posto libero che trovai. 
 

**********


Dopo l’ultima ora raggiunsi l’ufficio di Erwin ed entrai, prendendo posto in una delle due poltroncine davanti alla sua scrivania. Lasciai lo zaino per terra e sperai che la conversazione durasse poco, anche perché Eren mi stava aspettando all’uscita. 

“Allora, Levi, hai pensato a cosa fare?”, mi chiese l’uomo, portando entrambe le mani sulla sua bella scrivania. Anche di questo avevo parlato con Mikasa e lei era stata subito convinta di non farmi perdere l’anno. 

“Vorrei recuperare”, dissi piano. Erwin annuì e increspò le labbra in un lieve sorriso. 

“È la cosa giusta, manca ancora metà anno e sono sicuro che puoi farcela. Sei indietro in molte materie ma data la situazione posso aiutarti.” 

“Non sono stupido, posso anche non avere le facilitazioni”, borbottai, non riuscendo a non innervosirmi. 

“Non credo tu lo sia, era solo un piccolo aiuto”, disse Erwin, alzando un sopracciglio. 

Scossi la testa, “mi impegnerò per recuperare da solo, non si preoccupi.” 

Il professore mi guardò come se non fosse del tutto convinto ma alla fine annuì. In ogni caso avrei insistito fino a convincerlo. 

“Bene, buona giornata”, dissi velocemente e mi alzai, prendendo il mio zaino. Erwin mi salutò e io uscii dall’ufficio per poi andare verso le porte della scuola. Non era rimasto quasi più nessuno. 

Trovai Eren davanti alla sua auto, ormai mi ero abituato a vederlo così, poggiato sulla sua vettura mentre mi aspettava. Mi morsi il labbro per non sorridere e mi avvicinai, mettendomi davanti a lui. 

“È andata bene?”, mi chiese, guardandomi con i suoi grandi occhi verdi. Mi sentii stranamente molto meglio. 

“Accettabile ma ora devo studiare come un cazzo di matto”, borbottai. 

“Ti aiuto io!”

Assottigliai lo sguardo e cercai di non ridere, “sei scarso.”

“Allora mi sa che non ci vedremo per un po’ dato che hai intenzione di studiare tutto da solo”, brontolò, fingendosi offeso. Alzai gli occhi al cielo e gli diedi una gomitata prima di salire nell’auto. L’idea di non vederci non mi piaceva ma non volevo dirglielo. 

Eren mise in moto e guidò verso il nostro quartiere. Durante il tragitto mi venne in mente un fatto che riguardava Isabelle.

‘’Ricordi quando sono tornato a casa? C’era anche l’assistente sociale che si occupa di me’’, raccontai ad Eren annuì.

‘’La conosci o ci hai mai parlato?’’

Il mio amico aggrottò la fronte per pochi istanti ma poi la distese come se avesse appena avuto un’illuminazione. 

‘’Ah si!’’, esclamò, ‘’qualche giorno dopo il pugno mi ha chiesto se fossi tuo amico. Ha detto di avermi già visto e che non volevi andare in terapia. Mi è sembrato esagerato dirlo a me.’’

‘’Deve averti visto in una foto in camera mia’’, borbottai un po’ in imbarazzo per la rivelazione. Guardai verso Eren e notai il suo sorrisetto soddisfatto. 

“E credo l’abbia fatto apposta a darti certe informazioni, quella donna è piuttosto furba”, continuai, osservando la strada fuori dal finestrino. 

Arrivammo nella nostra via e scesi dall’auto dopo che Eren spense il motore. 

“Ci vediamo domani, devo studiare”, brontolai mentre camminavo verso casa mia. Il mio amico mi toccò un braccio per fermarmi, “però domani studiamo assieme”, propose con un sorriso speranzoso a cui non seppi dire no. Annuii velocemente e mi avviai verso casa. 

Los Angeles- 8 gennaio 2020

C'era  un vento freddo mentre uscivo nel cortile della scuola per stare un po’ da solo. Sollevai il cappuccio della felpa sulla mia testa e mi sedetti su una panchina, godendomi il silenzio, al contrario della mensa. Avevo mangiato qualcosa di veloce con Eren e Armin prima di uscire nel cortile poco popolato per via del brutto tempo. 

Pochi istanti dopo sentii qualcuno prendere posto al mio fianco così sollevai lo sguardo incontrando quello di Petra. Era da tanto che non ci parlavamo dopo aver avuto un anno di relazione. 

“Hey”, mormorai, non trovando nulla di male nel parlarne. E poi si meritava anche delle scuse. 

“Ciao”, mi rispose con la sua voce dolce che tante volte aveva cercato di consolarmi. 

Abbassai lo sguardo sulle mie mani, non sapendo come dire che mi dispiaceva. Mi sentivo un idiota. 

“Mi dispiace”, dissi dopo secondi di silenzio in cui eravamo entrambi in imbarazzo. Guardai Petra per capire la sua reazione ma lei mi sorrise con tenerezza, facendomi sentire ancora di più colpevole. 

“Lui ti piace, vero?” 

Aggrottai la fronte e subito pensai a Eren. Avrei voluto rispondere no ma le dovevo la verità. E non riuscivo più a mentire nemmeno a me stesso. 

Annuii e mi morsi il labbro inferiore. Averlo ammesso a qualcun altro era spaventoso. 

“Si vede, sai? Da come lo cerchi con lo sguardo o gli sorridi. Con me non avevi certe reazioni”, disse con una punta di tristezza. Il suo sguardo si oscurò per un po’ ma poi riprese a sorridermi come se non fosse successo nulla. 

“Lo sapevo che non sarebbe durata, ero l’unica che cercava di portare avanti questa relazione. Non volevo ammetterlo a me stessa”, riprese senza lasciarmi tempo di ribattere, “pensavo che con il sesso mi avresti permesso di starti vicino. Avresti potuto usarmi e invece mi hai mandato via.” 

“Non potevo usarti, Petra”, risposi velocemente. Un’idea del genere non l’avevo mai avuta. 

“Lo so, non sei cattivo. Però mi ha ferito comunque, mi sono sentita inutile. Poi ho capito di essere stata io a far tutto, a forzarti in una relazione. È stata la cosa giusta lasciarci”, disse annuendo. Mi passai la lingua fra le labbra perché non potevo dirle nulla per consolarla. Aveva ragione sul fatto che non ci tenessi quanto lei. 

“Non volevo ferirti”, dissi a bassa voce e lei poggiò una mano su un mio braccio, sorridendomi con ancora più calore nonostante i suoi occhi lucidi. 

“Lo so, lo so. Io ti conosco, so che tendi ad allontanarti nelle brutte situazioni e durante queste settimane ho accettato l’idea di non poter più essere la tua ragazza.” 

Sospirai e annuii, sforzandomi di sorridere. Rimanemmo in silenzio e lei tolse la sua mano dal mio braccio. 

“Eren lo sa?” 

“No”, dissi dopo alcuni istanti. L’idea di dirglielo era altamente spaventosa. Rischiavo di rovinare tutto una seconda volta, forse era meglio lasciare le cose così come stavano. 

“Dovresti dirglielo, sento che succederà qualcosa di bello”, mi rispose Petra prima di alzarsi e sistemarsi la gonna scozzese che stava indossando. 

“Io vado, ci vediamo”, disse con un sorriso e poi mi voltò le spalle per rientrare nell’edificio. La guardai e giurai di aver sentito un piccolo singhiozzo da parte sua. 
 

**********


Eren era steso sul suo letto, tenendo un libro in mano che stava leggendo. Io lo osservavo dal divano, cercando di concentrarmi inutilmente sui compiti di matematica. 

Dopo il discorso con Petra non riuscivo a non pensare a Eren e a nuove situazioni che avremmo potuto vivere assieme. Sollevai nuovamente lo sguardo dal mio libro per guardare il ragazzo davanti a me. 

La maglietta che indossava era leggermente sollevata, lasciando libero un lembo di pelle del suo addome. Mi piaceva il colore dorato del suo corpo cosi diverso dal mio e sentivo il desiderio di toccarlo, di passare le dita su i suoi fianchi per scoprire se erano davvero lisci e caldi come immaginavo. 

Non avevo mai fatto sesso e con Petra ci eravamo limitati a baci e strusciatine ogni tanto, quindi le mie esperienze sessuali erano molto poche. Non avevo neanche mai desiderato di farlo a tutti i costi e l’idea di farmi toccare da sconosciuti mi schifava. In più, non avevo mai pensato realmente alla mia sessualità. Mi ero convinto di essere etero quando ero uscito con Petra per la prima volta, cancellando i sentimenti che avevo provato per Eren.  Mi ero detto che era perché eravamo molto amici e avevo confuso il nostro rapporto. Poi si era dichiarato e ne ero rimasto terrorizzato. Lui non sapeva cosa provavo, quanta paura avessi di avere la mia prima relazione. 

E invece ora desideravo averlo, baciarlo, stargli vicino come più di un amico. La vita era molto divertente. 

“Non sei molto concentrato”, mi rimproverò il protagonista dei miei pensieri, facendomi sussultare leggermente. 

“Sono un po’ stanco”, mentii, guardando il suo bel viso mentre si alzava dal letto. Si sedette al mio fianco e il mio cuore iniziò a battere senza controllo. Avrei voluto urlare di frustrazione poiché non riuscivo a controllare tutte queste reazioni sdolcinate. Non sembravo nemmeno io. 

“Giornata no?”, mi chiese con dolcezza. Usava questo tono solo con me. 

Annuii anche se il motivo non era quello che immaginava. Un suo braccio avvolse le mie spalle e il mio respirò si incastrò fra le mie labbra. Desideravo un contatto del genere e allo stesso tempo ne avevo paura. 

Presi un respiro profondo e chiusi gli occhi, poggiando la testa su una spalla di Eren. Dopotutto lo conoscevo da una vita e teneva a me, non aveva senso avere paura o imbarazzarsi con lui. 

“Mh, matematica”, disse Eren dopo qualche secondo di calma apparente dato che il mio cuore non la smetteva di far chiasso. Aprii gli occhi e guardai la sua mano libera che teneva il mio libro. 

“E pensare che ero bravo”, borbottai, guardando gli esercizi davanti ai miei occhi. Eren tolse il braccio dalle mie spalle e ne sentii la mancanza quasi subito. Stavo diventando patetico, neanche mi piaceva il contatto fisico. 

“Dai, li facciamo assieme.” 

Prese il suo quaderno e ci spostammo sulla scrivania per scrivere meglio. Se studiare con lui era l’unico modo per passare più tempo assieme allora lo avrei accettato e mi sarei impegnato per non sprecare neanche un secondo. 

Abbassai lo sguardo sul mio quaderno e iniziai a svolgere gli esercizi, interrompendo lo studio ogni tanto per colpa delle cazzate che Eren sparava. Era l’unico in grado di farmi ridere con stupidaggini. 

Verso le otto chiudemmo i libri una volta per tutte e mi alzai dalla sedia che era diventata notevolmente scomoda in tutte quelle ore. Mi lasciai cadere sul divano e mi passai le mani sul viso, sentendomi esausto. Però ero anche felice di aver migliorato le mie conoscenze in matematica e storia. 

“Mangiamo qualcosa? Sono da solo a cena”, mi disse Eren, rimanendo in piedi davanti a me. Lo guardai dalla mia posizione e annuii, non volendo andarmene. In realtà avrei voluto afferrargli la maglietta e attirarlo su di me ma non era una buona opzione. 

Mi alzai controvoglia e scendemmo le scale assieme per raggiungere la cucina sempre ben in ordine. A Carla piaceva mantenere tutto pulito ed era un aspetto che adoravo in quella donna, oltre al fatto di saper cucinare molto bene. 

Eren sbirciò nel freezer e tirò fuori una pizza surgelata che iniziò a spacchettare. “Non guardarmi così, non so cucinare e non ho neanche voglia”, borbottò quando portai lo sguardo sulla pietanza che non era delle migliori. 

Alzai le spalle e mi sedetti sul bancone della cucina, potendo guardare meglio Eren dalla mia nuova posizione. Mi piaceva la sua espressione concentrata mentre cercava di capire come accendere il forno. Era davvero imbranato però molto volenteroso. 

Infilò la pizza nel forno e poi si mise davanti a me, quasi fra le mie gambe socchiuse e la cosa, inutile dirlo, creò nuove sensazioni nel mio corpo. 

“Cerchi di essere più alto?”, mi prese in giro, poggiando le mani ai lati delle mie cosce, così vicine ad esse. 

“Non provocarmi”, lo rimproverai e notai un leggero cambiamento nel suo sorriso. Sembrava quasi che volesse stuzzicarmi in altri modi. Deglutii quando si mise fra le mie gambe che io aprii inconsapevolmente. Fottuto corpo traditore. 

“Perché no?”, sussurrò, mantenendo quel ghigno sexy sul suo viso, facendo smuovere il mio basso ventre. Mi passai la lingua fra le labbra nervosamente e lui portò il suo sguardo proprio in quel punto. I suoi occhi si accesero come ogni lembo della mia pelle e iniziai a sentirmi accaldato e davvero sensibile. Volevo, anzi bramavo il tocco delle sue mani sulle mie gambe. Invece le teneva lontano da me e mi sembrava di impazzire. 

“Eren”, mormorai nonostante sembrasse più un gemito ciò che mi era uscito dalla bocca. O forse una sorta di preghiera per spingerlo a farmi qualsiasi cosa lui volesse. Aprii di più le gambe attorno a lui, sentendo del fastidio in prossimità del cavallo dei miei pantaloni. Avrei voluto inarcare la schiena e spingermi contro il suo corpo, fargli capire cosa diavolo stessi provando. 

“Devi dirmi qualcosa?”, la sua voce uscì seducente dalle sue labbra, sembrava una dolce carezza che prometteva tantissime cose. Mi morsi la lingua per impedirmi di cedere a tutte queste sensazioni. 

“Non lo so...”, ammisi, guardando le sue braccia scoperte, i suoi capelli arruffati per averci passato troppe volte la mano, i suoi occhi lucidi e le sue labbra così invitanti. Non mi ero mai sentito così, non avevo mai provato certi desideri, nemmeno quando Petra mi provocava. Sentivo il tessuto dei miei boxer tendersi attorno alla mia pelle e in quel momento scesi dal bancone, finendo praticamente contro il corpo di Eren. La sua pelle era bollente contro la mia e la differenza di altezza non era mai stata così piacevole e allo stesso tempo fastidiosa. 

“D-devo andare in bagno”, borbottai pieno di imbarazzo. Eren annuì e si scostò per farmi passare. Scappai nella piccola stanza lì vicino e mi chiusi dentro, appoggiandomi poi al muro fresco. Un toccasana per la mia pelle. 

Portai una mano in basso, fra le mie gambe, e mi accorsi di essere eccitato. Non totalmente ma quasi. Un gemito frustrato scappò dalle mie labbra mentre infilavo le dita sotto al tessuto. 

Stavo facendo qualcosa di stupido e sbagliato, considerando la presenza di Eren dall’altra parte, ma ricacciai indietro il pensiero per immaginare il mio amico in ginocchio davanti a me, con i suoi occhi colmi di lussuria e le sue labbra gonfie e rosse sulla mia pelle. Il pensiero bastò a farmi raggiungere l’orgasmo. 

 

   
 
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