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Autore: Ste_exLagu    21/08/2019    1 recensioni
Aggiunto prologo
Hanamichi si trasferisce negli Stati Uniti e viene ispirato da un Telefilm, e comincia a scrivere a dei futuri figli. Comincia con la prima lettera in cui comincia a dare qualche notizia del suo primo anno allo Shohoku, e accenna all'incontro con Kaede.
Fa parte della serie Tutta la vita in un secondo. Nella linea Temporale si posiziona dopo "un secondo" e dunk"
Genere: Introspettivo, Slice of life | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi, Crack Pairing | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa, Nobunaga Kiyota
Note: OOC | Avvertimenti: Tematiche delicate
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- Questa storia fa parte della serie 'Tutta la vita in un Secondo'
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Busta 2

2Ottobre

Cari J&J,

mi devo scusare, ho iniziato la mia prima lettera quando con Nobu abbiamo deciso di sposarci e poi di adottare, quindi non sapevo chi avremmo conosciuto.
Torniamo a Kanagawa, era ancora il primo anno di scuola, io odiavo Kaede e non sapevo giocare a basket ma ero convinto di essere il genio. Ho sfidato il capitano del club di basket in una surreale partita, mica sapevo che bisognava palleggiare, e cose simili, è finita con me che smutando Akagi, il fratello maggiore della mia coppia. Ricapitolando, in solo poche ore la mia vita è cambiata da quella di un teppistello a quella di un atleta, mi ero innamorato, e avevo trovato la mia nemesi, o almeno così pensavo. La vita scorreva tranquilla io cominciavo ad ambientarmi al club, e sono riuscito a farmi ammettere pulendo tutta la palestra, tutti i palloni, e tutto quanto. La squadra non era completa, dopo un po’ è tornato in squadra il play che era stato lontano dai campi per un po’ per una rissa. Ancora non conoscevo Hisashi, lui ancora non faceva parte della squadra. Si è presentato con un po’ della gentaglia che frequentava in quel periodo e ci siamo scazzottati per bene in palestra, e per fortuna vostro zio Yohei e gli altri tre pazzi ci hanno salvato dalla chiusura del club, a cui dopo aver rivisto il nostro allenatore anche Mitsui ha chiesto di essere riammesso. Abbiamo scoperto che si era infortunato durante il primo anno al ginocchio e ha provato a giocare prima di guarire per bene e quindi non ce l’aveva fatta e quindi era diventato un teppista dai capelli lunghi, ha ripreso ad allenarsi con noi e la squadra è diventata unita, e lavoravamo bene insieme. Io continuavo a farmi espellere per cinque falli, perché quei simpaticoni dei miei compagni non mi avevano spiegato bene le regole. Ridete pure, ma non avevo idea di che gioco fosse il basket prima di sfidare Akagi. In tutto questo in squadra c’era Kaede Rukawa l’asso, la super matricola, il rookie numero uno, e tra una rissa e l’altra ci siamo ritrovati al campionato nazionale in cui abbiamo fatto una buona impressione, e una bella figura, abbiamo vinto contro una delle teste di serie, e mi sono infortunato alla schiena, e abbiamo perso la partita successiva, ma durante quella partita è successo il miracolo, io e lui ci siamo passati la palla, non era mai successo fino a quel momento. Ma io lo odiavo comunque, perché lui era l’amore della ragazza che mi piaceva. Sono andato in un centro di riabilitazione vicino al ritiro della nazionale juniores di basket e lui veniva a correre sulla spiaggia dove io leggevo le lettere di quella ragazza, ma che non mi facevano più emozionare come avrei immaginato. La solitudine di quel posto mi ha portato a farmi molte domande, su me, su cosa mi piacesse. Ho passato tutto il mio tempo libero sulla spiaggia, e ogni giorno alla solita ora c’era Rukawa che correva, con indosso la maglia della nazionale. Non mi diceva niente passava e mi mostrava quella che era diventata una fissazione per me, dovevo batterlo e dovevo entrare in nazionale. Ero su quella spiaggia e il resto del tempo, dopo aver risposto ad Haruko lo passavo a pensare. Da quando ero arrivato al centro fisioterapico facevo sogni strani, sogni in cui non baciavo Haruko, come mi era successo fino a quel momento, ma sogni in cui baciavo un maschio non definito, e mi svegliavo eccitato, e questo mi lasciava sconvolto ogni volta. Ho cominciato ad immaginarmi, da sveglio, la mia vita con Haruko, e fin quando si trattava di cose normali, come la casa, le uscite, non avevo nessuna brutta sensazione ma appena arrivavo a sfiorare la sfera sentimentale, ma anche solo i baci sentivo qualcosa di simile all’acidità di stomaco. Sentivo che c’era qualcosa che non funzionava, proprio adesso che lei si stava avvicinando a me in quel senso. Ero sempre più confuso e nervoso. Una delle ultime mattine lui è passato alla solita ora correndo, e si è fermato qualche secondo in più e mi ha fatto un cenno in più, non ho capito lì per lì perché avesse questo comportamento strano. Il giorno dopo non è passato, ed ho capito che mi stava salutando, nel nostro modo contorto. La notte in cui mi sono accorto che avrei dovuto affrontare i giorni successivi senza la fastidiosa presenza del volpino i miei sogni hanno virato su di lui, sul suo corpo scolpito dal basket, non scandalizzatevi, come succede anche a voi con la squadra, ci siamo visti un sacco di volte nudi per gli spogliatoi, e nella mia mentre ho visto il suo corpo, quella pelle candida, quegli occhi color del mare farsi quasi torbidi, le sue labbra socchiuse, e l’ho sognato lascivo e sensuale, e mi sono svegliato di colpo, eccitato come non mi capitava da un po’. La mattina successiva è iniziata con una dolorosa doccia che ha fatto calmare i miei bollenti spiriti, e che ha fatto aumentare a dismisura le mie insicurezze.

Tornato a scuola mi sono dichiarato nuovamente ad Haruko, e lei è diventata la mia ragazza, ora è un’amica, non di quelle che vedresti tutti i giorni, ma c’è rispetto, ci siamo illusi entrambi di aver trovato la persona giusta. Le prime uscite sono state divertenti, siamo andati al luna park, al cinema, a passeggiare, e fino a quando eravamo fuori, in pubblico tutto funzionava benissimo. In Giappone non siamo abituati alle effusioni in pubblico, nemmeno a prendersi così tanto per mano, e quindi nessuno di noi due si è reso conto della totale mancanza di contatto fisico. La persona con cui avevo contatti fisici in pubblico tutti i giorni era Kaede, ero tornato in squadra ancora più arrabbiato con lui che continuava a disturbarmi nel sonno, con la sua voce calda e che abbiamo sentito così raramente, con il suo corpo di porcellana, e quegli occhi tempestosi, blu come il mare che mi hanno sempre fatto tremare. Abbiamo passato buona parte della seconda in questo strano equilibrio, abbiamo partecipato ad un campionato invernale e ad un altro campionato estivo in cui abbiamo fatto bella figura senza però riuscire a vincere, siamo arrivati terzi e secondi rispettivamente. Lei una sera mi ha invitato a cena a casa sua, erano ormai mesi che uscivamo, e ci stavamo avvicinando al campionato invernale, la squadra aveva cambiato assetto con i più grandi che hanno lasciato per dedicarsi agli esami di ammissione all’università, e ho accettato, eravamo soli, i suoi erano a visitare Takenori nel suo campus dall’altra parte del Giappone, abbiamo mangiato e scherzato, siamo finiti sul divano a farci le coccole, e quando lei ha cercato un contatto più sensuale io non ho reagito, ho reagito con quasi tutto il corpo, ma non mi eccitavo, era come non presente. Abbiamo pensato ad ansia da prestazione, e lei è diventata sempre più insistente, anche perché si sentiva insicura della sua bellezza a quel punto, ma niente non funzionava in presenza di lei.
Nel frattempo io continuavo a fare sogni erotici in cui c’erano ragazzi e uomini, e molto spesso c’era Rukawa, e più lo sognavo e più mi incazzavo, più mi incazzavo più vedevo ogni suo comportamento come provocatorio, e finivamo in rissa.

Ho passato tutti e tre gli anni del liceo a fare i fondamentali a fine allenamento, sono diventati un’abitudine, spesso Haruko si fermava con me, fino a quando non ci siamo lasciati perché non ero in grado di darle quello che voleva, non siamo andati mai oltre a qualche bacio abbastanza umido e poco soddisfacente. Una sera i miei amici se ne sono andati prima che io finissi e siamo rimasti in palestra solo io e il volpino, lui mi si è avvicinato per parlare e io l’ho respinto, non sapevo nemmeno più perché lo odiassi, ma l’ho trattato come se fosse un rifiuto, e lui deve avermi creduto sul serio perché il primo settembre di quell’anno si è tolto la vita sparandosi nello spogliatoio del club di basket. Non capivo nulla, hanno sospeso il club per un mese, e quando sono tornato ho trovato una sua lettera in cui spiegava perché si è sparato, almeno in parte. Dopo ho scoperto che aveva lasciato a casa sua un pacco a mio nome che mi è stato mandato da sua mamma, una tipa veramente gelida, in confronto lui era uno a cui piaceva il contatto umano, e mi è stato portato a casa e mi ha detto di non dirle niente che non gliene sarebbe fregato nulla. A quel punto ho letto il suoi diario e mi sono reso conto che molti dei sentimenti, della confusione che ho provato, il dolore per aver perso il padre ci accomunavano, in realtà avevamo più cose in comune rispetto a quelle che non avevamo in comune. Mi ritrovavo nuovamente arrabbiato a sedici anni e ho cominciato ad andare al parchetto centrale per giocare a basket, giocavamo a street tre contro tre, nel mese di chiusura ci passavo tutto il pomeriggio, mentre quando abbiamo ripreso a fare sul serio andavo dopo gli allenamenti fino a quando anche l’ultima squadra se ne andava.



Baci piccoli miei.

  
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