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Autore: Crateide    21/08/2019    0 recensioni
| Hogwarts!AU | Sheith |
"Quella fu la prima volta che Shiro gli avesse mai parlato e Keith si convinse che sarebbe stata anche l’ultima, finché non se lo ritrovò davanti la porta dell’aula di Pozioni, con le spalle larghe poggiate contro il muro e lo sguardo lontano. Appena uscì, Shiro si volse a guardarlo e gli sorrise.
«Ti va di passeggiare un po’? Vorrei parlarti.»
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Kogane Keith, Takashi Shirogane
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Prompt: Ci aveva parlato la prima volta all'inizio del terzo anno, e per Keith sembrava già un miracolo. Diventare suo amico? Non pensava sarebbe stato mai possibile. Qualcosa di più, quello era solo un suo desiderio.

Pagina facebook: we are out for prompt.

Numero parole: 1237.

 

 

 

 

«Però... te la cavi bene a cavallo di una scopa. Sei molto bravo.»

Keith aveva deglutito l’imbarazzo, sforzandosi di mantenere un’espressione impassibile e, soprattutto, di non ricambiare il sorriso a trentadue denti che Shiro gli stava rivolgendo.

«Grazie», si era limitato a rispondere, nella speranza che i suoi compagni Serpeverde non lo sentissero. In fondo, Shiro restava pur sempre un Grifondoro.

«Ti sei allenato molto?»

Keith strinse con forza la scopa nella mano, fino a sentirne il legno scricchiolare.

«A dire il vero no. La mia è una dote innata», aveva detto, nel disperato tentativo di non arrossire.

In verità, era una bugia. Keith aveva passato gli ultimi tre anni ad allenarsi, con costanza e resistenza, senza mai abbattersi ogni qualvolta che la scopa nemmeno voleva saperne di sollevarsi da terra.

Aveva iniziato durante il primo anno a Hogwarts, di nascosto da tutti, ogni sera, anche sotto la neve e la pioggia. Non lo aveva confidato a nessuno e, in quel momento, non seppe spiegarsene il motivo, provò vergogna per non averlo detto a Shiro, che ormai frequentava l’ultimo anno e aveva sempre ammirato chi si impegnava, chi dava il meglio di sé. Keith lo aveva sentito spesso dire ai ragazzini più piccoli: «anche se l’incantesimo non vi riesce al primo colpo, non arrendetevi.» E lui... beh, aveva fatto tesoro di quel consiglio.

Quella fu la prima volta che Shiro gli avesse mai parlato e Keith si convinse che sarebbe stata anche l’ultima, finché non se lo ritrovò davanti la porta dell’aula di Pozioni, con le spalle larghe poggiate contro il muro e lo sguardo lontano. Appena uscì, Shiro si volse a guardarlo e gli sorrise.

«Ti va di passeggiare un po’? Vorrei parlarti.»

Keith annuì, sentendo una gocciolina di sudore corrergli lungo la tempia. Camminarono senza dire nulla per tutto il corridoio e per le scale, fino al parco, dove finalmente Shiro prese la parola.

«Sai, non me la sono bevuta», gli disse, guardandolo con un sorriso appena accennato, che rendeva il suo viso dalla mascella forte ancora più conturbante.

«Cosa?» sussurrò Keith. All’improvviso si ritrovò con la gola secca.

«Beh, non credo che la tua sia una dote innata. Secondo me, ti sei allenato», rispose Shiro, «ti ho osservato durante la partita contro Tassorosso e ho notato come le tue mosse assomiglino molto a quelle dei più famosi giocatori di Quiddich del passato. Le hai solo modificate un po’, con ottimi risultati direi. La squadra di Serpeverde, grazie a te, vincerà di certo la Coppa.»

Keith era rimasto a guardarlo a bocca aperta. Come accidenti aveva fatto a capirlo? Avrebbe voluto ribattere, ma rimase a osservare il proprio viso allungato riflesso negli occhi scuri e sinceri di Shiro.

«Keith, mi piacerebbe molto guardarti mentre ti alleni.»

Keith sussultò.

«Puoi vedermi mentre gioco con i miei compagni», rispose, pentendosene subito. Non voleva essere scortese, non con lui.

Shiro si concesse una risata.

«Perdonami, non mi sono spiegato bene: voglio guardati mentre ti alleni con me», specificò.

Keith distolse il viso appena in tempo, prima che una vampata di calore lo invadesse. Bofonchiò qualcosa di incomprensibile, preda dell’imbarazzo. Cosa avrebbero detto i suoi compagni Serpeverde se lo avessero visto simpatizzare con Shiro? Di certo, non l’avrebbero presa bene. Eppure...

Oh, al diavolo!

«Va bene, ma a una condizione», rispose infine.

«Quale?»

«Nessuno deve saperlo.»

Shiro gli sorrise e, scompigliandogli i capelli, annuì.

«Allora ti aspetto questa sera dopo cena, va bene?»

Keith lo guardò in viso. Gli stava sorridendo.

«Va bene», borbottò e si allontanò da lui, con il volto in fiamme.

Quell’appuntamento divenne una costante nelle settimane successive. Keith non riusciva a capire come mai Shiro, che aveva dimostrato da subito un’abilità nel volo e nel Quiddich straordinaria, non fosse nella squadra della sua Casa. Nel giro di mezz’ora non solo aveva segnato diverse volte, ma aveva anche trovato il boccino d’oro, senza che mostrasse la minima fatica. Keith, invece, era un bagno di sudore nonostante l’aria fosse fredda.

«Le tue mosse mi sono del tutto estranee», gli disse, una volta a terra, con il fiato corto.

«Le ho, diciamo, “inventate” io», confessò Shiro e gli sorrise.

«Perché non sei nella squadra di Grifondoro?»

«Ci ho giocato, ma ho lasciato l’anno in cui sei arrivato tu.»

Keith sbatté le palpebre, perplesso.

«Perché hai rinunciato? Con un giocatore come te non c’è partita», gli disse.

Shiro rise.

«Ti ringrazio per il complimento, ma ho lasciato per concentrarmi sugli studi. Il mio sogno è di diventare Auror», rispose e guardò la cupola di stelle sopra di loro.

Rimasero in silenzio, ognuno perso nei propri pensieri.

«Credo sia arrivato il momento di ritornare al castello», sussurrò Shiro.

«Sì», convenne Keith, che sentiva il sonno gravargli sugli occhi.

Rientrarono insieme, senza che nessuno parlasse, per poi separarsi davanti al portone.

Fu in una notte simile a quella, dove uno spicchio di luna brillava alto, che Shiro gli fece una domanda che lo spiazzò.

«Tu cosa desideri fare dopo Hogwarts?»

Keith lo chiese a se stesso, ma non trovò alcuna risposta. Rimase a osservarlo confuso, muovendo le labbra senza che alcun suono ne venisse fuori.

Shiro rise e, come era solito fare, gli scompigliò i capelli scuri.

«Sei solo al terzo anno, è presto per poter decidere. Però, lascia che te lo dica, secondo me hai la stoffa per fare qualsiasi cosa tu voglia», gli disse.

Keith arrossì e sentì le farfalle nello stomaco.

«Tu credi?» chiese.

«Ti ho osservato tanto, sai? Non so come te la cavi con le materie, non essendo nella stessa Casa, ma in te ho visto un’infinita forza di volontà, che secondo me ti condurrà lontano.»

«Non so se anch’io vorrò diventare Auror. Forse opterò per una carriera in banca», sussurrò, abbassando lo sguardo.

Shiro incrociò le braccia sul petto e scosse la testa.

«La decisione è tua, ma secondo me la Gringott non fa per te e non perché tu non sia capace.»

Keith lo guardò negli occhi.

«E allora perché?» gli chiese, ma Shiro gli sorrise e non rispose.

Alla fine, divennero amici quasi inseparabili. Ogni volta che avevano del tempo libero, lo passavano insieme e Keith divenne molto più loquace e allegro, tanto che chiedeva costantemente consiglio a Shiro per svolgere al meglio i compiti che gli venivano assegnati.

Eppure, quell’amicizia che si protrasse fino alla fine dell’anno, a Keith non bastava. Un giorno, quasi per caso, si ritrovò a pensare che sarebbe stato bello se fosse diventata qualcosa di più, in futuro. Shiro non era solo un esempio da seguire, per lui, non era un semplice amico. Era il suo primo amore. Fu per questo che, il giorno stesso della fine della scuola, gli chiese di incontrarsi in un posto defilato del parco e, raccolto il proprio coraggio, gli si accostò e gli diede un leggero e inesperto bacio sulle labbra. Shiro non si mosse, ma quando Keith si staccò, gli scompigliò i capelli con un sorriso triste.

«Keith, io ti voglio bene, ma per me sei come un fratello. Niente di più», gli disse con dolcezza, provocandogli un moto di dolore e disperazione che non riuscì a nascondere. Ormai, lui per Shiro non aveva più segreti.

«Shiro, io ti...»

«Non dirlo», lo interruppe, «conserva quelle parole per chi le merita davvero. Io sarò sempre tuo amico, ma nient’altro.»

Shiro gli passò di nuovo una mano fra i capelli e senza aggiungere altro si allontanò, lasciandolo da solo con le proprie lacrime.

 

 

 

 

 

 

 

Angolino dell’autrice:

Ciao a tutti,

è la prima volta che scrivo in questo fandom e spero che come primissimo esperimento (è davvero la prima fanfiction che scrivo su Shiro e Keith) non lasci troppo a desiderare.

Ogni commento sarà sempre ben accetto!

 

Senza pretese,

Elly

 

 

 

 

   
 
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