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Autore: The_Divine_Fool    21/08/2019    0 recensioni
«Questo tizio mi ha salvato da una roccia gigante…» si vantò Obito, cingendo il Ninja Copiatore intorno al collo con il braccio. «In pratica è innamorato di me.»
Universo nel quale Obito non è "morto" e la broship definitiva ha avuto inizio.
Genere: Comico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kakashi Hatake, Obito Uchiha
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto, Naruto Shippuuden
Capitoli:
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mission days from radio fool on 8tracks Radio.

 

 

Fra tutti i luoghi nei quali Saburo avrebbe potuto incontrare Kakashi e Obito una seconda volta, fu sui mezzi pubblici. Nessun ninja con un minimo di autostima avrebbe mai sentito il bisogno di usare l’autobus a Konoha, ma era così conveniente che usarlo era diventata un'abitudine tanto per i civili quanto per gli shinobi.

I mezzi acquisivano attrattiva soprattutto se staccavi da dieci o dodici ore di lavoro senza sosta e la strada per tornare agli alloggi era piena di ubriaconi, acqua puzzolente che ti arrivava fino alle caviglie e vapore che usciva dai tombini.

La linea verde faceva sosta all'Accademia, alla biblioteca e al cancello occidentale, non troppo distante dagli alloggi degli studenti. Su quella linea, in qualsiasi altro momento della giornata, sarebbe stato difficile notare due ragazzi in borghese, ma alle 23:00 dell’ultimo giorno lavorativo della settimana, su quel bus deserto spiccavano solo i vistosi capelli di Kakashi e gli occhiali arancioni di Obito.

Saburo veniva da una giornata di lavoro bella tosta e non sarebbe riuscito a trascinarsi a piedi fino a casa. Aveva completato l’articolo a un minuto della fine del tempo disponibile e non era nemmeno sicuro di aver scritto cose di senso compiuto nell'ultima ora. Era certo che il giorno dopo il capo redattore gli sarebbe stato con il fiato sul collo per fargli sistemare gli errori di battitura. Non che ai lettori importasse molto di qualche refuso nella colonna dedicata al giardinaggio, ma Haruhi-san non avrebbe accettato un lavoro approssimativo, soprattutto considerando che Saburo era stato affidato a quella sezione perché ritenuta quella dove avrebbe potuto creare meno danni.

A parer di Saburo, l'articolo dedicato alla rete sanitaria di Konoha (più specificamente, al sistema di drenaggio che portava l'acqua dalla parte alta del villaggio fin giù al Green Lake e ai condomini) maritava di essere revisionato maggiormente rispetto a quello riguardante la fioritura dei cespugli nel parco.

«Ehi,» disse Saburo cercando di apparire calmo e rilassato. Fallì, strofinandosi nervosamente le mani sui pantaloni. «Vi va se vi faccio una foto per il giornale?»

Kakashi era seduto con una gamba piegata sul sedile. Si spostò lentamente, la schiena contro il finestrino e i suoi occhi scivolarono da Saburo al libro che aveva fra le mani. Aveva un’espressione rilassata, ma lo Sharingan attivo e gli conferiva un aspetto davvero incazzato. Gli occhi si spostarono ancora di lato, e poi di nuovo sulle pagine.

Saburo seguì il suo sguardo. «Oh, sta dormendo.»

La testa di Obito ciondolava appoggiata al vetro, gli occhiali alzati sulla fronte. Saburo notò un brutto graffio sulla guancia, sovrapposto alle vecchie cicatrici.

C'era un grosso zaino per terra tra i loro sedili, ricoperto da argilla rossa. Aveva sporcato anche il pavimento.

«Questa è la prima e l'ultima volta,» disse lento Hatake, «che lo vedrai addormentato.»

Saburo annuì, anche se probabilmente non sarebbe stato necessario.  


 

 

«Siete di ritorno da una missione?» chiese, prestando attenzione a moderare il tono della voce mentre si accomodava sul bordo più lontano del sedile lungo nel corridoio. C'erano solo altri tre o quattro passeggeri sul bus, tutti civili determinati a ignorarsi l'un l'altro.

I freni stridettero e il traffico intermittente li sballottò, ma Saburo ipotizzò di aver sentito una risposta affermativa.

«Una lunga? Sembrate a pezzi, ragazzi.»

Già solo il fatto che l'Uchiha stesse dormendo in un luogo pubblico ne era la dimostrazione. Pochi shinobi potevano permettersi di essere sorpresi in quello stato. Ma dal rossore della loro pelle, il rapido alzarsi e abbassarsi del petto dell'Uchiha, e dallo sporco sul pavimento, era chiaro che i ninja fossero di rientro da una spedizione fuori dalle mura e, almeno all'apparenza, da una lunga camminata.

Obito non sembrava solo a pezzi, era esausto. Era la stanchezza a tenergli chiusi gli occhi.

«Non svegliarlo,» lo avvisò Kakashi con un pacato mormorio. Girò pigramente una pagina.

Saburo sapeva che non sarebbe sceso vivo da quel bus se non avesse seguito quel consiglio.

«Pensi… pensi che sia pronto per tornare in missione? Intendo, non è passato molto da quando…»

«Chi se ne frega.» Kakashi voltò un'altra pagina e per un momento la sua espressione ricordò a Saburo quella di sua madre, severa e infastidita. «Se è quello che vuole lui.»

«Certamente,» concordò Saburo, con troppa convinzione. «Chi l'ha detto che riposo e riabilitazione devono andare a braccetto, dopo tutto?»

Kakashi abbassò lentamente il libro. «Seguro, giusto? Mi ricordo di te.»

Saburo aprì la bocca, ma la voce gli si smorzò e gli scese giù fino agli alluci.

«Ho letto uno dei tuoi pezzi sull'Hidden Leaf il mese scorso,» continuò il Jōnin con un tono strano, come se stesse per ricattarlo. «Quel pezzo sull'insonnia.»

«Oh?» Dio, Saburo stava iniziando a sudare. «Oh, sì. L'editore mi ha massacrato per quel pezzo, troppe linee irregolari.»

«Mi è piaciuto il modo nel quale hai paragonato la mente umana a un vascello e la memoria all'acqua.»

«G-grazie.»

«Ho sempre immaginato che i ricordi sarebbero blu,» continuò, «beh, se avessero un colore.»

«Uh...huh,» Saburo concordò esitante. Come al solito, la conversazione con il Ninja Copiatore stava uscendo dai binari.

«Mi piace anche la foto che hai messo, con la marea che ricopre la riva e quel lungo molo. Ma lascia che ti chieda una cosa: è attraverso l'esperienza che la mentre entra in contatto con la realtà, oppure avviene attraverso la coscienza? Potresti definire la realtà in modo oggettivo restando sulla sponda, o per farlo devi per forza salpare con il vascello?»

«Io, uh… cerca di non farti prendere troppo dalla, uh, metafora.» Saburo deglutì con difficoltà, sentendo improvvisamente il mal d'auto mentre la sua mente provava a trovare una risposta alla domanda. «Ci dovrei pensare su, credo.»

«Sì, dovresti.»

Saburo chiuse la bocca. Forse, quello era il modo del Ninja Copiatore per dirgli di smetterla di scrivere certe cose e dedicarsi alla colonna di giardinaggio.

Il bus si fermò. Alcuni passeggeri scesero. La biblioteca non era aperta a quell'ora della notte, ma era nel centro della città e vicina a un'area residenziale.

«Ho una storia per te,» disse Kakashi all'improvviso. «Per il tuo prossimo pezzo. Due anni fa, ero in solitaria perché i miei erano in congedo per malattia. Un giorno, il Mission Control mi affida cinque di primo pelo per una missione all'Inferno: una merda che chiamavano 'valutazione ecologica'.»

«Primo pelo?»

Kakashi si strofinò una mano sulla faccia. «Sì dai, shinobi freschi d'esame, di primo pelo, puledri, nuove reclute. Il comandante voleva che gli facessi fare pratica, far sporcare un po' le lame con qualche missione di grado S per aiutarli a entrare negli ANBU. Ma una valutazione ecologica? Psh… cazzo, amico, sapevo che quello sarebbe stata una merda fin dall'inizio.»

«Perché?»

Un sopracciglio grigio si sollevò velocemente e il Jōnin appoggiò il libro con delicatezza, come se fosse un sermone sull'eterna salvezza o, meglio, come se fosse una cucciolata di candidi cagnolini. Poi, lentamente disse: «Le missioni di grado S fingono di essere questioni estere innocue e scientifiche solo quando vogliono passare inosservate.»

«Capisco,» disse Saburo, chiedendosi se tirare fuori il quaderno degli appunti e la penna fosse un po' troppo sfacciato. «Quando dici “estero” intendi posti come la Nebbia?»

Lo sguardo del Ninja Copiatore non era cattivo, ma molto intenso. Saburo fu improvvisamente grato che tenesse sempre il suo spaventoso occhio rosso coperto e anche quel “bel neo”. Tutto insieme, sarebbe stato troppo.

«Un luogo molto, molto lontano, ragazzino.»

Ogni missione che riguardava gli ANBU era un mix di segretezza e depistaggi. Saburo lo aveva imparato quando sua madre era diventata un'ANBU. Si zittì.

«Era un lavoro segretissimo,» spiegò Kakashi. «Volevano che una dozzina di noi partisse e aggirasse il confine per entrare nel territorio nemico. Penso che il Mission Control ci avesse scelti perché tutti noi addestravamo cani.»

«Territorio nemico,» ripeté Saburo. «Nemico della Foglia?»

«Possiamo dire così. A quel tempo almeno, forse.» Era stata una risposta criptica. «Un nemico degli interessi dell'Hokage. Quelli che ci avevano ingaggiato avevano bisogno di qualcuno che sorvegliasse il perimetro durante la notte, ed erano disposti a pagare bene. Il fatto che stessimo interferendo nel conflitto di un paese straniero era... latte avanzato. Ecco: facciamo che era quello il nome del paese che stavano sorvegliando.»

Saburo sentì le sopracciglia avvicinarsi, come se si fosse perso qualcosa. Obito aveva ragione: era davvero un pessimo giornalista.

«Latte Avanzato,» ripeté Kakashi, dopo qualche secondo. Aveva gli occhi socchiusi. «È uno pseudonimo, ovviamente.»

«Oh.» Latte... Avanzato? Più Saburo scopriva riguardo le missioni segrete ANBU, più era confuso.

«La base, i bunker e le torri erano presidiate da guardie. Erano nervose, tutte quante. Molto armate e nervose, erano più o meno della nostra età, credo. Tredici, quattordici anni. Il furgone ci portò sul posto. Ogni ninja era assegnato a uno specifico tratto di territorio. Non avevamo niente se non le provviste strettamente indispensabili: coperte per la pioggia, razioni C, qualche razzo di segnalazione. Quando scoppiò la guerra tra le guardie e le forze locali, noi ci trovammo proprio nel mezzo. Trappole esplosive, vipere del bambù e un sacco di insetti che non gradivano la nostra presenza da quelle parti.» Kakashi fece una pausa. «Pensavo di conoscere già l'oscurità, prima di allora. Mi ricordo che la prima notte, quando il furgone che ci portò lì se ne andò, si portò via con sé tutta la luce del mondo. Niente luna, niente stelle, niente orizzonte. Lo Sharingan è una lente che non serve a nulla senza qualcosa da riflettere. Non riuscivo a vedere i miei cani a cinque metri di distanza, era tutto indistinto. Cosa ci faccio qui? Sono impazzito? Arriverò a domani mattina? Morirò qui? Questi pensieri mi riempivano la testa, sai, in quei momenti pensi a certe cose. Hai un sacco di tempo là fuori per pensare. Invece di perlustrare, stavo seduto, in ascolto. Noi pensiamo di sapere cosa sia il buio, ma non è così. La maggior parte delle persone non lo sa. Io pensavo fosse solo la mancanza di luce, ma lì scoprii fosse un’entità. Occupava lo spazio intorno a me, mi schiacciava, mi toccava. L'oscurità mi stava permettendo di attraversarla.»

Saburo alzò gli occhi per guardare fuori dal finestrino e vide tutto nero. Aveva sempre pensato che la periferia di Konoha fosse molto buia. Dopo un secondo, però, poté individuare la linea dell'orizzonte, una luce lontana e delle silhouette. Un lampione illuminò la strada e poi, quando svoltarono l'angolo verso il centro della città, comparve una serie di cartelloni pubblicitari.

Kakashi continuò come se stesse annunciando il traffico alla radio. «In quelle notti, ho dialogato con me stesso. Era così facile cadere nel panico, là fuori. L'oscurità infinita, gli attacchi dei nemici, i giaguari, i cobra, pipistrelli così grandi da sembrare uomini che si spostavano tra gli alberi. C'erano così tanti modi per morire. Tutto ciò iniziò a pesare sulla mia squadra. Percepivo che erano spaventati. Non sapevano se ce l'avrebbero fatta un'altra notte. A volte nemmeno io ne ero certo. E poi ho iniziato a perderli. Ma c’era qualcosa che non tornava.» Continuò a parlare pulendosi l'interno di una narice e gettando via il contenuto. «Un assassino normale non può far fuori un ANBU, anche se si tratta di uno di primo pelo. Non può succedere e basta, okay? Ma non riuscivamo proprio a capire come si coordinassero per attaccarci. Non c'erano trasmissioni radio, mai nemmeno un razzo, provammo a cambiare i turni delle nostre ronde, anche i percorsi, ma non funzionò nulla. Venivamo scelti e inghiottiti dall'oscurità, uno dopo l'altro. I nostri sensori percepivano i chakra solo quando ormai era troppo tardi.»

Il bus si fermò. Le porte si aprirono e nessuno scese. Saburo ebbe l'impressione che Obito si fosse scosso un po' dal sonno, ma gli occhi erano ancora chiusi.

«Dicono che gli dèi proteggono i bambini e gli scemi,» disse il Ninja Copiatore. «Io ero un capitano e quel titolo significava ogni cosa per me, quindi ero scemo, sì. E avevo quindici anni, quindi ero anche un bambino. Ma una notte mentre ero di guardia, seduto ad ascoltare, ho parlato con me stesso e ho sentito... ho sentito che la notte mi stava rispondendo.»

Prima che Saburo potesse formulare una domanda, Kakashi continuò. «Ogni notte si sentiva un suono nell'aria; sembrava una porta lugubre che si apriva cigolando. Solo che andava avanti in eterno, amico, fino a quando non ti dimenticavi persino che era lì. Quindici minuti di cree-e-eak su tutte le tonalità. Pensavo fossero gli insetti all'inizio, invece era il richiamo di una civetta. Un tipo di rapace della zona che usava i suoni per localizzare le prede nell'oscurità. I guerriglieri locali avevano addestrato quegli uccelli con specifici comandi intorno alla base. Ogni messaggio su due note era ripetuto in continuazione: la prima nota identificava una delle torri della base, e la seconda era la direzione dalla quale sarebbe provenuto l'attacco. Dopo ogni attacco, il codice cambiava e la civetta iniziava un nuovo richiamo. Contava le vittime. Quattro giù. Sette giù. Due giù.»

«Cos'hai fatto?» chiese Saburo, a fiato corto.

Kakashi si prese il suo tempo sollevando il libro, piegando un orecchio della pagina e richiudendolo. «Maa. Non ho capito come funzionasse quel codice fino a due settimane dal mio rientro.»

«Ma quindi…» Saburo provò a riorganizzare i pensieri. Se non lo aveva capito quando era là, che senso aveva decifrare quel codice in seguito? Ma più importante... «Come te la sei cavata?»

«L'ultima notte sono stato chiamato per aiutare le guardie fuori dalle mura. Ero con il mio cane. Gli chiesi di seguirmi, e lui non lo fece. Gli chiesi cosa avesse, e lui non si mosse. Gli diedi un calcio nel culo, ma lui rimase fermo. Non volevo attirare l'attenzione, ma per un momento ho attivato il mio chidori, solo per dare un'occhiata. Per terra c'era una spaccatura profonda otto metri, proprio di fronte a noi, dove prima non c'era nulla. Sul fondo sono riuscito a contare quattro cadaveri e un corpo immobile. Era viva, riuscivo a sentire il suo chakra. Sono andato da lei. Uno giù… il richiamo era tra gli alberi, ma non aveva nessun senso allora per me. Ho acceso un razzo e fermato l'emorragia, ma c'era qualcosa che non andava e quando si alzò il sole vidi che il sangue le aveva gonfiato così tanto l’addome da farla sembrare incinta. Nella luce trovai tutti i miei compagni e i cani sepolti nella polvere. Solo io e Akino lasciammo quel luogo. Poi, quelli che ci avevano ingaggiati lasciarono perdere e la missione finì.»

«Quindi...» Saburo aspettò qualcos'altro, ma non arrivò. «Che ne è stato di “Latte Avanzato”?»

Kakashi si scosse. «Non lo so. La storia finisce qui.»

«Ma come? Ma... e la cosa delle trappole e della spaccatura nel terreno? Come facevano a farla?»

«Tunnel sotto terra.» Le lunghe ciglia di Obito si scossero e russò leggermente. «Cosa vuoi, una morale?» Kakashi finse di pensare, poi sembrò illuminarsi. Picchiò il pugno nel palmo aperto della mano. «Le valutazioni ecologiche sono una merda.»

Obito russò di nuovo.

«Non so,» continuò il Ninja copiatore, e poi si fermò per sbadigliare. «A volte non penso a quella missione per interi mesi. Poi sento quel suono tipo una porta che cigola e mi sembra di essere ancora circondato dal buio. Forse sono ancora sepolto laggiù?»

«Meglio là ai tropici che al polo nord o in una foresta puzzolente,» mormorò Obito rimanendo appoggiato al finestrino. «Con le missioni di grado B non si fanno bei combattimenti, ti geli solo le chiappe e sei costretto a cagare in un buco per terra. Io voglio il mio letto.»

Il mormorare svanì quando Obito russò di nuovo e sembrò rilassarsi.

Kakashi gli sorrise, poi tornò inespressivo per guardare Saburo. «Scusa il mio amico, è agguerrito anche quando dorme.»

Se l'Uchiha stava fingendo di parlare nel sonno, Saburo aveva davvero sottovalutato la capacità di autocontrollo di quella testa calda.

Per un momento guardò Kakashi che osservava il suo compagno e si sentì un po' sollevato da quella terribile storia.

«Il fatto è che,» rifletté Kakashi. «Da shinobi, ti scontri con l'oscurità ovunque tu vada. La affronti ancora e ancora, e ogni singola volta ti porta al limite, fino a farti porre delle domande, a farti arrivare davvero vicino a perderti. Ma noi torniamo sempre e comunque a casa, perché ogni tanto qualcuno riesce a uscire da quel buio con noi. E poi, quando ci ripensi, odiando tutto quello che è successo e come sono andate le cose, puoi guardare la persona al tuo fianco e dire... sì cazzo. E quello è tutto ciò del quale hai bisogno.»

«Err…» Saburo batté le ciglia.

«Lo volevo uccidere,» continuò Kakashi senza guardarlo direttamente. «Seriamente, ero così incazzato in quel periodo... Lo ascoltavo respirare lì sdraiato in quel letto. Osava farmi pensare che non ce l'avrebbe fatta… Stupido. Fottuto. Idiota. Appena dodicenne; non potevo permettergli di morire così.» Saburo comprese che ora stava parlando dell'incidente al ponte Kannabi.

«Non poteva crepare per una roccia del cazzo. Non per me. Non eravamo nemmeno… non era…»

Questa volta Kakashi si fermò, troppo a lungo, respirando silenziosamente. Poi tornò neutrale. «Sembrava sbagliato lascialo lì con tutta quella roccia di merda che si sgretolava intorno a noi. Sapevo che usare il chidori ci avrebbe salvati o uccisi entrambi, ma avevo deciso che non me ne fotteva più un cazzo di essere un bravo shinobi se non ce l'avessimo fatta entrambi. Non mi piace far vedere alle persone che ho un punto debole grande come quella fottuta roccia, quando si tratta di lui.»

«Uhh,» Saburo provò a cercare le parole giuste per concordare. Non aveva mai sentito una ragione così agonistica per la quale salvare la vita a qualcuno.

«Là fuori, parlando con l'oscurità, non mi sono mai perso. Continuavo a pensare: a casa Obito è ancora in coma, e nessuno pensa che ne verrà mai fuori, nessuno pensa che guarirà. Come posso pretendere che lui combatta e vinca, se io non riesco a farcela contro Latte Avanzato? Capisci quello che voglio dire? Forse lo Sharingan non funzionava in quell'occasione, ma era comunque lì, a proteggere il mio punto debole, capisci? E c'è qualcosa di unico e molto potente in tutto questo: la sofferenza. Amico, hai afferrato?»

«Sì io, lo ho... afferrato. Intendo, ho capito.»

Hatake si appoggiò al finestrino. Aveva le gambe rilassate, ma era feroce come un predatore che caccia la sua preda.

«Pensi che sia pronto?» chiese di nuovo Saburo. «Per tornare là fuori?»

Kakashi si scosse. «Quei puledri erano pronti per Latte Avanzato? Non so, ragazzo. Non so se nessuno è mai davvero pronto. Comunque, qualche giorno in giro non può fargli altro che bene. Non abbiamo nemmeno fatto un vero e proprio combattimento, solo due giri attraverso la Foresta dei Brividi.»

«Voi due ragazzi siete andati e tornati nella Foresta dei Brividi in qualche giorno? Ma è…» era impossibile, a meno che non avessero mantenuto un passo da suicidio. «È da pazzi.»

Non poté fare a meno di dare un'altra occhiata al compagno addormentato. Respirava come se avesse corso su per una collina per tre giorni di fila.

Kakashi lo guardò con uno sguardo assassino. «Non rallento per lui.»

Beh, chiaramente, pensò Saburo, ma non disse nulla. L'atteggiamento dell'Hatake era sgradevole e agrodolce e sembrava inappropriato per la reputazione di uomo dal sangue freddo in grado di sventrarti con uno sguardo. Ma Saburo comprese che forse stava solo iniziando a vedere sotto a tutte quelle maschere che indossava per nascondersi.

«Comunque,» iniziò il Ninja Copiatore, girandosi per mettere i piedi a terra e infilare il libro in una tasca dello zaino. Era uno di quelli forniti dal Mission Control; generalmente erano riempiti con attrezzatura di base di sopravvivenza, kit di pronto soccorso e armamenti. Era sempre meglio averne uno a testa, ma era anche uno spreco di energie, quindi i team d'élite spesso spartivano il peso di un'unica borsa. «Mi sembra stia bene.»

Saburo tornò a concentrarsi sulla conversazione. Kakashi alzò la borsa sul sedile, senza prestare attenzione al suo interlocutore.

«Ha davvero un bell'aspetto,» disse di nuovo.

«Finalmente si è tolto quei guanti,» osservò Saburo.

«Huh? Oh.» Alzò gli occhi al cielo. «Già. Solo dopo essere quasi collassato sulla via del ritorno, quanto è scemo. Volevo gettarli giù per la fottuta cava. Non ha senso indossare quei cosi nel mezzo di un combattimento, ti levano le forze. Ma gli Uchiha, sai? Marmocchi presuntuosi. Inscenerebbe la sua morte e farebbe il mondo a pezzi pur di dimostrare qualcosa a qualcuno.»

Se l’Uchiha in questione stava facendo finta di dormire, stava davvero facendo un buon lavoro. Kakashi si tirò in piedi e alzò il collo della giacca.

Erano quasi arrivati al cancello occidentale. Era tardi per gli studenti, ma presto per la vita notturna di Konoha, e le luci intorno al perimetro del Green Lake Park brillavano luminose attraverso il finestrino.

In un movimento fluido Kakashi si curvò per svegliare il suo compagno. Saburo si era fatto un'idea su di loro fin dalla prima intervista informale, ma venne colto comunque alla sprovvista quando il Jōnin si chinò sulla spalla sinistra di Obito e, con l'occhio scoperto ancora fisso su Saburo che li stava guardando, chiuse le labbra sul punto più esterno della bocca dell'altro.

Era un modo molto delicato per svegliare qualcuno, e Obito non sembrò affatto dispiaciuto. Saburo abbassò velocemente lo sguardo e iniziò un attento studio del pavimento fra i suoi piedi. Sentì dei suoni di risposta di Obito, seguiti da un debole mormorio.

«Kakashi...»

Saburo sentì una lacrima sgorgargli dall'occhio; non aveva mai sentito un K suonare così dolcemente.

«Il tuo Sharingan è attivo...» lo accusò Obito, basso e rauco per il pisolino.

«Qualcuno deve pur guardarci le spalle.»

«Tsk,» disse l'Uchiha. «Sei paranoico.»

«C'è qui quel ragazzo del giornale,» lo informò Kakashi. «Ha fatto delle domande.»

«Chi?» Obito alzò lo sguardo, strofinandosi le nocche contro l'occhio. L'altro era coperto da una benda rosso sangue. «Oh, ehi, Sakiko.»

Saburo lo corresse.

«Oh,» mormorò Obito, girandosi di nuovo verso il suo compagno. «Quello che sembra una ragazzina.»

Hatake fece una risata che si interruppe subito. Si gettò di nuovo nel suo sedile e si guardò intorno. «Scusa il mio amico, è un coglione ignorante.»

Obito grugnì, congiunse le mani dietro il collo e si alzò rigido. Poi vacillò e iniziò una serie di stiramenti a scatti.

Solo per curiosità, Saburo cercò di scorgere il suo terribile occhio nero, ma lo shinobi aveva ancora le palpebre pesanti per il sonno o a causa dello scarso chakra rimastogli.

Dopo aver appreso della tremenda politica di Kakashi del “mai-rallentare”, Saburo poteva comprendere perché quel povero ragazzo si fosse appisolato sui mezzi pubblici.

Sembrava che Obito, da dopo il suo risveglio, non si fosse curato molto di fare acquisti. Indossava ancora i vestiti di tre anni prima. Forse semplicemente non sapeva scegliere la taglia giusta. Saburo avrebbe scommesso sulla seconda.

La conseguenza era il palesarsi occasionale di pelle scoperta, il che gli rimandò alla mente la precedente constatazione di Kakashi “ha proprio un bell'aspetto” conferendole un significato del tutto nuovo.

Nonostante fosse letteralmente tornato dal regno dei morti e considerasse le missioni di grado B al pari di noiosi eventi sociali, il termine malnutrito sembra non adattarsi affatto a Obito. Le cicatrici si estendevano in basso sul suo fianco destro, ma al di sotto di quelle appariva chiaro quanto si fosse allenato duramente.

O forse, pensò Saburo, c'era qualcosa sotto alla storia della sua riabilitazione, qualcosa nascosto agli occhi.

Saburo si sentì osservato e spostò il suo sguardo per incontrare quello di Kakashi. La pupilla dello Sharingan stava ancora girando, pigra come un giocattolo scarico. Doveva essere stanco anche lui, ma quella ruota aveva continuato a girare nell'ombra per tutta la durata della loro conversazione. Un brivido percorse la schiena di Saburo: quel livello di allerta estrema gli era parsa nonchalance anche quando il Jōnin gli aveva raccontato la storia.

Il Ninja Copiatore scivolò sul sedile fino a quando Obito non si trovò tra le sue ginocchia e poi avvicinò il suo compagno tirandolo verso sé per i fianchi.

«Stanco?» chiese, ribaltando la testa all'indietro.

Saburo ripensò alle voci che descrivevano la linea della mandibola di Kakashi affilata come vetro tagliente, e constatò quando fosse appropriato.

Obito annuì, sfregandosi ancora l'occhio.

«Fame?» insistette Kakashi.

«Un po'.»

«Andiamo da Wood Row. Prendiamo da mangiare e lo portiamo alla tana. Che ne dici?»

«Non mi va di camminare così tanto, ho le gambe molli.»

«Peccato. E comunque è colpa tua: hai esagerato nella foresta. Gambe molli significa fame. Devi rimetterti in sesto.»

«Che ne diresti,» Obito portò una mano agli occhiali e li fece scivolare sul naso prima di continuare. «Se io tornassi alla tana e tu portassi il cibo?»

Kakashi aggrottò la fronte. «No, Obito, non è così che andrà.»

«Huh? Perché no?»

«Perché se lo facessi, ti troverei addormentato al mio ritorno, lo so.»

«Nah, devo levare le mie cose dallo zaino e lavarmi via lo sporco… pensaci, amico, sarei tutto caldo e coccoloso al tuo ritorno.»

«Entreresti dalla porta e ti metteresti a faccia in giù sul divano. Ecco come andrebbe.»

Saburo trattenne una risata.

Kakashi piegò un gomito e avvolse la mano intorno al retro del ginocchio del suo compagno. «Vieni con me e ci fermiamo all'Ainu grill. E da quella signora che ci vende gli zampini dolci.»

«Zietta Zampini Dolci,» sospirò Obito. Si infilò una mano sotto alla maglietta e la appoggiò allo stomaco. «Ci starebbero un sacco adesso.»

«Zampini Dolci?» domandò Saburo.

«Sono cose pastose con lo zucchero di canna fuori e la carne di maiale dentro,» spiegò Kakashi. «Una schifezza.»

«Deliziosi. Ne mangerei dodici.» Obito ondeggiò un po' alla prospettiva. «Mi sta venendo una fame...»

«Non me li vende se non ci sei anche tu,» mormorò Kakashi.

«Beh, perché li tiene da parte per me.» Obito si mise sulla difensiva. «Zietta Zampini Dolci pensa che io sia carino. Forse è miope.»

L'Hatake mormorò di nuovo. «Io ci vedo bene.»

«Oy» il suo compagno divenne improvvisamente serio. «Puoi farla finita con quella cosa? Mi sento come se il mio stesso occhio mi stesse fissando. È troppo strano.»

Il Ninja Copiatore alzò gli occhi al cielo e li fece tornare scuri, quello sfregiato era un po' più buio dell'altro. «Quello è il tuo occhio. Nel caso te ne fossi dimenticato.»

«E come potrei? È comunque più bellino di quel fottuto uovo strapazzato che avevi al suo posto.»

Un leggero rossore tinse la pallida pelle del Jōnin, come se quello fosse un argomento delicato per lui. «Obito...»

«Cosa?» sbraitò l'Uchiha, la sua stanchezza era tutt'altro che celata. «Se potessi tornare indietro farei di nuovo la stessa cosa.»

Solo immaginare il genere di contesto nel quale qualcuno si sarebbe dovuto cavare un occhio causò un altro brivido per la schiena di Saburo. Ma tutti gli shinobi erano dei pazzi suicidi?

Mentre si avvicinavano all'ultima fermata della linea verde, Kakashi si alzò e infilò un braccio sotto alla tracolla dello zaino, issandosela sulla schiena e facendosi strada per il corridoio. Obito lo seguì tenendo le mani in tasca. Saburo raccolse le sue cose e si alzò mentre i passeggeri rimasti si avvicinavano alle porte di fronte a loro.

Obito fece un balzo per raggiungere il suo compagno e aggiustare una delle tasche sul lato della borsa.

«Il tuo porno sbuca dallo zaino, K,» disse allegramente.

«Non è porno, è arte.»

«O-okay, eccolo che ricomincia.» Non senza allarmare Saburo, Obito lo raggiunse e gli appoggiò una mano tra le scapole e il collo per avvicinarlo a sé. «Ecco a te Kakashi, ragazzino, l'eroe della foglia! Conosce cento modi per rendere la missionaria più interessante. Probabilmente là dentro ci sono migliaia di sexy jutsu proibiti.»

Una bella quantità di argilla rossastra uscì da una piega della giacca di Obito e si riversò sulla macchina fotografica di Saburo che si morse il labbro inferiore e pregò per essere rilasciato. La mano appoggiata alla sua spalla era diventata insopportabilmente calda.

«A essere onesti, non so cosa mi aspettassi a girare con un pervertito,» continuò l''Uchiha, senza curarsi di abbassare la voce. «Ma non è così male, in realtà. Controlla sempre che io stia bene, mi chiede cosa mi piace, cosa mi fa stare meglio, è quasi fastidioso.»

Saburo era molto agitato nell'abbraccio di Obito e non riusciva a sentire quasi nulla oltre allo strofinare della giacca sul suo orecchio e l'inconfondibile odore di ascella.

«A volte, vorrei solo dirgli, amico, prendimi come preferisci e facciamola finita.»

Entrambi sbatterono contro allo zaino di fronte a loro e Saburo riuscì a scivolare sotto al braccio di Obito ed evitarlo indietreggiando.

Hatake si girò lentamente, solo a qualche centimetro dai gradini. Il conducente del bus urlò qualcosa, ma i ragazzi non gli prestarono attenzione.

«Ehi,» il Ninja Copiatore fece un passo avanti e si rivolse al suo compagno con un tono sostenuto. «Sei serio?»

L'Uchiha si infilò le mani nelle tasche, ondeggiò appoggiando il peso prima su una gamba e poi sull'altra, ma non smise di guardarlo negli occhi. «S-sì.»

Nel momento più sconcertante della carriera giornalistica di Saburo Kakashi si girò di nuovo con un ghigno che gli illuminava il volto e urlò letteralmente prima di gettarsi giù per gli scalini in un unico balzo. Saburo poté sentirlo ancora festeggiare mentre Obito attraversava le porte e scompariva nel buio, seguendolo.

   
 
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