Anime & Manga > Naruto
Segui la storia  |       
Autore: The_Divine_Fool    15/08/2019    0 recensioni
«Questo tizio mi ha salvato da una roccia gigante…» si vantò Obito, cingendo il Ninja Copiatore intorno al collo con il braccio. «In pratica è innamorato di me.»
Universo nel quale Obito non è "morto" e la broship definitiva ha avuto inizio.
Genere: Comico, Drammatico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Kakashi Hatake, Obito Uchiha
Note: AU, Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto, Naruto Shippuuden
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Nota
Questa è una traduzione dall'inglese di una storia pubblicata su Archive Of Our Own. Se la lettura vi piace, lasciate un commento per supportare!

NOTA AGGIUNTIVA 21/10/2023 Ho deciso di ripubblicare la storia dopo una revisione accurata e un adattamento, a mio avviso, più convincente. I capitoli verranno caricati con cadenza regolare.
Ourtroppo, dopo due anni dall'ultimo capitolo postato, la storia è incompleta. Tuttavia, vale la pena di essere letta per i via dei personaggi ben caratterizzati e l'ambientazione originale.

Link della storia originale:  https://archiveofourown.org/works/16946859/chapters/39822840
Instagram dell'autore e artista: https://www.instagram.com/thedivinefool/
Pagina EFP del traduttore: https://efpfanfic.net/viewuser.php?uid=1105467

Ogni disegno illustrativo della storia è realizzato da thedivinefool

 

 

 

 

dumb days from radio fool on 8tracks Radio.

 


Era un giorno freddo al Villaggio della Foglia. A eccezione della stagione delle piogge, in autunno, il tempo nella capitale del Fuoco era notoriamente mite, abbastanza perché i turisti la soprannominassero “Konoha: la città dell'eterna primavera”. Non esattamente un elogio.

A causa del clima temperato, la maggior parte degli edifici era costruiti in legno, calcestruzzo miscelato, mattoni e rocce della cava fuori città e, ad eccezione degli uffici governativi, pochi erano isolati, non c'era aria condizionata e nemmeno un briciolo di compassione per le condizioni poco umane nella quale la gente era costretta a vivere.

Affittare un appartamento climatizzato in città e tirare un respiro di sollievo costava come comprare un condominio e tre prostitute nella periferia del Paese del Fuoco; questo spiegava almeno in parte perché, alla fine di ogni mese, i residenti degli appartamenti negli edifici alti tra la Sessantaquattresima e la Centosedicesima Strada accendessero ritagli di giornali e li gettassero incendiati dalle finestre, mormorando le loro lamentele nella notte. Dicevano cose del tipo “come facciamo ad arrivare a fine mese?”

L'Hokage Public Laison aveva definito questi episodi “sfoghi eccessivamente teatrali”.

Comunque, la primavera era incostante e i giorni miti si alternavano ad altri più freschi, grigi dall'alba al tramonto, che sferzavano sulla città frustate di pioggia forte.

Durante il giorno, la Centosedicesima Strada era un susseguirsi di fast food, bar e negozi decisamente troppo costosi dove i turisti si fermavano attratti dalle stranezze esposte. La mattina, gli studenti dell'Accademia percorrevano a piedi o in bicicletta quell'anello prima delle lezioni e approfittavano dei fruttivendoli appena fuori dal cancello del campus. Taxi gialli e verdi sfrecciavano per l'anello regolarmente tra bar e ostelli, ma il traffico si disperdeva solo nel tardo pomeriggio, lasciando gli studenti liberi di camminare per la Centosedicesima fino agli alloggi dell'Accademia.

Al tramonto, la Centosedicesima Strada diventava impraticabile per i veicoli, perché i mercanti vi si riunivano per svendere la mercanzia: c’era di tutto, dalle produzioni locali di borse ricamate e collane ricavate da noccioli di pesca, fino ad articoli più esotici; rosse lucertole artigianali provenienti dal vicino Villaggio della Sabbia, maschere di legno con denti di squalo benedetti e dipinti per tenere lontano gli dèi stranieri, sigilli scolpiti a mano in giada e alabastro, denti di cane maledetti, ventilatori con bordi seghettati di metallo, scarpe ornamentali per bambini mai nati… ogni genere di oggetto passava di mano in mano in una singola notte nell'anello.

Il mercato notturno non era certo legale e ogni tanto il capo dell'ufficio dell'Hokage Public Security mandava un'unità speciale di shinobi mascherati a interrompere l'evento; ribaltavano i tavoli, sequestravano e distruggevano le merci e qualche volta arrestavano qualcuno e, per un po' di tempo, nell'anello regnava la quiete. Fino a quando, una notte, tutto d’un tratto non sarebbe ricominciato e, una volta sorto il sole, tutti avrebbero capito che il mercato era tornato grazie all'aroma di carbone e olio vegetale che mescolato alla nebbia del primo mattino, testimonianza dello street food consumato nei vicoli, gettato negli scarichi e finito nelle fauci della popolazione di gatti randagi in città.

L'ora era già tarda e il tramonto allungava le sue fauci dorate sulle strade scure, facendo a fette le ombre del giorno prima del calare della notte.

Dietro all'angolo dell'Accademia, uno stand di frutta vendeva castagne da sbucciare, oliate e arrostite tutte insieme all'interno di grandi urne. La fragranza era così allettante che Saburo si fermò per comprarne un sacchetto, infilandosi la macchina fotografica sotto all'ascella mentre cercava i soldi nella tasca. La venditrice non sembrò molto contenta, forse per via della richiesta misera, ma pesò comunque dieci once di castagne, non una di più, e gliele allungò all'interno di una borsa di carta unta.

La commerciante non lo aveva inseguito per la strada o cose del genere, quindi Saburo non aveva rimorsi.

D’improvviso, gli venne in mente il suo dannato incarico al giornale e l’editore rompicoglioni che continuava a snobbare ogni sua idea, una dopo l'altra.

Saburo era convinto che le rivolte che si svolgevano ogni fine del mese a Konoha valessero almeno una comparsa sul giornalino della scuola, o un editoriale, ma no, Haruhi-san lo aveva frenato subito. Le rivolte non sono altro che pura teatralità, gli aveva detto.

Va beh, l'idea non le era piaciuta. Forse le sarebbe andata bene una colonna dedicata al mercato notturno, le sue arti e intrattenimenti e… ma no, diavolo, no, Saburo! Di quello abbiamo già scritto.

Il suo ultimo pezzo era stato uno speciale sulla giornata tipo dei randagi a Konoha che aveva ottenuto un certo interesse da parte dello staff. La pubblicazione non era andata in porto solo per via del fatto che Haruhi-san aveva pensato che Izumo lo avrebbe scritto meglio di lui.

Con tutte le sue idee smorzate o abbattute, Saburo era stato l'unico che dopo l’ultimo meeting era rimasto senza un articolo da scrivere.

Aveva deciso di saltare l'allenamento fisico del pomeriggio per vagare per l'anello e non se ne era pentito, anche se il suo portafogli ora era molto più leggero e gli unici scatti in due ore erano a un uomo senza braccia che scolpiva con gli alluci in cambio di qualche spicciolo e un grasso gatto soriano arancione che mangiava uno spiedino di capra. Saburo era sicuro di poterle accostare in qualche modo.

Stava ancora ammirando l’anello l'affollato al tramonto alla ricerca di qualcosa di interessante quando due figure vagamente familiari, sul camminamento rialzato fuori da un tabacchino, catturarono la sua attenzione. Saburo si strozzò con la pelle secca delle castagne e si batté il petto per staccarla; ma era proprio attaccata bene e dovette tossire forte, piegarsi sulle ginocchia stringendosi la borsa sul petto. Sembrava davvero uno sfigato, in pratica. Persino sua madre non voleva mai uscire con lui per non intaccare la sua reputazione.

Saburo guardò tra le lacrime i suoi compagni più grandi d'Accademia in lontananza.

Non erano esattamente compagni, visto che sia Hatake che il ragazzo Uchiha si erano diplomati ed erano diventati genin da anni, ormai.

E non era tutto: Hatake si era unito agli ANBU ed era diventato capitano, il che significava che faceva parte di un’élite di Konoha. Per qualsiasi tredicenne Kakashi rappresentava un dio da venerare. Quelli che non desideravano essere come lui, se lo volevano scopare; la maschera di Hatake era quasi più famosa della faccia che nascondeva.

Su Obito Uchiha, Saburo sapeva quello che sapevano tutto. Niente stuzzicava la curiosità degli shinobi più report confidenziali sulle missioni e brutte ferite e l'incidente che aveva messo Obito fuori servizio comprendeva entrambe le cose. Le voci si erano sparse velocemente in tutti i ranghi shinobi e non c'era voluto molto prima che ogni classe all’Accademia si fosse fatta un'idea di ciò che era successo.

Secondo gli eventi ricostruiti da Saburo, la dinamica doveva essere più o meno questa: Minato Namikaze e il suo team erano in una missione nei pressi del Ponte Kannabi quando avevano incontrato la resistenza ninja Iwa. Obito era rimasto coinvolto nel crollo di una caverna, si era strappato un occhio e l'aveva impiantato ad Hatake con l'aiuto della loro compagna Rin Nohara. Ma è proprio lì che diventava tutto assurdo. Con il suo nuovo occhio Sharingan, Kakashi aveva fatto saltare in aria la roccia usando una spada fatta di fulmini e aveva liberato così il suo compagno di squadra dalle macerie, salvandolo da morte certa per schiacciamento e, probabilmente, ingravidando qualcuno nelle vicinanze.

Era così che era andata. Ma Obito era andato in coma, e ci era rimasto per tre anni.

Possono succedere un sacco di cose, in tre anni.

L’Uchiha si era svegliato il sedicesimo giorno di autunno. Ogni articolo di giornale aveva parlato del miracolato eroe da un occhio solo senza riportare nessuna dichiarazione diretta e ovviamente senza il suo consenso.

Dopo il quinto giorno dal risveglio, secondo un’infermiera, fonte attendibile, Obito si era dimesso dall'ospedale.  Saburo non aveva idea di quando esattamente fosse stato messo al corrente della notizia di cos'era successo al Kyuubi, al suo maestro e alla sua compagna Rin, ma il giovane shinobi aveva firmato per tornare in attività solo dieci giorni dopo il suo risveglio, ancora pericolosamente malnutrito e con la visione limitata per via dell'occhio mancante.

Saburo sapeva che non esisteva un modo per far tornare le cose com'erano. Poteva solo immaginare quanto fosse stato difficile per Obito rimettere insieme il quadro della sua vita usando frammenti irriconoscibili. Se fosse successo a lui, Saburo probabilmente si sarebbe aggrappato alle cose conosciute e familiari: l'allenamento, le missioni... così da trovare un terreno solido in mezzo a tutto il caos.

Se Saburo fosse riuscito a ottenere un'esclusiva da quei due, avrebbe ottenuto uno speciale. Diavolo, avrebbe ottenuto la sua dannata colonna, e qualcun altro sarebbe rimasto impalato ai meeting senza una storia. L'esclusiva sul prodigioso ANBU dai capelli argentati sembrava promettente, ma la storia strappalacrime di riabilitazione che gli stava a fianco? Quei due insieme, inondati dall'eterna luce del neon di un'insegna, tre anni e passa dalla fine dei loro giorni spensierati… Cazzo.

Saburo iniziò a camminare, preoccupato che i suoi eroi indaffarati svanissero nel nulla (erano noti per farlo spesso), e il suo grandioso scatto giornalistico andasse in fumo, in un tornado di foglie o qualcosa del genere.

Saburo saltò via una roccia ed evitò gli schizzi causati da una donna che stava svuotando un grande wok in mezzo alla strada. Si aggrappò a un appendiabiti con i capi più alla moda del momento e, solo allora, notò un dettaglio che lo fece vacillare e finire con un piede in una pozza di sigarette. Aspettò che il cuore gli tornasse al posto giusto.

Hatake era senza maschera. Da quello che si diceva in giro, nessuno aveva mai visto Kakashi senza la maschera. E sicuramente nessuno lo aveva mai documentato sulla sacra pellicola.

«Ragazzi,» balbettò Saburo senza fiato a causa della breve ma difficoltosa camminata. Si arrampicò sul muretto, ma non si unì a loro sotto la tettoia. «Posso farvi uno scatto super veloce? È per l'Hidden Leaf Press

Kakashi lo ignorò.

Saburo si aggrappò alla fotocamera per cercare supporto morale.

Poi, lo shinobi dai capelli scuri scoppiò a ridere; aveva un sorriso ampio e i denti scoperti, ma la sua risata suonò senza gioia. Dietro le lenti arancioni, un occhio appariva un po' troppo scuro.

«Um, ehi, idiota…»

Saburo si girò, perché non era un appellativo insolito per lui.

Hatake gli rivolse uno sguardo disinteressato. «Sto rollando.»

A quell'apatia glaciale, lo sgomento di Saburo divenne accettazione del fato. Deglutì.

Un neo sbucava dalla guancia destra di Hatake e un altro proprio sotto l'angolo sinistro della bocca. Teneva delicatamente tra le mani una cartina di riso con i bordi ancora aperti, bianca come le sue dita. Solitamente il copri-fronte del Ninja Copiatore nascondeva lo Sharingan, ma non oggi che entrambi i leggendari shinobi erano palesemente fuori servizio.

Saburo aguzzò lo sguardo e pensò di aver scorto un bagliore rosso all'ombra dei capelli di Hatake, o forse era stato solo il riflesso della scritta “Open” che brillava dietro di loro.

 

 

 



 

«Quindi, uh,» Saburo deglutì di nuovo e decise di rischiare il tutto per tutto. «Scattiamo dopo che avete fatto?»

«Quando avremo fatto, la fumeremo,» rispose Obito senza mezzi termini.

«Io speravo solo di, uh, poter avere uno scatto di voi due ragazzi. Con la tua, uh, maschera abbassata, Hatake-senpai.»

«Hatake-senpai,» lo scimmiottò l'Uchiha.

Gli occhi di Kakashi si sollevarono e strinsero Saburo in una presa terrificante. Saburo cercò di non far ballare troppo lo sguardo tra l'occhio sfregiato e quello grigio.

«Ti ho visto in giro per l'Accademia, mi pare. Come ti chiami?»

Saburo rispose.

«Hm,» mormorò Hatake. «Che tipo di shinobi sei, Saburo?»

«Emm…» si impanicò, «uno, uh, uno decente?»

Obito rise e gli fece una domanda chiarificatrice. «No. Sei un genin, un chunin o che?»

«Oh, no, non mi sono diplomato.» Saburo alzò la macchina fotografica dal petto. «Sto con il giornale.»

«Già. Lo avevamo capito.» Kakashi fece una breve risata, guardò il suo compagno con un mezzo sorriso di approvazione.

Obito prese quel segno come il permesso per continuare. «Non mi piacete, voi gente del giornale,» disse. «Non mi piacciono le vostre stupide domande.»

«Non farò domande stupide,» promise Saburo.

L'Uchiha lo scrutò per un momento, piegando la testa. «Non sei molto bravo a fare le tue cose da giornalista, Sakiko.»

«Saburo,» lo corresse. «Lo so, amico. Voglio solo la foto.»

«Giuusto,» Obito si piegò, annuendo comprensivo, ma la sua voce era tagliente. «Una foto della stupida faccia di Bakashi, per i suoi ammiratori.»

«Um…»

«Sai cos'altro dovresti fotografare?» disse, avvicinandosi di più. «Le mie cicatrici.»

«Obito,» disse Kakashi senza intonazione.

«Cosa? È quello che vogliono, no? Avanti ragazzino, ti lascerò avvicinare un sacco. Puoi far stare il suo bel neo e le mie orrende cicatrici in un’unica foto.»

Le mani di Saburo tremarono.

«Basta. Obito, lo stai traumatizzando.»

«Sta zitto,» gli rispose. Grazie al cielo però tolse lo sguardo da Saburo per posarlo sul suo vecchio rivale. «Sono io quello che è stato traumatizzato. Fin dal giorno nel quale mi sono risvegliato, questi figli di puttana mi hanno rincorso per il mercato saltando fuori dai cespugli. Non posso nemmeno andare a guardare la tomba di Rin per un dannato minuto prima che cinque di loro mi si attacchino al…»

«No,» lo interruppe Saburo, abbassando e scuotendo la testa al terreno umido. Sentiva tre occhi su di lui. «Mi dispiace, hai ragione. Fare notizie non dovrebbe mai funzionare così. La questione non dovrebbe essere divulgare storie e ricercare ciò che la gente vuole sentire; io dovrei essere una lente. Un bravo giornalista è solo una lente, capisci? Non voglio divulgare una notizia sulle tue cicatrici, ma con il tuo consenso mi piacerebbe diffondere consapevolezza. Inizierei con una foto.» Saburo alzò di nuovo la camera, imbarazzato.

Dopo un momento di silenzio, Kakashi inspirò. Scosse la testa e la bocca gli si spezzò da parte a parte in un sorriso simile a quello di uno squalo. «Scusa, ragazzino, non faremo la foto, non oggi. Bel tentativo comunque.»

«Puoi fare una foto ai miei guanti,» propose Obito. «Fai una foto ai miei guanti fighissimi!»

Un pugno volò davanti alla faccia di Saburo, che lo schivò all'indietro così velocemente da doversi attaccare a qualcosa di solido alle sue spalle per non cadere a terra con la grazia di un fiore. Invece, scese un gradino all'indietro e si morse il labbro inferiore, lacrimando dagli occhi.

«È ossessionato dai suoi guanti,» sussurrò Kakashi, iniziando ad arrotolare lentamente la carta fra le sue mani.

Obito continuò a sganciare pugni all'aria, saltellando sugli alluci. «Guarda qua. Da sballo, eh?»

Saburo dovette impegnarsi per riuscire a determinare che design e forma avessero, perché i pugni dello shinobi continuavano a muoversi. Le nocche brillavano vagamente di arancione.

«Sono per bloccare il chakra?» osò chiedere. «Dove li hai presi?»

Lo spostamento d'aria gli fece muovere i capelli sulla fronte mentre Obito continuava ad affrontare il suo avversario immaginario proprio davanti a lui. Non rispose a nessuna delle domande educate e Saburo iniziò a sentirsi a disagio. Guardò Kakashi in cerca di aiuto.

«Non lo sa dove li ho presi,» sospirò il Ninja Copiatore. «Non sono molto facili da trovare. Io, uh…» Hatake sembrò raccogliersi per un attimo; nascose la sua incertezza portando la cartina arrotolata alle labbra e passandoci la lingua. «Pensavo che il suo taijutsu avesse bisogno di una sistemata.»

Ogni cosa che Kakashi faceva, la faceva sempre lentamente e senza sforzo. Saburo non riusciva a capire perché qui stesse esitando così tanto.

«Il sistema di bloccaggio di chakra li rende pesanti,» disse Obito. «Me nel giro di un mese li leverò e le mie mani spareranno fiamme e sarò fortissimo. E poi mi faranno Hokage. Da sballo, no?»

«Uh, huh,» Saburo balbettò ancora e si odiò per averlo fatto. Alzò le mani in posa difensiva mentre Obito faceva sfrecciare i suoi pugni nell'aria a solo pochi centimetri dalla sua faccia. «Sono davvero fighi.»

Il Jōnin appoggiato al muro sospirò ancora. «Digli che sono da sballo.»

«Em…» Saburo fissò la scia dei pugni dell'Uchiha. «Sono da sballo.»

«Lo so,» confermò Obito, fermando finalmente le mani e appoggiandosi al muro. Mise un gomito sulla spalla dell'altro shinobi e lo indicò con un dito. «Se vuoi essere uno shinobi decente, piccolo, questo è il tizio che devi imitare: Kakashi Hatake. Quando il dovere chiama, è subito lì pronto con una spada di fulmini, amico. Il dovere chiama e Kakashi è lì con uno dei suoi perversi completi di pelle. Il dovere deve fare una pisciata? E lui è lì con la bocca aperta per…»

«Ugh, taci un po’, okay? Nessuna delle cose che ha detto è vera.» Si lamentò Kakashi, colpendo l'Uchiha con il gomito. Il divertimento però lo tradì con una piccola piega della bocca. Si girò verso Saburo e lo guardò dritto negli occhi. «Senti, Seguro, se vuoi diplomarti all'Accademia ed entrare nel rank, ricordati di questo, piuttosto: arriverà il giorno nel quale dovrai scegliere se credere a quello che sai o quello che ti è stato detto. Assicurati di poter convivere con la tua scelta, perché una volta fatta non si torna più indietro. A volte, non puoi riavere indietro le cose che decidi di sacrificare.»

Saburo chinò la testa e annuì a quell'avvertimento, anche se quel “a volte” echeggiava ancora nell'aria, solenne e significante.

Il suono di un grugnito di Obito lo polverizzò. «Questo tizio mi ha salvato da una roccia gigante,» si vantò Obito, cingendo il Ninja Copiatore intorno al collo con il braccio. «In pratica, è innamorato di me.»

Saburo sentì gli angoli della bocca scattare. Alzò la testa per guardare, ma l'Hatake non fece niente per negare quella constatazione. Guardò Obito bloccargli il collo e appoggiargli il naso alla guancia e, come ricompensa per quel gesto affettuoso, lo spinse delicatamente via con il gomito.

«Falla finita, Obito, dai, i tuoi occhiali.»

Saburo si morse il labbro inferiore. «Uchiha-senpai, com'è che indossi sempre quegli occhiali?»

Kakashi rispose con una cadenza lenta, come se stesse ancora valutando se finire la frase o meno. «Se Obito si togliesse gli occhiali, cadresti dentro al suo occhio nero e moriresti all'istante.»

La risata di Obito echeggiò di nuovo nella sera, ben diversa da quella senza gioia di poco prima.

«Sto scherzando,» continuò Kakashi, apatico. «È che si vergogna dell’attaccatura troppo alta dei capelli.»

«Ehi! Ma cos…» urlò Obito. «Non dirglielo!»

Le dita di Saburo prudevano dalla voglia di fare una foto. Le sue orecchie bramavano quel click. Si preparò un’altra domanda tattica.

«Non c'è una politica sull'utilizzo delle droghe negli ANBU?»

Kakashi tirò su con il naso. «Dove pensi che abbia preso l'abitudine?»

La sua risposta secca raggiunse le orecchie di Saburo proprio nello stesso momento nel quale Obito balzò dal muro e scattò verso di lui, colpendolo con la mano allo sterno. Gli avrebbe sicuramente provocato un livido.

«Avevi detto niente domande.»

Tecnicamente, Saburo aveva detto niente domande stupide.

«Comunque, non sono più un ANBU,» disse Kakashi, come se la discussione non stesse nemmeno avvenendo. Rovistò nella tasca in cerca di un accendino e appoggiò la fiamma all'estremità del rotolo di carta, forse per sigillarla, poi se lo infilò nell'angolo della bocca.

«Non lo sei?» Saburo provò a guardarlo, ma la sua visuale del Ninja Copiatore venne oscurata quando Obito sollevò le braccia e si appoggiò le mani dietro al collo. Incerto di come dover decifrare quel linguaggio non verbale, Saburo sollevò cautamente lo sguardo fino ad avere contatto visivo con l'occhio dell'Uchiha ed ebbe l'impressione che stesse per essere pestato o travolto da tempesta.

«Non mi lasciavano andare in missione, all'inizio,» disse lentamente Obito. «Mi allenavo e mi allenavo. Ho persino passato il loro esame di merda …»

Il fumo si alzò da dietro Obito donando alla sua silhouette una tonalità di rosa e Saburo lo guardò girarsi un po' e accettare qualcosa da Kakashi.

«Mi sono allenato,» disse ancora Obito, mentre si portava alla bocca lo spinello di carta di riso con sguardo vacuo. Il fumo lasciò la sua voce flebile e asciutta. «Ma pensano io non sia più in grado di lavorare bene in un team, o cose del genere. Ora ho un supervisore ANBU e un sacco di regole di merda da rispettare.»

«Compagno di squadra,» lo corresse Kakashi con voce neutrale. «E condizioni speciali.»

«Non posso nemmeno fare missioni di grado C da solo,» continuò Obito, a volume più alto. «Sai cosa si prova? Ma certo, non lo sai. Immagina che la zia che ti sta più antipatica ti chieda aiuto, non so, tipo per fare il bucato per sei ore di fila…»

«Questa non è una corretta rappresentazione di una missione di grado C,» lo rimproverò gentilmente Kakashi.

«Va bene,» Obito fece un sospiro esageratamente profondo e scosse le spalle. «Facciamo che ha bisogno di aiuto ad appendere il bucato, e una puttana vuole ucciderla.»

«Ha bisogno di aiuto con il bucato e un piccolo clan di confine vuole il suo sangue per un rituale sacrificale,» suggerì Kakashi.

«Nah, aspetta…» Obito sorrise, soffiando fumo mentre gli passava lo spinello. «È il giorno del bucato e ha un brutto presentimento per via del corvo che la fissa dall'altra parte della strada.»

Entrambi batterono i piedi per terra e risero. Saburo si aspettava una battuta finale, ma comprese troppo tardi di non averla colta.

«Yo-o!» Intonò Kakashi, asciugandosi delicatamente l'occhio sfregiato. «Fa ridere perché è successo davvero.»

«L'arte eremitica usata da un uccello, era una cosa inaspettata. Sapevo che sono intelligenti, ma quello era su un altro livello…»

«No, spazzare via un intero isolato solo per sbarazzarcene è stato su un altro livello.»

«Era una scheggia,» Obito lo interruppe con un sibilo, girandosi per fare un gesto a Saburo come se volesse fargli capire qualcosa. «Intendo, gli uccelli possono essere davvero veloci.»

Kakashi iniziò a parlare, tossì, e poi scosse la testa bassa.

«E poi ti viene da pensare,» continuò Obito. «Se quella cosa era in grado di assorbire il chakra dall'ambiente circostante, allora era anche in grado di percepirlo, no?»

Saburo, sconcertato e un po' arrugginito sulla teoria riguardante l'arte eremitica, annuì.

«Che cosa?» protestò Kakashi, furibondo. «No bello, quell'uccello non era in modalità eremitica, aveva solo mangiato un sacco di chakra al porto. Credimi, non ci vuole poi tanto a batterti a nascondino. Catturare una bestia selvatica richiede moderazione e un passo delicato.»

«Io sono,» Obito lottò per pronunciare la parola, «delicato!»

«Come il mokuton

Saburo non credeva che il Ninja Copiatore potesse essere così sfacciato.

«Sentite, vi spiace se vi faccio una foto insieme?»

Kakashi si scrollò languido e soffiò fumo di lato. «Se vuoi un fulmine su per il culo.»

«Non capisco dove stia lo scoop, comunque,» bofonchiò Obito appoggiandosi al muro. «È solo una maschera e sotto c'è solo una faccia. Io sono stato schiacciato sotto a una roccia e quando mi sono svegliato tutti quelli che amavo erano morti e a volte mi sento un pazzo solo a pensarlo ma, andiamo, insomma! Succede. Siamo shinobi.»

Saburo chinò la testa e una strana quiete scese su di loro. Intorno, il mercato notturno scintillava mentre il sole calava. Non appena l'odore di ebano lasciò le loro narici e bocche venne sostituito dagli aromi del cibo.

Saburo fece cadere lo sguardo a terra e li guardò solo con la coda dell’occhio.

 Kakashi dondolò la scarpa e calciò pigramente la ghiaia, svicolò poi sempre più vicino a Obito fino a quando la punta del piede non arrivò a raggiungere il tallone del suo compagno. Quando Saburo guardò in alto, sembrò che le loro teste si separassero, poi Obito si portò l'ultimo centimetro di carta ardente alle labbra.

«È vero che hai risvegliato il Mangekyo Sharingan

Il ragazzo Uchiha sembrò voler rispondere, ma Kakashi lo interruppe con una velocità sorprendente. «Questa è una domanda stupida. Prova con qualcos'altro.»

Saburo pensò che quella era stata l'unica domanda intelligente che aveva fatto quella sera, in realtà.

«Quindi, la vostra strategia è quella di incastrarmi con domande stupide, così che voi possiate darmi stupide risposte.»

«Già,» lo sfidò Obito, «che te ne pare come strategia?»

«Una merda,» ammise Saburo. «Ma che genere di domande stupide vi hanno fatto in passato, ragazzi?»

«Oh, un po' di tutto,» rispose Kakashi, vago.

«Obito-kun,» scimmiottò Obito. «Se mi metto qui sono dentro o fuori dal tuo campo visivo? Hai le cicatrici anche là sotto? Cosa ne pensi di Kakashi-kun? Cosa si prova a essere di nuovo in un team? Cosa si prova a perdere tre anni di vita? Come fai anche solo ad alzarti la mattina?»

«Maa, Obito, a proposito,» Kakashi interruppe la sceneggiata senza curarsene troppo. «Dove ti sei procurato quei morsi sulle caviglie?»

Lo shinobi sfigurato avvampò improvvisamente, arrossato intorno alle orecchie e sotto agli occhiali. Questa volta non era per via del neon.

«Pervertito!» sbraitò.

«Sfigato,» lo punzecchiò Kakashi, schivandolo facilmente quando Obito gli si scagliò addosso, e poi ancora, e un'altra volta. Alla fine, il Ninja Copiatore si tirò su la maschera, offrì a Saburo un saluto con due dita, uno sguardo gentile negli occhi, poi se la svignò.

«Bakashi!» urlò Obito seguendolo e lasciando dietro sé una scia di fumo.

   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Naruto / Vai alla pagina dell'autore: The_Divine_Fool