Anime & Manga > L'Attacco dei Giganti
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Autore: LazyBonesz_    23/08/2019    1 recensioni
“Questa canzone mi faceva pensare a te”, mormorò il ragazzo, contro un mio orecchio quando la musica cambiò. Mi concentrai sul testo. Ascoltammo la canzone in silenzio fin quando, verso la fine, Eren non parlò nuovamente, quasi cantando.
“But I just cannot manage to make it through the day without thinking of you, lately.”
Accennai un breve sorriso e mi sporsi verso di lui, senza aprire gli occhi. Riuscii a baciare le sue labbra piene e sentii il sapore delle lacrime su di esse.
“Eren”, sussurrai confuso. Sollevai le palpebre e vidi qualche goccia salata sulle sue guance. Però sorrideva.
“Sono felice, non preoccuparti. E penso che ti dedicherò un’altra canzone perché questa è fottutamente triste”, mormorò e decisi di bloccare la sua parlantina con un altro bacio. Un altro ancora e ancora un altro finché non ci addormentammo con le labbra stanche ma i cuori felici.
Genere: Angst, Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Eren Jaeger, Levi Ackerman
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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Los Angeles- 10 gennaio 2020

 

Eren 

 

Aspettai Levi davanti alla mia macchina, sentendomi totalmente in ansia. Il motivo lo sapevo benissimo ma cercavo di essere normale e la cosa aveva funzionato fino ad ora ma solo perché non avevamo passato tanto tempo da soli. 

Lo vidi uscire da casa sua con la solita espressione illeggibile sul volto. Indossava una felpa rossa, senza zip, e dei pantaloni neri. Ai piedi le solite Nike Air Force bianche e consumate. Mi piaceva il suo look. 

Gli rivolsi un sorriso, sperando di non sembrare imbarazzato come lo ero dentro di me. Lui aggrottò la fronte e si passò una mano fra i capelli scuri, gesto che faceva nei momenti di nervosismo nonostante la sua espressione non fosse per nulla diversa da prima. 

“Stai bene?”, mi chiese, scrutandomi con i suoi occhi gelidi. 

“Certo. Tu? È andata bene con Mikasa, ieri?”, domandai, iniziando con la mia solita parlantina piena di disagio. Non stavo affatto bene, non dopo aver quasi rischiato di saltargli addosso due giorni prima. Non dopo averlo sentito trattenere un gemito un bagno. Eravamo in una strana situazione poiché ormai ero sicuro che entrambi volessimo di più senza neanche ammetterlo a noi stessi. Era più facile fingere che fosse tutto normale. 

“Ah, si, bene come sempre”, si limitò a dire, entrando nella mia auto. Feci la stessa cosa e accesi il motore per dirigermi verso casa di Ymir. Era la terza volta che ci portavo Levi e la cosa mi faceva piacere perché si svagava e conosceva nuove persone. 

Il viaggio fu silenzioso e piuttosto breve. Mi fermai davanti al condominio di Ymir e scesi dall’auto, incontrando Historia che suonava al campanello. 

“Eren!”, esclamò lei, sinceramente contenta di vedermi e mi diede anche un veloce abbraccio prima di portare lo sguardo su Levi, dietro di me. 

“Ciao, sono Historia”, si presentò la mia amica, sorridendo con gentilezza a Levi che le porse una mano. Se la strinsero con educazione e poi mi beccai un’occhiata da parte di lei, come a volermi chiedere mille cose. 

“Poi ti racconto”, sussurrai al suo orecchio prima di entrare nel palazzo malandato. Salimmo le scale messe sempre peggio ed entrammo nel monolocale. 

Historia si avvicinò a Ymir e si sedettero assieme. Quelle due sembravano in intimità e avrei dovuto indagare più tardi, magari facendo una lunga telefonata con la mia amica una volta a casa. 

“Guarda cosa ho creato, Jaeger”, mi richiamò Connie, girandosi fra le dita quella che sembrava una canna piuttosto grossa. Presi posto al suo fianco e ridacchiai, scuotendo leggermente la testa, quel ragazzo era sorprendente. 

“La fumiamo ora?”, domandai, alzando un sopracciglio. Avevo bisogno d’erba. Connie e Sasha annuirono, poi l’accesero. 

“Mi aggiungo”, disse Levi dietro di me, lasciandomi sorpreso. Lo guardai pieno di confusione ma lui ignorò le mie occhiate. 

Connie fece il primo tiro e poi passò la canna al mio amico. Le dita di Levi sembravano sicure quando la prese e poi l’avvicinò alla bocca. Aspirò e trattenne il fumo prima di lasciarlo uscire, schiudendo quelle labbra che ogni giorno mi attiravano sempre di più. Non sembrava la sua prima volta o forse era incredibilmente perfetto in ogni cosa che faceva nonostante lui affermasse il contrario. 

Non capivo perché lo stesse facendo e avrei voluto togliergli la canna dalle dita, mi sentivo infastidito dal suo gesto. 

Fece altri tiri e notai la sua espressione rilassarsi così come il resto del suo corpo. Poi mi passò la canna e io la presi con nervoso, iniziando a fumare, ignorando il suo sguardo divertito su di me. 

Mi sistemai contro il divano e guardai Ymir che prendeva ciò che ci serviva per giocare, assieme alla prima birra della serata. Poggiò tutto sul tavolo e iniziai a pensare a che personaggio usare. 

Levi poggiò una mano sulla mia e io mi voltai verso di lui, facendogli capire con lo sguardo che doveva smetterla. 

“Si passa l’erba, è la prima regola”, borbottò con un tono che non gli apparteneva. Gli diedi la canna con un gesto veloce e sentii il fumo vicino al mio viso quando lo lasciò uscire. 

“Che ti prende?”, mi chiese, accarezzandomi un braccio con la mano di prima. 

“Pensavo non fumassi”, sbottai, non sentendomi rilassato anche se sentivo il cuore battere più forte come ogni volta che fumavo. 

“Ne avevo bisogno, non rompere”, disse lui, ridendo appena in modo confuso. Lo fissai mentre continuava a fumare e i suoi occhi si arrossavano sempre di più. 

“Problemi in paradiso? Dai, giochiamo”, disse Ymir. Iniziammo a scegliere i personaggi e per un po’ pensai solo al gioco. Non fumammo più ma bevemmo qualche birra e ciò fece effetto a Levi. 

Rideva molto più spesso e a voce molto più alta. Il fastidio di prima era un po’ scemato ma ancora non capivo il suo comportamento, forse voleva solo divertirsi. 

“Noi dobbiamo andare”, disse Sasha a un certo punto, alzandosi dal divano. Dopo Historia era quella messa meglio. Prese un braccio di Connie e lo trascinò con se, “domani abbiamo una specie di gita con le nostre famiglie e non possiamo tornare tardi”, spiegò. Li salutammo e loro uscirono dalla porta, lasciando noi quattro da soli. Il gioco si interruppe e Historia e Ymir si chiusero nella loro bolla, parlando di chissà cosa. 

Mi sentivo in imbarazzo perché Levi era completamente fatto e continuava ad avvicinarsi. Avrei voluto parlargli decentemente ma non eravamo soli e non ero in buone condizioni. Mi alzai sentendo sempre più caldo e andai in bagno, poggiandomi al lavandino con le mani. 

A un certo punto sentii dei passi e quando voltai il viso incontrai gli occhi arrossati di Levi. Chiuse la porta dietro di se e si appoggiò ad essa, rivolgendomi un sorriso sghembo che mandò via ogni traccia del mio nervoso. Mi sarei preoccupato il giorno dopo perché ora ero troppo preso dal suo aspetto mozzafiato. 

“Sei arrabbiato?”, mi chiese, inclinando la testa e passandosi una mano tra quei capelli morbidi. 

“Se ti dicessi si?”, feci un passo verso di lui, passando il mio sguardo sul suo corpo fin troppo coperto, fino a raggiungere il suo viso. 

“Posso calmarti”, rispose lui a bassa voce. Allungò le mani verso di me e avvolse le braccia attorno al mio collo, costringendomi ad abbassarmi. Pochi istanti e le sue labbra furono sulle mie ma più che altro ci incontrammo a metà strada. Era il mio secondo bacio e non sapevo bene che movimenti fare ma l’istinto ebbe la meglio quando iniziai a muovere la bocca sulla sua. 

Seguivo i suoi gesti e il suo ritmo, infilando le mani sotto la sua felpa per afferrare i suoi fianchi e attirarlo a me. Eravamo vicini e sentivo il mio cuore scoppiare per l’emozione, mi sembrava di aver desiderato questo contatto da anni. 

Le sue labbra calde si schiusero sulle mie e la sua lingua incontrò la gemella, accarezzandola e avvolgendola in modi che mi fecero sciogliere. Era una prima volta fantastica e non riuscivo a staccarmi dalla sua bocca, toccando la sua lingua con la mia per lasciarle muovere assieme. 

Le sue mani mi strinsero i capelli e io mi abbassai ancora di più, premendo con forza le labbra sulle sue, perdendomi in esse completamente finché non ebbi il bisogno di prendere fiato. 

Mi scostai e presi aria, aprendo gli occhi in quei secondi. Il mio attimo di pace durò ben poco dato che la bocca di Levi iniziò a lasciare una scia di baci su un lato del mio collo, rendendo umida e sensibile la mia pelle. Ogni parte del mio corpo era sensibile e sentivo che non sarei più riuscito a reggermi sulle mie gambe. 

“L-Levi, che stai facendo?”, balbettai, arrossendo quando mi accorsi del tono roco della mia voce. Non rispose e sentii i suoi denti nell’incavo del mio collo. Poi succhiò e io gemetti, non aspettandomelo. Era tutto nuovo e fantastico, mi sentivo gelatina fra le sue mani. Rimase in quel punto e poi la sua lingua bagnata leccò la pelle, facendomi rabbrividire. 

“Non ti piace?”, sussurrò tentatore, continuando a cospargere il mio collo con piccoli baci. Raggiunse la mia mascella e sfiorò le mie labbra gonfie con le sue, senza toccarle completamente. Mi sporsi ma lui si allontanò, ridacchiando, “rispondi”, mormorò. Era disinibito, non sembrava neanche lui e un po’ di preoccupazione tornò in me. Non volevo che mi baciasse solo perché era fatto, volevo che lo facesse perché gli andava. 

“Mi stai facendo impazzire”, ammisi, non riuscendo a mentire. 

Si sporse e mi baciò. Chiusi gli occhi e ricambiai, muovendo con più sicurezza le mie labbra per toccare le sue. Una sua mano si infilò sotto i miei vestiti e sentii le sue dita sulla mia pelle bollente. 

Rabbrividii e mi avvicinai ancora di più, lasciando che mi toccasse e mi accarezzasse. 

“Levi, aspetta”, mugolai staccandomi dalle sue labbra umide e invitanti. Lui mi guardò confuso ma non capivo se fosse per il mio gesto o per ciò che aveva introdotto nel suo corpo. 

“Non voglio che sia cosi”, mormorai e feci un passo indietro, passandomi una mano fra i capelli. Levi si morse il labbro inferiore e non disse nulla, iniziando a farmi innervosire. Lo sorpassai e uscii dal bagno, afferrando la mia giacca e le chiavi dell’auto. 

“Va tutto bene?”, mi chiese Historia, scontandosi dall’abbraccio di Ymir. I suoi occhi azzurri si poggiarono sul mio viso e poi sul mio collo però la sua espressione non mutò. 

“Si, sono solo mezzo brillo”, risposi con un mezzo sorriso e quando Levi ci raggiunse gli afferrai un braccio. “Andiamo”, dissi verso di lui e poi uscimmo da quella casa. 

Una volta fuori dal condominio presi una boccata d’aria fresca e mi sentii già meglio, meno frastornato. Riuscivo a pensare meglio. 

“Vuoi guidare così?”, sbottò Levi con irritazione anche se strascicò qualche lettera. Si appoggiò alla mia auto e io lo ignorai, salendo a bordo. 

“Muoviti o ti lascio qui”, risposi e il mio amico entrò nella macchina, sedendosi o posto del passeggero. Nessuna altra frase uscì dalle nostre labbra mentre guidavo verso la nostra via. Fortunatamente non incontrammo polizia o posti di blocco lungo il nostro breve percorso. 

Parcheggiai davanti a casa e ci lasciammo senza salutarci e neanche guardarci. Sentivo il mio cuore far male perché volevo tornare a baciarlo in quel bagno e allo stesso tempo chiedergli cosa provasse per me. Non volevo che tutto andasse a fanculo come quattro anni prima. 

Ricacciai indietro le lacrime e ignorai i messaggi di Historia mentre mi rintanavo sotto le coperte. 

 

Los Angeles- 12 gennaio 2020

 

“Eren, passami quella teglia”, disse mia madre, indicando l’oggetto poggiato sul tavolo. L’afferrai e gliela diedi prima di tornare al posto di prima, sulla mia sedia. 

“Ricordami chi c’è a pranzo.”

“Armin e Historia”, le dissi atono, continuando a guardare il mio telefono come se, all’improvviso, comparisse il messaggio che desideravo. 

“Uhm, Historia. State tipo assieme?”, chiese mia madre con il suo tono civettuolo ogni volta che parlava di cose del genere. Alzai gli occhi al cielo, arrossendo. Era da venerdì notte che mi importunava, dopo aver notato il succhiotto sul mio collo. Nel tragitto per casa mia mi ero completamente scordato di esso. 

“No, anzi credo che lei stia con Ymir”, borbottai, ignorando le sue occhiate curiose. Sentii il rumore del forno che si chiudeva e poi la presenza di mia madre al mio fianco. 

“Allora, dimmi chi ti ha fatto quel segno. Strano che tuo padre non l’abbia notato”, mormorò la seconda parte quasi fra se e se. 

“Mi sono bruciato, mamma, non è un “segno””, borbottai, sperando ci credesse. Nel mentre anche le mie orecchie dovevano essere arrossite. 

Sentimmo qualcuno scendere le scale e quando alzai lo sguardo notai che fosse mio padre, vestito di tutto punto e di buon umore. 

Mi misi in una posizione in cui il mio collo non era proprio davanti al suo sguardo e sperai non notasse nulla. In realtà lui era un uomo molto attento ma spesso lasciava correre, sopratutto quando si trattava di cose da ragazzi. Era il contrario di mia madre, a lei piaceva spettegolare. 

“Sei pronta, Carla?”, chiese alla donna, portando lo sguardo sul forno. Lei annuì con un sorriso e gli si avvicinò per baciargli una guancia. I miei erano sempre molto amorevoli fra di loro. 

“Allora, noi andiamo, non fate troppo casino mangiando”, mi disse mia madre e mi spettinò i capelli prima di infilarsi la giacca e prendere la borsa. Mio padre finì di vestirsi e mi sorrise prima di uscire di casa. 

Avevano deciso di concedersi un appuntamento dato che nemmeno Mikasa ci sarebbe stata a pranzo. 

Non appena rimasi da solo sollevai le braccia per stiracchiarmi e mi alzai per andare a controllare che la torta di verdure di mia mamma non stesse bruciando. 

Mi sedetti per terra davanti al forno, iniziando a immergermi nei mille pensieri che avevo da venerdì sera. Da quando Levi era diventato una costante nella mia testa? Non avevamo ancora parlato e avevo paura che ci saremmo ignorati per sempre. 

Sbloccai il telefono e guardai il suo profilo Instagram. L’ultima foto era del giorno del suo compleanno e ritraeva il parco dove eravamo stati. La descrizione era l’emoji di un cuore e per questo non riuscii a non sorridere. Levi il duro che faceva queste cose era sempre molto divertente. 

Non aveva messo stories ma non ne metteva mai, sfortunatamente. Mollai il telefono sul pavimento e mi passai le mani sul viso, sospirando profondamente. 

Il campanello suonò all’improvviso, risvegliandomi dal mio stato di trance. Mi alzai e aprii la porta, trovandomi davanti Historia. Era molto carina nel suo vestito a motivi floreali e con i capelli raccolti in una treccia. 

‘’Devi raccontarmi tutto su quello’’, disse velocemente, indicando il segno sul mio collo. Sospirai e la lasciai entrare. Di solito era così calma e pacata, non come oggi che sembrava un uragano pieno di curiosità. 

Poggiò la borsa su una sedia e si appoggiò al tavolo con i fianchi, rimanendo in silenzio. Iniziai a raccontarle di venerdì sera e dei miei dubbi su i sentimenti di Levi. Lei ascoltò con attenzione, aggrottando ogni tanto la fronte. 

‘’Forse voleva farsi coraggio e per questo ha fumato…’’, borbottò lei. Allora le parlai di come ci eravamo provocati in questa stessa cucina e il suo sguardo si illuminò.

‘’Eren, lui prova qualcosa per te. Ne sono sicura. Dovete parlarvi o lascerete tutto a metà’’, disse con un ampio sorriso emozionato. Le sue parole mi sollevarono il morale e mi concessi un sospiro di sollievo. 

‘’E dimmi, tra te e Ymir?’’, domandai cambiando argomento, sollevando entrambe le sopracciglia. Historia arrossì, diventando ancora più adorabile del solito. 

‘’Diciamo che ci stiamo… conoscendo’’, rispose timidamente, facendomi sorridere. 

‘’E… avete fatto qualcosa?’’, le chiesi, dandole una piccola gomitata. Historia divenne ancora più rossa e scosse la testa velocemente. Io risi.

‘’Solo un bacio, mentre eravate in bagno.’’

Stavo per continuare con le domande ma il campanello salvò Historia. Raggiunsi la porta e feci entrare Armin. I due si presentarono velocemente ma avevano un carattere simile dunque andarono subito d’accordo.  

Decidemmo di mangiare davanti alla televisione, guardando un film e approfittando della non presenza dei miei genitori. 

Armin si mise al mio fianco e fu in quel momento che notò il succhiotto.

‘’Eren, che cavolo hai sul collo?!”, chiese con un po’ troppa enfasi, facendomi quasi sussultare sul posto. Historia ridacchiò dietro di me e attese la spiegazione.

Avevo sempre raccontato tutto ad Armin, così come a Mikasa, ma mi sentivo anche molto protettivo verso l’argomento Levi perciò non gli avevo mai svelato tutto in questo caso. Allo stesso tempo gli dovevo delle spiegazioni, era il mio migliore e si preoccupava per me, ultimamente ancora di più. E Levi cos’era per me? Ormai ero più che sicuro che non volevo solo amicizia da parte sua. Non dopo che mi ero sentito così bene nel baciarlo. 

Gli raccontai più o meno ciò che avevo detto a Historia. Lui non sembrò stupirsi e un sorrisetto si formò sulle sue labbra. 

“Lo sapevo che sarebbe andata così. Sei la persona meno dolce che io conosca e con lui eri iper protettivo”, mi canzonò, mangiando un po’ del suo pranzo. L’idea di vedere il film stava svanendo. 

“Quindi che farai ora?”, chiese, pieno di curiosità. 

Sospirai, mordendomi il labbro inferiore con un po’ di nervoso. Mi era anche passata la fame. 

“Gli... scrivo?”, avrebbe dovuto essere un’affermazione ma suonò come una domanda. Armin annuì mentre Historia sembrava un po’ riluttante. 

“Non credete di dover aspettare che sia Levi a farlo?”, disse, lanciando un’occhiata ad Armin che scosse la testa. 

“In questi casi bisogna mandar via l’orgoglio e fare la prima mossa. Forza, Eren”, disse quello che doveva essere il mio migliore amico ma che al momento non riconoscevo. 

“E tu cosa ne sai?”, chiesi con una risatina, sbloccando il mio telefono per poi andare sulla chat di Levi. Oh, fantastico, era anche online. 

Guardai Armin che era arrossito e sollevai un sopracciglio, “dai, aiutami a trovare qualcosa da scrivere”, dissi velocemente per cambiare argomento. 

Dopo lunghi istanti di silenzio fu Historia ad afferrare il mio cellulare e a scrivere qualcosa. Poi premette invio prima che potessi fermarla. 

“Hey, senti avrei bisogno di parlarti di persona. Quando sei libero?”, lesse Historia. Non era niente di che come messaggio ma se avesse accettato dovevo prepararmi una sorta di discorso, giusto? 

“Uh, sta scrivendo”, borbottò Armin, sembrando davvero eccitato. Quei due si stavano divertendo a mie spese. 

“Ciao Eren, pensavo alla stessa cosa. Mercoledì ti va bene? Sono impegnato sia lunedì che martedì”, lesse nuovamente Historia. Mancava troppo a mercoledì. 

“Quindi, che farai ora?”, domandò la mia amica, porgendomi il telefono. Risposi a Levi con un semplice “perfetto”, e poi sprofondai tra i cuscini del divano. 

“Resterò così fino a mercoledì”, borbottai contro il tessuto di un cuscino. Armin e Historia risero e uno di loro mi prese un braccio per costringermi a mettermi in una posizione migliore. 

“Andrà tutto bene, vedrai”, mi sorrise ampiamente la ragazza. Forzai un sorriso e poi presi il telecomando per accendere la televisione e selezionare netflix. 

“Ora pranziamo e guardiamoci questo dannato film.” 

 
   
 
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