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Autore: Carme93    23/08/2019    4 recensioni
I nati del 1998 sono figli della guerra e della vittoria su Lord Voldemort.
La loro nascita ha simboleggiato nuova luce nel buio delle tenebre e gioia e speranza in un mondo in macerie da ricostruire. Un chiaroscuro insito nella vita di ognuno di loro.
La generazione figlia della guerra arriva a Hogwarts.
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, Minerva McGranitt, Neville Paciock, Nuovo personaggio, Teddy Lupin | Coppie: Harry/Ginny
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Capitolo nono






 
I fantasmi del passato
 


 
«Come hai potuto mancarla? Sei un idiota!».
«Charlie, forse stai esagerando» tentò Zoey.
«No! Non capisci, queste mozzarelle non sconfiggeranno mai Grifondoro, figuriamoci Serpeverde».
«Ma i più forti non erano i Grifondoro?» chiese Zoey confusa.
«Certo. Non li hai visti come si allenavano ieri? I Serpeverde, però, sono scorretti e si mangeranno la nostra ridicola squadra in un sol boccone».
«A me non sembra che se la stiano cavando tanto male».
«Non sei abbastanza esperta» ribatté Charlie. «Volano troppo lenti e hanno delle scope da corsa preistoriche… Cosa sei, mezza cieca? Non vedi il boccino a un centimetro dal tuo naso!? Chi è l’incompetente che ti ha preso in squadra?». Non che non lo sapesse: aveva indagato su Peter Andrews, Capitano dei Tassorosso da quell’anno, e su tutti i membri della squadra. Non era solo incompetente, ma anche sordo il loro Capitano visto che ignorava ogni sua provocazione da almeno un’ora.
«La puoi smettere?» domandò all’improvviso un ragazzo svolazzando sopra di loro.
Zoey sgranò gli occhi, ma Charlie non si scompose: era Lucas Burns uno dei tirapiedi della loro Caposcuola. «Di fare che?» ribatté a tono.
«Di gracchiare come una gallina a cui stanno tirando il collo».
«Che cosa?!» sbottò la ragazzina alzandosi in piedi. Zoey la fiancheggiò all’istante.
«Se sai fare di meglio, dimostralo» continuò il ragazzo.
«Puoi starne certo!».
«Charlie? Che intenzioni hai?» provò a chiedere Zoey mentre la seguiva di corsa giù dagli spalti.
«Di dimostrare a queste mozzarelle come si gioca a Quidditch».
Charlie era veramente furiosa: non solo non era stata smistata a Grifondoro, ma doveva anche tollerare una simile squadra di schiappe! Non sarebbe sopravvissuta alla vergogna una volta iniziato il Campionato. Doveva dare una svegliata ai suoi, ahimè, compagni di Casa, perciò si diresse a passi svelti verso il magazzino delle scope e scelse quella all’apparenza meno scadente. Peccato che sua madre l’avesse beccata mentre nascondeva il proprio manico di scopa nel baule e gliel’avesse sequestrato.
«Buona fortuna» le disse Zoey, appena furono a bordo campo.
Charlie apprezzò la gentilezza della nuova amica e anche che non provasse a dissuaderla come avrebbe sicuramente fatto quel noioso di Teddy Lupin o la fin troppo diligente Charis Williamson. «A noi due» disse a denti stretti, fissando Andrews, prima di decollare. In aria si sentì subito bene, era meraviglioso. Avrebbe dimostrato di essere di gran lunga migliore di Caroline Sylvester, l’imbranata cacciatrice. S’inserì in uno scambio tra la Sylvester e Samantha Field intercettando la pluffa. Vi furono delle urla indignate, ma ella le ignorò fiondandosi verso gli anelli protetti dal Prefetto Corbin Savage, riuscendo anche a evitare egregiamente un bolide precedentemente scagliato dalla battitrice Sarah Walters. In realtà mentre l’adrenalina cresceva e si avvicinava agli anelli, si dimenticò anche della rabbia: stava giocando in un vero campo da Quidditch e non nel giardino di casa sua! Fece per tirare, ma scartò all’istante riuscendo perfettamente a ingannare il portiere che si gettò a difesa dell’anello di sinistra, mentre ella tranquillamente scagliò con forza la pluffa in quello di destra.
«Goal! Avete visto come si segna?».
La Field e la Sylvester la raggiunsero gridando, evidentemente troppo preoccupate per la figuraccia che le aveva fatto fare che per la loro incapacità in quello sport.
«Siete delle oche starnazzanti» dichiarò Charlie a braccia conserte. «So giocare meglio di voi, tocca a me il posto il squadra».
«Ti piacerebbe, eh? Peccato per te che io merito il posto che ricopro» replicò la Field irritata con una testardaggine simile a quella della più piccola.
La Sylvester, invece, sembrava leggermente in preda a un attacco isterico visto che cercava di strappare via la mazza a Lucas Burns, che si era avvicinato per assistere alla scena.
«Ah, sì? Dimostralo allora» replicò Charlie con gli occhi fissi sulla Fields, ignorando totalmente l’altra cacciatrice per dimostrare che non la temeva minimamente.
«Facciamo una gara a chi segna più goals» propose la Field.
«Ci sto».
«Non farete un bel niente invece».
«Ma Capitano!» si lamentò la Field.
Peter Andrews aveva finalmente deciso d’intervenire. «Se sei interessata a entrare in squadra, l’anno prossimo potrai fare il provino, ora scendi e riponi la scopa al suo posto».
«Hai solo paura che dimostri che le tue scelte sono state sbagliate».
«Io l’ammazzo» sbottò la Field. «Capitano, permettimi di darle una lezione».
«No. Agli studenti del primo anno è vietato entrare a far parte delle squadre di Quidditch. È il regolamento» dichiarò indifferente Andrews. «E Sam, non voglio che tu accetti sfide da chicchessia, mancheresti di serietà».
«Ti conviene obbedire» suggerì Lucas Burns.
«Neanche per sogno» s’impuntò Charlie.
«Farò rapporto, non ti conviene peggiorare la tua situazione» intervenne Andrews, senza neanche guardarla.
«Oh, sai che paura. McBridge se ne frega di me».
«Lo dirò a Madama Bumb» replicò il Capitano lanciando la pluffa a Sam, come se nulla fosse accaduto.
Charlie sgranò gli occhi e imprecò: quello era un colpo basso. Quell'arpia dell’insegnante di Volo ce l’aveva con lei. Fuori di sé dalla rabbia, atterrò violentemente frenando con i piedi e sollevando terriccio, erba e polvere.
«Dai, pensa che tra poco sarà Halloween» le disse immediatamente Zoey provando a distrarla.
La ragazzina, però, era furiosa: Peter Andrews gliel’avrebbe pagata cara.


 
*
 
 
«Mangia. Hai sentito Vitious e Madama Chips, non devi saltare i pasti» disse gentilmente Charis.
Mark la osservò con tanto d’occhi mentre la ragazzina gli riempiva la tazza di latte e gli porgeva una brioche di zucca. Non ricordava che nessuno fosse stato mai così buono e sollecito nei suoi confronti. Eppure i suoi compagni, che conosceva da nemmeno due mesi, si prodigavano per lui: Teddy e Charis l’avevano aiutato a trovare i libri per scrivere la ricerca richiesta dal professor Vitious e avevano trascorso un’intera domenica a fargli compagnia finché non aveva concluso il compito; Enan lo difendeva sempre dai Serpeverde che lo infastidivano, ma nonostante fosse molto più forte di lui non aveva mai compiuto un gesto prepotente, certo spesso e volentieri gli chiedeva di copiare i compiti – cosa che Teddy biasimava terribilmente – ma sempre con cortesia ed educazione. Charis, però, era la migliore di tutti: lo abbracciava con una spontaneità e, a volte, irruenza che ancora dopo settimane lo lasciavano basito.
«Grazie» le disse e diede un morso alla brioche in modo che ella non stesse in pensiero e si dedicasse alla propria colazione.
Mark mangiò tranquillamente e con appetito finché un rumoroso fruscio di ali non sovrastò il brusio mattutino della Sala Grande. Il ragazzino non alzò nemmeno gli occhi, ben conscio che non avrebbe ricevuto nessuna lettera: ogni tanto scriveva al padre, ma questi di solito troppo occupato con il lavoro non rispondeva; per quello che sapeva lui non scriveva neanche ad Alexis e Jay, ma quella era una magra consolazione.
Stranamente, però, un allocco atterrò proprio di fronte a lui quasi rovesciando una brocca di succo di zucca.
«Che gufo pasticcione» borbottò Charlie bloccando la brocca con una rapido gesto e sputacchiando pezzetti di bacon da una parte all’altra. «Oh, oh» aggiunse notando la lettera scarlatta legata alla zampa della creatura.
«Ma che hai visto?» sbottò Zoey intervenendo in aiuto dell’amica che si era affogata con la pancetta. «Che c’è?» insisté notando l’espressione mutata di tutti i suoi compagni.
Mark deglutì incapace di muoversi mentre il gufo allungava eloquentemente la zampetta verso di lui. La busta aveva iniziato a fumare.
«Prendila ed esci da qui» suggerì Teddy in tono urgente.
Mark, però, fissava la lettera ipnotizzato e non era ancora capace di muoversi.
«Che cavolo fai?» sbottò Charlie sbrigandosi a sciogliere la lettera. Il gufo sembrò sollevato e volò via. «Vattene» strillò lanciandogli la busta addosso, ma il ragazzino si scansò.
«Che cos’è?» provò a chiedere di nuovo Zoey fissandoli come se fossero pazzi, ma anche questa volta fu ignorata.
«Troppo tardi» mormorò Teddy, mentre la lettera quasi scoppiava. Zoey urlò a quella vista, ma il suo grido si perse tra quelle del mittente.
«UNA COSA… UNA TE NE AVEVO CHIESTA! E TU HAI AVUTO IL CORAGGIO DI DISOBBERDIMI NEMMENO A DUE MESI DALL’INIZIO DELLA SCUOLA…».
Mark avrebbe voluto sprofondare, mentre la voce di suo padre risuonava nella Sala Grande. Provò addirittura a tapparsi le orecchie, come se attutendo il suono, avrebbe potuto farlo scomparire insieme all’imbarazzo.
«TI AVEVO ORDINATO DI COMPORTARTI BENE E STUDIARE!» Quelle erano due cose, pensò Mark desolato pigiando di più le mani sulle orecchie, man mano che percepiva le risatine aumentare intorno a lui. «NON HAI FATTO NESSUNA DELLE DUE COSE! CHE COSA CREDEVI CHE NON SAREI VENUTO A SAPERLO? EH, TI CREDI COSÌ FURBO? VEDI DI DARTI UNA REGOLATA O TI AGGIUSTO IO A NATALE».
La lettera si ridusse in cenere dentro la tazza di latte del ragazzino.
«Che diavolo era?» sbottò Zoey sconvolta.
«Una strillettera» rispose Charlie. «Una forma di tortura che da generazioni i genitori perpetrano nei confronti dei figli».
Mark mantenne la testa bassa sul tavolo, senza neanche vederlo a causa degli occhi pieni di lacrime.
«Va tutto bene» gli sussurrò Charis ansiosa.
«È assurdo» intervenne Enan per la prima volta. «Di che cavolo ti rimprovera tuo padre? Tu ti comporti bene e hai buoni voti. Ma è impazzito?».
«Dipende che cosa gli hanno raccontato» dichiarò Teddy. Persino Mark, sorpreso dal suo tono freddo, sollevò gli occhi e notò che fissava con insistenza il tavolo dei professori. Fu solo un secondo ma McBridge incrociò il suo sguardo e ghignò soddisfatto.
«Dici che è stato lui?» sbottò Charlie.
«Hai visto come ha guardato Mark?» replicò Teddy con amarezza.
«Ma è un professore! Il nostro Direttore!» esclamò Zoey, che proprio non riusciva a comprendere: lei era stata mal vista da quasi tutti i suoi insegnanti alla scuola babbana, ma c’era da dire che non era mai stata una studentessa modello, anzi la sua attività prediletta era fare i chiodi a insegnanti e collaboratori scolastici; Mark, invece, era un bravo ragazzo e molti professori avevano mostrato chiaramente di apprezzarlo.
«Magari è per la questione della bacchetta» propose Charlie.
«No, non credo» scosse la testa Teddy. «Non usiamo mai la magia a Difesa contro le Arti Oscure. Gli unici che avrebbero potuto lamentarsi sono la Macklin e Vitious, ma entrambi sanno che non è colpa di Mark».
Al ragazzino poco importavano quelle congetture, essendo totalmente incapace di riordinare le idee e spostarsi da quella panca su cui gli sembrava di essersi incollato.
«Tu, vieni con me». A strapparlo da quella posizione fu Alexis con uno strattone.
«Ehi» intervennero Enan e Charlie indignati.
«È mio fratello» sentenziò ella. «Non azzardatevi a muovervi da qui».
Mark si lasciò trascinare fuori senza emettere un fiato. Ora che voleva da lui? Provava a evitarla costantemente, tanto che aveva chiesto a Bobby l’orario del settimo anno; quando non era in classe si chiudeva in biblioteca o in Sala Comune e tentava di andare a mangiare quando erano presenti anche i professori. Fino a quel momento aveva funzionato, ma evidentemente Alexis non n’era contenta.
«Hai messo in imbarazzo me e Jay, brutto scemo» gli strillò nelle orecchie. Mark strinse gli occhi in reazione allo scrollamento che seguì. Alexis era veramente forte grazie agli allenamenti di Quidditch.
«Scusa» biascicò ben sapendo che fosse completamente inutile.
«Scusa un corno!» ribatté ella prevedibilmente, tirandogli i capelli e trascinandolo in un affranto della Sala d’Ingresso.
«Ti prego, Alexis» la supplicò disperato: era stanco. Dopo quella strillettera l'avrebbero preso in giro ancora di più e se l’avessero visto mentre veniva maltrattato dalla sorella sarebbe stato peggio.
«Tu mi supplichi? Questa sì che è bella! Perché pensi di meritarti qualcosa? Almeno supplica come si deve» sbottò spingendolo a terra in ginocchio.
Mark gemette totalmente umiliato.
«Cinquanta punti in meno a Grifondoro».
Il ragazzino a quella voce avrebbe voluto scomparire.
«Come osi?» sbottò Alexis mollando i capelli di Mark, che rimase immobile troppo stordito e frastornato per quanto stava accadendo.
«Sono una Caposcuola» ribatté Elly, che evidentemente li aveva seguiti fuori dalla Sala Grande.
«Senti un po’, Montgomery, sei solo una stupida, vedi di non metterti in mezzo nelle questioni che non ti riguardano». Mark la vide sguainare la bacchetta ed emise un verso strozzato, preoccupato per Elly.
La Caposcuola, però, non apparve minimamente impensierita e anche ella estrasse la propria bacchetta.
«Beh, che sta succedendo qua? Becker, Montgomery, riponete all’istante le bacchette» sbottò una voce all’improvviso. «E voi altri non fermatevi, andate in classe».
Il ragazzino si rese conto che la colazione era finita e centinaia di occhi fissavano la strana scena.
Le due ragazze obbedirono immediatamente all’ordine del professor Paciock.
«Professore, stavo semplicemente parlando con mio fratello e Montgomery si è intromessa, minacciandomi e togliendomi ingiustamente punti».
«Ingiustamente!» sbottò Elly palesemente furiosa. «Stavi minacciando e maltrattando tuo fratello, che tra l’altro appartiene alla mia Casa. E sei stata tu a mettere mano alla bacchetta per prima».
«Basta così» ordinò Paciock, tacitando la replica di Alexis. «Mark stai bene? Puoi dirmi che cos’è successo?».
Mark, come prima con Alexis, non oppose la minima resistenza quando l’insegnante lo aiutò a sollevarsi.
«Dillo al professore che la Montgomery è solo una bugiarda».
Il ragazzino era terrorizzato, ma, fortunatamente, non commise l’errore di guardare qualcuno negli occhi, anzi tenne i suoi fissi sul pavimento di pietra. Non ci voleva molto a cogliere la minaccia sottesa alle parole di sua sorella, ma dall’altra non solo non voleva mentire a Paciock, ma meno che mai a danno di Elly.
«Mark?» lo chiamò nuovamente il professore.
«Alexis è venuta come una furia al nostro tavolo e ha trascinato via Mark» intervenne Enan. Mark non si era accorto della presenza dei suoi compagni.
«Mark, che lezione hai ora?».
Il ragazzino fu sorpreso da quella domanda dell’insegnante, ma mormorò: «Storia della Magia, signore».
«E te la senti di andarci? O preferisci che ti accompagni da Madama Chips?».
«Me la sento» bisbigliò: non voleva perdersi la sua materia preferita e non voleva affrontare le domande dell’infermiera, per quanto potesse essere premurosa e sollecita con lui.
«Bene, allora andate, siete in ritardo. Dite al professor Rüf che eravate con me».
«Grazie, signore» mormorò Mark sorpreso.
La giornata trascorse lentamente e Mark fece una gran fatica a concentrarsi sulle lezioni. Non sapeva come si era risolta la questione tra Elly e Alexis e a chi delle due alla fine il professor Paciock avesse creduto.
«Vieni con me?».
Enan lo riscosse dai suoi pensieri. «Dove?» gli chiese.
«A seguire Mulciber naturalmente. Mi sono stancato di andarci da solo».
Effettivamente da qualche giorno Enan trascorreva il proprio tempo libero più a inseguire il Serpeverde che con Hagrid. «Ma i compiti per domani?».
«Li hai anticipati» replicò Enan.
«Trasfigurazione no, oggi ha segnato una ricerca…».
«Solo un paio d’ore, ti prego».
Mark non seppe perché, forse voleva solo rilassarsi, ma accettò.
«Ottimo, andiamo, loro avevano Incantesimi adesso».
 
*
 
Enan scarabocchiò la pergamena sempre più annoiato.
La voce lenta e monotona di Ning Li continuava a sciorinare dati che non interessavano a nessuno, chissà poi perché McBridge si ostinasse a far imparare loro il manuale a memoria senza un minimo di pratica. All’esplicita domanda di Teddy aveva risposto che non era necessario imparare a combattere, poiché la teoria era sufficiente. Enan – e non era l’unico – era in totale disaccordo: anche un Babbano avrebbe potuto imparare la teoria e a che serviva se non sapevano applicarla?
Matilde Gould, accanto a lui, stava usando il trucco più vecchio del mondo: aveva posto il manuale sopra una rivista di moda e leggeva tranquillamente e avidamente quest’ultima. Charis e Teddy, seduti davanti a loro, si sforzavano, diligenti com’erano, di seguire ma entrambi sembravano annoiati e le occhiate che la ragazzina rivolgeva alla finestra erano sempre più numerose.
Enan, però, aveva rinunciato a quel passatempo sia perché ormai i professori l’avevano beccato fin troppe volte e ora lo tenevano d’occhio sia perché pioveva a dirotto e c’era ben poco d’ammirare. All’improvviso un brivido gli corse lungo le spalle e si voltò di scatto.
«Perché avete aperto la finestra? Siete matti?» sbottò, tentando di mantenere la voce più bassa possibile, rivolto alla Yaxley e a Mulciber.
La Serpeverde gli rivolse un’occhiata vaga e assonnata, chiaro segno che probabilmente non avesse compreso nemmeno le sue parole.
«Sta zitto» intimò invece Mulciber.
Ma quanto puoi risultare credibile se ti sembra di specchiarti? Erano identici e questo stava logorando Enan che non riusciva a pensare ad altro. Eppure Mulciber non aveva detto una sola parola. Possibile che lui sapesse? Ormai lo seguiva anche in bagno, quando non si trovava nella sua Sala Comune, ma non una volta aveva scoperto qualcosa di utile: come diceva Teddy, Burke, Ning Li e Mulciber non erano che gregari, l’unico e solo capo era Dolohov e a lui spettava parlare. Enan si sentiva fortunato perché, per quanto dovesse risultare noioso alla lunga, sia Teddy sia Mark lo ascoltavano quando la sera nella loro camera si sfogava per non aver ancora compreso perché un ragazzino identico a lui era apparso all’improvviso dopo undici anni. Certo, Zoey gli aveva comunicato una bislacca teoria babbana secondo la quale ogni persona ha un sosia da qualche parte nel mondo; teoria poi confermata dall’amica Corvonero di Teddy, ma quest’ultima non la trovava per nulla convincente e nemmeno lui a dirla tutta. Sentiva che c’era qualcosa che lo legava a Mulciber. Qualcosa più della mera somiglianza fisica.
«Ehi, ma che stai facendo?». Era rimasto imbambolato, come sempre, a fissarlo, ma il gesto assurdo compiuto dall’altro l’aveva riscosso totalmente.
«Ti fai gli affari tuoi?» replicò Mulciber, sporgendosi di lato e prendendo qualcosa lanciata da Dolohov.
«Fermo!» sbottò Enan, comprendendo finalmente che quel cretino stava buttando un quaderno, a lui ben noto, fuori dalla finestra. «È di Mark». Non si premurò neanche di abbassare la voce e storse il braccio all’altro: potevano essere uguali, ma mentre lui era cresciuto all’aria aperta e lavorando, l’altro era pallidino e molle – non per nulla si nascondeva dietro Dolohov.
«Macfusty, lascia andare immediatamente il tuo compagno!».
Enan s’irritò: era mai possibile che quell’uomo intervenisse sempre al momento sbagliato traendo le conclusioni più errate possibili?
«Veramente, professore, Mulciber e Dolohov stanno tirando le cose di Mark fuori dalla finestra!».
«Ah, c’è il signor Becker di mezzo! Lo dovevo immaginare!».
Ma era matto? Pensò seccato Enan. «Signore, le ho appena detto che Dolohov e Mulciber fanno i prepotenti con lui! Che c’entra Mark?».
McBridge scosse la testa con fare melodrammatico – avrebbe potuto anche ricordare i modi teatrali di Lumacorno, se non avesse avuto un’espressione folle, mancava solo che gli occhi iniziassero a roteare. Enan lo trovò spaventoso e si appiattì leggermente contro il banco, nonostante tra lui e il professore ci fosse la Gould.
«C’entra! Il sangue non mente mai! Io lo sapevo che saresti stato una piaga come i tuoi fratelli! Lo sapevo!» quasi gridò l’insegnante a Mark.
Ora tutta la classe fissava la scena e, a parte i soliti quattro scemi, anche le Serpeverdi erano turbate.
«Il sangue non perdona» continuò a vaneggiare McBridge.
«Professore, che c’entra?» tentò Teddy in tono conciliante, in fondo era l’unico che probabilmente avrebbe potuto fare quello che voleva a Difesa contro le Arti Oscure cavandosela senza un rimprovero. «Mark non è i suoi fratelli. Sono molto diversi ed è anche un Tassorosso».
Enan pensò che fosse una mossa geniale ricordare al professore che il ragazzino che tanto odiava apparteneva alla sua Casa, ma evidentemente McBridge non era dello stesso parere.
«No, no, Lupin, il sangue non mente mai!» esclamò con rabbia il professore. «Becker, sei in punizione per aver interrotto la lezione. Io ci ho provato a scrivere a tuo padre, ma è stato inutile, lo so… Ning Li, riprendi a leggere».
Il Serpeverde obbedì all’istante, dopotutto lui e i suoi compari la stavano facendo franca, no?
Enan sedette automaticamente e strinse i pugni fissando il suo manuale senza neanche vederlo. Non era giusto, non era giusto! Lanciò un’occhiataccia all’insegnante e notò che gli dava le spalle mentre seguiva la lettura dalle spalle del Serpeverde. Non aveva mai tollerato che gli mettessero i piedi in testa, anche quando era suo cugino Donel a fare il prepotente con lui, riusciva, se non con la forza, con la furbizia a vendicarsi. E ora avrebbe dovuto sottostare a quegli stupidi Serpeverde? Aveva promesso alla madre che si sarebbe comportato bene, certo, ma il loro Direttore non meritava il minimo rispetto. Il nonno diceva sempre che il rispetto non si acquisisce per nascita ma bisogna meritarselo.
Si voltò di scatto verso Mulciber. «E ora che vuoi?» lo apostrofò immediatamente quest’ultimo.
Enan non rispose ma con un rapido gesto raccolse libri, pergamene, piume e borsellino del suo sosia e con un gesto rapido lanciò tutto giù dalla finestra.
«Ehi!» urlò indignato Mulciber. Alcune pergamene furono sballottate dalla tempesta per qualche secondo poi sparirono nel buio del temporale. «Professore, ha visto?».
McBridge li fissava paonazzo. Enan non avrebbe saputo dire quando si era voltato verso di loro.
«Mulciber, stai disturbando» esclamò l’insegnante.
Enan, ormai convinto della pazzia dell’uomo, sperò di cavarsela.
«Macfusty mi ha buttato tutte le cose dalla finestra!» sbottò il ragazzino.
«Mulciber, non…» cominciò McBridge, ma i Serpeverde a differenza dei Tassorosso avevano ormai compreso quali contromisure prendere.
«Lo dirò al professore Lumacorno» minacciò Mulciber.
McBridge divenne paonazzo. «Qui dentro vale solo la mia autorità» biascicò come se stesse per strozzarsi.
«E allora faccia qualcosa, professore» sbottò Mulciber. «Uno dei suoi Tassorosso mi ha lanciato il materiale scolastico dalla finestra!».
«Cinque punti in meno a Tassorosso» si costrinse a dire il professore. «E punizione per te Macfusty, sicuramente la compagnia di Becker ti fa male».
Enan lo fissò con rabbia, ma si risedette. Aveva ottenuto la sua vendetta e gli bastava, ma riteneva terribilmente ingiusto che i Serpeverde potessero appellarsi a Lumacorno, mentre loro non avevano nessuno visto che era il loro Direttore a maltrattarli.
 



*
 



«E levati, brutta stupida!».
Lo spintone fece perdere l’equilibrio a Charis, che cadde nel terreno fangoso. La ragazzina sospirò rassegnata all’atteggiamento di Matilde Gould ed Elisabeth Foster che sembravano avercela sempre con lei. Ma per cosa poi, se non si erano mai parlate? Charlie lanciò un urlo belluino di sfida e rincorse la Serpeverdi insieme a Zoey.
«Ti serve aiuto?» le chiese Caroline Shafiq.
Charis prese la mano gentilmente offerta dall’altra ragazzina. «Sto bene» mormorò docilmente anche a beneficio di Teddy, Mark ed Enan che erano sopraggiunti.
«Sono solo delle stupide prepotenti» commentò Edith Yaxley con quella sua espressione perennemente annoiata.
La Tassorosso annuì senza sapere che cosa dire, fortunatamente in quel momento il professor Paciock aprì la porta della serra e li invitò a entrare. Come tutti gli altri Tassorosso, Charis occupò la postazione più vicina a quella centrale del professore. D’altronde vi era arma più efficace contro i bulli? E a Erbologia i Serpeverde non potevano permettersi di comportarsi come a Pozioni o a Difesa contro le Arti Oscure: ormai tutti sapevano che Neville Paciock non era tipo da favoritismi. La notizia che il Direttore dei Grifondoro avesse dato ragione alla Caposcuola di Tassorosso e non al Capitano della sua squadra, dopo la lite di qualche giorno prima, si era diffusa rapidamente per tutta la Scuola. Alexis non si era più avvicinata al fratellino, ma Mark era certo che si sarebbe vendicata.
«Stai bene, Charis?».
La voce calda e gentile di Paciock la distolse dai suoi pensieri. Annuì rendendosi conto che Teddy aveva denunciato quanto accaduto pochi minuti prima fuori dalla serra. Il professore tolse dieci punti a Serpeverde e le ripulì anche la divisa, cosa di cui Charis gli fu infinitamente grata visto che in caso contrario avrebbe dovuto aspettare un bel po’ prima di poter andare a cambiarsi in Dormitorio.
Le lezioni di Erbologia erano sempre tranquille, tanto che persino Mark sorrideva ed era rilassato. Paciock metteva sempre tutti al proprio agio ed era raro che alzasse la voce, persino quando rimproverava – Charis l’aveva visto più volte avvicinarsi a Enan e invitarlo pacatamente a concentrarsi di più -. Se i professori fossero stati tutti come lui, la Scuola sarebbe stata ancora meglio.


 
*
 


«Oh, signor Lupin, signorina Williamson, sono felice che siate venuti». Teddy sorrise più per educazione che per altro, certo che anche Charis si stesse comportando allo stesso modo. Lumacorno non diede segno di avvedersene e quasi li trascinò all’interno dello studio magicamente ingrandito – il Tassorosso non poteva credere che gli studi dei professori fossero normalmente tanto ampi -, laddove era già radunato un folto gruppetto di ragazzi elegantemente vestiti.  «Con alcuni già vi conoscete» ridacchiò il professore, contento come un bambino alla propria festa di compleanno. «Il signor Miller è un Grifondoro del vostro anno, la sua famiglia sforna Auror potenti da generazioni». Teddy salutò l’altro ragazzo con un cenno: seguivano insieme Volo, Trasfigurazione e Storia della Magia, quindi sì aveva avuto modo di conoscerlo, ma gli era sembrato solo un pallone gonfiato. E ora, vedendolo impettito in un vestito fin troppo elegante per un ragazzino della loro età ritenne di non essersi sbagliato. «Edward Burke». Altro cenno, qui solo perché c’era il professore, ma dopo quello che era accaduto a Difesa contro le Arti Oscure due giorni prima la tensione tra Serpeverde e Tassorosso era alle stelle. «Ning Li. Suo padre è un magiambasciatore e una delle persone più ricche della Cina». Altra smorfia, qui Teddy si chiese se Lumacorno facesse o fosse tonto: non capiva che non potevano vedersi? «E queste bellissime signorine sono Elisabeth Foster, suo fratello gioca nella nazionale inglese di Quidditch e quando era qui a Scuola era un eccellente pozionista, Matilde Gould e Caroline Shafiq». Al ragazzino non sfuggì l’occhiata che la Gould e la Foster rivolsero a Charis e ricambiò sfidandole a muovere un solo dito contro l’amica.
Le presentazioni, purtroppo, non finirono lì, l’insegnante entusiasta li presentò anche i più grandi, che da come li osservava dovevano essere suoi pupilli da anni. Teddy non voleva essere guardato in quel modo da lì a qualche anno. No che non fosse ambizioso o non apprezzasse gli elogi degli insegnanti, ma non sopportava che l’interesse di Lumacorno non nascesse dal suo talento in Pozioni – pressoché inesistente – ma dalla fama dei suoi genitori e specialmente da quella di Harry. Essere Teddy Lupin non era merito suo, come nulla aveva a che fare con le imprese compiute quando era a malapena un poppante.
Nel frattempo Shawn Lattes li aveva raggiunti e sembrava molto contento di vedere Charis, nonostante i due Tassorosso fossero gli unici a indossare la divisa. «Oh, dimenticavo che il signor Lattes lo conoscete già» trillò Lumacorno. Teddy comprese che sarebbe stato difficile scrollassero di dosso. «Ma forse non suo fratello Austin, un genio delle Pozioni!». L’insegnante tirò letteralmente a sé un ragazzo sui sedici anni che casualmente passava vicino a loro.
Austin sorrise loro e fece l’occhiolino a Charis. «Ci siamo già conosciuti sul treno».
«Bene, bene. I genitori di Austin e Shawn ricoprono incarichi importanti al Ministero e sono certo che anche loro otterranno grandi successi». I due fratelli si schermirono.
Teddy perse il conto di quante persone l’insegnante li presentò quella sera o quanto meno non avrebbe mai ricordato i titoli dei loro genitori. Fu sorpreso di trovare lì anche il Capitano della loro squadra di Quidditch, chissà che avrebbe detto Charlie! Sembrava che il ragazzo avesse un ottimo rendimento scolastico, per quanto si vociferasse che avesse ottenuto il ruolo di Capitano solo perché i suoi genitori erano giocatori professionisti di fama mondiale. E naturalmente Charlie era la prima a crederci fermamente.
Lumacorno aveva organizzato una vera e propria cenetta. Teddy e Charis fecero in modo di sedersi vicini al lungo tavolo. Il meccanismo per ordinare le pietanze era lo stesso usato al Torneo Tremaghi di cui gli aveva raccontato Harry. Zia Hermione non avrebbe approvato quell’inutile sfruttamento degli elfi domestici.
Per un attimo Teddy si rilassò e gustò le costolette di maiale ordinate, ma pochi minuti dopo l’inizio della cena si rese conto di aver abbassato la guardia troppo presto: Lumacorno più che al cibo era interessato a loro e uno per uno poneva domande su di loro e sulle loro famiglie. Questo gioco lo faceva solo con quelli del primo anno, segno che già gli altri li conosceva.
«Questa è una cena informale» li sussurrò James Krueger come se fossero amici. «Deciderà chi invitare prossimamente alle cenette più intime».
Uh, che bello! Teddy non vedeva l’ora. Il ragazzino intercettò lo sguardo di Charis e si rese conto che, nonostante le attenzioni di Shawn, era a disagio per quella situazione.
«Mi sembra anche strano che abbia invitato un Burke» commentò ancora James Krueger. «Insomma se la sua famiglia non è mai stata incriminata per magia oscura, i sospetti ci sono stati eccome e Lumacorno vi sta alla larga di solito».
«Elisabeth, cara, tu abiti con tuo fratello, vero?».
«Sì, signore».
«Beh, dev’essere senz’altro bello, insomma un Campione della sua fama!». Alcune ragazze più grandi risero scioccamente. A Teddy non sembrò strano che a Elisabeth queste considerazioni non piacquero. «Ma come mai se posso saperlo?».
«Perché vivo con mio fratello?» replicò sorpresa Elisabeth. «Perché i miei sono stati arrestati in Sud America per contrabbando di oggetti oscuri».
Le sue parole gelarono la tavolata ed ella ne apparve quasi contenta. Persino Lumacorno rimase a bocca aperta e si affrettò a passare a Mark Miller che tutto orgoglioso cominciò a sciorinare gli Ordini di Merlino ottenuti dai suoi genitori e dai suoi parenti.
«Che stupida ragazzina» commentò James, «lo fa apposta per mettere in cattiva luce il fratello. L’ho letto su una rivista di Quidditch». Teddy non replicò, ma considerò che anche l’integerrimo Caposcuola di Grifondoro aveva una grossa pecca se dava credito a pettegolezzi sui giocatori di Quidditch. Sui giornali si scriveva di tutto e di più, Harry gliel’aveva insegnato fin da quando era piccolo: era fondamentale discernere la verità dalle invenzioni e non pronunciare giudizi senza averlo fatto.
«Io conosco la sorella maggiore. È del mio anno, ma di Corvonero» intervenne Shawn. «Ed è una bravissima ragazza».
«Mi sembra che Elisabeth si faccia trascinare troppo dalla Gould» intervenne Charis accennando alla ragazza che approfittava del suo turno per vantarsi della propria famiglia.
«Chi è causa del suo mal, pianga se stesso» borbottò Teddy, beccandosi un’occhiataccia dall’amica. «Che c’è? È un proverbio babbano».
«Sì, ma non è carino».
«È la verità» ribatté Teddy testardamente.
«Sono d’accordo» intervenne a sorpresa Austin Lattes. «Essere a Serpeverde non significa comportarsi da sbruffona o in modo acido. Sono questi elementi che alimentano la nostra cattiva fama».
«Il vostro Caposcuola?» chiese Teddy ricordandosi del Serpeverde che era stato gentile con loro il primo giorno di lezione.
«Perché non c’è, dici? Per quanto sia bravo, Lumacorno non crede che farà grandi cose in futuro».
«Ma è Caposcuola!» replicò Charis esterrefatta.
«I Caposcuola li nomina la Preside, così come i Prefetti. Il fatto che Lumacorno abbia approvato, non significa nulla» spiegò Austin.
«Ah, Ted Lupin, immagino lo conosciate tutti, vero, signori?». Teddy sobbalzò quando l’attenzione dell’insegnante, e quindi di tutti i presenti, si spostò su di lui. «Come sta Harry? Immagino ti abbia scritto».
Il ragazzino tentò di mantenere la calma e annuì. «Sì, Harry mi scrive quasi una volta a settimana». In realtà anche di più, ma a quella gente non interessava. «Sta bene» aggiunse, rammentando l’intera domanda e per non rimanere in silenzio e fare la figura dello stupido.
«E che ne dice del fatto che sei stato smistato a Tassorosso e non a Grifondoro?» domandò un ragazzo di cui Teddy non ricordava il nome, ma avrebbe voluto strozzarlo. Gli affari propri, no?
«Oh, cielo, signor Dans, lei sempre dritto al punto?» replicò divertito Lumacorno.
Teddy non sapeva se stesse recitando o meno, ma gli diede ugualmente fastidio in quanto comprese che sarebbe stato lui stesso a porre il medesimo quesito di lì a poco.
«Curiosità legittima» replicò il ragazzo con sicumera. «Sono pur sempre un Grifondoro».
Teddy, accortosi che tutti attendevano una risposta, si costrinse a rispondere ma valutando con calma le parole da pronunciare, anche perché non poteva insultare quel Dans alla presenza di Lumacorno. O forse sì: se l’avesse preso per un maleducato, non l’avrebbe più invitato a quelle stupide cene? Nah, avere il figlioccio di Harry Potter nella propria collezione era troppo allettante per rinunciarci. In più nonna Andromeda non ne sarebbe stata per nulla contenta.  «Mi ha fatto i complimenti. Harry, per quanto sia naturalmente affezionato alla Casa di Grifondoro, considera anche tutte le altre valide. Inoltre anche mia madre è stata una Tassorosso e non posso che esserne felice». Gli occhi di Lumacorno brillarono a quelle parole e persino Austin e James gli indirizzarono un impercettibile cenno d’assenso.
«Oh, oh, signor Lupin, lei farà una grande carriera al Ministero! Ne sono sicuro» trillò Lumacorno.
«Professore, se permette» intervenne Austin Lattes, «direi che un brindisi all’armonia tra le Case è d’obbligo a questo punto».
«Ma certo!».
Brindarono a quello e molto altro, visto che i ragazzi più grandi tentavano di mettersi in mostra. Teddy per conto suo fece, come si suol dire, buon viso a cattivo gioco, ma la sua mente si lambiccava sulle ultime parole del professore: lui al Ministero? Non aveva mai veramente pensato a che cosa avrebbe fatto da grande, ma non era tanto questo il punto quanto il fatto che il professore l’avesse apprezzato per quel che era e non per la sua famiglia per la prima volta in due mesi. Questa costatazione lo inorgoglì che vide la serata in tutt’altra luce e tentò persino di divertirsi.
 



 
*
 



«E quindi non si fa ‘dolcetto o scherzetto’?».
«No, Zoey» sbuffò Teddy.
«Ma si può sapere che sarebbe?» chiese Charlie.
Zoey la fissò con occhi luccicanti e rispose: «Ci si traveste e si va in giro per il quartiere, suonando a ogni porta e chiedendo appunto ‘dolcetto o scherzetto’. La gente di solito si prepara i dolci, perché non vuole scherzi. E alla fine della serata torni a casa con un sacco di dolci».
«I Babbani non si possono permettere i dolci?» domandò Charlie confusa.
«Non è questo! È una tradizione di Halloween» replicò Zoey che non comprendeva come l’amica non rimanesse estasiata alla sola idea.
«È un modo per far vedere i costumi» intervenne Teddy. «E i dolci servono per ammansire i ‘mostricciatoli’».
«E che scherzi si fanno di solito?» chiese Enan.
«Oh, dipende, i ragazzi più grandi di solito lanciano uova marce o riempiono di carta igienica le macchine e le staccionate».
«Wow, sembra divertente» commentò Charlie entusiasmandosi.
«La legge babbana punisce simili manifestazioni, si tratta di vandalismo» borbottò Teddy allungando il braccio verso il vassoio dei biscotti al cioccolato.
«Sempre noioso, eh?» sibilò Charlie. «James mi ha raccontato della cena di ieri sera. Lupin di qua, Lupin di là… Complimenti, hai fatto colpo. Preferirebbe te a me come fratello…».
«Io…». Teddy non sapeva come replicare.
Zoey, però, non aveva intenzione di far cambiare loro argomento, di Lumacorno le importava ben poco. «Insomma, i maghi come diamine festeggiano Halloween?».
«Beh, ci sarà il banchetto stasera e se ti guardi intorno è tutto decorato. Hai visto che zucche enormi?» replicò Teddy.
Zoey annuì. Le aveva notate eccome: appena aveva messo piede in Sala Grande aveva adorato ancora di più il mondo della magia, ma adesso cominciava a essere delusa. «E basta? Niente feste in maschera?».
«No, niente» rispose Charlie stringendosi nelle spalle. «Figurati se una come la McGranitt autorizzerebbe mai una cosa divertente come una festa in maschera».
Zoey sbuffò per nulla contenta e fissò truce il suo succo di zucca: per la prima volta le mancava il mondo babbano. Non ascoltò Teddy e Charis che s’informavano della punizione scontata da Mark ed Enan con il loro Direttore, dopotutto quante ne avevano avute lei e Charlie in quei due mesi? Infinite. E né loro né gli altri avevano fatto tutte quelle storie di Mark, che sembrava uno zombie. Con lo sguardo cercò la Preside seduta al centro del tavolo dei professori come ogni giorno: parlava tranquillamente con Vitious e Paciock e ridacchiava, sembrava addirittura una persona normale! Non un tiranno che impediva ogni divertimento a dei poveri e innocenti studenti. Nemmeno a Richmond gli insegnanti erano tanto severi. A Hogwarts si studiava soltanto e quando lei e Charlie provavano a divertirsi finivano nei guai.
«Si può sapere che hai?». Charlie aveva abbandonato la sua terza porzione di bacon e la fissava preoccupata.
Le sue amiche non rispondevano a nessuno dei suoi bigliettini, nonostante i genitori le avessero assicurato di averli consegnati direttamente nelle loro mani. Aveva condiviso ogni cosa con loro, perché riteneva che le migliori amiche si comportassero in quel modo e ora loro non le parlavano. Ma che colpa ne aveva se era una strega e loro no? E aveva raccontato anche la verità, nonostante Paciock le avesse detto che le leggi magiche erano molto rigide in merito. Una parte di lei aveva sperato di farsi immediatamente delle amiche appena giunta a Hogwarts e in fondo era stato così, ma con nessuna, a parte Charlie, si sentiva vicina quanto con quelle lasciate a Richmond. Charis aveva un carattere troppo differente dal suo: troppo diligente e studiosa, troppo gentile con tutti anche con chi non se lo meritava, troppo poco attenta al suo aspetto esteriore e alla moda. Charlie, però, era vivace e allegra come lei e non si abbatteva per quisquiglie come compiti e verifiche, né tollerava che gli altri le mettessero i piedi in testa, nemmeno a lei interessava la moda ma a questo con il tempo avrebbe potuto porre rimedio.
«C’è che Halloween è noioso qui, mi aspettavo qualcosa di straordinario, no qualche zucca extra large».
«Willy mi ha raccontato che durante il banchetto di solito si esibiscono i fantasmi e più di una volta anche degli scheletri danzanti».
«Mmm non è che sia la fine del mondo».
«Possiamo movimentare noi la giornata, se vuoi» propose Charlie. «Sai cosa considero ingiusto io? Che i ragazzi dal terzo anno in su andranno a Hogsmeade oggi».
«Hogsmeade? Cos’è?».
 «Il villaggio vicino alla Scuola. Noi siamo troppo piccole» sbuffò palesemente irritata dall’essere considerata ‘troppo piccola’ per qualcosa. «C’è un negozio di caramelle enorme e poi c’è la Stamberga Strillante, si dice che sia infestata dagli spiriti».
«Infestata dagli spiriti?» replicò Zoey.
«Già, così dicono» confermò Charlie. «Possiamo fare una prova di coraggio» aggiunse illuminandosi per quell’improvvisa trovata geniale.
«Prova di coraggio?».
«Già. Entriamo nella Stamberga Strillante e dimostriamo quanto siamo coraggiose».
«Sì! Coinvolgiamo anche gli altri?».
«Va bene» assentì Charlie, poi si rivolse ai compagni «Ragazzi, prova di coraggio degna di Halloween».
«Eh?» chiese Enan che stava per addormentarsi sulla tazza di tè.
«Oh, Merlino benedetto» sbuffò invece Teddy «Che cosa vi è balenato in mente adesso?».
«Entreremo nella Stamberga Strillante e dimostreremo che non ci sono spiriti» trillò Zoey contentissima.
«O, se ci sono, li sconfiggeremo» soggiunse Charlie.
Mark e Charis la fissarono straniti come a chiedersi se avessero sentito bene; Enan espresse immediatamente la sua perplessità: «E come ci entriamo lì dentro?».
«In nessuno modo» sbottò Teddy stringendo con rabbia un cucchiaino. «Noi non andremo in quel posto».
La sua voce era così furiosa che Zoey se ne sorprese. «Sei un fifone!» lo provocò all’istante Charlie. «Ma noi non abbiamo bisogno del tuo permesso, ci andremo anche senza di te».
«Invece no» sibilò Teddy sporgendosi verso di lei.
«E ce lo impedirai tu?» ribatté Charlie.
«Ti giuro su Oliver Baston che lo dirò al professor Paciock!» quasi gridò il ragazzino, tanto da attirare l’attenzione di altri Tassorosso, persino della Caposcuola che lanciò loro un’occhiata sospettosa.
Charlie era paonazza. Zoey sapeva bene chi era Baston poiché il suo poster faceva bella vista sul muro della loro camera.
«Non oseresti» ringhiò Charlie.
«Invece sì. Ho sangue Grifondoro nelle vene tanto quanto te».
«Non esagerate» provò Charis, probabilmente preoccupata che la discussione degenerasse. Zoey non le dava torto questa volta: Charlie era normalmente impulsava, ma un Teddy così arrabbiato era insolito e perciò imprevedibile.
«Sangue Grifondoro! Ma per favore, sei solo un fifone» insisté Charlie con foga.
«Non sono un fifone e te lo dimostrerò» sbottò Teddy. «Sono pronto a sostenere qualunque prova di coraggio tu voglia, ma lasciamo perdere la Stamberga Strillante».
«Ah, sì? Bene, allora entreremo nella Foresta Probita».
«Ma sei impazzita?» sbottò Charis.
«No. E chi ha troppa paura può rimanersene al sicuro al castello» ribatté Charlie lanciando un’occhiata eloquente a Teddy.
«Va bene, ma usciremo prima del banchetto» disse il ragazzino.
«Ok, tanto alle quattro e mezza sarà già buio» accettò Charlie.
 
 
 


Quel pomeriggio i sei Tassorosso si radunarono fuori dal portone e si avviarono in silenzio verso i margini della Foresta Proibita.
«Perché dobbiamo camminare al buio?» sussurrò spaventata Charis.
«Potrebbero vederci» rispose Zoey alzando gli occhi al cielo. «E poi non abbiamo torce. Non ho pensato di portarne».
«Non abbiamo bisogno di torce» esclamò Teddy sdegnoso. «Siamo maghi».
Charis, Enan e Mark lo fissarono sorpresi da quell’atteggiamento tanto insolito.
Zoey non lo calcolò: era un maschio ed era stato toccato nell’orgoglio, niente di strano.
«Perché tu conosci l’incantesimo per illuminare?» domandò Charlie
«Io non parto all’avventura senza il giusto equipaggiamento» replicò il ragazzino con lo stesso tono di prima. «E comunque l’incantesimo è il Lumos».
Charlie gli fece il verso.
«Secchione» borbottò Zoey, chiedendosi perché dovesse essere così antipatico: come se imparare un libro a memoria e sciorinarlo davanti ai professori rendesse migliori degli altri.
Tacquero finché non raggiunsero la foresta. «È molto buio lì» mormorò Charis.
«Per forza, non ci sono le luci del castello e la luna non penetra perché gli alberi sono troppo folti» spiegò Charlie. «Ma mister Secchione ha già la soluzione, mi pare».
«Saremo espulsi se ci beccano?» piagnucolò Mark.
«Paura?» strillarono in coro Zoey e Charlie.
«Smettetela o ci sentirà Hagrid» sbottò Enan fulminandole.
«Sì, ho paura del buio» confessò Charis palesemente turbata.
«Non voglio essere espulso» dichiarò Mark.
«Non saremo espulsi» tagliò corto Teddy. «Ci beccheremo una bella punizione. Tutto qui».
«Tutto qui?» replicò Charis con una vocetta stridula.
«Possiamo andare ora?» chiese Charlie con sufficienza.
«Sì, infatti. Non vorrete fare tardi al banchetto» li incitò Zoey con un grande sorriso. «Avanti, Mark, un po’ di coraggio» soggiunse tutta contenta tirandolo tra gli alberi.
«Quell’incantesimo, Secchione?».
«Lumos» pronunciò Teddy e la punta della sua bacchetta s’illuminò. «Forse non ti farebbe male studiare un po’».
Charlie strinse i denti e imitò perfettamente parole e gesti dell’altro e la sua bacchetta s’illuminò. «Visto? Non ho bisogno di leggere libri polverosi».
Charis, Enan, Zoey e Mark li circondarono per imparare a loro volta il nuovo incantesimo.
«Ottimo, ora possiamo andare» dichiarò Zoey.
«Seguitemi, la foresta può essere pericolosa se non sapete dove andare».
«Perché tu lo sai?» ribatté ironico Teddy scrutando Charlie.
«Certo. Non sei il solo che si è preparato».
Vagarono per un po’ in totale silenzio. I sei ragazzini, nessuno escluso, sobbalzavano quasi a ogni rumore.
«Sei sicura che conosci la strada?» mormorò Charis terrorizzata. E come darle torto? Si sentivano ululati in lontananza e altri versi difficilmente identificabili.
«No che non lo sa» sbottò Teddy. «È matta».
«Eccoci» disse lei insinuandosi in un cespuglio stranamente curato. Zoey la seguì curiosa e leggermente spaventata: quella sì che era un’avventura da brivido. «Questo è il sentiero che cercavo».
«Dove porta?» domandò Enan.
«Vedrete» replicò la ragazzina. «Zoey, non rimpiangerai più quella stupida festicciola che i Babbani spacciano per Halloween».
Zoey per conto suo non ne aveva dubbi: nessuna delle sue amiche avrebbe accettato di affrontare una prova del genere.
Tacquero ancora mentre procedevano lungo il rigoglioso sentiero.
«È magico» borbottò Teddy. «Questo sentiero è protetto da una magia potente. Charlie dove stiamo andando?». La sua voce risuonò nel silenzio della notte.
La ragazzina rispose solo dopo diversi minuti. «A profanare un cimitero».
«C’è un cimitero in questa foresta?» sbottò Enan deglutendo.
«Profonare?» strillò Mark.
«Torniamo indietro» supplicò Charis attaccandosi al braccio di Enan.
Teddy rimase stranamente zitto.
«Che ne dici?» chiese Charlie a Zoey.
«Questo sì che è festeggiare Halloween come si deve» acconsentì Zoey nascondendo un brivido di paura.
«Siamo quasi arrivati» disse allora Charlie aumentando il passo. Nessuno voleva rimanere lì da solo, perciò a malincuore la seguirono. All’improvviso il sentiero si aprì in una radura di medie dimensioni, nella quale le lapidi erano poste ordinatamente in cerchi concentrici e al centro svettava un monumento di marmo bianco che rappresentava tre donne bellissime: la prima teneva in mano il triskele, simbolo celtico della pace; la seconda proteggeva con il suo mantello le diverse razze: maghi, babbani, elfi domestici, folletti, centauri e addirittura fantasmi; la terza, invece, teneva in una mano, sollevata in alto, una bilancia i cui piatti erano perfettamente allineati; nell’altra una lunga pergamena.
I Tassorosso rimasero paralizzati a quella vista e nessuno, neanche Charlie mosse un passo in avanti.
«Quella statua ci sta fissando?» mormorò Zoey in tono piagnucoloso. Ora iniziava a non divertirsi più tanto.
«Non dire così» si lamentò Charis.
Mark era bianco come un cencio e non proferiva parola, ma si guardava intorno nervosamente.
Enan deglutì un paio di volte e infine borbottò: «La parte della profanazione la possiamo accantonare?».
«Questo non è un cimitero qualsiasi» disse Teddy con gli occhi fissi sulla statua. «È la Radura degli Eroi».
«La che?» chiese Charlie.
«Ci hai portati qui senza nemmeno sapere che posto fosse?» gridò Teddy, che apparve più furioso di quella mattina.
«Che importanza ha come si chiama questo posto?» ribatté Charlie a sua difesa.
Teddy respirò affannosamente.
«Ci sono spiriti maligni?» domandò Zoey curiosa.
«Qui ci sono i cinquanta caduti della Battaglia di Hogwarts. Non ce ne stanno spiriti maligni» sibilò Teddy.
«Quindi ci sono anche i tuoi genitori?».
La mancanza di tatto di Charlie fece definitivamente perdere la pazienza al ragazzino che spinse la compagna e corse via.
«Deficiente» sbuffò Charlie rialzandosi. «Non può andare in giro per la Foresta da solo».
Zoey si disse che da lì in avanti avrebbe dovuto fare attenzione ai suoi desideri: nel mondo della magia, i mostri e cose simili erano veri e non finzioni.
«Meno male che non c’è la luna piena» ansimò Enan.
«Perché?» biascicò Zoey.
«Lupi mannari».
Decisamente avrebbe dovuto fare più attenzione in futuro. «Teddy, fermati» chiamò il compagno, dopotutto ella voleva solo giocare e non avrebbe sopportato che qualcuno si facesse male per colpa sua.
Raggiunsero Teddy poco lontano dal sentiero: era seduto per terra e singhiozzava. Charis fece per avvicinarsi, ma il ragazzino l’allontanò con una mano. «Se sei così brava, portarci fuori da qui» sibilò rivolto a Charlie.
E così tornarono al castello, mescolandosi tra i ragazzi che tornavano da Hogsmeade evitando di farsi beccare dagli insegnanti o da Prefetti e Caposcuola. Al banchetto furono tutti e sei taciturni, persi nei pensieri e non smettendo di pensare a quanto accaduto. A malapena gli scheletri danzanti e i fantasmi riuscirono ad attirare la loro attenzione, tanto che si beccarono più di un’occhiata indagatrice da parte di Elly Montgomery.
«Alla fine c’è andata bene, no?» tentò Enan lasciandosi andare a una risatina nervosa, mentre sciamavano fuori dalla Sala Grande insieme agli altri studenti.
«Ma non avevate detto che i maghi non si mascherano?» domandò Zoey all’improvviso, squadrando tre persone che si avvicinavano e indossavano una tunica nera e delle maschere d’argento.
«Non ho detto questo, ma che la McGranitt…» iniziò Charlie ma voltandosi e vedendo i tre tacque.
«Oh, Merlino. Come sono entrati?» tremò Enan estraendo la bacchetta.
Charlie e Teddy fecero altrettanto. Charis li fissava paralizzata, mentre Mark non aveva la bacchetta con sé, visto che aveva promesso al professor Vitious di non usarla più.
Straordinariamente Charlie e Teddy si posero spalla a spalla pronti a combattere. Altri nel corridoio li videro e strillarono, ma i tre individui puntavano su loro tre.
«Allora, Secchione, conosci qualche incantesimo utile?».
«Mai come in questo momento ho trovato le lezioni di McBridge tanto inutili».
«Exsperlliamus». Una voce forte e chiara risuonò alle loro spalle. Ciò che stupì tutti gli studenti presenti fu che non solo le bacchette dei tre sedicenti Mangiamorte volarono via, ma questi inciamparono spaccandosi in due, letteralmente.
«Ma che diavolo…?» borbottò Charlie fissando dei corpi arrabattarsi nelle vesti.
I Caposcuola di Tassorosso e Serpeverde li liberarono, rivelando niente meno che Dolohov, Burke, Ning Li, Mulciber e altri due ragazzini presumibilmente della stessa Casa.
«Merlino, ci salvi» mormorò Bertram Delaney, mentre sopraggiungeva la Preside, che con un’occhiata sembrò capire ogni cosa.
«Andiamo via di qui» disse Enan.
Zoey si voltò verso di lui non comprendendo: non erano loro nei guai, ma i Serpeverde e sarebbe stato divertente ascoltare la ramanzina della McGranitt.
«Charis sta male» borbottò Mark timidamente, tentando di tenere la compagna che, nel caos, aveva rimesso tutta la cena.
«La portiamo in infermeria?» chiese Zoey non comprendendo la serietà sul volto dei compagni.
«No, andiamo in Dormitorio» decise Teddy, aiutando Mark con Charis.
   
 
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