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Autore: zappolo70    23/08/2019    5 recensioni
ATTENZIONE: storia già pubblicata fino al capitolo VII ora completata (12 capitoli). Si avvisa che TUTTI i capitoli sono stati rimaneggiati e sono stati aggiunti riferimenti temporali per aiutare a seguire più agevolmente il dispiegarsi della storia.
La storia propone un what if inusuale e grande come una casa. Una rilettura personale della storia di Oscar e Andrè che mantiene grossomodo l’ossatura della storia e l’evoluzione temporale, anche se non fedelmente per esigenze narrative, stravolgendone però l’interpretazione alla luce di un presupposto nuovo.
Buona lettura a chi vorrà cimentarsi.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Oscar François de Jarjayes
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi di Lady Oscar non mi appartengono e sono proprietà esclusiva di Ryoko Ikeda.

 

X - Aprile 1779 -  14 Luglio 1988

La dipartita del conte contribuì in realtà a cambiare la dinamica tra loro. La messinscena di Oscar risultò meno gravosa, essendo rimasta orfana di un attore, seppure inconsapevole, a cui non doveva più rivolgere sguardi furtivi o parole d’ammirazione. Dal canto suo Andrè si sentì in un certo qual senso sollevato dall’uscita di scena di Fersen e cercò cautamente di accorciare le distanze, tornando a interpretare il ruolo dell’amico di sempre. Oscar accolse di buon grado questo nuovo equilibrio che, sia chiaro, non era nato dall’oggi al domani, piuttosto era frutto di anni trascorsi al ritmo alternato di cavalcate liberatorie, risate condivise, bevute tristi, tanti silenzi e poche parole.

Nove anni per la precisione. Tanto impiegò il conte a fare ritorno dalla sua regina.

Un altro cuore che si era rifiutato di piegarsi alla ragione.

In quegli anni Oscar si era augurata che quel compromesso tra lei e Andrè, giocato su un delicato equilibrio, potesse durare in eterno, rappresentava l’unico modo di poterlo avere vicino pur non avendolo veramente. Ma ultimamente si era resa anche conto che così lui non sarebbe mai stato libero, avrebbe continuato a vivere nella sua ombra senza darsi la possibilità di essere amato come meritava. Da un’altra.

Il ritorno di Fersen le offriva la possibilità di scrivere l’ultimo atto di una pantomima durata fin troppo, avrebbe significato infliggere un colpo mortale al suo cuore già ferito, come un cacciatore che mettesse fine all’agonia della sua preda. Straziante il solo pensiero. Ma inevitabile.

Quando le corse incontro per salutarlo con tutto l’entusiasmo che era stata capace di fingere, la luce del tramonto non le impedì di cogliere la reazione di Andè, che vide cercare sostegno nel tronco della grande quercia, guardandola correre incontro all’altro con un sorriso che da troppo tempo mancava sul suo viso.

Lei invitò il conte a rimanere a palazzo qualche giorno e trascorse quanto più tempo poté con lui, mentre Andrè li osservava in disparte. Consumarono i pasti insieme e conversarono amabilmente. Quando lo invitò a battersi con lei alla spada Andrè, seduto sul bordo della fontana, affondò una mano nell’acqua stringendola a pugno, la mascella serrata.

Più tardi Fersen le confidò che l’indomani si sarebbe recato in visita a Versailles, per rivederla, perché la lontananza da lei era stata l’esperienza più dolorosa della sua vita, che lui ci aveva provato a dimenticarla, ma il suo cuore non ne aveva voluto sapere.

Oscar conosceva già il motivo del suo ritorno e non ne rimase sorpresa.

Decise che gli avrebbe impedito di commettere lo stesso errore una seconda volta. Di lì a qualche giorno si sarebbe tenuto un ballo a Versailles alla presenze dei regnanti a cui lui avrebbe sicuramente partecipato: la tensione palpabile tra loro sarebbe stata sotto gli occhi di tutti. E stavolta un passo falso avrebbe potuto essere fatale a entrambi. Decise che l’avrebbe obbligato a danzare di nuovo per tutta la sera con lei che questa volta si sarebbe presentata sotto mentite spoglie.

Forse lui l’avrebbe guardata con occhi diversi. Aveva udito Nanny dipingerla bellissima a Therese. Forse avrebbe distolto la sua attenzione dalla regina, forse l’avrebbe guardata con desiderio, forse quel desiderio avrebbe acceso qualcosa anche in lei, forse sarebbe stati salvi. Tutti e quattro.

Quando scese la grande scalinata di palazzo fasciata nell’abito da sera che Nanny aveva confezionato per lei se lo ritrovò davanti, muto, gli occhi sgranati per un istante che si abbassarono immediatamente al pavimento. Non proferì parola. Nell’aiutarla a salire in carrozza le strinse la mano appena un po' più del necessario. Non le disse che era bellissima, i suoi occhi avevano già parlato per lui. Per la prima volta in tanti anni non l’accompagnò.

Lo vide superare la carrozza in sella al suo cavallo lanciato al galoppo e superare i cancelli della tenuta in una nuvola di polvere per poi scomparire alla vista.

«Perdonami» sussurrò lei al vento mentre si asciugava una lacrima che non aveva saputo trattenere.

Al ballo non durò fatica a farsi notare dal conte che dopo qualche sguardo d’intesa ruppe gli indugi e la invitò a danzare.

Colse un tremito sulle labbra della regina che li osservava ostentando indifferenza, non fosse stato per la mano chiusa a stringere un lembo dell’abito vaporoso che tradiva tutt’altro stato d’animo.

Oscar non fece fatica a riconoscere negli occhi dell’altro i segni del desiderio e al momento se ne compiacque, ma non vide altro che desiderio fisico e delusa constatò che lei non aveva provato neppure quello.

Addirittura la mano di lui poggiata alla sua vita la infastidiva, non avrebbe saputo dirne la ragione. Poi le venne in mente un’altra mano, una mano che non aveva mai visto ma che sapeva esistere impressa su un cartoncino bianco nel risguardo di un libro proibito. Una mano posata in vita a significare inequivocabilmente possesso, almeno secondo Hortence.

Non stava già più ascoltando le parole che lui le stava rivolgendo, qualcosa a proposito della somiglianza tra lei e “il suo migliore amico”, quando Oscar comprese l’assurdità del proprio piano. Non avrebbe mai potuto essere quello il suo posto, si divincolò dalle braccia del conte in un movimento troppo repentino che la fece incespicare nei propri passi e rischiò di farla rovinare a terra se non fosse stato per lui che la sorresse facendole ristabilire l’equilibrio. Si scambiarono un ultimo sguardo, fu certa che lui l’avesse riconosciuta, prima che lei riprendesse la sua corsa verso l’esterno, oltre le enormi finestre fino a ritrovarsi alla fontana antistante il salone delle feste. 

Ansimante appoggiò i palmi sul marmo freddo del bordo e si sporse a guardare il proprio riflesso disturbato dell’interferenza di piccoli centri concentrici là dove le lacrime salate si erano mischiate all’acqua dolce.

Raccolse alla bell’e meglio la stoffa ingombrante delle gonne e si mise a sedere sul bordo, il capo rivolto all’indietro, lo sguardo al cielo pieno di stelle.

«E adesso?».

Così assorta non si avvide della presenza dell’altro che le si era seduto accanto, i gomiti sulle ginocchia e le mani intrecciate poggiate alla fronte.

«Perchè Oscar? Cosa vi ha portato tra le mie braccia stasera?».

Un sospiro.

«L’amore».

In un moto di stupore si girò a cercarla ma lei aveva ancora lo sguardo rivolto verso l’alto.

«Io non mi sono mai accorto che ...»

«Non per voi Fersen. Non potrei mai amarvi, non mi è mai stato più chiaro di così».

Lui rimase palesemente confuso.

«Allora perché? Se non provate nulla per me …. perché proprio io?».

Lei infine lo aveva guardato ed era rimasta a lungo in silenzio prima di parlare.

«Perché noi dobbiamo proteggerli. Volevo impedirvi di commettere una sciocchezza. Mi sono finta innamorata di voi perché lui capisse che è tempo di volgere il suo cuore altrove. Per un momento ho anche pensato che io e voi avremmo potuto colmare la solitudine che ci accomuna, ma solo ora mi avvedo di quanto ridicola fosse quest’idea. Ad ogni modo Fersen, dovete rinunciare a lei, datemi retta. Per Dio, lei è la Regina di Francia e ...»

«E lui?»

Lei abbassò lo sguardo sulle proprie scarpe che disegnavano segni incomprensibili nella ghiaia.

«Lui non ha un titolo».

«Capisco. Dunque anche voi soffrite per un amore impossibile. La vostra rivelazione d’altro canto non mi stupisce. Ho sempre pensato che tra voi ci fosse un rapporto speciale». Perspicace.

«Già».

«Non vi ho mai ringraziato apertamente per l’amicizia che mi avete sempre dimostrato, ma più di ogni cosa vorrei ringraziarvi perché da voi non mi sono mai sentito giudicato, nonostante sapeste di noi sin dall’inizio.

Ma permettetemi di dissentire: nove anni fa sono fuggito da lei come un ladro, senza nemmeno salutarla, soprattutto senza metterla a parte della mia decisione. L’ho fatto per proteggerla, proprio come dicevate voi poco fa. Anche a me era sembrata la cosa più saggia da fare. Sono tornato perché in tutti questi anni non c’è giorno che io non abbia sentito di averla in qualche modo tradita. Le ho tolto la possibilità di decidere. Ognuno dovrebbe essere messo in condizione di poter scegliere. E’ il libero arbitrio a distinguerci dagli animali. Ditemi Oscar, dareste la vita per lui non è vero?».

«Si». Lo aveva affermato senza esitazione lei, mentre lui aveva annuito.

«Allora dovreste accettare che lui possa fare la medesima scelta. Morire per voi piuttosto che vivere senza di voi».

«Per quanto ne so io, l’amore porta solo a una lenta agonia», gli risponde lei laconica.

«Non voglio credere che lo pensiate veramente, scambierei tutto il resto della mia vita per i pochi momenti rubati vissuti con lei. Datemi retta Oscar, chiedete a lui quale strada sceglierebbe e imboccatela insieme».

«Lui non lo sa. Non l’ha mai saputo».

Lui aveva sussultato. «Volete forse dire che non gli avete mai rivelato i vostri sentimenti? Da quanto tempo gli nascondete il vostro cuore?».

Lei aveva annuito impercettibilmente. «Tredici anni».

«Amica mia, non so come siate riuscita a portavi dentro un peso così grande per tutto questo tempo. Avreste potuto aprirvi con me, avrei custodito gelosamente il vostro segreto, come potete star certa farò ora che mi avete accordato la vostra fiducia. Ma promettetemi di riflettete su quanto vi ho detto. Se dopo così tanto tempo il suo amore per voi è ancora immutato, credete davvero che la farsa che avete inscenato questa sera sarà sufficiente a farlo desistere?».

Quella stessa notte lo aspettò alzata. Arrivò che albeggiava, ubriaco come l’aveva visto poche volte, triste come ormai lo vedeva sempre più spesso. Lui non aveva omesso di ricordarle il fallimento della sua serata, per ferirla. Ma lei l’aveva ucciso comunicandogli che da allora in avanti avrebbe fatto a meno di lui. E lui l’aveva uccisa a sua volta, vomitandole addosso tutta la sofferenza che aveva dovuto sopportare, straziandola con un ultimo bacio pregno dell’amore che non era mai stato libero di dire e infine comunicandole che quella mattina stessa sarebbe uscito per sempre dalla sua vita. L’obiettivo era raggiunto, il cuore in frantumi.

  
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