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Autore: Vala    28/07/2009    3 recensioni
Vorrei, vorrei, vorrei. Se solo, se solo, se solo. Quante volte sentiamo queste parole risuonare alla tv, per le strade, nelle nostre conversazioni? Si infiltrano nella nostra mente, con un unico scopo distruttivo: renderci tutti uguali.

Serie di one-shot/flashfic ideate sui pensieri e modelli ideali con i quali sono più spesso in contatto...più spesso per scelta degli altri che mia.
Genere: Generale, Malinconico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
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Ciao! Scusate il ritardo, avrei dovuto arrivare prima ma purtroppo ho avuto difficoltà con i mezzi di trasporto e...che? chi mi sta guardando? ...no, non lo conosco...ma cambiando arg...ah...grazie...si, sono cresciute ancora...ve ne darei volentieri un po’ se si potesse, ma temo che la tecnologia non sia arrivata ancora a tanto.
Sempre così le mie amiche, è la prima cosa che notano di me quando mi vedono. Non notano il vestito nuovo, i capelli tagliati, il velo di trucco viola che mi sono messa in fretta in autobus rischiando di cavarmi un occhio, la prima parte di me che vedono è il seno. Come tutti gli altri del resto. O se non tutti, come il ragazzo che ho incrociato due secondi fa a passeggio con la madre. E anche l’autista del bus. E anche il bigliettaio. E anche…
La mia migliore amica mi guarda sorridendo, e io le restituisco un saluto sincero. Siamo cresciute insieme, l'ho sempre sostenuto...anche se quella nostra amica pettegola continua a fare battutine sul fatto che lei ha smesso di crescere. Sento qualcosa pungere con fastidio sotto la mia maglietta preferita, che con mia somma disperazione potrò indossare ancora per poco se il mio petto continua a espandersi in questo modo, peggio di un palloncino pronto a scoppiare. Sono terribilmente imbarazzata, ma devo fare qualcosa, il prurito è insopportabile e so in modo seccante di cosa si tratta. Con la naturalezza di chi è stato costretto a compiere gesti simili un milione di volte, infilo una mano sotto la maglietta scatenando una serie di risatine tra le altre mentre sistemo il reggiseno che nella corsa si è spostato sotto il peso delle due palle da bowling. Quel ferretto, non mi abituerò mai a portarlo nonostante sia così terribilmente indispensabile! E pensare che c'è gente che paga salato e rischia la vita per seccature come la mia!
Mi avvicino alla mia migliore amica, l'abbraccio con calore premendo il mio corpo contro il suo come faccio da una vita, ma c'è qualcosa che non va, lo percepisco nel suo tenue sorriso, nel suo modo di reagire al mio tocco. Spero solo non si tratti della solita storia…
Ma chi me l’ha fatto fare? Non ho chiesto io di avere un davanzale fiorito di queste proporzioni?! Se poi questo aspetto così…diciamo prosperoso rischia di farmi litigare con la mia migliore amica, ne farei davvero volentieri a meno, resterei con gioia piatta com’ero solo l’anno scorso! …ma sono davvero stata piatta un tempo? La mia memoria non è in grado di riportarmi a quei momenti dell’infanzia.
“Stai benissimo come sempre!” la saluto raggiante, mostrando un affetto autentico come sempre.
“Tu invece no!” mi risponde lei, e sento il mio cuore riempirsi di rabbia “Sembra ti stia per scoppiare!” e la vedo guardare più in basso del mio mento, con un sorrisino ironico che la dice lunga. E alla lista della gente che non mi guarda in faccia ma fissa un punto non ben definito tra il collo e l’ombelico, si aggiunge anche la mia migliore amica. Preferisce fissare la mia maglietta invece che i miei occhi. No, anzi, fissa qualcosa sotto la mia maglietta, qualcosa che lei non sarà costretta ad indossare ancora per qualche tempo. Trattengo la battutina che automatica mi stava salendo alle labbra imputandola all’invidia perché sono cosciente che dentro di me vorrei tornare indietro a quando non dovevo girare con una camicia di forza. Ma lei questo non lo percepisce, non comprende che se fosse per me faremmo a cambio in qualunque momento. Chi se la ricorda ormai la sensazione della stoffa della maglietta a contatto con il petto? Ormai vivo in simbiosi con questo strumento di tortura definito reggiseno, il moderno discendente dei corpetti con le stecche di balena che hanno causato la morte per asfissia di tante dame di corte. Avete presente la sensazione di qualcosa che ti stringe fino a toglierti il fiato? Ecco, questo è quello che ho provato io quando in prima media ho dovuto mio malgrado cedere a mia madre e andare in un negozio di intimo a comprare uno di quei cosi che da piccola indossavo solo per gioco.
"Guarda, non me ne parlare, quel maledetto mi ha costretto a comprarmi una serie di nuovi reggiseni che..." rispondo io alla frecciata sicuramente involontaria, mentre so benissimo che questo mio sfogo è in tutto e per tutto una ripicca nei confronti di quella mia cara amica piatta che può ancora permettersi cose come un costume a fascia.
"Nuovi?! Vedere!!!" esclama immediatamente qualcuna del gruppo saltellando eccitata, la sua seconda misura che sobbalza eccitata quanto lei all'idea di esaminare qualche nuovo capo di biancheria intima su cui i suoi inesperti occhi di adolescente alla ribalta non hanno ancora osato posarsi. Sorrido osservando il movimento del suo seno dalla misura standard perfetta. Ecco, vorrei essere proprio così per non sentirmi in imbarazzo, una via di mezzo tra il Sahara e le Alpi. È forse chiedere troppo una comoda terza che stia su da sola? Mi sta guardando con aria di aspettativa, in fondo ho scoperto da poco il piacere di condividere l’emozione dello shopping intimo con le amiche, quindi mostro ammiccando una spallina mentre loro sogghignano e si avvicinano incuriosite. Lo credo bene che sono incuriosite, 37 euro di completino! E la miseria, neanche avesse l’oro al posto del ferretto! Però era l’unico con il quale stavo veramente comoda, quindi non ho avuto scelta.
“Ah, hanno appena aperto un nuovo negozio di Intimissimi in questa strada, andiamo a dare un’occhiata!”. E va bene, non si sa mai che abbiano un altro modello che mi possa entrare decentemente. E arrivati alla vetrina i miei occhi vengono inevitabilmente attratti da quello che per me è ormai un sogno passeggero divenuto impossibile: un corpetto. Ah, belli i tempi in cui guardavo quell’oggetto della seduzione e immaginavo di essere fortunata ad avere una bella fornitura per riempirlo. Le mie amiche mi danno di gomito indicandolo, hanno notato cosa sto guardando con malcelato desiderio. Io alzo le spalle ma loro mi vogliono portare dentro a provarlo. Mi basta una sola occhiata per capire quello che i loro occhi ancora inesperti non possono comprendere: quella è la taglia più grande, e io non ci entrerò mai. Problemi di coppa. Inutile anche solo spiegare. Per cui alzo le spalle e le lascio a fantasticare mentre qualcuna prende coraggio ed entra, seguita dal mio rancore e rabbia. Loro ci entreranno di sicuro in quell’intimo, e dalla loro seconda magicamente comparirà una quarta. Peccato non esistano modelli che da una quinta fanno magicamente apparire una terza. Maledetti loro e la loro mania di mettere imbottiture ovunque!
Dalla porta ancora aperta, all’interno intravedo una scena molto simile a quella che ho recitato io alla mia prima esperienza con un reggiseno: una ragazzina allo soglie dello sviluppo che litiga con i gancetti chiedendo aiuto alla commessa mentre la madre ammucchia pile e pile di reggiseni di diverso colore e modello. Mi scappa un sorriso quasi nostalgico di fronte ai patemi di quella poco più che bambina, ancora così piccola…ancora per poco. Se c’è qualcosa che ti fa crescere in fretta sono un paio di bombe che esplodono improvvisamente a renderti i movimenti più difficili, la corsa un qualcosa di doloroso e oltremodo imbarazzante, lo shopping un vero e proprio incubo. Sì perché improvvisamente la maglietta che tanto adoravi, non ti entra più. E quel bellissimo vestitino regalato da tua zia non ti sta più bene come una volta. E il tuo cassetto si riempie a poco a poco di laccetti, coppe rigide, ferri,…sembra un ferramenta da tanto peso che c’è!
Peso! Ecco un’altra cosa che nessuno calcola! Avete idea di cosa vuol dire aggirarsi con quattro chili in più, così, da un giorno all’altro. Prima camminavi a testa alta e schiena dritta, ora avanzi faticosamente  con le spalle curve non perché ti piaccia fissare i piedi, ma perché quelle maledette sono pesanti! Sono la fonte primaria della scogliosi! E tua madre che continua a ripeterti di tenere dritte le spalle, ma mamma, se ho un rimorchio da tir a carico, mi spieghi come faccio a tenere 24 ore su 24 le spalle dritte?! Se non avessi questo fastidio starei molto meglio, fisicamente e mentalmente. Ne sono convinta. Così come sono convinta che è da pazzi desiderare di avere qualcosa del genere ed essere disposti a ottenerlo con la chirurgia, modificare il proprio corpo per adattarlo alle esigenze della società.
 
Un’ombra riflessa sulla vetrina, e mi giro per osservare passare il ragazzo di prima, ora sprovvisto di madre al seguito. È carino, sembra più grande di noi, e mi ha notata. O almeno ha notato il mio davanzale che inconsciamente sto premendo contro la stoffa della maglietta. Il ragazzo sorride e si avvicina con passo tranquillo. La mia amica mi da di gomito ma intanto si sistema velocemente e furtivamente. Tutto inutile, mi basta buttare un po’ di più le spalle indietro per vanificare tutti i suoi sforzi. Ah, è proprio il caso di dirlo: grazie mamma dell’abbondanza che mi hai dato! Io non devo sottopormi a dolorosi interventi per avere quello che tutte vogliono. Io non devo indossare ridicoli reggiseni con imbottiture estreme che promettono tanto ma danno nulla. Io non devo preoccuparmi se il mio ragazzo ha una maggiorata come idolo. Io sto bene con il mio seno che mi permette tanti privilegi che altrimenti non avrei come lo sconto in gelateria o i passaggi gratis dagli amici di mio fratello.
Ma alle mie spalle avverto l’ombra di quel corsetto che mi chiama irresistibilmente, e dentro di me maledico la natura che mi ha dato tanto nel periodo sbagliato quando vanno di moda anoressiche modelle prive di curve e non vere donne. Varrebbe la pena avere meno scollatura da mostrare in cambio di qualche maglietta carina che ho visto in centro e degli occhi del mio ragazzo che guardano qualcosa che non sia le gemelle e che mi ascolti quando parlo. E dentro la mia testa si annida lesionista l’idea di usare quelle fasciature delle atlete per mascherare almeno un po’ quelle tanto decantate curve di donna che non portano poi così tanti vantaggi come tutti credono, per tornare almeno ancora un po’ ad essere come le altre, una ragazza dalle misure standard che entrano nei vestiti standard tipici della società moderna e dei suoi modelli stereotipati.


[mi scuso in primis perché questo capitolo non è stato scritto come gli altri. Diciamo che non mi soddisfa pienamente, ma tratta un argomento che mi tocca dal profondo, quindi ho avuto parecchie difficoltà a mantenere una sorta di imparzialità di base. Perdono, cercherò di rendere meglio nel prossimo *inchino profondo*

X Ego me stesso ed io: grazie. Non basterebbero milioni di parole per descrivere l’emozione che mi ha dato il tuo bentornata. Sei sempre il primo a incoraggiarmi in questo progetto così particolare. Non finirò mai di ringraziarti per le tue recensioni coraggiose, ben pochi sarebbero disposti ad ammettere con altrettanta naturalezza di essere vittime di un sentimento come l’invidia. Assieme alla mia gratitudine hai anche tutto il mio rispetto e appoggio. Grazie ancora.
X miss dark: spero di non aver deluso troppo le tue aspettative dopo avermi concesso così tanta fiducia. Anche io mi rispecchio in questo capitolo, avrei potuto andare avanti a “lamentarmi” all’infinito con vari esempi della vita comune mia e di altre amiche come me, ma per esigenze della raccolta ho dovuto contenermi. Non sarebbe corretto dedicare pagine e pagine a questa sezione quando ce ne sono molte altre che aspettano attenzioni, sarebbe stato uno squilibrio ingiusto. Sono curiosa, se a tuo parere ho tralasciato qualcosa di importante, fammelo pure sapere.

A presto]
  
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