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Autore: Mave    26/08/2019    1 recensioni
Amy è intraprendente e testarda, Colin è riflessivo e in cerca di sé stesso, Ephram è ironico e arguto, Laynie è spigolosa e frizzante, Bright è esuberante ma profondo, Hanna è insicura e sognatrice.
Sei personalità diverse, sei amici, sei ragazzi che crescono ad Everwood...
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Il vecchio convoglio aveva arrestato la sua corsa nell’ombelico del Colorado, in quel paesino senza tempo a cui le maestose Montagne Rocciose facevano da cornice.

Ogni scorcio sprigionava quiete e serenità ma per Laynie, Everwood era soltanto il vaso di Pandora dove aveva nascosto i suoi fantasmi.

Mentre la sua vita e la sua famiglia andavano a rotoli, lei si era sentita sicura da un’altra parte, in un altro angolo d’America.

Fuggire tuttavia non era stata una soluzione. Il pensiero di suo fratello, di tutto quello che accadeva lontano da lei, le aveva dato il tormento per tutti quei due anni.

Era stato un sollievo tornare a casa quando il sole era già scomparso oltre le cime e le strade erano quasi deserte.

Recuperò i suoi bagagli e si affrettò a scendere prima che il treno riprendesse la corsa con un prolungato sbuffo.

Alla precedente fermata a Denver aveva chiamato per avvertire casa e aveva mentito dicendo di non conoscere l’orario esatto del suo arrivo.

Una passeggiata in solitudine le avrebbe fatto bene e, forse, l’avrebbe aiutata a riambientarsi in quel posto che le era sempre stato stretto.


“Bentornata ad Everwood, ragazza con la valigia!”

Con le braccia incrociate al petto e un sorriso un po' spavaldo e un po' ritroso stampato in viso, Laynie aveva riconosciuto immediatamente il ragazzo, dritto come un fuso, tra i binari.

Non ci aveva pensato un secondo a mollare in terra la valigia e il borsone e a rifugiarsi tra le braccia che lui aveva già allargato per accoglierla.

“Colin!”

Finalmente nell’abbraccio solido di suo fratello si era sentita a casa, protetta da passato.

“Ma perché sei qui? Come…”

Risentire quella risata musicale, quella troppo spesso riempita con le lacrime, aveva sciolto il cuore di Laynie. Per una dura come lei diventava difficile adesso non lasciarsi scappare qualche lacrima furtiva.

“Purtroppo per te cara sorellina, Denver è ormai una seconda casa per me. Vicino alla stazione c’è un bar: soltanto lì trasmettono quella musica country che sembra uscire da un Jubox Vintage…”

“Bell’intuito Sherlock Holmes!”

Con tenerezza gli aveva scompigliato i capelli, che ormai Colin portava ad una lunghezza media. Laynie non era più abituata a qualcuno che si prendesse cura di lei e quelle sottili attenzioni erano un toccasana.

“E poi aveva bisogno di un cavaliere che portasse i suoi bagagli, signorina Hart!”

Suo fratello si era esibito in un mezzo inchino di cortesia e le aveva strizzato l’occhio in una complicità ritrovata che le aveva strappato una risata.

“Mi sei mancato tanto!”

Aveva ammesso infine a voce alta, sebbene lei per prima si era riconosciuta una codarda quando lo aveva lasciato a combattere le sue battaglie senza il suo sostegno.


Sharon e Jim Hart erano insofferenti: non erano più abituati al fatto che la loro casa fosse troppo silenziosa e quel mutismo forzato scavava in fondo ai loro dolori, ricordandogli il periodo in cui il figlio era in un ospedale e la figlia in un collegio.

Erano seduti entrambi sul divano e Jim aveva preso la mano della moglie, massaggiandone il dorso, tentando di abbozzare un sorriso: erano cicatrici che li avrebbero segnati per sempre ma sapevano di essere incredibilmente fortunati.

“Mamma, papà siamo a casa!”

La voce squillante di Colin li aveva riportati al loro presente felice e Sharon era scattata in piedi come un grillo, affacciandosi all’ingresso.

“Come…Siamo?!”

Aveva capito immediatamente perché il ragazzo avesse usato il plurale quando si era ritrovata dinnanzi alla figura esitante di Laynie che, a testa china, si guardava la punta delle scarpe per non incrociare lo sguardo della madre.

“Laynie!”

“Ciao mamma!”

Sharon l’aveva avvolta in un abbraccio incerto, avvertendo tutta la rigidità del corpo della ragazza, mentre Jim si era limitato a sfiorarle una guancia.

“Sarai affamata. Vieni, andiamo a tavola!”

Sharon ci provava ad essere una mamma premurosa anche con lei ma Laynie aveva dovuto imparare presto a cavarsela da sola ed era una ragazzina così cinica e indipendente da mettere a disagio.

“Veramente…”

“Io ho una fame da lupi!”

Colin salvò una situazione che sarebbe potuta diventare imbarazzante e spinse la sorella a tavola, sedendo accanto a lei per tutta la cena.


Era una cena silenziosa, troppo. Gli unici rumori udibili erano il cozzare di posate e piatti.

“Allora…Ti sei divertita a Miami?”

Jim aveva tentato un primo approccio con la figlia, chiedendole di quella vacanza extra di una settimana che si era concessa insieme alle amiche della Saint Margaret.

La ragazza si strinse nelle spalle e poi rispose ermetica.

“Bel clima e bel mare…”

Calò di nuovo il silenzio e, a quel punto, Laynie non potte trattenersi dal lanciare una velenosa stilettata ai genitori.

“E ad Everwood è successo qualcosa di eclatante…Negli ultimi due anni?”

Certo per lei era stato un sollievo trovarsi lontana mentre Colin rischiava di morire ma non poteva dimenticare che erano stati proprio i genitori a spingerla a centinaia di chilometri da casa.

Ancora una volta toccò a Colin sedare la tensione e rispondere pacatamente.

“C’è un dottore nuovo in città, un tipo fissato con il fitness. Il Dottor Abbott, vista la concorrenza sempre più spietata, era stato tentato nel chiudere il suo studio e aprire un negozio di ciambelle. Per fortuna ha capito in tempo che sarebbe stata un’idea disastrosa…”

Era bello sentire il fratello così ciarliero ma lei aveva bisogno di allontanarsi da quella disarmonia familiare.

“Sono stanca. Vado in camera mia!”


Quel suo spazio privato era rimasto immutato: anticonformista come lei, con una carta da parati anni settanta e adesivi rock.

Si era seduta sulla coloratissima coperta messicana con un sospiro.

“Essere stanchi è la scusa più antica del mondo!”

Il fratello non la mollava e ora se ne stava fermo nella cornice della porta.

“Stai diventando un po' troppo insistente, lo sai?”

Laynie aveva cercato di scacciarlo, in un modo forse un po' troppo brusco di cui si era pentita immediatamente.

Colin si era già voltato e si stava allontanando, sconfitto.

“Dai torna qui! Mi dispiace non sono una buona compagnia…E non sono una brava sorella!”

Lui non diede peso all’ultima affermazione. Si avvicinò ad una delle mensoline e tirò giù la matrioska con cui Laynie giocava sempre da bambina.

“Per farmi dispetto, molti anni fa, ti divertivi a svuotarmi la madre e a nascondermi le figlie nei posti più improbabili per farmi dare di matto.”

Era un ricordo dolce da condividere.

“Me lo ricordo!”

Le matrioske erano inscindibili, proprio come i componenti di una vera famiglia.

“Sai cosa ho capito in questi mesi? Che scappare da un problema è come intraprendere una corsa che non potrai mai vincere!”

“Già. Anche io mi sono sentito così. Mi sento perso, smarrito ancora adesso ogni volta che devo andare in ospedale per i controlli di routine. Quando torno ad Everwood ho bisogno di un paio di giorni di assestamento per essere certo di appartenere ancora a questo posto!”

Il dolore di entrambi si era infranto contro il sorriso stentato di Colin, l’unica maschera che ormai si concedeva per nascondere le sue fragilità.

Era stato un aprirsi il cuore a vicenda, una condivisione così intensa che qualsiasi altra confessione sarebbe stata superflua.

“Allora, ragazza con la valigia, hai portato un po' di sabbia bianca della Florida al tuo fratellone?”

In un attimo si era ritrasformato nel Colin spavaldo e irresistibile di un tempo, una grande conquista.

Per tutta risposta Laynie gli aveva tirato addosso un telo da spiaggia.

“Oh ti ho portato anche questi da risciacquare. Belle ragazze vi si sono stese sopra come delle lucertole al sole!”

Le loro risate erano riecheggiate per la casa, colmando di gioia il cuore di Jim e Sharon.

Non c’era cosa più preziosa di avere, di nuovo, i figli sotto lo stesso tetto.

   
 
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