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Autore: foschi    26/08/2019    5 recensioni
[GaaLee]
«Ci vediamo presto, Gaara. Te lo prometto.» e gli regalò un bacio sulla fronte, lì dove c’era il tatuaggio che lui stesso si era disegnato anni addietro, racchiudendo quello che provava per lui: amore. Un amore dolce e paziente, che si era insinuato lentamente fra loro, crescendo finché tutte le difese erano cadute e loro si erano trovati nudi l’uno di fronte all’altro a scoprirsi reciprocamente.
Cap.1 - Sei tu la soluzione
Cap.2 - Fino a quando il sole non c’è
Cap.3 - Ti regalo la mia illusione ("Questo capitolo partecipa alla “Fast Challenge di Fandom Deserti: Occhi” del gruppo Facebook “Il Giardino di Efp”)
Cap.4 - E vorrei fuggire via, vorrei nascondermi
Genere: Angst, Introspettivo, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Rock Lee, Sabaku no Gaara
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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~ The secret boyfriend of the Kazekage ~

 

 

 

 

Titolo: ~ The secret boyfriend of th Kazekage ~

Raiting: Arancione

Genere: Angst, Introspettivo, Romantico

Personaggi: Sabaku no Gaara, Rock Lee

Avvertimenti: OOC

 

 

Ringrazio di cuore Sato, Arya Dream e Nao Yoshikawa per aver recensito il capitolo precedente! ** 

Che la giovinezza sia con voi ~ <3

 

 

 

 

 

~ Cap.2 – Fino a quando il sole non c’è

 

 

     

 

    Era un contatto tra labbra che non accennava ad esaurirsi, quello che univa i due giovani all’interno della stanza spoglia del Kazekage. Era un continuo schiocco di lingue che voraci, infrenabili, si scontravano, si accarezzavano, si univano, mischiando i sapori dei rispettivi proprietari.

Le mani tremanti di Gaara stringevano il collo del giubbotto di Lee; sembravano volerglielo strappare di dosso, volerlo lasciare nudo perché i suoi occhi languidi potessero godere del suo petto nudo e scosso dal respiro irregolare. Poteva sentire da lì il cuore che pompava sangue più velocemente del solito, come se stesse per fuoriuscire dallo sterno.

Era in quel tumulto di sensazioni, in cui il capo del Villaggio della Sabbia sentiva il proprio petto seguire un ritmo irregolare, che la soddisfazione di essere lui, e solo lui, a ridurre la Bestia Verde della Foglia in quelle condizioni gli faceva aprire un sorriso di vittoria sul volto appena colorato – era così intenso il candore della sua pelle che il rossore poteva solo sfumare una leggero rosa.

Si separò mordendo le labbra sottili e gonfie del ninja e leccandole con la punta della lingua, il sorriso che rimaneva lì, come fosse un invito ad andare oltre.

 

   Rock Lee guardò quasi con devozione l’altro, accarezzando con gli occhi di pece prima il volto, poi il corpo dell’altro, tornando poi a quelle labbra ancora umide e che chiedevano solamente di essere prese a morsi – e Lee avrebbe davvero voluto strapparle a morsi e godere dei suoi sospiri rochi.

Sapeva che la richiesta da parte del Ninja del Deserto, fatta mentre gli ultimi raggi solari allungavano le loro ombre creandone una singola, avrebbe portato a quella situazione e, ad essere onesti, era quello che intimamente sperava si realizzasse. Per questo colse l’invito che lo shinobi gli stava rivolgendo: senza indugiare, lo spinse sul letto alle sue spalle, bloccandogli i polsi sopra i ribelli riccioli rossi. Dio se era bello, il suo Gaara: il rosso dei suoi capelli gli ricordava il colore del fuoco della passione che ora li avvolgeva e che era lo stesso della giovinezza che professava sempre – ma d’altronde, cos’era la passione se non figlia della stessa giovinezza?

I suoi occhi acquamarina, ora lucidi e languidi, gli ricordavano due specchi d’acqua in cui avrebbe voluto affogare per sempre; le sue labbra, appena colorate dai baci, gli ricordavano due pesche mature e, assaporandole, gli fece piacere scoprire che avevano la stessa consistenza vellutata di quel frutto.

Gli piaceva Gaara, più di quanto potesse ammettere ed era orgoglioso che l’ex possessore del Demone Tasso avesse iniziato ad aprirsi a lui, ammettendolo inizialmente nella cerchia dei suoi primi amici e poi scegliendolo come compagno di vita.

Il suo sguardo da innamorato – così intenso e venerante, come quello di un artista che ammira il suo capolavoro – fu un momento attraversato da un velo di tristezza e stizza; odiava pensarci, soprattutto in quelle circostanze, quando potevano godere l’uno dell’altro nei rari momenti in cui erano insieme, ma ogni volta l’ombra nera di quella consapevolezza lo attanagliava, bloccandogli il respiro: perché? Perché dovevano continuare a nascondersi? Perché nessuno doveva sapere di loro due quando lui avrebbe voluto solo gridarlo al mondo intero? Perché, perché, perché… tanti quesiti e nessuna risposta, o meglio, una risposta c’era, ma lui si ostinava ad ignorarla; non riusciva ad accettarla anche se, ogni volta che andava a Suna, tutto sembrava urlarglielo: Gaara era il Kazekage che doveva provvedere al benessere del paese e questo significava mantenere relazioni pacifiche con il Villaggio della Foglia e gli altri Paesi. Se avessero saputo che il Kazekage aveva una relazione che poteva favorire i rapporti con Konoha a discapito degli altri Paesi,  la pace faticosamente conquistata si sarebbe frantumata e la morte di molti ninja, tra cui il suo caro amico Neji, sarebbe stata vana. Non potevano permetterlo, ma lo frustrava così tanto dover sacrificare la propria relazione per il benessere comune!

Poteva permettersi, almeno una volta nella sua vita, di essere egoista? No, a quanto sembrava no. L’unico compromesso era tacere e tenere tutto segreto, sperando che nulla si infrangesse, sperando che tutto sarebbe durato per sempre.

 

«Lee…» la voce di Gaara tradiva una nota di preoccupazione che lo riscosse: no, non doveva pensarci, non adesso che aveva un’eccitazione che gli premeva contro la stoffa dei boxer.

Il sorriso tornò a manifestarsi sul suo volto mentre le dita ora libere di Gaara accarezzavano con i polpastrelli quel petto sudato, disegnando le linee dei suoi muscoli lentamente, amandoli centimetro dopo centimetro. Amava ogni cicatrice che copriva quel petto: erano il segno indelebile del suo impegno nei continui e strambi allenamenti; erano il segno della sua dedizione al suo credo ninja; erano lo scopo della sua vita – anche se sapeva che il suo scopo numero uno era proteggerlo ed amarlo con tutta la forza della giovinezza, fino alla morte.

Sussultò appena le dita ruvide del maestro delle arti marziali si strinsero attorno alle sue, portandole poi alle labbra. Era grato a Rock Lee per il modo in cui lo amava: dolcemente e senza fretta, trasmettendogli con piccoli gesti tutto l’amore che provava.

«Ti amo.» e gli occhi di Gaara si sgranarono a sentire quelle parole; lacrime di commozione presero a rigargli silenziosamente le guance, prontamente raccolte dall’allievo di Gai che fece scivolare le labbra lungo il suo collo immacolato, mordendolo appena, lasciando piccoli segni rossi e facendo uscire gemiti al proprietario che man mano sentiva il contatto della fredda aria notturna a contatto con la pelle lasciata nuda dai vestiti che lentamente scivolavano via.

     Lee si fermò a guardarlo, divorandolo con i suoi grandi occhi colmi d’amore: ogni traccia della frustrazione provata prima era sparita ed ora le labbra potevano dedicarsi ai capezzoli rosa e turgidi dell’altro, gemiti sommessi uscivano dalle labbra socchiuse mentre gli occhi contornati da nere occhiaie profonde si serravano. A Rock Lee piaceva quella visione: lo inebriava, trasportandolo in una dimensione offuscata dal piacere intenso, confusa dalle loro voci che si univano, dai loro corpi che spingevano l’uno contro l’altro. Rock Lee amava far entrare il suo sesso in Gaara che non opponeva più alcuna resistenza, ma anzi, lo accoglieva dentro di sé, desideroso di riempire il vuoto che sentiva quando lui non c’era.

Era difficile per Gaara ammetterlo, ma amava quella comunione tra i propri corpi e non era pura retorica: in quel modo si sentivano l’uno parte dell’altro, si appartenevano completamente e se doveva morire, voleva che fosse in quel momento, fra gli spasmi, i movimenti repentini dei loro corpi; fra le labbra che si rincorrevano, fra il sesso di Lee che si faceva strada in lui, sempre più grosso e duro. Avrebbe voluto morire fra le mani che sfregavano il suo membro turgido, stuzzicandolo e masturbandolo; avrebbe voluto fosse dopo le ultime stoccate, quando venivano insieme, l’uno gridando il nome dell’altro, avvinghiati in un abbraccio dove le braccia di uno erano l’ancora del compagno.

   Fu solo dopo interminabili secondi - in cui erano rimasti, sudati ed ansimanti, abbracciati; le dita di Lee che giocavano con i riccioli rossi, la brezza notturna e fredda, figlia dell’escursione termica, che si infiltrava dalla finestra accostata e che non riusciva a raffreddare i loro corpi bollenti - che Lee scivolò al fianco del capo villaggio, permettendogli di baciare il petto che ora si muoveva regolarmente e le cicatrici che tanto amava, scivolando poi in un sonno ristoratore.

 

 

*****

 

 

    Gaara accarezzava il posto vuoto accanto a sé, seduto con le gambe raccolte al petto, la schiena appoggiata alla parete di quella stanza piccola in cui si trovava l’indispensabile: un armadio, una scrivania, un comodino ed il letto dove poche ore prima avevano fatto l’amore.

Gli occhi avevano quella sfumatura triste di chi si era alzato al sorgere del sole senza il proprio compagno al suo fianco, pronto a dargli il buongiorno con il solito buonumore ed il sorriso a trentadue denti.

Rock Lee se ne era andato e lui sapeva perché non l’aveva svegliato: quell’arrivederci sarebbe stato più difficile da dire ed avrebbe compromesso tutto. Conosceva bene la loro posizione e non potevano rovinare tutto per la loro storia, anche se lo frustrava essere privato di quell’amore che finalmente conosceva e di cui non poteva mai fare a meno.

Gli aveva chiesto di restare con lui finché non fosse sorto il sole e così aveva fatto, lasciandolo poi con un bacio leggero sulla fronte ed un semplice biglietto che però recava quello che gli aveva ripetuto più volte durante quella serata: “Ti amo” .

«Ti amo anche io, Lee.» sussurrò prima di alzarsi e vestire di nuovo i panni del Kazekage, in attesa della prossima volta in cui si sarebbero visti ed amati.

   
 
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