Film > Il gobbo di Notre Dame
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Autore: Angelica Cicatrice    29/08/2019    2 recensioni
Clopin aveva dedicato tutta la sua vita nel donare il sorriso ai bambini di Parigi. Non desiderava altro nella sua umile vita da giullare della piazza. Eppure, qualcosa stava per stravolgere quella felice monotonia, e la paura di essere dimenticato o messo da parte ( per colpa dell'arrivo di un nuovo cantastorie ) lo avrebbe logorato. Per non parlare dell'imminente giorno della Festa dei Folli. I due giullari si sarebbero scontrati in un duello all'ultimo spettacolo? O sarebbe accaduto qualcosa di assolutamente inaspettato da far rovesciare gli eventi? Il re degli zingari non si era mai posto il quesito: e se esistesse, in questo mondo folle, una persona come me ?
Genere: Commedia, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clopin, Nuovo personaggio
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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                                                                                     Lo specchio dei ricordi

Tutto sembrava essere tornato alla calma totale. Il sole splendeva alto nel cielo, con i cinguettii degli uccelli, e l'aria frizzante di fine inverno. Eppure, nessuno, compreso gli animi più temerari, avrebbero dimenticato quel rogo nel bel mezzo del piazzale. Specialmente i bambini, che avevano assistito con terrore a quello scempio, si sentivano tristi e amareggiati.
Erano stati portati via gli ultimi pezzi di legno, completamente neri e carbonizzati, che un tempo facevano parte del teatrino mobile, e che ormai non c'era più. Era un giorno di lutto per i piccoli di Parigi. Una bambina di otto anni, con i capelli
color grano divisi in due trecce, si avvicinò al centro della piazza, osservando con occhi arrossati quel poco che rimaneva della cosa più bella e festosa dell'intera città. Cosette, ignorando i richiami di sua madre, raccolse per terra un oggetto che doveva essere un pupazzetto. Il petit Clopin era sporco di cenere, ma almeno era ancora integro. Allora, la piccina lo abbracciò mentre un'altra lacrima le scivolò sulla guancia. 
- Clopin, dove sei? - disse a bassa voce Cosette, guardandosi attorno, come se sperasse che il suo amico giullare sbucasse da un angolo, allegro e gioioso come sempre.

PV Roxanne

" Questo calore mi brucia la pelle! Mi sento soffocare...il fumo mi brucia gli occhi, e la gola chiede aria fresca...
Dove sono? Questo è l'Inferno?! Cosa sto cercando?...Di certo una cosa a me tanto cara...sì, Lui...tra le lingue di fuoco che danzano frenetiche, eccolo lì, privo di coscienza sul pavimento. Non curante del peso, lo trascino via con me, in un disperato tentativo di uscire da quella fornace. La mia voce, offuscata dalla tosse, cerca di farsi sentire, per attirare l'attenzione di qualcuno, fuori dal carretto in fiamme. Aiuto...aiuto!...Ma nessuno arriva...Allora finisce così?
Tutti gli attimi, tutte le emozioni provate, tutto ciò che abbiamo vissuto insieme. Tutto quel tempo prezioso in cui abbiamo coltivato, il nostro legame, verrà spazzato via, insieme alle nostre fragili vite. Ormai sento il calore del fuoco così vicino da bruciarmi la pelle. L'uscita mi sembra così lontana, nonostante sia a pochi passi da noi. Il fumo mi offusca la vista e non smetto più di tossire. Ancora qualche secondo e sento che perderò i sensi...ma non posso arrendermi ora...
No, proprio quando finalmente avevo trovato il coraggio di aprire il mio cuore a te...
Oh, Signore, sarebbe una vera ingiustizia abbandonarci proprio adesso...
Non c'è più tempo né per le preghiere, né per lo sconforto...usciamo insieme da questo Inferno...Andando praticamente alla cieca verso la salvezza, il mio piede finì nel vuoto, poi un dolore straziante, e una caduta che mi sembrò interminabile... infine, la mia coscienza mi abbandonò. Un suono particolare mi risuonava nelle orecchie, così acuto da farmi girare la testa. Era il belare di una pecora o di una capra"
I miei occhi si spalancarono, come se mi fossi svegliata da un incubo. Mi guardai attorno e per un primo momento non vidi altro che candele. Tante fiammelle che mi circondavano per darmi luce e calore. Sentì nuovamente belare, ma più forte stavolta.
Mi girai in direzione di quel verso e vidi una capretta saltare e dimenarsi come impazzita. Era Djali. Il rumore degli zoccoli era così forte da far accorrere qualcuno. Esmeralda.
- Djali, che c'è? Oh, Roxanne, mon ami, grazie al cielo ti sei svegliata! - disse la mia amica, che si precipitò subito da me.
Mi trovavo nella sua tenda, alla Corte. Cercai di muovermi e mettermi seduta, ma dei dolori atroci alle spalle e alla schiena non me lo permisero. Era in realtà, bruciore. Esme mi tenne distesa. Ero su una specie di brandina, probabilmente per evitare di farmi dormire sui cuscini, sul pavimento. 
- Non muoverti, cherì, sei ancora debole. Inoltre hai anche una caviglia slogata - mi spiegò, mentre mi metteva un fazzoletto di stoffa bagnato sulla fronte.
Cercai di capire cosa mi fosse successo, ma non riuscendo a vedere molto chiesi:
- Cosa mi è successo? Mi brucia tanto la pelle...-.
La zingara stava preparando delle bende, ma non tardò a darmi la spiegazione.
- Ieri sera ti sei gettata contro il fuoco, nel carretto di Clopin...ti sei presa delle brutte ustioni e sei probabilmente inciampata, mentre tentavi di uscire fuori. E' stato Febo a trovarti per terra lì vicino e ti ha portata via. Hai rischiato grosso, ragazza mia. Meno male che te la sei cavata e che hai avuto la forza di scappare, trascinandoti anche Clopin -.
Appena udì quel nome, una nuova ansia mi fece tentare di alzarmi dalla branda, ma la testa mi faceva troppo male.
- Dov'è...dov'è Clopin? E' vivo? - chiesi, come se fossi stata in preda a una sorta di delirio. Esme mi accarezzò la testa, e cercò di calmarmi, tenendomi distesa. 
- Stai calma. Non devi preoccuparti, anche lui è stato portato via. Ora è nella sua tenda, qui vicino. Se non fosse stato per te, Roxanne, se tu non ti fossi gettata in mezzo alle fiamme per portarlo via, non credo che lui sarebbe sopravvissuto - confessò Esmeralda, e per la prima volta, mi sembrò di vedere i suoi occhi colmi di lacrime. 
- Voglio vederlo, ti prego...- la supplicai, con la voce velata, come se non avessi abbastanza fiato. Ma lei scosse il capo.
- Non è possibile, mia cara. Ora non ti trovi nelle condizioni migliori per farlo. E mi sembra giusto dirti tutta la verità. Ha riportato molte più ferite di te, molte ustioni, e per questo ce ne stiamo occupando io e le guaritrici. Inoltre, ora come ora... - fece una pausa, stranamente titubante - lui non può né parlarti, né ascoltarti. Ha perso conoscenza e ancora non si è risvegliato -.
Ci fu un momento di silenzio, mentre nella mia testa rimbombava quella notizia. In me c'erano emozioni contrastanti; se da una parte ero sollevata che Clopin si fosse salvato ed era lì, a pochi metri da me, dall'altra ero così preoccupata. Ma Esme mi prese le mani e con un sorriso cercò di tranquillizzarmi. Mi disse che non dovevo temere nulla, e che di certo si sarebbe risvegliato prima del previsto. Cercai nuovamente di convincere la mia amica a farmi andare nella sua tenda, ma lei fu irremovibile. Prima dovevo guarire dalle mie ferite, specialmente la caviglia. In effetti, non aveva tutti i torti. Non potevo neanche mettere il piede per terra, figuriamoci camminare fino alla tenda di Clopin. Perciò mi rilassai, e seguì il consiglio della zingara. 
Lei soddisfatta, mi poggiò la mano sulla fronte e guardandomi con aria materna mi disse:
- Grazie...grazie davvero, amica mia. Hai salvato il nostro re e.. - fece una smorfia tenera prima di aggiungere - e l'uomo che tanto ami -. 
Feci un lieve sorriso e in quel momento mi sentì meglio. Vero, ciò che mi consolava in quella situazione era di sapere che lui fosse sano e salvo. Esmeralda mi lasciò sola per farmi riposare, ma Djali rimase vicino alla branda, come se volesse vegliare su di me. Intenerita la incoraggiai a saltare, e lei mi raggiunse, accoccolandosi al mio fianco, come un tenero cagnolino.
Man mano, chiusi gli occhi, e mi addormentai serenamente. 
Passò un intero giorno, e io già non ne potevo più di stare intrappolata su quella branda. Desideravo uscire, muovermi, mettermi in piedi. Peccato che, secondo Esme e la donna che mi veniva a cambiare le bende, non ero ancora in forze per lasciare lo stato di guarigione. Erano tutti gentili con me, questo era certo. Ma passavo praticamente tutto il tempo ferma, e le ore erano fatte tutte di cambi di bende, nuovi impacchi freddi per le ustioni, e fasciature per la mia caviglia dolorante. Ogni volta che poteva, Esme veniva a trovarmi sia per controllare la mia situazione, ma anche per farmi compagnia, con il piccolo 
Zephyr. Mi preparava le sue buone tisane alle erbe e ai fiori d'arancio, e cercava di distrarmi in ogni modo.
Per quanto riguardava me, la prima cosa che facevo appena la mia amica mi dava la sua presenza, era chiedere di Clopin, e soprattutto chiedevo se si fosse risvegliato. Ma ogni volta lei mi rispondeva che non c'erano novità, e mi sentivo più amareggiata che mai. Per non parlare della mia sfrenata voglia di vederlo. Sentivo che magari, con la mia presenza, o con solo la mia voce, poteva riprendersi del tutto. Ma cercai di essere paziente, in fondo mi bastava un altro giorno e la caviglia sarebbe 
migliorata così tanto da permettermi di lasciare la tenda. Intanto, avevo ricevuto visite. Tutti gli zingari e le zingare, seguite dai loro bambini, mi vennero a trovare, portando perfino dei doni, come cibo, spezie e monili di ogni genere. Alcuni si inchinavano addirittura, e mi dedicavano ringraziamenti lodevoli.
- Ti ringraziamo, Monmouselle Roxanne. Lei ha salvato il nostro capo e re da morte certa. Vale la stessa salvezza della Corte e di tutti noi -.
Tutta questa venerazione mi metteva a disagio. Sembrava quasi che mi trattassero come una regina, e io non sapevo cosa rispondere, se non un semplice:
- Non ringraziatemi. Ho fatto solo ciò che sentivo di fare -.
A parte gli abitanti della Corte, vennero al mio cospetto anche Febo e Quasimodo. Il primo, dopo essersi accertato della mia salute, dovette farmi delle domande riguardo la sera dell'incendio. Voleva sapere se avessi visto qualcosa o qualcuno di sospetto, prima di arrivare alla piazza, o durante il salvataggio.
- No, non ho visto niente di strano. A dire il vero ero così presa dalla situazione che non ho fatto realmente caso a nient'altro. Mi dispiace, Febo, se non posso esserti d'aiuto - dissi, sentendomi così inutile. Ma Febo scosse il capo, con aria comprensiva.
- Non dirlo nemmeno, Roxanne. Tu hai fatto tantissimo. Sei stata molto coraggiosa. Nemmeno un soldato si sarebbe gettato tra le fiamme, come hai fatto tu -.
Notai Esmeralda dare un'occhiatina furba a suo marito. Lui le rispose con uno schiarimento di voce, e un mezzo sorriso modesto. Sembrava che stessero nascondendo un segreto speciale, e che solo loro due riuscivano a comprendere, in maniera così intima e loquace. Come li invidiavo. 
Non dimenticai di ringraziare il capitano per avermi portata via, dopo la caduta fuori dal carretto. Intanto Quasi prese posto accanto alla mia branda. Passò molto tempo con me, facendomi compagnia mentre mi mostrava come intagliava il legno (lo faceva non per vantarsi, era solo un trucco per tenermi con la mente occupata). Djali rimaneva, anche in quelle occasioni, vicino a me, sulla branda. Il bello è che non si allontanava neanche di notte, e dormiva al mio fianco mentre sprofondavo il viso sulla sua pelliccia calda e soffice. Il campanaro, oltre a intrattenermi, era sempre pronto ad ascoltarmi, e ovviamente gli raccontai di quella maledetta sera nei minimi dettagli. Non ne avevo ancora parlato con nessuno, e avevo bisogno di sfogarmi. Esmeralda aveva già troppi pensieri, oltre a doversi occupare delle mie ferite, e quelle del fratello, aveva pur sempre suo figlio a cui badare. Raccontai della paura, del dolore e di tutto ciò che avevo provato in quel momento. Inoltre, pensai a come si sarebbe sentito a pezzi il povero giullare, quando avrebbe saputo che il suo teatrino mobile era completamente distrutto.
Anche se non conoscevo i dettagli del suo passato, ero sicura che per Clopin fosse molto importante. Altrimenti non sarebbe stato il degno giullare del piazzale. Quasi mi ascoltava e mi donava parole di conforto, rassicurandomi che tutto sarebbe tornato come prima, e che quella brutta esperienza sarebbe stato solo un brutto, lontano ricordo. 
- Vedrai, sono certo che oggi, oppure domani, aprirà gli occhi, e la prima cosa bella che vorrà vedere, sarai proprio tu, cara amica - mi disse infine.
Quelle parole, così cariche di speranza e affetto, mi fecero commuovere, ma cercai ti trattenere le lacrime.
- E magari...sarà il momento adatto per dichiararvi - aggiunse timidamente, giocherellando con il pezzo di legno tra le mani.
Ormai non mi sorprendeva più se Quasi, o Esme o addirittura Febo, sapessero dei miei sentimenti per Clopin, oppure viceversa. Avevamo goffamente cercato di passare inosservati, in quel breve periodo fatto di sguardi languidi e gesti teneri, e invece era stato tutto inutile. Era così evidente. 
Sorrisi al mio amico campanaro, e solo allora capì che stava cercando di incoraggiarmi, proprio come aveva fatto Esmeralda qualche giorno fa, prima del gran disastro. Ero davvero fortunata ad essere circondata da tutti quei amici. Gli amici miei e del mio amato re degli zingari. Passò un altro giorno e finalmente riuscivo a vedere i primi miglioramenti. Le ustioni erano quasi guarite. Non mi davano più tanto bruciore, ma solo un lieve fastidio. Esme mi stava controllando la caviglia, e con felicità mi resi conto che non sentivo più dolore. Riuscivo ad appoggiarla al suolo, e con cautela potevo anche camminare. 
Forse ci voleva ancora qualche giorno perché tornasse come prima, e di certo non potevo fare le mie solite danze frenetiche. 
All'improvviso, una giovane donna, una delle guaritrici, entrò tutta trafelata, in cerca di Esme. Aveva un'espressione agitata.
- Esmeralda, corri! Clopin si sta svegliando! -. Appena la donna annunciò quella novità, per un attimo mi dovetti sorreggere alla mia amica. Un tuffo al cuore mi fece sussultare. Finalmente, e con tempismo perfetto direi! Io ed Esme ci guardammo con occhi colmi di gioia, e lei già sapeva cosa desideravo. Mi offrì il braccio, mi appoggiai e insieme ci incamminammo piano verso l'uscita. Mentre facevamo il tragitto, la guaritrice spiegò ad Esme che Clopin non aveva ancora aperto gli occhi, ma aveva da subito chiesto dell'acqua, con voce molto debole. Povero caro, pensai fra me e me. Si trattavano di pochi passi dalla tenda di 
Esmeralda, ma per me furono un'eternità. Intanto, il cuore batteva all'impazzata, nello stomaco aveva ripreso quel vortice di sbattiti d'ali, e nella mia mente si stava creando una scena dolce e romantica. Non avrei aspettato altro tempo, e non mi importava se ci fossero stati altri occhi e orecchie. Per me contava solo lui, e il nostro amore. Sempre se lui mi avrebbe accettata come sua degna compagna. Con calma e pazienza, arrivammo ed entrammo nella tenda color porpora. Mi resi conto che all'interno erano presenti i nostri amici, compreso Quasimodo, Febo e le guaritrici ovviamente. Esmeralda mi accompagnò fino a una branda, posta dietro al separé, in fondo alla stanza. Appena mi accomodai su un lato della branda, finalmente potei rivedere il mio giullare. Giaceva supino, con dei cuscini posti dietro alla schiena e al capo. Le braccia e le gambe erano quasi del tutto fasciate, per via delle gravi ustioni. Aveva anche qualche graffio sul viso, ma niente di serio. I suoi occhi erano chiusi, ma le palpebre sembravano lottare per potersi aprire. Sentì il suo respiro, un po’ affannato. Nella tenda regnava un silenzio incredibile. Nessuno dei presenti osava dire qualcosa. Perfino la capretta Djali non emetteva alcun verso. Tutti ci stavano dando il nostro tempo, nel pieno rispetto. Intanto, Esme era rimasta dietro di me, con una certa distanza, anche lei con rispettoso silenzio. Presi la mano destra di Clopin, e con grande emozione, cercai di chiamarlo:
- Clopin? Mi senti? - dissi, con voce calma. Finalmente, lui aprì gli occhi, e dopo tanto tempo, mi potei rispecchiare in quelle pietre oscure.
Mi sembrava ancora stordito, ma era comprensibile. Gli sorrisi, e cercai di trattenere le lacrime dalla felicità. Volevo accoglierlo senza piagnistei.
- Bentornato...- dissi dolcemente, mentre gli stringevo la mano tra le mie. Lui non mi rispose, ma rimase ad osservarmi per qualche minuto. Con molta probabilità, stava ancora razionalizzando l'accaduto, e decisi di dargli tutto il tempo.
A un certo punto, però, fece sbattere per due volte le palpebre. 
La sua fronte cominciò a corrugarsi e i suoi occhi sembravano un misto tra confusione e stupore.
- Chi...chi sei, tu?.. -.

                                                   " Hai incontrato me, e ho guardato te. 
                                                  E' cominciato l'amore. La vita cambia noi,  
                                                   cambia le cose e ora so quanto si soffre*"


Nella tenda era calato un silenzio più rigido di quello di prima. Trattenni il respiro, mentre la mia mente non era riuscita ancora a dare un senso a quella domanda. Studiai lo sguardo di Clopin; era decisamente spento, impassibile, confuso, ma con una freddezza che mi fece spaventare.
- Sono io - dissi, pensando che fosse solo una crisi momentanea. Udii al di là del separé un bisbiglio del tipo:
- Poverino, lo shock deve essere stato troppo forte -. Sì, doveva essere per forza così.
Clopin continuava a fissarmi, e faceva vagare gli occhi su ogni lineamento del mio viso. 
- Non credo...di conoscerti - disse lui, con una voce debole, ma priva di calore. Sembrava non essere più lui. E perché diceva di non conoscermi?
All'improvviso, una terribile ansia si impadronì di me, mentre lui staccò via la mano dalle mie. Che freddezza! Per un attimo, mi girai verso Esme, che anche lei del resto, sembrava stupita quanto me. Ma io non volevo cedere. Tornai a guardare il mio giullare, e cercando di stare calma, con uno dei miei migliori sorrisi, ci riprovai.
- Certo che mi conosci. Sono Roxanne -. Mentre dissi questo, avvicinai le dita al suo mento. Per via del fuoco, buona parte del pizzetto si era bruciata. Cominciai a solleticarlo come facevo di solito.
- Che fai?...Quanta confidenza! -. Fu un attimo fulmineo, ma che mi spiazzò del tutto. Con una mano aveva allontanato le mie dita, colpendole con tanto sgarbo che rimasi atterrita, con gli occhi fissi nel vuoto. Non una parola, né una lamentela, neanche un sospiro uscì fuori dalle mie labbra. Mi sentì come se mi avessero colpita in pieno petto, e avevo giusto quei pochi secondi per razionalizzare che stavo per morire, cadendo a terra come una pera. 
In quel momento, la mia amica Esmeralda mi venne incontro, evidentemente shoccata anche lei. 
- Esme!...Oh, sorellina mia...meno male sei qui - disse poi Clopin, appena vide sua sorella. Avevo la testa confusa, ma non osavo dire nulla. Esme mi sussurrò all'orecchio " Vieni con me, dobbiamo parlare ". Poi fece un cenno a una delle guaritrici e questa si mosse subito raggiungendo la branda dietro al separé. Mentre mi lasciavo guidare dalla mia amica, percepivo gli sguardi di compassione, tristezza e confusione degli altri su di me. Esme mi riportò alla sua tenda e mi fece sedere sulla mia branda personale. Ero in uno stato quasi catatonico, ma ero comunque cosciente. 
Perché Clopin non mi riconosce? Esme si sedette sul tappeto e mi guardò con aria amareggiata. Cominciai a sospettare che sapesse cosa fosse accaduto.
- Cosa gli è successo?...Non è più lo stesso Clopin che conoscevo - dissi, dando finalmente sfogo ai miei pensieri. Rivolsi gli occhi verso la zingara, come se la stessi supplicando con lo sguardo di avere una spiegazione. Esmeralda non tardò, e dopo aver fatto un lungo respiro, cominciò:
- Roxanne, speravo tanto che i miei sospetti non fossero reali, ma temo proprio che Clopin abbia perso la memoria -. Cosa? Non era possibile...
- Per essere precisi, una parte della memoria. Quella collegata agli ultimi periodi che ha trascorso...con te -. Rimasi ammutolita, mentre la mia mente si rifiutava di accettare una simile situazione. Era tutto assurdo. Mi presi la testa tra le mani e sentivo che mi stava ricominciando a girare. 
- Come è potuto succedere?...- chiesi, mantenendomi la testa con entrambe le mani. Esme si alzò e mi fece sdraiare sulla branda, per evitarmi un ennesimo mal di testa. Dopo di che, rimase seduta al mio fianco.
- Una spiegazione sarebbe che, chi ha provocato l'incendio, lo abbia colpito con qualcosa sulla nuca. Questo spiegherebbe come mai lui si trovasse lì dentro. In fondo tu stessa lo hai trovato svenuto nel carretto. Questo deve avergli provocato la perdita della memoria - mi spiegò, mentre io mi tenevo la fronte con una mano. Per me era tutto confuso e assurdo. Ma ancor di più, trovavo tutto così surreale. Non riuscivo a crederci.
- Perché...? - dissi, coprendomi il viso con le mani, esasperata da ciò che speravo fosse solo un incubo. Esmeralda cercò nuovamente di aiutarmi, dicendomi che non dovevo disperare. Clopin avrebbe magari recuperato la memoria nei prossimi giorni, quindi c'erano buone speranze che si sarebbe ricordato di nuovo di me.
- Per il momento meglio lasciarlo riposare ancora. Anche se ha ripreso conoscenza si deve riprendere e le ferite rimarginarsi. Cosi, nel frattempo, anche tu potrai avere un po’ di tempo per te stessa, e guarire completamente -. 
Riflettei un attimo su quel consiglio, e in fondo non mi sembrava così malvagio. Mi ero preoccupata per Clopin perché non si era svegliato, ma almeno adesso potevo stare più tranquilla. Il resto non era di così vitale importanza. Avrei aspettato, almeno fino a quando non si sarebbe rimesso in piedi. Decisi allora che nei giorni seguenti avrei cercato di astenermi nell'andarlo a trovare. La mia presenza, cioè quella di una perfetta sconosciuta, lo avrebbe solo agitato. Così passarono altri tre giorni, e per me fu un vero calvario. Avevo ripreso a camminare come si deve, e riuscivo a fare le mie perfette piroette. Le ustioni erano scomparse, quindi potei rinunciare alle fasce. Ciò che però era rimasto immutato era il dolore nel mio cuore. 
Ogni volta che passavo nei pressi della grande tenda purpurea, avevo un gran desiderio di entrare, anche giusto per dare un'occhiata. La cosa che mi faceva tanto soffrire, era il fatto che eravamo così vicini, ma io non potevo avvicinarmi per evitare nuovamente qualcosa di spiacevole. La mente mi riportava a quel preciso istante, quando mi aveva allontanata con la mano, come se quello che avessi fatto gli avesse procurato solo fastidio. Per questo, non osavo entrare.
"Porta pazienza, Roxanne, e vedrai che tutto si aggiusterà" dicevo a me stessa. Nel frattempo, dato che non mi era possibile lasciare la Corte dei Miracoli per un po’, avevo pur sempre il mio teatrino (e pensare che era stato Clopin stesso a farlo portare lì, dopo l'incendio alla taverna di Marcel).
Avrei potuto fare dei spettacolini per intrattenete i bambini, e così facendo mi sarei distratta anche io. Trascorsi i tre giorni, stavo riprendendo il mio solito ritmo e dopo aver messo in scena il primo spettacolo, mi cambiai, e indossati gli abiti formali, uscii dal carretto. Vidi alcune donne fare il bucato, e altre che stavano preparando il pranzo. Pensai che fosse una buona idea aiutarle. Da parte loro non volevano recarmi disturbo, ma io insistetti. 
Da quando ero diventata l'eroina della Corte, tutti erano molto gentili, e mi trattavano sempre come un'ospite d'onore. 
- Sono comunque una zingara come voi, e credo che debba fare anche la mia parte - spiegai alle donne, mentre mi sfilai i guanti e mi preparai a stendere il bucato. Ammetto che lo facevo non solo per solidarietà, ma anche per tenere la mente occupata. Tutte le zingare mi guardarono con ammirazione.
- Siete così bella, e tanto buona, Roxanne - mi disse una di loro. Era una delle guaritrici che si era presa cura di Clopin nei primi giorni. Aveva capelli castani legati in una treccia lunga, carnagione olivastra e occhi color nocciola. Doveva avere più o meno 25 anni. Si chiamava Michelle. Io le risposi con un gran sorriso di gratitudine, e la aiutai nelle faccende. Dopo aver terminato, mi invitò nella sua tenda, di un bel colore giallo oro.
Accomodandomi, vidi che non eravamo sole; su un giaciglio di paglia c'era una capra adulta, con il manto nero, le corna ondulate, e gli occhi dorati. Stava mangiando alcune foglie verdi e fresche. Nonostante fosse una capra grane e grossa, sembrava davvero dolce e mansueta.
- Lei è Topazia - mi disse Michelle, mentre si avvicinava per coccolarla, abbracciandole il collo.
La capra belò, fissandomi, come se mi stesse salutando. Che dolce.
Michelle mi chiese se desideravo un po’ di latte, e io fui lieta di accettare. Subito vidi la mia nuova amica accarezzare la pancia della capra, e quest'ultima si alzò sulle zampe. Michelle allora, prese una ciotola e mettendola sotto il ventre di Topazia, cominciò a mungerla. Era la prima volta che vedevo una cosa simile, e mi divertì ad osservare con attenzione. Una volta finito, la zingara fece scaldare il latte, e poi ci aggiunse una goccia di miele. Mi porse la ciotola e assaggiando lo trovai delizioso. Passammo un po’ di tempo chiacchierando del più e del meno, e Michelle mi parlò della sua famiglia, in cui tutti, bene o male, erano guaritori. Quel racconto, mentre lasciavo che il calore del latte mi scaldasse, mi aiutò a distrarmi e a non pensare ad altro.
Ma non durò molto, perché sentì la voce di Esmeralda e di Febo, fuori la tenda. Stavano cercando me. Appena entrarono, vidi le loro facce alquanto serie.
- Roxanne, eccoti! Vieni con noi - mi disse Esme, facendo poi un saluto col capo rivolto a Michelle. Con una certa ansia mi alzai dai cuscini.
- Che c'è? Si tratta di Clopin? - chiesi, preoccupata. Febo intervenne con aria calma.
- In effetti sì, ma tranquilla, lui sta bene. Anzi fin troppo bene - cominciò a spiegare - vuole alzarsi dalla branda e andare al piazzale per lavorare -.
Rimasi sbigottita da quella notizia. Andare a lavorare? Per un attimo pensai di aver capito male.
- Ma non è possibile! A parte la situazione, come crede di fare, dato che... - non riuscì a terminare la frase che Esme mi bruciò sul tempo.
- Che non ha più il suo carretto. Il problema è che lui non lo sa ancora -. Spalancai gli occhi. Mon Diè, ed ora? Clopin doveva assolutamente sapere la verità.
I due mi presero con loro, e mentre ci avviavamo fuori, Esme mi disse:
- Non gli abbiamo detto nulla finora per evitargli emozioni forti. Ma adesso che si è ripreso dobbiamo farlo. Anche se questo mi spezza il cuore -.
Potevo capire cosa intendeva. Anche io non avrei avuto il coraggio di dare una notizia così devastante. Durante il tragitto verso la tenda reale, mi sentì sempre più ansiosa. Quando entrammo, davanti a noi c'era il re degli zingari pieno di energie e con le poche fasce sulle braccia, che cercava di liberarsene.
- Ehi, cognato, sei arrivato giusto in tempo. Sto per tornare a lavoro. Vuoi forse scortarmi al piazzale perché temi che dei sprovveduti possano farmi la pelle?- disse lui, con il suo solito modo frizzante. Vederlo in quel modo, mi fece sentire così sollevata. Nonostante ciò che aveva passato, era in piedi e pieno di vita. Non mi importava se mi stesse ignorando completamente, ero felice di vedere che stava bene. Febo tossicchiò e prese la parola: 
- Clopin, a tal proposito c'è una cosa che dobbiamo dirti. Vedi, durante l'aggressione, le fiamme hanno distrutto completamente il tuo teatrino mobile - disse tutto d'un fiato. Mi sembrò quasi incredibile come Febo fosse riuscito a confessare senza indugi.
I miei occhi erano fissi sul re degli zingari. Aveva appena smesso di tirare le fasce e aveva un'espressione persa. Poi tutto ad un tratto, ridacchiò, e guardando Esme disse:
- Tuo marito sta scherzando, vero?  -. 
Il mio stomaco si stava chiudendo per l'ansia. Povero mio adorato.
- No, mon cherì, è tutto vero. I tizi che ti hanno aggredito, hanno dato fuoco al tuo carretto. Non si è salvato nulla - proferì Esmeralda, con voce turbata. In quel momento lessi negli occhi di Clopin l'incredulità, smarrimento, e qualcos'altro. Dolore.
Si lasciò cadere sulla branda, e mentre era seduto, fissava nel vuoto, mantenendo la testa china. Io trattenni il respiro, poi guardai Esme; portò una mano sulle labbra, e potei vedere i suoi occhi verdi colmarsi di lacrime.
Anche io ero sul punto di piangere. 
- Clopin...- disse la gitana con la voce rotta da un pianto che sarebbe scoppiato lì per lì. Ma con mia grande sorpresa, lui alzò il capo, e con un'aria calma disse:
- Suvvia che sono quelle facce?! Era solo un carretto -. Pronunciò quelle parole con una spontanea tranquillità, che quasi mi spaventò.
- Posso sempre continuare a esibirmi per le strade, come in passato. Ho ancora le gambe e non ho certo perso la voce. Quindi, niente paura! - continuò, saltellando vistosamente sul posto. Se da un lato mi sembrava davvero tranquillo, avvertivo qualcosa di strano. Ero sicura che stesse sdrammatizzando tutto.
- Ma per te era così importante... -. Quella frase mi uscii dalle labbra come in automatico. Ma era ciò che pensavo. Gli occhi di Clopin, scuri come la notte, si posarono su di me. Un tempo avrei trovato tenerezza languida in quelle perle, ma lì in quel momento, c'era solo un misto di irritazione e fastidio. La tipica espressione di chi pensa " E tu che ne sai, piccola egocentrica ficcanaso? ". Mi morsi le labbra e cominciai a sudare freddo.
- Gentile Mademoiselle - cominciò, lentamente e con tono tenue - sono lieto di sapere che nonostante non ti conosca, tu abbia tanto interesse per il mio benessere. Ma come vedi sono perfettamente in grado di gestire la situazione. Quindi ti prego di non immischiarti nelle faccende che non ti riguardano -.
I miei occhi tremarono e mi sembrò che qualcuno mi avesse dato un sonoro schiaffo. Esmeralda emise un sussulto e poi intervenne per difendermi:
- Clopin! Sappi che se non fosse per questa donna, tu... -. Ma io la fermai, facendo sentire la mia voce seria.
- Non importa Esmeralda...ha ragione -. Avevo abbassato lo sguardo e non riuscivo a guardare nuovamente Clopin negli occhi. Tanto sapevo cosa pensasse di me. Per lui, ero solo una zingarella straniera, sbucata fuori dal nulla, così presuntuosa nel andare a dire in giro che era amica stretta del re dei gitani. Senza dire altro, mi voltai, e uscii dalla tenda. Senza badare al resto, cominciai a correre senza fermarmi. Appena arrivai al mio carretto, posto in un angolo, mi chiusi dentro, e cominciai ad ansimare. I miei occhi vagarono nello spazio, così buio e silenzioso. Ma la mia mente, plagiata dai sentimenti che provavo, mi fece vedere tutt'altro. Su quei cuscini, posti sul tappeto color vinaccio, rivedevo una me stessa tra le braccia di Clopin.
Lui mi cullava come avrebbe fatto con una bambina indifesa. E con parole colme d'affetto, mi sussurrava
" Posso tenerti con me? ". E allora non riuscì più a trattenermi.
Corsi e mi gettai in mezzo a quei cuscini, scoppiando in un pianto liberatorio.
Signore, perché mi hai fatto questo?
Perché mi hai donato una cosa così bella, e poi me l'hai tolta ancor prima di poter essere felice?
Clopin, non riuscirà più a ricordarsi di me. Mai più...
Piansi a dirotto per tanto, tanto tempo. Non avevo mai pianto in quel modo in vita mia. Nemmeno quando la mia povera madre morì e una parte di me se ne era andata. Forse perché, anche in quel momento, avevo perso un pezzo della mia anima. Passò il tempo, e quando non ebbi più lacrime da versare, mi sentì stremata e rimasi su quel tappetto, stringendo al mio petto un cuscino. " No, non voglio perderlo. Non posso e non voglio " mi dissi dentro il cuore. Gli occhi gonfi si chiusero e sentivo che presto il sonno mi avrebbe trascinata con lui. E nei miei sogni stavo rivivendo tutti gli istanti di gioia vissuti con il re del piazzale.


                                                        "È triste che le farfalle di felicità 
                                                               non volino più tra noi.
                                                          Ascolta il cuore e le sentirai.
                                                       Se mi manchi guardo lo specchio dei ricordi
                                                               e ti vedo col sorriso.
                                                               Il nostro primo bacio, 
                                                           eri timido ma me l'hai dato 
                                                         con brividi sulla pelle, e lo sai 
                                                    che nessuno non ti ruberà mai il ricordo di me*"


Per tutto il resto della giornata, nessuno rivide la violinista nei paraggi della Corte. Roxanne era chiusa nel suo teatrino, a fare sogni e a coltivare speranze. Risvegliandosi, si asciugò il viso e con fermezza si fece una promessa. C'è un tempo per piangere, ma anche un tempo per rialzarsi. C'è un tempo per sfogarsi e un tempo per reagire. Lei avrebbe reagito. Clopin le aveva insegnato di essere determinata nelle sue scelte, di combattere per ciò che desiderava. Quindi, avrebbe fatto di tutto per fargli tornare la memoria. Anche a costo di farsi odiare, non si sarebbe arresa. Sarebbe riuscita a riavere indietro il suo re dei giullari, e avrebbe portato a termine il suo sogno d'amore. Lo giurò in nome della sua famiglia, i gitani della falce lunare.
Strofinò quel monile a mezzaluna tra i polpastrelli, e pronunciò quella promessa con la voce dell'anima.   
  

Angolo dell'autrice:
Buonasera! Ecco un altro capitolo appena sfornato, e con tutto questo caldo direi XD Comunque...non so se sopravvivrò dopo questo, perché credetemi, non era nei miei piani la perdita della memoria di Clopin ^^'''. Ma poi mentre scrivevo il capitolo precedente mi son detta " ci vuole qualcosa di mooolto tragico, almeno per spezzare tutto questo romanticismo smielato" inoltre è anche un ottimo modo per aprire una nuova fase della storia; dove Roxanne dovrà cercare di far tornare i ricordi a lui, e sarà come un nuovo modo per conoscersi, approfondire il loro legame e scoprire molte cose dell'una e dell'altro che non hanno riscontrato prima. E nel frattempo, dovranno vedersela con questa banda di malfattori. Quindi... per chi sperava già in un bel finale dove i due giullari si sarebbero dichiarati e non so, sposati, perdonatemi ma dovrete aspettare ^^''' Vedrete, le cose si faranno più interessanti <3 Ce la farà Roxy a far tornare i ricordi al suo amato Clopin? 

Nota: Quei versi al centro del capitolo sono parte di una canzone - Lo specchio dei ricordi - di Gosia Andrzejewicz, una cantante polacca. E vi giuro, avevo prima scelto il titolo (perché volevo qualcosa che rispecchiasse la situazione e il desiderio di Roxanne di far riaffiorare i ricordi di Clopin) poi ho scoperto che in effetti esiste questa canzone, e ascoltandola mi son resa conto quanto parlasse dei sentimenti della nostra protagonista ** 
Coincidenze? Io non credo XD Comunque andate su you tube e cercate questa canzone, è molto bella e poetica, adatta a Roxanne.
                                     
   
 
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