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Autore: ChrisAndreini    31/08/2019    0 recensioni
Misaki pensava che quello sarebbe stato l'inizio del più bel capitolo della sua vita, invece si trova catapultata in un incubo dal quale non vede via d'uscita.
Un hotel a 5 stelle isolato dal mondo, 16 studenti di enorme talento, un orso pazzo telecomandato da non si sa chi, tantissime regole che possono farti ammazzare e una sola che è davvero importante: Se vuoi uscire devi uccidere. E attento a non farti beccare.
Tra eventi con gli amici, freetime, omicidi, class-trial e moventi sempre più pericolosi, Misaki dovrà fare del suo meglio per restare in vita e proteggere le persone più care.
Ma attenzione, le apparenze raramente si rivelano realtà.
Genere: Introspettivo, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai, Shoujo-ai | Personaggi: Altri, Monobear, Nuovo personaggio, Sorpresa
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Spoiler!, Tematiche delicate
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Chapter 1: Drink, dance and forget your despair

Class Trial

 

-Tutti gli studenti si dirigano nel salottino privato vicino alla Hall- arrivò la voce di Monokuma.

-Non mi sembra un luogo abbastanza grande per un processo di classe con tutti quanti- commentò Misaki, con un groppo in gola e iniziando a sentire una grande tensione.

-Forse sbloccherà la porta dietro la tenda- rifletté Nowell, che al contrario si irrigidì, con una fredda determinazione.

Quando arrivarono nel salottino, erano già tutti lì, ad eccezione di Midge e Alan.

-Di solito sono i protagonisti gli ultimi ad arrivare. Qui invece si fanno sempre attendere tutti troppo- commentò la voce irritata di Monokuma, che comparve davanti alla porta dietro la tenda con un enorme orologio al polso che controllava.

-Eccoci, scusate il ritardo!- arrivò la voce di Midge, affannata e preoccupata.

-Perdonate, ma dovevo mettere le tazze a lavare- si giustificò il maggiordomo, sistemandosi i guanti.

-Bene, possiamo cominciare- Monokuma scoprì la porta, e la aprì.

Solo che al suo interno non c’era una stanza, ma un grande ascensore.

-Tutti dentro, vi porto alla sala del processo- li incoraggiò l’orso.

Nowell fu il primo ad entrare, e Misaki fece lo stesso, seguita poi dal resto degli studenti, chi più determinato, chi molto più incerto.

La friendship maker non sapeva bene come sentirsi. Ricapitolò nella sua mente tutto quello che aveva scoperto, e cercò di iniziare a collegarlo. Non c’erano ipotesi da escludere, non c’erano certezze.

Quello era il momento di agire, di mettere da parte tutto quello che sapeva fino a quel momento e pensare solo ai fatti nudi e crudi.

Prese un profondo respiro, e si preparò ad affrontare il suo primo processo di classe.

 

L’ascensore li portò in una sala davvero strana, dai motivi bianchi e neri che sembrava uscita da un set di silent hill. Al centro sedici palchetti erano disposti in modo circolare, e in fondo alla sala c’era un trono dove sedeva Monokuma, eletto giudice, giuria e boia.

Beh, solo giudice e boia, in realtà, dato che loro sarebbero stati la giuria.

Vista la confusione di Misaki, avrebbe preferito che quel ruolo lo ricoprisse Monokuma, anche se poi probabilmente sarebbero morti tutti quanti.

Ognuno di loro aveva un posto assegnato, e in uno dei palchetti c’era un pannello con una foto di Janine, cancellata da una X rosa sangue.

Era decisamente inquietante. Misaki cercò di ignorarlo mentre si metteva al suo posto, vicino a Leland e Ogden, troppo vicina e Monokuma per i suoi gusti.

L’orso era su un grande trono alle loro spalle, e sembrava al culmine della gioia, osservava con malefico divertimento soprattutto Godwin e Chap, che non si erano ancora ripresi ed erano cadaverici e molto spaventati.

Una volta che tutti furono al loro posto, Monokuma prese la parola.

-Bene bene bene. Iniziamo subito con una spiegazione del processo di classe. I vostri voti determineranno il risultato. Se capite chi ha commesso l’omicidio, solo egli riceverà la punizione. Ma se sbagliate, punirò tutti ad eccezione del vero colpevole, che sarà libero di andarsene e riceverà tutti i ricordi degli anni di scuola- spiegò brevemente.

-Tsk, non sarà così difficile. Sappiamo tutti che si tratta di suicidio, giusto?- obiettò Leland, sicuro di sé.

Misaki avrebbe voluto concordare, ma non ne era più molto certa, dopo tutti gli indizi raccolti.

-Se ne sei così certo vuoi rischiare la sorte subito?- lo provocò Monokuma, con un sorrisino che non faceva presagire nulla di buono.

-Prima di prendere decisioni affrettate sarebbe meglio analizzare tutti gli indizi- Misaki cercò di calmare gli animi e fermare Monokuma, che ridacchiò e acconsentì.

-Beh, che il processo di classe abbia inizio!- esclamò, su di giri.

-Innanzitutto decidiamo l’approccio…- prese le redini Sophie, che probabilmente aveva visto abbastanza serie TV o videogiochi su processi -…facciamo un processo alla Phoenix Wright o alla Law and Order?- chiese, con serietà.

-Come puoi paragonare questa situazione a una serie TV?! È morta una persona!- si indignò Midge, in tono piuttosto acuto e tremante.

-Non sto sminuendo, ma dobbiamo comunque capire da dove iniziare- cercò di giustificarsi Sophie. 

-Io direi di iniziare spiegando agli idioti che non l’hanno capito che si tratta di un suicidio quindi non c’è molto da indagare- prese la parola Leland, sistemandosi gli occhiali. Misaki gli lanciò un’occhiataccia.

-Mi va bene, discutere sulla causa della morte mi sembra un buon modo per dimostrare che si tratta di un omicidio, dato che Janine non si sarebbe mai uccisa- accettò la sfida Nowell. Sembrarono crearsi due fazioni: quelli convinti che si trattasse di un suicidio, tra i quali figuravano sia quelli che non credevano in Janine che quelli che non volevano credere che tra di loro ci fosse davvero un assassino; e quelli convinti dell’omicidio, tra i quali si mise anche Misaki, nonostante volesse credere a sua volta al suicidio.

-Cominciamo dal luogo del delitto: la sala da ballo- iniziò Leland, deciso a dimostrare la sua idea -Era chiusa al momento dell’omicidio, ed è contro le regole forzare una porta chiusa a chiave dal preside. Questo dimostra che non c’era nessuno con Janine al momento dell’omicidio, quindi è impossibile che uno di noi l’abbia uccisa. È un suicidio!- spiegò il suo caso.

-Obiezione!- esclamò Brett, convinto.

-Che Phoenix Wright sia- commentò sottovoce Sophie, ma abbastanza forte da farsi sentire da tutti.

-Non vedo l’ora di sentire cosa hai da dire, sicuramente non farà che confermare la mia ipotesi- Leland sorrise in tono di superiorità.

-Beh, qualcuno può essersi intrufolato, o essere rimasto dentro la sala pronto per uccidere e poi nascondere le prove e intrufolarsi in mezzo a noi dopo che le porte sono state sbloccate!- Brett era convinto della sua idea -E poi ho visto una ragazza scendere le scale verso la sala da ballo! Sono sicuro che sia lei l’assassina- disse poi, soddisfatto di sé.

-OBIEZIONE!- tuonò Sophie, puntando il dito come il famoso gioco di avvocati -Quella ragazza ero io!- esclamò poi, indignata.

-Ecco, abbiamo la colpevole. Ha appena confessato!- Brett la indicò con forza. Kismet, che era affianco a Sophie, si allontanò leggermente, squadrandola preoccupata. 

-Non l’ho uccisa io! Non l’ha uccisa nessuno! La porta era chiusa, e sono certa di aver visto tutti dopo l’omicidio!- si discolpò Sophie, furiosa.

-Dovremmo davvero credere alla tua parola? Sei un’assassina!- Brett non demordeva.

-Se Sophie fosse l’assassina non avrebbe motivo di mentire e dare a tutti un alibi. Inoltre è scesa dopo l’orario della morte, secondo la sua deposizione, ed è rimasta nella hall per tutto il tempo- Misaki diede man forte alla bionda, riflettendo.

-Tiè! Te l’ho detto che non sono un’assassina- Sophie mostrò un pugno verso Brett, che si ritirò.

Leland riprese la parola.

-Quindi nessuno era con Janine all’ora della morte. Enigma della camera chiusa. Nella maggior parte dei casi si tratta di un suicidio, a meno che non ci siano passaggi segreti o strani meccanismi. Monokuma, ci sono passaggi segreti?- si rivolse all’orso, che pensò un attimo prima di rispondere.

-Credi davvero che chiuderei le porte ogni sera se ci fossero passaggi segreti?- parlò a Leland come fosse un idiota.

-Appunto. E la pistola era nella mano di Janine, quindi è chiaramente la colpevole del proprio omicidio. Le prove sono tutte qui- concluse Leland, con ovvietà.

-Concordo che non ci fosse nessuno con lei al momento dell’omicidio- ammise Misaki. Leland sorrise soddisfatto -Ma non significa che qualcuno non l’abbia uccisa- aggiunse poi, prendendosi il mento con le mani e riflettendo sulla situazione.

-Cosa? Si è sparata un colpo in testa!- esclamò Leland, come se parlasse a una bambina di due anni.

-Potrebbe essere stato qualcuno a farlo. Ci sono molte faccende della scena del crimine che non sono chiare- intervenne Nowell, difendendo la teoria di Misaki.

-Il Monokuma file afferma che è morta per la ferita da arma da fuoco alla testa!- insistette Leland.

-Non è esatto!- esclamò Misaki, colta da un’illuminazione. 

-Come scusa?!- Leland incrociò le braccia.

-Il Monokuma File non esplica la causa delle morte. Dice solo l’identità della vittima, l’ora del decesso e le ferite- obiettò la ragazza, mostrando il Monokuma File.

“La vittima è conosciuta come Janine Edwards. L’ora della morte è tra mezzanotte e l’una di notte. Presenta una ferita d’arma da fuoco alla testa. Nessun’altra ferita degna di nota, ma del sangue è uscito dagli occhi e dalla bocca. Il corpo è stato ritrovato nella sala da ballo”

Leland rimase qualche secondo in silenzio. Tutti i ragazzi iniziarono a mormorare.

-Bel colpo- Nowell fece un occhiolino a Misaki.

-Non è detta l’ultima parola! È possibile che l’orso lo trovava troppo ovvio e non lo ha specificato- provò ad obiettare Leland, arrampicandosi sugli specchi.

-Pensi che vi sopravvaluti a tal punto?- ridacchiò Monokuma, rompendo le sue obiezioni.

Leland rimase in silenzio, riflettendo.

-Ma se non è morta per la ferita, come è morta?- provò a chiedere Winona, prendendo febbrilmente appunti. Da un lato Misaki avrebbe preferito che non lo facesse. Dall’altro era comodo avere qualcuno che teneva conto di tutto quello che stava succedendo. Sarebbe potuto risultare utile per eventuali incoerenze.

-Potrebbe essere stata avvelenata da qualcuno prima di rinchiudersi dentro. Forse con un veleno a lento rilascio- osservò Naomi parlando per la prima volta, in tono indifferente. Misaki fu molto sorpresa. Si aspettava che sarebbe rimasta zitta tutto il tempo, e poi che fosse dalla parte di Leland, nella fazioni di chi credeva al suicidio.

-Meh, ho controllato l’acqua che aveva, e  non c’era traccia di veleni- Pierce alzò le spalle, contraddicendola.

-E ieri non ha preso nulla ad eccezione di ciò che si era preparata da sola. Era molto paranoica- gli diede man forte Ogden, in tono mite.

Naomi non obiettò.

Era un punto di stallo.

Misaki cercò di pensare alla situazione da un altro punto di vista. Non doveva cercare di trovare l’arma del delitto, doveva solo dimostrare che non potesse essere il colpo di pistola.

Mentre rifletteva, Nowell riprese la parola.

-Tralasciando per il momento l’arma del delitto, ci sono moltissime faccende che non quadrano nella scena del crimine. Janine non girava mai senza tre cose: la chiave del cassetto, i bastoncini di cioccolato e l’e-Handbook. Tutte e tre cose che non aveva con sé al ritrovamento del corpo- cercò di far notare -Passi per la chiave che era nel cassetto e i bastoncini che potrebbe aver buttato: dove è finito il suo e-Handbook. Sicuramente l’ha preso l’assassino per non farci entrare in camera sua, visto che…- ma la deposizione convincente di Nowell venne interrotta da Midge, che alzò timidamente la mano.

-Ehm… Nowell… potrei averlo trovato io- ammise, in un sussurro.

Tutti si girarono verso l’orafa, che si ritirò nella sedia e tirò fuori un e-Handbook.

-Dove l’hai trovato?- chiese Winona, curiosa e pronta a prendere ulteriori appunti.

-Era in sala da ballo, a terra accanto al divano. Non sapevo di chi fosse. Non l’ho guardato per evitare di trasgredire alle regole, pensavo di chiedere dopo se qualcuno l’avesse perso. Non sapevo che quello di Janine non si trovasse- si spiegò Midge, il tono diventava via via più acuto mano a mano che parlava.

Nowell lanciò un’occhiata a Misaki, che ricambiò. Aveva controllato, non c’era prima. Probabilmente il killer l’aveva messo lì poco prima del processo per approvare l’ipotesi del suicidio.

-Beh… ok, forse l’e-Handbook le era caduto, ma ci sono altre cose strane nella scena del crimine: al suo quaderno mancavano dei fogli, e io e Misaki abbiamo trovato un messaggio minatorio in camera sua- Nowell tirò fuori il foglio con i ritagli di giornale “Stanotte verrai uccisa”.

-Come siete entrati in camera sua. C’è la regola che vieta di scassinare porte- osservò Ogden, sorpreso.

-Le porte chiuse dal preside, non dagli alunni- spiegò Nowell, come fosse cosa da nulla.

Monokuma ridacchiò.

-Scaltro il ragazzino- 

Nowell alzò gli occhi al cielo.

-Il biglietto spiega tutto. Qualcuno l’ha minacciata ed è riuscito ad ucciderla. Per questo era più paranoica del solito. Deve essere caduta dritta nella trappola di chiunque fosse il mandante- concluse la deposizione Nowell.

-Ma come hai detto tu, era più paranoica del solito, e ritorniamo al punto di prima. Qual è l’arma del delitto, se non si è trattato di un suicidio?- insistette Leland.

Misaki però era preparata per rispondere.

-Prima di definire l’arma del delitto, vorrei capire perché siete così convinti che sia un suicidio- chiese a Leland, con uno sguardo innocente.

-Aveva una pistola in mano, sangue a terra ed era chiusa dentro- rispose Leland ovvio.

-Perché il palmo sinistro è sporco di sangue?- chiese allora Misaki.

-Come?- 

-Il palmo sinistro è sporco di sangue. Era lungo il corpo, lontano dagli schizzi di sangue, eppure era sporco come se avesse messo la mano dritta dentro. Come è possibile se è morta sul colpo?- Misaki condivise la sua idea.

-Inoltre Monokuma afferma che sangue è uscito dagli occhi e dalla bocca, che era sporca di sangue secco. Può aver ingerito qualcosa che le ha provocato sangue alla bocca e agli occhi. Questo spiegherebbe anche la macchia trovata sul divano, che non avrebbe motivo di essere lì in un caso di suicidio-

-Potrebbe essersi ferita per sbaglio prima- provò a suggerire Leland, anche se iniziava a non sembrare molto convinto.

-Il monokuma file non riporta altre ferite- fece notare Misaki, zittendo Leland.

-Epistassi?- provò a suggerire Chap, riflettendo.

-Il sangue è uscito dalla bocca e dagli occhi, non dal naso, e non sono cose che accadono per casi naturali- intervenne Nowell.

-Perdonate, potrei avere la vostra attenzione un momento?- Alan interruppe agitato la discussione. In mano aveva l’e-Handbook di Janine, che aveva preso da Midge, accanto a lui, e acceso.

Tutti si voltarono verso di lui.

-Qui c’è scritto Irina Ivanova, Ultimate Secret Agent- spiegò, mostrando l’e-Handbook a tutti.

Ci furono alcuni secondi di puro silenzio, poi fu Nowell a prendere la parola, dopo un profondo sospiro.

-Era il suo vero nome, e il suo vero talento. Lo sapevo solo io. È anche il motivo per cui aveva una pistola- ammise.

Tutti lo guardarono sconvolti.

-Tu sapevi davvero molte cose, sai- disse poi Sophie, guardandolo con sospetto.

Misaki sgranò gli occhi.

Nowell roteò gli occhi, seccato ma non ferito dalle accuse.

-Se fossi il suo assassino non cercherei così fervidamente di scoprire il colpevole e sarei dalla parte del suicidio- cercò di scagionarsi.

-O potresti essere così deciso proprio per non sembrare colpevole!- ribatté Sophie.

-Va bene, credetemi il killer, mi va bene purché vi decidete che non è un suicidio e possiamo passare alle altre prove- tagliò corto Nowell.

-Inoltre vorrei far notare che essendo un agente segreto è impossibile che si sia trovata in una situazione talmente disperata da uccidersi. Aveva il sangue freddo e parecchia determinazione- aggiunse poi, incrociando le braccia.

-Magari si era rotta di essere quella con il sangue freddo e la determinazione- provò a suggerire Leland.

Nowell sembrava in procinto di gettarsi contro di lui.

-Tornando all’ipotesi di omicidio…-cercò di cambiare argomento Misaki, prima che qualcuno si facesse male.

-Le prove che hai presentato finora sono circostanziali. Poteva anche soffrire di sanguinamento, o forse si è morsa il labbro. O il sangue da occhi e bocca è uscito dopo lo sparo. Non prova nulla- tagliò corto Leland.

-Ma il palmo sinistro…- ripeté Brett, che non sembrava avere molte nuove idee ma sosteneva appieno quelle di Misaki e Nowell.

-Un momento… ma certo!- Nowell si tirò una pacca sulla testa.

Di nuovo monopolizzò l’attenzione degli studenti.

-Lei non può essersi sparata- disse con sicurezza -Perché era mancina

Misaki non ci aveva mai fatto caso, ma Nowell non aveva tutti i torti, scriveva con la sinistra e quando aveva visto la pistola era nel lato sinistro, pronta ad essere presa con quella mano.

Ma allo stesso tempo.

-Non è vero- obiettò Alan, scuotendo la testa -Ho preso nota durante i pasti della mano dominante di ognuno dei presenti per prendere nota di come apparecchiare per ciascuno, e ad eccezione del signor Dixon, della signorina Wright, della signorina Rossini e del signor Ellis 

sono tutti destrimani, compresa la signorina Edwards. Mangiava con la destra- affermò con sicurezza.

Le sue doti di osservazione da maggiordomo erano notevoli, non c’è dubbio.

-Era ambidestra, le attività semplici come mangiare le faceva con la destra, ma quando si trattava di attività che richiedevano la forza o che faceva di riflesso, come difendersi da un attacco o ballare o probabilmente anche puntare una pistola, usava la mano sinistra, la sua mano dominante- insistette Nowell.

Tutti iniziarono a rifletterci, e la maggior parte della sala concordò con Nowell.

-Chiedo perdono per l’interruzione. Ammetto le mie colpe- si ritirò il maggiordomo, con un cenno rispettoso del capo.

-Hai fatto bene a sollevare il punto, Alan- lo incoraggiò Misaki.

-Ok, forse non si è trattato di un suicidio, ma siamo comunque punto e accapo, qual è l’arma del delitto, e come ha fatto il killer a somministrargliela?- cercò di farli ragionare Leland.

-L’unico modo per uccidere qualcuno a distanza con assoluta certezza è con un veleno, non ci sono molte altre opzioni- osservò Misaki, alzando le spalle.

-Prima Robin Hood ha detto che Janine non girava mai senza e-Handbook, bastoncini di cioccolato e la chiave del cassetto- osservò Winona, rileggendo gli appunti. 

-Ma che non ha trovato i bastoncini di cioccolato nel corpo. Forse erano avvelenati e il killer si è sbarazzato delle prove- concluse Sophie per lei, capendo il suo ragionamento.

-C’era un pacco di bastoncini di cioccolato in più nel cestino, stamattina. È probabile che fossero l’arma del delitto- riferì Nowell. Misaki annuì per confermare, dato che era con lui quando li aveva visti.

-Ma come ha potuto scambiare i pacchi senza che lei se ne accorgesse? Se era un’agente segreto aveva riflessi molto allenati, se ne sarebbe sicuramente accorta- obiettò Kismet, poco convinta.

-Può averlo fatto in un momento in cui li mangiava. Sicuramente ieri sera, dato che ne finiva un pacco ogni poche ore. Perciò il luogo migliore era al party- suggerì Nowell, pensando agli eventi principali della festa.

-Un momento, ma se la vittima è stata avvelenata, la lista dei sospettati si restringe…- fece notare Sophie, eccitata -…alle persone che hanno preso composti chimici in questi giorni-

-Senza contare che la stessa vittima ha scritto degli elementi chimici nel suo blocco per appunti, sì- annuì Nowell, tirando fuori il blocco. Misaki prese il registro.

-L’assassino non può essere così sciocco. Avrà sicuramente cancellato il suo nome dalla lista. O forse ha scassinato il cassetto e ha preso quello che gli serviva- provò ad osservare Ogden, lanciando un’occhiata sospettosa a Nowell.

-Non credo. Sono piuttosto certo che l’assassino non avesse capito che il cassetto si potesse scassinare, e che non sia riuscito a nascondere le prove proprio grazie a Janine, che aveva chiuso il cassetto con la chiave dentro e l’aveva sistemato in modo che sembrasse chiuso- osservò Nowell, sicuro di sé.

-Come fai a dirlo?- chiese Winona, interessata.

-Credo che Janine abbia capito che qualcuno l’avesse avvelenata, e stesse cercando una soluzione- rispose Nowell.

-Come fai a dirlo?- ripeté Winona, sempre più interessata.

-Il bar era sottosopra, segno che stava sicuramente cercando di crearsi un antidoto, quindi ha avuto il tempo di sistemare tutto quanto- a questo punto intervenne Pierce, in tono indifferente -A proposito, che elementi chimici ha segnato?- chiese, sporgendosi verso Nowell. C’era solo Godwin tra di loro, perciò non fu difficile, anche perché Godwin continuava a rasentare uno stato di coma vigile.

As,C,O,P,S,Mg”. As, C e O sono cerchiati- illustrò Nowell, mostrandogli il foglio.

-Arsenico, Carbonio, Ossigeno, Fosforo, Zolfo e Magnesio. È una combinazione di elementi molto strana. Misaki, puoi darci i nomi delle persone che hanno preso qualcosa nel cassetto?- chiese Pierce a Misaki. Era strano quanto potesse sembrare indifferente a tutto e un attimo dopo estremamente professionale.

-Allora, Alan, Chap, Ogden, Pierce, Sophie e Midge. Ad eccezione di Chap e Sophie hanno tutti preso prodotti chimici- elencò Misaki, sentendo nuovamente la sensazione di familiarità. C’era qualcosa che le sfuggiva in quel registro. 

-Io so per certo di non aver preso questi elementi, o comunque niente di pericoloso. E poi so di non essere il killer quindi ok. Mi passi un attimo il registro?- Pierce chiese il registro a Misaki, che glielo passò. Poi la ragazza chiuse gli occhi, cercando di capire che collegamento ci potesse essere tra il registro e gli elementi chimici.

-Alan, hai qualcosa da dirci?- chiese Pierce, dopo aver osservato il registro per circa un minuto.

Il maggiordomo scattò sull’attenti.

-Cosa c’è?- chiese, cadendo dalle nuvole.

-Sei l’unico qui che ha preso qualcosa contenente arsenico. Che è cerchiato insieme al carbonio e all’ossigeno. L’hai uccisa tu?- chiese Pierce senza peli sulla lingua.

Sophie saltò sulla sedia.

-Il colpevole è il maggiordomo?! Sarebbe un meme!- esclamò, battendo le mani eccitata.

-Tralasciando che è uno stereotipo che non si rivela mai vero, signorina Wilkinson, non sono stato io ad uccidere la signorina Edwards. Non ho le competenze chimiche necessarie e con tutto il dovuto rispetto non credo che le avesse anche lei, non era nemmeno una vera botanica e dubito fortemente che potesse identificare cosa la stesse uccidendo- Alan mantenne la calma, ma i suoi occhi divennero due fessure.

-Mi sembra una buona difesa- Pierce alzò le spalle e lasciò perdere.

-A me no. Hai preso l’arsenico, Alan Smith, cosa ne hai fatto?!- chiese Nowell, sospettoso.

Questa associazione fece scattare qualcosa in Misaki, che aprì gli occhi di scatto ed esclamò uno strano -AS!- che fece girare tutti verso di lei, confusi.

Lei, che guardava tutti orgogliosa come se avesse rivelato l’assassino, rimase sorpresa che nessuno avesse capito cosa intendesse.

-AS, Alan Smith. C come Cheyenne, O come Ogden, P come Pierce, S come Sophie e Mg come MidGe- spiegò. Molti studenti si accesero con consapevolezza.

-Non stava scrivendo i prodotti chimici, ma i possibili colpevoli- ci arrivò Sophie, sorpresa di non averci pensato prima.

-Ovvero le persone che erano nel registro- aggiunse Naomi, pensierosa.

-E ha cerchiato tre nomi: Alan, Chap e Ogden. I nostri tre principali sospettati- concluse Misaki.

I tre citati impallidirono.

-Io non centro niente! Ho preso solo una rivista dal cassetto! Ed era per fare uno scherzo a Brett!- si affrettò ad escludersi Chap, bianca quanto Godwin e parecchio agitata.

Brett sobbalzò.

-Ma quindi eri tu! È lei l’assassina. È abbastanza crudele da uccidere l’amore della mia vita!- esclamò, diventando rosso.

-Ho solo ritagliato le immagini lasciando solo il testo! È colpa tua se sei un pervertito!- si difese Chap, in tono acuto.

-Anche io credo che Chap non c’entri, quindi credo che i sospetti ricadano su Ogden e Alan- Misaki indicò i due, che erano anche abbastanza vicini tra loro. Midge era l’unica che li separava, e si stringeva preoccupata facendo passare lo sguardo da uno all’altro abbastanza terrorizzata. Poveretta, era circondata.

-Io sostengo nuovamente la mia innocenza, e il fatto che non ho le competenze di creare un veleno- asserì Alan, in tono calmo. Il suo labbro inferiore tremava.

-Anche io sono innocente. Ho solo preso il necessario per pulire una macchia in camera mia. Sono un barman, mica un chimico- obiettò Ogden, incrociando le braccia offeso.

-Mixologo- lo corresse Nowell, guardandolo storto.

-Come?- chiese Ogden, piegando la testa, confuso.

-Sei un mixologo, non un barman, almeno ufficialmente. In qualità di mixologo potresti senza problemi aver creato un composto chimico letale- insistette il ladro -E mi chiedo perché menti in giro dicendo che sei un barman- 

-Hai rubato il mio e-Handbook?- Ogden si ritirò, indispettito.

-Ho dato un’occhiata- Nowell alzò le spalle.

-Beh, comunque è questione di semantica. Alla fine non cambia molto e la gente capisce meglio la parola barman, non mixologo- si giustificò Ogden, mantenendo la compostezza -Non so creare un veleno, e non vedo come avrei potuto crearne uno con quello che ho…-

-Beh, quello che hai preso fa un ottimo veleno. In realtà potrebbero essere entrambi, ma chi?- Pierce iniziò a guardarli, riflettendo.

-Non siamo a indovina chi! Non trattarli come se fossero oggetti! Sono persone. Permettiamo loro di difendersi!- a parlare, per la prima volta, fu Godwin, probabilmente sbloccatosi dopo aver notato quanto vicini fossero alla verità.

Misaki condivideva il suo pensiero, ma aveva dubbi sul fatto che una difesa avrebbe aiutato.

-Uno di loro mentirà, non serve a niente- Nowell scosse la testa. Godwin aveva le lacrime agli occhi. Guardò i due sospettati.

-No, non ci credo! Non credo che uno di noi sia un assassino!- si prese il volto tra le mani.

-Eppure ce ne sono cinque- sussurrò River. Nessuno lo sentì.

-Io non capisco il motivo per il quale siamo noi due sotto accusa. Solo perché la vittima ha cerchiato i nomi? Che ne poteva sapere? Avrebbe scritto il colpevole se l’avesse saputo. Stava solo facendo speculazioni- Ogden cercò di svincolare. MIsaki gli diede ragione. Dovevano trovare maggiori prove.

Ci pensò su. Cosa avevano in comune i tre nomi cerchiati. Di certo non era l’aver preso un elemento chimico, e niente di ciò che figurava nel registro. Ma qualcosa dovevano avere in comune.

-Janine era più sveglia di tutti noi, probabilmente aveva qualche idea. Anzi, forse aveva capito chi era il killer e l’aveva scritto insieme ai motivi, ma egli ha strappato le pagine del diario dove lo teneva- si infiammò Nowell, fulminando Ogden e Alan con lo sguardo.

Probabilmente Janine aveva un motivo, è vero. Ma Misaki non riusciva a capire perché avesse cerchiato proprio quei nomi.

Come prima, cercò di vedere la situazione da un altro punto di vista. Non doveva pensare a cosa i tre avessero in comune, ma capire cosa Janine poteva aver visto per mettere quei tre sulla stessa barca.

Qualcosa successo di recente, qualcosa che avrebbe permesso proprio a quei tre di starle abbastanza vicino da avvelenarla.

E la colpì.

-La lite- sussurrò, dando uno schiaffo vittorioso al banco dove era sistemata.

-La lite?- chiese Leland, accanto a lei, l’unico che sembrava averla sentita.

-Ha cerchiato quei tre nomi perché quelle tre persone sono le uniche che possono averle somministrato il veleno, probabilmente tramite i bastoncini di cioccolato- spiegò Misaki, rivolta a tutti.

-In che modo, Misaki?- chiese Ogden, accanto a lei, con uno sguardo di ghiaccio negli occhi verde acqua.

-Ieri sera Alan, Cheyenne e Ogden erano gli unici nomi del registro coinvolti nella lite alla quale ha partecipato Janine. Janine era talmente occupata a sistemare Cheyenne e Kismet che non si è minimamente resa conto dello scambio. Pensava che i bastoncini le fossero semplicemente caduti, invece una persona, Alan oppure Ogden, li ha sostituiti con quelli avvelenati. E Janine era talmente concentrata sul mantenere l’ordine che non ha pensato non fossero sicuri. E poi tutti sanno che i bastoncini sono la sua unica debolezza. Abbassa sempre la guardia con essi- Misaki spiegò la sua teoria, e la sala si zittì.

Cheyenne e Kismet erano pietrificate.

-È colpa mia… se non avessi attaccato Kismet magari l’assassino non avrebbe scambiato i bastoncini e sarebbe ancora viva- commentò Chap, in un sussurro.

-Già è tutta colpa tua- disse invece Kismet.

-Ehi! Anche tu hai partecipato!- si indignò la comica.

-Non è colpa vostra, ma del vero assassino. Che non abbiamo ancora individuato, chi è dei due?- le interruppe Leland, indicando i due sospettati, che iniziarono a parlarsi sopra per difendere la loro innocenza.

-Servirebbe un altro indizio, un indizio che escluda uno dei due- commentò Winona, rileggendosi gli appunti.

Misaki ci pensò. Era un omicidio ben organizzato, architettato in più punti. L’avvelenamento vero e proprio era solo uno dei tanti, poteva cercare di risalire al colpevole dagli altri.

-Certo che è stata una fortuna per l’assassino che Janine si sia chiusa dentro, rendendo tutto molto più simile al suicidio- commentava intanto Midge, quasi tra sé e sempre cercando di farsi piccola piccola.

-Non è esatto!- obiettò Misaki, mentre un indizio le veniva alla mente.

Midge si ritirò ulteriormente.

-Scusami! Sto zitta!- esclamò in tono acuto.

-No, non preoccuparti, ma non è stata una fortuna, per l’assassino. Lui ha programmato tutto, fin dall’inizio, con il biglietto minatorio- iniziò a spiegare. 

Nowell sembrò capire il suo ragionamento.

-Ha fatto passare il biglietto sotto la porta con uno stratagemma, per farle credere di essere entrato- continuò lui.

-Con un elastico che è rimasto dentro la stanza- gli diede man forte Misaki.

-Così Janine ha pensato di non essere al sicuro dentro la camera, e ha deciso di chiudersi in sala da ballo- 

-Dove ha trovato la morte che il killer aveva progettato fin dall’inizio- concluse Misaki.

-Tutto molto interessante, ma come ci aiuta questa informazione a capire chi è dei due?- chiese Leland, non molto contento dello scambio di complicità tra Misaki e Nowell.

-Il killer ha fatto un piccolo errore non da poco. Vuoi dirlo tu, amicona?- Nowell le fece un occhiolino, e Misaki prese la parola.

-Più che un errore è stata una mossa azzardata. Per mettere il biglietto dentro la camera, Janine non poteva essere dentro, e così ha cercato di tirarla fuori durante la notte. Poteva farlo di mattina, ma probabilmente pensava fosse meno preoccupante, o sicuro. E per farla uscire ha messo fuori uso il riscaldamento della sua stanza. Solo che non l’ha fatto solo con Janine, ma con altre persone, in modo da non creare sospetti, tra cui sé stesso, per avere una scusa- iniziò a spiegare Misaki.

Alan la osservava attento, Ogden, sebbene fosse accanto a lei, non la degnò di uno sguardo, e mantenne la testa bassa.

-La camera di Janine è accanto al controllo del riscaldamento, ciò avrebbe dato una scusa all’assassino, anche se non ne ha avuto bisogno, altrimenti Janine ce lo avrebbe già rivelato. È stato sciocco, però, perché quando la ragazza ha condotto un’indagine al riguardo, ha confessato di essere tra gli sfortunati con il riscaldamento danneggiato, e l’unico dei due che compare in entrambe le liste sei tu…- Misaki si voltò verso destra -…Ogden- annunciò infine.

Il barman rimase impassibile, ma un leggero tic all’occhio mostrò il suo stato di tensione.

Si girò verso Misaki e la squadrò.

-A dire il vero credo che sia molto più sospetto qualcuno che non ha confessato di avere il riscaldamento danneggiato, se, come sostieni tu, non è stato beccato. Chi può dimostrare che Alan non ha mentito?- chiese Ogden, indicando il maggiordomo.

Lui aprì la bocca per difendersi, ma venne anticipato da Godwin.

-Io! La mia stanza era gelida, così ho bussato a quella di Alan, che è proprio accanto. La sua stanza era normale, e siamo stati insieme il resto del tempo- il filantropo gli diede un alibi, e Ogden si irrigidì.

-Allora, Ogden, confessa il tuo crimine. Ormai sei con le spalle al muro- lo incoraggiò Nowell, con decisione.

Ogden sembrò riflettere parecchio, molto in difficoltà, poi sorrise, e si rivolse a tutti gli studenti.

-Va bene, lo confesso, ho avvelenato Janine con i bastoncini di cioccolato, le ho messo il biglietto eccetera eccetera, ma non l’ho uccisa io- affermò, con convinzione e un sorriso davvero inquietante.

-Come, scusa?- chiese Nowell, confuso.

-Mi hai sentito, non l’ho uccisa io. Perché è stata ritrovata con un colpo in testa, e non ci sono prove che sia stato io a farlo. Anzi, se devo dare un’opinione al riguardo, direi che Janine si è resa conto di stare per morire, ha capito che avrebbe sofferto e si è sparata in testa prima che il veleno facesse effetto, oppure non voleva che uno di noi si trasformasse in omicida, oppure voleva confonderci tutti e farci uccidere insieme, questo spiegherebbe il perché della mano diversa e dei falsi indizi. Una cosa è certa, non potete dimostrare che sia stato io a spararle. Quindi non avete prove contro di me- continuò a difendersi.

Midge era talmente lontana dal barman che ormai era quasi in braccio al maggiordomo.

Misaki era senza parole. Come poteva una persona che aveva appena provato ad uccidere qualcuno, probabilmente anche riuscendoci, essere così rilassato al riguardo?

Ma soprattutto come poteva essere Ogden quel qualcuno? L’Ogden paziente, paterno e gentile che non sembrava in grado di far male a una mosca.

-Janine non lo avrebbe mai fatto! Janine non avrebbe mai premuto il grilletto contro di sé- esclamò Nowell, sbattendo il pugno contro il banco.

-E tu che ne sai? Quanto la conoscevi? Quanto ci conosciamo tutti noi? Avresti mai detto che io avrei cercato di uccidere qualcuno? Penso di no, eppure progetto questo omicidio da quando Monokuma ha annunciato il motivo, e se quella finta botanica da quattro soldi non avesse fatto quel trucchetto con il cassetto avrei scambiato i registri e non sareste mai risaliti a me- Ogden era fuori di sé, ma manteneva un’apparenza rilassata e sicura di sé. Misaki sentì che era solo una facciata, e dentro era decisamente spaventato.

-Non mi interessa se non sei stato tu ad ucciderla, devi morire!- a sorpresa l’accusa non venne da Nowell, ma da Winona, che fissava il barman con disgusto.

-Si, si, uccidetemi pure dopo questo trial, ma non accusatemi perché non sono stato io, e finiremmo solo tutti uccisi- Ogden tagliò corto.

-Stai mentendo!- esclamò Nowell.

-Dimostralo- lo sfidò quindi Ogden -Dimostra che sono stato io a simulare il suicidio, vediamo un po’- 

Nowell era in difficoltà, Misaki decise di intervenire.

-Poniamo il caso che Janine sia morta a causa del veleno. Il mattino dopo tu potresti scendere, controllare che sia morta e simulare l’omicidio con la sua pistola. Sei stato il primo ad arrivare, avresti potuto benissimo farlo- cominciò Misaki, decisa.

-Confermo, è stato il primo, seguito da Godwin- le diede manforte Sophie. 

-Mettiamo il caso che quello fosse il mio piano, entro nella sala da ballo e vedo che Janine si è uccisa con un colpo alla testa. Sono scioccato, capisco di essere comunque nei guai e prendo i bastoncini di cioccolato che butto, per non essere accusato, poi vado in cucina e preparo la colazione- obiettò invece Ogden. In effetti era uno scenario plausibile.

-Mettiamo il caso invece che hai simulato l’omicidio, pensando che Janine fosse destrimane dato che l’avevi vista solo mangiare e bere e…- ma l’obiezione di Misaki venne nuovamente interrotta da Ogden.

-Hai sentito uno sparo, stamattina?- chiese, sollevando le mani.

Misaki si bloccò. Uno sparo? Come non poteva esserle venuto in mente. La pistola aveva sparato, ma nessuno aveva sentito niente.

-Forse la sala da ballo è insonorizzata- provò a proporre.

-No, non lo è. Fidati, mentre salivo per andare in camera sentivo tutto quanto- la tagliò Naomi, con il solito tono indifferente.

-Le camere sono insonorizzate, invece- continuò Ogden. -Quindi quando tutti siamo andati in camera lei ha commesso il grande passo- 

-Non è esatto!- obiettò Misaki, con uno scintillio orgoglioso negli occhi.

-Sophie era lì. Ha detto di essere scesa stanotte, avrebbe sentito uno sparo- indicò la ragazza, che annuì.

-Non ho sentito nulla, e ho un’ottimo udito e un’ottima memoria- si vantò.

-Aspetta, ma prima hai detto che Sophie è scesa dopo- obiettò all’improvviso Winona, rileggendo gli appunti -La morte è avvenuta tra mezzanotte e l’una, quando sei scesa, Sophie?- 

-Verso le tre di notte- rispose lei, pensierosa.

-Se è scesa dopo non può aver sentito lo sparo- Ogden si aggrappò all’informazione, in tono ovvio.

Misaki voleva obiettare, ma poi ebbe un’illuminazione.

-È esatto- ammise, annuendo.

Nowell le lanciò un’occhiata confusa.

-Certo che è esatto. Te l’ho detto che non sono stato io- Ogden si esibì in un sorrisino vittorioso, ma Misaki non aveva finito.

-Era già morta quando Sophie è scesa, ma Sophie l’ha vista. È stata la prima persona a vedere il cadavere

Sophie impallidì, e portò una mano alla bocca.

-Oh cielo, vuoi dire che quando l’ho vista accasciata sul divano e credevo dormisse…- iniziò.

-…era già morta- annuì Misaki. Ogden impallidì.

-Per questo quando io ho visto il cadavere c’è stato l’annuncio- aggiunse poi -Lo avevano già visto altre due persone: Sophie e Ogden- 

-Monokuma, l’assassino è compreso tra le tre persone che devono vedere il cadavere prima dell’annuncio?- chiese Naomi, curiosa.

-Solitamente no, ma in questo caso lo avrei incluso. Poi non dico di averlo fatto- affermò Monokuma, con un sorrisino malizioso.

-È finita. Confessa- Misaki lo incoraggiò, ma Ogden non voleva demordere.

Aveva i pugni chiusi e tremava di rabbia. Si aggrappava ad ogni possibile scappatoia.

-Forse ha visto male, può capitare, era notte- Ogden sollevò le spalle, cercando di apparire ovvio.

-I neon sono sempre accesi- gli ricordò Misaki -La visuale è abbastanza chiara-

-Dammi le prove che io fossi lì. Dammi una testimonianza di qualcuno che ha sentito uno sparo. Sentiamo, sono tutto orecchi!- iniziava man mano a perdere la compostezza. Midge ormai era quasi dietro ad Alan.

-Beh, il sangue era fresco, a terra, e… e…- ma Misaki non aveva molte altre idee.

-Noi abbiamo sentito lo sparo- venne in suo soccorso Nowell, riflettendo.

Dal suo tono, aveva questa informazione fin dall’inizio.

-Quando, scusa?- chiese Ogden, sorpreso. 

Misaki si chiese se bluffasse. Doveva agire di conseguenza?

-Eravamo insieme quando c’è stato, ricordi Misaki? Nella sala delle ragazze- Nowell lanciò un’occhiata pregna di significato alla ragazza, che capì, e sorrise.

-Le padelle- annuì.

-Scusate, ma padelle e pistole fanno suoni molto diversi- obiettò Brett, confuso.

-Il killer ha usato il suono delle padelle come distrazione per sparare. Ci siamo concentrati sulle padelle e non abbiamo pensato che potessero coprire qualcosa- spiegò Nowell, vittorioso.

Ogden ebbe un attimo di panico, poi tornò tranquillo.

-Ti sei fregato da solo, Nowell. Se ho urtato le padelle vuol dire che ero in cucina, quindi non ero quello che eventualmente premeva grilletto- obiettò.

Misaki non poteva controbattere. Era vero che le padelle erano più instabili e aveva trovato una scopa messa in modo strano, ma non erano prove.

Nowell era perso quanto lei.

Poi, una flebile voce risuonò nella sala.

-Non è vero- era Godwin, a testa bassa e con le lacrime agli occhi. Si rivolse direttamente a Ogden.

-Io ero in sala da pranzo. Avevo un fortissimo mal di testa e stavo pensando di tornare in camera. Quando ho sentito le padelle mi sono precipitato in cucina per controllare che stessi bene, ma non eri lì- alzò la testa verso il mixologo, scusandosi con lo sguardo per la testimonianza che stava dando.

-Ti ho cercato ma non c’eri, e quando sono tornato in sala da pranzo eri appena rientrato, con dei fogli in mano e mi hai detto che avevi controllato una ricetta su una rivista. Non era la verità. Stavi finendo di uccidere Janine- concluse Godwin in un sussurro.

Fu più convincente e d’impatto di tutto quello che Nowell e Misaki avevano detto fino a quel momento.

Ma Ogden non voleva darsi per vinto, anche se ormai la sua voce aveva un tono disperato e gli occhi passavano da una parte all’altra della stanza.

-No, non avete abbastanza prove! È tutto confuso! Chi volete convincere?!- ormai non aveva vere e proprie obiezioni, ma Misaki accolse la richiesta.

-Va bene, dirò cosa è successo esattamente- promise, chiudendo poi gli occhi e ricapitolando tutti gli indizi e le scoperte.

Chiuse gli occhi, liberò la mente, cercando di entrare in quella di Janine per capire come poteva essersi sentita e mossa nel periodo che nessuno, ad eccezione di Monokuma, aveva osservato.

Mormorò qualcosa in giapponese tra sé, e si isolò completamente per qualche secondo.

Quando aprì gli occhi, sembrava un’alta persona.

-Tutto è cominciato due notti fa…-cominciò.

 

Closing Argument

 

“L’assassino ha progettato l’omicidio da quando ha sentito il messaggio di Monokuma.

Per qualche motivo era disperato e sentiva il dovere di tornare a casa e recuperare i ricordi che aveva perso. 

Ma sapeva di dover progettare un omicidio impeccabile, perciò ha pianificato tutto nel dettaglio.

Ha chiesto a Janine un prodotto di pulizia dal cassetto segreto, e ha avvelenato i bastoncini di cioccolato che sapeva mangiasse sempre. Ha usato la sua abilità di mixologo per bilanciare il veleno in  modo da renderlo letale ma non riconoscibile. 

Una volta preparata l’arma del delitto, doveva capire quando somministrargliela. Era meglio farlo di notte, ma non poteva rischiare che si risalisse a lui, così ha progettato di rinchiudere la vittima in un luogo isolato dal quale nessuno, neanche l’ultimate thief, sarebbe potuto entrare, in modo da isolare la vittima e far pensare al suicidio.

Non sapeva che le serrature chiuse dagli studenti potevano essere scassinate, perciò non poteva permettere che Janine restasse chiusa in camera sua, o non sarebbe riuscito ad armeggiare con il corpo in modo da far pensare al suicidio. Un veleno, infatti, sarebbe risultato troppo sospetto.

Perciò ha elaborato un piano per far passare a Janine un’intera notte da sola.

Ha armeggiato con i condotti di riscaldamento di alcune camere, tra cui la propria, per attirare Janine fuori dalla sua stanza e permettergli di infilare con un elastico un biglietto minatorio. Ha usato l’elastico per dare l’impressione di essere entrato nella camera.

Mossa azzardata, ma Janine, insieme a Nowell, sapeva che camera sua poteva essere scassinata, perciò, nella sua natura paranoica, ha pensato che qualcun altro potesse averlo capito, e, così come il killer aveva pianificato, ha cercato una sistemazione isolata per la notte.

Ogden ha poi approfittato della festa che avevo organizzato per trovare l’occasione di scambiare le scatole di bastoncini di cioccolato, e l’occasione perfetta è capitata durante il litigio tra Kismet e Cheyenne. 

Nella colluttazione, Janine non si è resa conto che l’assassino le aveva rubato la scatola e ne aveva fatta cadere un’altra a terra, e nella distrazione ha preso i bastoncini avvelenati.

Dopo la festa, Janine è rimasta in sala da ballo, mentre l’assassino si è prima creato un alibi nel gruppo dei ragazzi, e poi è andato a dormire, pronto a svegliarsi per primo e approfittare del suo turno di cucinare per contraffare la scena del crimine in modo che sembrasse un omicidio. 

Non so se sapesse della pistola, ma è probabile che l’abbia vista mentre scambiava le due scatole. In ogni caso sapeva di dover fare in fretta e di dover impedire che qualcuno potesse accorgersi della sua assenza dalla cucina, quindi ha approfittato di essere l’incaricato barman della serata per dare ad Alan un intruglio sonnifero per farlo svegliare più tardi, dato che il maggiordomo è sempre il primo a scendere e aiuta in cucina.

Ma torniamo alla notte precedente.

Janine è rimasta chiusa, nella sala da ballo, e ha iniziato ad indagare.

A un certo punto, probabilmente dopo aver finito la scatola di bastoncini di cioccolato, ha iniziato a sentirsi male. Tossendo nella mano sinistra, si è accorta di perdere sangue, ed è probabile che abbia iniziato a capire che qualcuno l’avesse avvelenata.

Per prima cosa è andata al bar, cercando in qualche modo un antidoto, ma senza successo. Gli occhi erano offuscati dalle lacrime e dal sangue, e l’oscurità della sera non aiutava di certo.

Poi deve aver capito che fosse meglio andare in cucina. Di notte si chiudono le porte che danno verso la sala da pranzo e la sala da ballo, ma le due sono collegate, e non sono chiuse tra di loro, perciò Janine ha raggiunto la cucina senza problemi. Ha poi aperto il registro e segnato i nomi e ciò che avevano preso. Ha inoltre chiuso il cassetto con la chiave dentro, in modo che sembrasse chiuso e che il killer avesse maggiori difficoltà ad aprirlo. O credesse di averle.

È molto probabile che abbia scritto le sue teorie nel quaderno, ma poi avrà capito che non era sicuro, e ha lasciato un indizio molto meno comprensibile e quindi difficile da togliere in basso alla fine del quaderno, e il killer non lo ha notato o non ha fatto in tempo a strapparlo.

Con le sue ultime forze ha cercato in tutti i modi di aiutarci a scoprire il suo assassino, e poi si è accasciata sul divano, incapace di continuare a muoversi. Ha sporcato vagamente il divano, ed è rimasta lì. Ora della morte, tra mezzanotte e l’una. 

Verso le tre di notte Sophie, insonne, è scesa a prendere una rivista e si è accampata nella hall. Ha visto dalla porta a vetri l’immagine di Janine, morta sul divano, ma pensando fosse solo addormentata non si è preoccupata.

Altro salto temporale. Alle sette del mattino Monokuma da il suo annuncio. Mentre tutti si svegliano e iniziano a prepararsi, Ogden è il primo a scendere, in fretta. Ha i minuti contati. Passa davanti a Sophie e si spaventa nel notare che è già lì. Essendo tranquilla non si preoccupa, e procede per la sua strada.

Forse è andato prima a controllare Janine, forse ha progettato la caduta delle padelle a distanza tramite una scopa. 

Sicuramente ha controllato il corpo, ha strappato le pagine incriminanti, ha ripreso la scatola con i bastoncini vuota ma con tracce di veleno e ha rubato l’e-Handbook per non permettere a nessuno di entrare in camera di Janine e trovare il biglietto minatorio. Lui è la seconda persona che ha visionato il cadavere. Non è stato durante l’omicidio, quindi non vale come assassino, ma come persona esterna.

E poco dopo le 7.15 la sua trappola è scattata, e ha approfittato del rumore delle padelle per darsi un alibi e sparare, in modo da coprire l’omicidio con una falsa pista. Ed è stato un grosso errore. Avrebbe potuto usare un’altra arma e non rischiare che la sua assenza si notasse subito, ma ha voluto essere il più realistico possibile, e non aveva calcolato la presenza di Godwin.

Lui è il più puntuale, e quando è tornato in mensa lo ha visto uscire dalla cucina.

Ha inventato una scusa al volo per giustificare i fogli che aveva in mano, ed è corso in cucina per cercare di salvare il suo alibi approfittando che Godwin non stesse bene. È probabile che volesse scambiare i registri del cassetto per sicurezza, ma non avendo la chiave e non sapendo che le serrature non potessero essere scassinate, ha pensato che non sarebbe stato possibile visionarlo. Inoltre non aveva tempo di riflettere sulla cosa, perché poco dopo è arrivato Alan, e non ha potuto fare altro che aspettare che qualcuno trovasse Janine.

Per finire, poco prima che Monokuma annunciasse che il periodo di investigazione era finito, ha lasciato l’e-Hanbook di Janine in sala da ballo in modo che qualcuno lo trovasse e confermasse l’ipotesi dell’omicidio.

Ogden Gutierrez.

Sei tu l’assassino!”

 

(cliccate sull’immagine)

 

Misaki indicò con forza il barman, che digrignava i denti e respirava a fatica, cercando una soluzione.

Tutti lo fissavano, tutti credevano alle parole di Misaki.

E sotto quegli sguardi accusatori, alcuni disgustati, altri delusi, altri ancora terrorizzati, alla fine crollò.

Si strinse son forza il bracciale che aveva sul polso destro, abbassò la testa e con le lacrime agli occhi sussurrò -Per favore, non fatemelo ammettere- in una supplica disperata.

Misaki sospirò. Chiuse nuovamente gli occhi e sussurrò qualche parola in giapponese.

-Monokuma, siamo pronti a votare- disse poi all’orso, dopo essersi calmata.

Lui batté le mani contento e azionò la votazione.

Misaki era accanto a Ogden, e lo vide tremare visibilmente. Stringeva il bracciale sempre più forte. Non votò.

Misaki vide però il resto dei ragazzi farlo, e lo fece a sua volta.

Avrebbe voluto astenersi, ma non voleva che lo facessero in troppi rendendo il voto nullo.

-E lo sfortunato nominato è…. rullo di tamburi…- dagli altoparlanti della sala si sentirono davvero dei tamburi -…Ogden Gutierrez, che si rivela anche l’assassino. Complimenti, manipolo di teste d’uovo. Avete scoperto il non ovvio assassino. Siete davvero l’élite dell’élite… americana. E ora, è il momento dell’esecuzione- lanciò un’occhiata a Ogden, che impallidì, ritirandosi impercettibilmente.

-Ti prego! Non posso morire adesso!- esclamò, anche se era ormai troppo tardi.

-Aspetta, Monokuma!- cercò di salvarlo Godwin.

-Cosa c’è? Io sono ansioso di finire la giornata! Ormai si è fatto pomeriggio con tutto il vostro battibeccare e le indagini- sbuffò Monokuma, per quanto gli orsi possano sbuffare.

-Ti prego, Ogden, dicci perché l’hai fatto- Godwin cercò di prendere tempo e redimere in qualche modo l’uomo che si sentiva in colpa di aver fatto condannare.

Ogden lasciò cadere qualche lacrima. Rigirò nel polso il bracciale che aveva stretto tutto il tempo.

-Mio fratello- ammise, in lacrime, iniziando a singhiozzare.

-Tuo fratello?- ripeté Nowell, incredulo.

-È malato. Ha un cancro terminale. Dovevo tornare da lui. Dovevo sapere se in questi anni sono riuscito a curarlo, e non… lui ha bisogno di me. Sono venuto alla Hope’s Peak Academy solo per lui, per trovare qualcuno che potesse darmi una cura. Non posso morire senza saperlo. Ti prego, Monokuma. Ho ucciso qualcuno, ho fatto partire il gioco. Fammelo sapere. Prima di uccidermi dimmi cosa è successo a mio fratello!- si rivolse all’orso, proprio dietro di lui.

-Credo che troverò più divertente farti morire nella disperazione di non sapere se è vivo o morto- Monokuma fece un sorriso crudele.

Misaki sentì lo stomaco contrarsi. Come si poteva essere così crudeli?! 

-Cosa ti costa dirglielo?!- cercò di convincerlo, ma l’orso era irremovibile.

-Ed ora, è il momento della punizione!- esclamò, eccitato.

-Aspetta!- provarono a dire Misaki, Godwin e qualcun altro che si era commosso alla sua storia tra cui Midge, che era tornata accanto a Ogden e gli stava dando delle pacche sulla spalla.

-Basta tirarsi indietro. Ho fame e non ho più niente da dire!- Monokuma tirò fuori gli artigli.

Ogden provò a scappare, ma una specie di collare di metallo attaccato a un braccio meccanico lo afferrò per il collo, fermandolo sul posto. 

-No! Ti prego! Non voglio morire!- supplicò Ogden, cercando di liberarsi, ma non ebbe successo, e il braccio lo trascinò nella stanza accanto.

-Potevi pensarci prima- commentò tra i denti Nowell. Misaki gli lanciò un’occhiata delusa prima di correre, insieme a tutti gli altri, nella stanza accanto, dove Monokuma aveva allestito una sala delle torture tra le quali spiccava un enorme shaker per cocktail trasparente dove una persona ci sarebbe potuta stare comodamente. 

Misaki impallidì. 

 

Execution: Can I offer you a Drink?

 

Il braccio di metallo trasportò Ogden dentro lo shaker trasparente e lo immobilizzò dentro. Poi Monokuma comparve sotto di esso, vestito da barista, e dopo un suo ordine, lo shaker si animò, iniziando a fare su e giù in modo sempre più veloce. Misaki vide chiaramente il collo di Ogden spezzarsi, così come in seguito tutte le sue ossa. Lo shaker si tinse subito di rosa.

Misaki era a bocca aperta, disgustata ma allo stesso tempo incapace di distogliere lo sguardo. Era la situazione di molti di loro. Era come quando si assiste a un incidente. Si vorrebbe distogliere lo sguardo, ma una forza masochista e irresistibile ti spinge a continuare a fissare quello che sta succedendo.

Solo che in quel momento non c’era un incidente, ma un vero e proprio omicidio a sangue freddo, e sebbene ci fossero alcuni studenti che sembravano voler intervenire, erano tutti troppo sconvolti per agire. E chi sembrava calmo, come Nowell, Pierce e Winona, non sembrava averne la minima intenzione.

Quando lo shaker smise di muoversi, era quasi del tutto coperto di sangue, ma si poteva vedere il corpo ormai senza vita del mixologo, in fondo ad esso.

Monokuma però non sembrava aver finito, perché attivò nuovamente la macchina con un sorriso sadico che non solo continuò a shakerare, ma aggiunse la funzione di frullatore.

Il sangue era ormai ovunque, e un po’ iniziò a schizzare sugli studenti.

Alla fine di tutto, lo shaker aveva un liquido rosa leggermente denso. 

Monokuma ne versò un po’ in un bicchiere da cocktail, ci mise un ombrellino e bevve rilassato.

-Volete favorire? Un ottimo Ogden Drink!- propose con un ghigno agli studenti.

Misaki si sentiva in procinto di vomitare. L’odore del sangue era nauseabondo, ma si impose di restare calma.

Nessuno rispose a Monokuma, che alzò le spalle.

-Non sapete che vi perdete- commentò -Potete andare. Ci risentiamo all’orario notturno- li congedò poi, continuando a godersi il drink.

I ragazzi non se lo fecero ripetere due volte.

 

Quella sera, nessuno si presentò a cena. Ognuno prese qualcosa dalla dispensa, a orari diversi, e mangiarono nelle proprie camere o in qualche altro posto solitario.

Misaki era l’unica in mensa, ma non riusciva a mangiare. Aveva lo stomaco completamente bloccato, sebbene non mangiasse qualcosa dalla colazione.

Cercava di cancellare la terribile immagine dell’esecuzione dalla mente, ma quando provava a distrarsi le tornava in mente quella del corpo senza vita di Janine. Era tutto troppo orribile. 

-Signorina Ikeda, posso prepararti qualcosa- propose il maggiordomo, avvicinandola con sguardo dispiaciuto.

Misaki scosse la testa.

Alan fece per andarsene, ma poi la friendship maker lo fermò.

-Alan, scusa se prima ti abbiamo accusato- disse, dispiaciuta.

Alan le sorrise, e annuì.

-Tranquilla, signorina Ikeda. Capisco che alcuni indizi portassero a me. Alla fine abbiamo scoperto la verità, ed è ciò che conta- cercò di rassicurarla. Non sembrava tipo che portava rancore.

-Per curiosità, a cosa è servito l’arsenico?- chiese poi Misaki, per fare conversazione.

-Era un disinfestante. C’era un’infestazione di insetti nell’appartamento del signor Clark. Lo stavo per dire ma venivo costantemente interrotto. Speravo che lui mi difendesse. …Beh, sbagliavo, dato che è rimasto in silenzio tutto il tempo- Alan abbassò la testa.

-River è un tipo silenzioso. Secondo me sarebbe intervenuto se non avessimo scoperto per primi il vero assassino- Misaki cercò di essere ottimista. Alan annuì.

-Se vuoi scusarmi, signorina Ikeda, penso che ora andrò a preparare una camomilla. Se hai bisogno di qualcosa chiedi pure- si mise a disposizione, con un cenno rispettoso del capo, prima di tornare in cucina.

Misaki decise di tornare in camera e provare a dormire, anche se era ben lontana dall’orario notturno.

Era stata una lunga e pesante giornata, e ora che il killing game era ufficialmente iniziato, sarebbe stato molto difficile risollevare gli animi ed evitare che le persone dubitassero l’un l’altro. Sperava quasi di svegliarsi e rendersi conto che era stato tutto un terribile e spaventoso incubo.

Ma sapeva che non poteva essere così facile.

 


(A.A.)

Non ci credo di aver finito di pubblicare il primo chapter. Sono così felice!!

Parlando del capitolo, spero che lo stile botta e risposta con le frasi in grassetto sia stato di vostro gradimento. Mi sono impegnata davvero molto per questo omicidio e mi auguro sia stato all’altezza delle aspettative, e non troppo confuso. Chi si aspettava Ogden alzi la mano, o me lo faccia sapere. 

Ora, prima di annunciare il periodo di hype, volevo ringraziare tutti quelli che hanno letto la storia fino a questo momento. Mi aspettavo meno gente e spero che continuerete a seguire la storia nonostante la breve pausa che ci sarà prima del prossimo capitolo.

Volevo anche ringraziare la persona che ha risposto allo scorso sondaggio impiegandoci due ore e mezza per fare una jojo’s reference perché sebbene non segua l’anime sono scoppiata a ridere comunque. 

E a proposito di sondaggi, metto quello per i freetime della settimana prossima: Con chi vuoi passare il freetime?
Link anche al test: Che personaggio di Danganronpa: Offsite sei?

Credo sia tutto. Spero che il capitolo vi piaccia e non voglio mettervi aspettative ma se la storia vi interessa un feedback potrebbe sicuramente darmi più ispirazione per continuare il prima possibile. Ma non sentitevi obbligati, tanto la storia continuerà comunque. Ci sono troppo attaccata. Probabilmente riprenderà a ottobre

Un bacione gigante e alla prossima :-*

   
 
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