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Autore: Servallo Curioso    28/07/2009    1 recensioni
Ham è un dio che vive in un pantheon fatto di ruoli assurdi. Lui, comunque, si sente costretto a quel ruolo fatto di studio e ricerca; privo di azione, fama ed esperienza. Non è capace di accettare la sua natura così impulsiva e sognante, all'opposto del suo ruolo: l'archivista che passa l'eternità nelle sue stanze. Conosce gli dei, conosce la storia, conosce qualsiasi cosa scritta fino a quel momento: ma non conosce il brivido di provare quelle avventure tanto sognate sulla propria pelle. Quando l'occasione finalmente si presenta, Ham, capisce di non essere adatto a quel genere di storie: quelle con l'azione, la paura della morte e il fragore delle armi di sfondo. Questa volta, però, non potrà decidere di ritirarsi: è scoppiata la guerra.
Genere: Drammatico, Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 25 – Il corridoio delle anime

Persi tempo, tempo prezioso.
Trasportai i corpi di Krost, Sandol ed Elian all'interno delle rovine, sistemandoli con rispetto.
Alla fine tornai all'esterno, disturbato da un vento freddo che si era appena alzato. Mi osservai la mano destra dolorante. Scrutare entrambi, rubarne ogni informazione, mi era costato molto tempo e un crampo.
Quanto ci ho messo? Mezz'ora?” mi domandai camminando sulla cinta.
Non c'erano altri attimi da buttare: in un turbine di carta anche la mia sagoma sparì, diretta al molo.

Katyana cadde a terra, ansimante. Manius arrancò fino a un grande blocco di muretto rimasto miracolosamente intatto e Maonis spense le sue fiamme stanco.
C'erano macerie e sangue ovunque, ma ciò che più importava era averla sconfitta.
Laggiù, vicino a un'ala del tempio crollata, c'era ciò che rimaneva di Raffaella: una testa. Dopo due ore di battaglia le anime erano finite e lei aveva ceduto alle tentazioni della morte.
Un tempo troppo lungo anche per delle divinità.
Nima e Niel uscirono di corsa dal loro nascondiglio, al di là della strada e si avvicinarono ai tre. Durante la battaglia il tempio aveva rischiato troppe volte di essere distrutto e una parte di esso era ridotta in macerie, dunque i due umani avevano deciso di allontanarsi.
La sacerdotessa corse il più rapidamente possibile, ingombrata dalla lunga veste, e il ragazzino scattò rapidissimo.
Tutto bene?” domandò Niel appena arrivato vicino a Manius, rivolgendosi però a tutto il gruppo.
Di risposta ottenne due sguardi vuoti e un lamento. Forse non andava così bene.
La cuoca riportava più di una ferita, che unite allo sforzo appena fatto, la fecero crollare a terra in uno stato pietoso. Manius e Maonis avevano subito meno danni, ma sentivano di non poter fare un altro passo senza cadere rovinosamente al suolo. All'arrivo della sacerdotessa, però, l'aria si fece più tranquilla. Una brezza gelida accarezzò gli dei, alleviando le loro sofferenze.
Che disgrazia!” esclamò. La prima cosa che fece fu sistemare il corpo di Katyana in posizione supina. Recitando una breve formula, poi, attinse a tutte le scarse conoscenze di magia curativa per curarla.
Una flebile luce verdastra illuminò i palmi della donna mentre toccava il petto della dea. Toccare una divinità non era concesso, si disse, ma in quel caso probabilmente non rischiava nessuna punizione.
Mentre si impegnava a rinvigorire lo spirito della giovane si rivolse agli altri due. “Divini, io non sono al vostro livello ma posso provare ad alleviare le vostre pene in qualche maniera, se me ne date la possibilità”.
Maonis si avvicinò a Niel, ignorandola senza però riuscire a fare molto. Manius aprì più volte la bocca, senza però riuscire a parlare. Così si concentrò, respirò con forza e rispose: “Ora abbiamo solo bisogno di un lungo riposo, queste ferite sono di poco conto”. Era evidente che non sarebbero riusciti a tornare a Palazzo prima di una lunga dormita e qualche buona mistura di erbe.
La dea perversa si chiese che cosa stava accendo agli altri, ma il suo sguardo preoccupato tornò normale incrociando quello cupo di Maonis. Lui aveva dei sensi molto più sviluppati, lui aveva percezioni differenti.
Cosa succede?” chiese senza la forza di allarmarsi.
Il gatto volse il capo, sfinito.
Una cosa grave. Sento qualcosa di negativo che avvolge il Palazzo”.
I due però non riuscirono a continuare, anzi, non ne ebbero la forza. Fu Niel a prendere parola.
Potete bere il mio sangue”.
Quell'affermazione riuscì a toccare tutti i presenti. Rimasero anche stupiti di ciò che aveva appena fatto: usando una pietra scheggiata si era procurato un taglio lungo il palmo della mano sinistra.
Era stato deciso, sicuro e freddo nel fare ciò. Il silenzio divenne il padrone della scena, finché Nima, turbata, non rispose con forza: “Ma cosa dici Niel, sei forse impazzito?”
Lui si voltò, ormai quest'idea lo aveva convinto. Il sangue stava ormai cadendo come un piccolo fiume, senza nessun controllo.
Lo voleva bere quella donna, no? È probabile che, se ne dono una piccola parte a tutti, possiate riprendervi alla svelta e andare a vedere che succede”. Anche lui aveva il medesimo presentimento.
Niel vibrava in modo strano, come prima che arrivasse Raffaella. La stessa sacerdotessa, in quel momento, si accorse di sentirsi triste, per qualcosa che non comprendeva.
Forse era colpa del legame. Forse era una cosa importante.
La dea delle passioni afferrò per il polso il ragazzo, in un ultimo impeto di forza e si portò alla bocca il palmo, leccandone il sangue. Lo gustò inorridita e piegata dalla fatica, senza sentire nessun effetto.
Manius sbuffò. “Lascia stare, ragazzino. Questa è una magra consolazione, ci vorrebbe tutto il tuo sangue per ridarci le energie ed potrebbe anche essere una perdita di tempo. Alla fine il micio qui ha solo un presentimento” al suono di quel nome il dio sembrò adirarsi. La stanchezza però non gli permise di mantenere quell'espressione a lungo e lasciò perdere.
No! Anch'io sento qualcosa che non va. E lei, Nima, non percepisce qualcosa di strano che non riesce a spiegarsi?”
La donna non seppe se confessare la sua preoccupazione o fare finta di nulla, così ci pensò.
Sì, c'è un senso di disperazione, di vuoto. Sono apparsi all'improvviso. Ma ciò che dice la divina Manius è la verità: è meglio per loro riposarsi che bere il tuo sangue, potrebbe privarti delle forze vitali”.
Ma voi, dei, non sentite qualcosa? Possibile che non percepiate quest'energia negativa?”
Maonis si girò, mostrando la grande pancia al cielo ormai scuro. Sospirò: non aveva davvero voglia di parlare, né ne possedeva la forza. “Siamo solo stanchi” rispose.
Niel però non poteva lasciare che le cose andassero in questo modo.
Vi prego! Succhiatemi via quanta energia volete ma andate a vedere... io non voglio che a Ham succeda qualcosa”.
La sacerdotessa si fermò, resistendo a quel brivido che le scese lungo la schiena. Alla fine il ragazzo aveva a cuore solo l'archivista, del resto della casta non gliene importava nulla. Manius però sorrise, quasi compiaciuta di quel sentimento così forte che il ragazzo e la donna provavano.
Tu ti preoccupi troppo. Dopotutto, Ham è un'edizione speciale”.

Le spade sembravano attrarsi a vicenda.
Ogniqualvolta Crever lanciava un attacco, di qualsiasi genere, sua sorella riusciva a deviarlo o respingerlo e ogniqualvolta Revery lanciava un attacco, di qualsiasi genere, suo fratello riusciva a respingerlo o deviarlo.
Era troppo uguali per sorprendersi o sopraffare l'altro.
Loro erano cresciuti insieme, nel giardino.
Fin dalla notte dei tempi Crever e Revery avevano giocato sotto il melo, fatto la guardia e ucciso demoni. Si erano allenati insieme ed entrambi conoscevano le stesse tecniche con le armi. Pure di esperienza i due si assomigliavano.
Non c'era attacco che non venisse riconosciuto, né una mossa imprevedibile.
Sarebbe diventata quindi una prova di resistenza, tra chi dei due fosse durato di più.
Un nuovo gioco per Crever, una pericolosa sfida per Revery.
Il suono delle armi risuonò in tutto il palazzo inizialmente, poi si disperse nel cielo sopra il cortile esterno e la salinata. Nella loro lotta si mossero molto, cambiando le posizioni, invertendo i ruoli e cercando uno spiraglio nelle difese del nemico.
Poi un passo sbagliato, la distrazione di un attimo e Revery assaggiò di nuovo il dolore. Si portò una mano alla spalla appena ferita, sicura che il gemello non avrebbe osato di nuovo. Si scambiarono un occhiata furiosa rimanendo immobili, pronti a ricominciare la battaglia al minimo movimento.
Forse il suo corpo era troppo debole, pensò lei,o forse era stato un caso.
Potevano continuare a danzare.

Ero in terribile ritardo sugli eventi.
Arrivato al molo mi paralizzai inorridito dalla visione.
Nelunis morta, stesa sulla lastra di pietra fredda. Gli occhi aperti e la testa rivolta di lato, verso il vuoto. Il cielo si era tinto di scuro e il sole lasciava posto alla notte.
Silenzio.
Sentii il fragore delle spade, lassù: lontano da me.
Tutto si confuse e sbiadì, come una macchia che viene lavata via con forza. Non avevo altre lacrime, Krost me le aveva portate via tutte. Non piansi quindi, ma mi accovacciai al suo fianco.
Nelunis era una guerriera, colei che comanda il fuoco e i ritmi della guerra, com'era possibile che fosse morta così?
La mia mano scivolò sul suo volto. Avrei letto le sue memorie, le avrei fatte mie. Se il Grande Padre mi aveva ordinato di sopravvivere allora io lo avrei fatto, conservando dentro di me i suoi sogni, i suoi ricordi e le sue idee. Così come avevo fatto per Elian e Krost prima di lei.
Un nuovo spiraglio di vuoto. Quanti fratelli avrei perso ancora?
La pietra scivolò via e mi sentii sprofondare nel vuoto. La potevo toccare, ma non riuscivo a percepirla più.
Un mese prima io non avrei nemmeno pensato tutto questo. Stavo seduto nel mio studio a catalogare gli eventi mentre il resto della casta viveva la sua routine. Katyana preparava dei dolci e Chube la intratteneva con qualche chiacchiera di poco conto. Revery si annoiava, nel giardino, aspettando un qualche invasore che provava a valicare il regno divino; insieme a lei Lorissy che le lanciava occhiate che celavano un certo affetto a cui lei ricambiava discreta. Poco più in là Sakroi predicava l'ordine e Maonis dormiva sulla scrivania. Sulla terra invece Manius si godeva un altro uomo, o un'altra donna e Arone rifletteva nel silenzio del bosco. Infine Nelunis combatteva una stupida guerra e Krost vagava per i regni leggendo romanzi sognante.
Perché invece tutto era cambiato? I loro corpi immobili mi ricordarono ciò che avevo per lungo tempo letto nei resoconti ma che credevo lontana: la morte.
Rimasi fermo, a lungo, svuotando la testa della dea. Compresi le sue motivazioni, compiansi il suo essere schietta e violenta, forse feci mia anche un po' della sua rabbia immotivata. L'avevano creata così, dopotutto. Allora ricordai anche il vecchio Ham, colui che era venuto prima di me. Il dio che era stato ucciso ma di cui nessuno sapeva nulla. Morto e rinato in un solo giorno, ero stato proprio un bravo rimpiazzo per tutti questi anni.
Forse ciò che traspariva dal volto di Kinsis nei miei sogni era la rassegnazione al dolore o semplicemente ciò che rimane di una persona consumata dallo stesso. Lei aveva perso il suo amato Ham, io avevo perso tre sorelle in un solo giorno. Per quanto sadico fosse questo pensiero io ero certo che qualcun altro sarebbe caduto.
Dopo averla letta, avvolsi Nelunis in un bozzolo di fogli e carta trasportandola in un luogo più tranquillo. Procedetti con passo lento, a ritmo dei colpi di spada che continuavano a suonare forti nell'ingresso.
La lasciai nel giardino, sotto il vecchio melo e proseguii.
Quando lungo la strada incrociai anche i corpi di Gribio e Diena, i fratelli innamorati, non potei che trarre un lungo respiro. Tutto troppo velocemente, mi stavo maledettamente abituando.
Volevo piangere, disperarmi, ma non ci riuscii.
Decisi che avrei sofferto alla fine di tutto, davanti a un panorama suggestivo. Davanti magari a un mare invernale o una radura immensa. Mi sarei lasciato andare lì, forse per giorni, lasciando che le emozioni mi travolgessero come onde potenti.
Ma non era ora e non era qui. Non nel bel mezzo di una guerra.
Mi chinai su di loro per compiere quel rituale che tutto a un tratto mi sembrò noioso e stupido. Quanto tempo avrei perso ancora per conoscere le loro menti?
Chissà cosa avrei fatto se non fossi morto quella volta. Chissà se il dio Ham che era stato prima di me si sarebbe comportato in questo modo.
No, mi risposi. Lui era forte, perfino Elian lo ricordava come un essere rispettabile e rispettoso.
Io alla fine ero solo una copia.

Salii l'ultimo gradino e mi ritrovai all'ingresso.
Lì mi aspettava Revery, in ginocchio, che teneva in braccio Crever.
Avevano combattuto ferocemente fino alla fine. Entrambi i corpi portavano chiari i segni della battaglia. Crever però aveva ceduto, dopo essere calato pesantemente sulla sorella. Era stato quel veleno, alla fine lo aveva indebolito più del previsto permettendo a Revery di infliggere il colpo mortale..
Crever lo aveva intuito fin dall'inizio: quello non sarebbe stato un incontro leale.
Chissà perché riuscì ad accettarlo, anzi, lo decise lui stesso. Come altri, come una macabra moda, aveva preso il cammino che conduce alla morte. Di sua spontanea volontà.
Era davvero un pazzo.
La dea mi guardò e sorrise, mentre io mi preoccupai del rigolo che le usciva dalla bocca.
Revery!” gridai correndo verso di lei.
Quando le fui vicino vidi il corpo di Miun riverso da una parte. Ciò mi colpì, senza però distrarmi dalla sorella che si era risvegliata. Lei annuì, come per farmi capire di aver sentito e attese alcuni secondi prima di rispondere.
Miun è morta” sospirò. “È stato Crever”.
Ero riuscito a capirlo perfettamente, mi parve anche ovvio, ma non glielo feci notare. Feci una smorfia contenta, perché per la prima volta non vedevo qualcuno morire ma rinascere. Ero quasi felice, ma tutto ciò che era accaduto non mi permise di far attecchire quella scintilla. C'era molto sangue attorno a loro due e mi accorsi che la veste bianca della dea ne era macchiata sul ventre. Pensai fosse perché lì aveva stretto a sé il fratello, ma forse non era così.
Sta succedendo qualcosa, Ham. C'è qualcuno che sta combattendo, va dentro!” iniziò indicando il Palazzo. “Mi dispiace ma sono molto stanca, non ce la faccio ad andare a controllare”. Lo disse sfiancata, con gli occhi socchiusi, come un bambino che prova a resistere inutilmente al sonno.
Stanca? Revery non è mai stanca, mi dissi. Lei avrebbe difeso il Palazzo a costo della vita.
Inizialmente sospettai che l'aver ucciso il proprio gemello l'avesse stordita ma infine capii. La sua espressione poi era un chiaro monito del suo stato.
Mi aveva gentilmente chiesto di lasciarla sola, per morire senza sentire intorno a sé urla, lacrime o frasi fatte. Una ragazza forte. L'occhiata che mi lanciò dopo mi impietosì. Mi stava implorando. Era stato troppo anche per lei. Ero quasi commosso dall'aura che emanava. Una flebile energia che avrebbe resistito finché non me ne fossi andato, per poi spegnersi come la fiammella di una candela ormai consumata.
Non preoccuparti, Revery. Hai lavorato duramente per tutti questi anni, se ti prendi una pausa nessuno si arrabbierà” rimasi al suo gioco, dirigendomi verso la porta.
Grazie” riuscì a dire con un filo di voce. Stava forse piangendo.
Eppure io avevo altro da dire. Tutto ciò era maledettamente assurdo. “Sopravvivi” mi aveva detto il Grande Padre, ma come poteva ordinarmelo? Con che coraggio mi chiedeva di sopravvivere ai miei fratelli? Mi chiesi per quale motivo dovevo farlo: forse per narrare il futuro, documentarlo.
Ma quale futuro può chiedere tutti questi sacrifici?
Allora le parole mi si strozzarono in gola. Mi immobilizzai dopo alcuni passi, sotto l'alto soffitto del Palazzo. Strinsi i pugni, mi morsi il labbro inferiore con forza e ricominciai a piangere. Poche lacrime questa volta: una manciata.
Sperai che morisse, volevo gridarlo affinché tutti potessero sentirmi, anche sulla terra. Volevo che chiunque si sentisse in parte coinvolto, nel suo piccolo colpevole.
Muori Revery!” avevo voglia di dirle. “Muori senza preoccupazioni”. Perché dannarsi del nostro giudizio? Che motivo stupido per sopravvivere.
Tanto valeva allora morire tranquilla e scoprire cosa c'è al di là. Neppure un dio ne era certo.
Incontrare forse Nelunis, Krost, Elian e tutti gli altri, oppure sparire per sempre. Qualsiasi soluzione era meglio del dolore.
E dentro di me la pregai, affinché mi portasse con sé. Ovunque fossi finito avrei abbandonato volentieri tutto ciò. Se fossi morto non avrei avuto avuto responsabilità, dolore e colpe.
Ripresi a camminare lungo quel corridoio dai colori chiari, illuminato dalle pietre lucenti appese lungo le pareti. Fuori ormai era calata la notte.

Iniziai a correre finché non vidi i muri distrutti, le mattonelle rivoltate e macerie.
Uno scontro si era già consumato, portandosi con sé una grande ala del Palazzo. Ero sconcertato.
Per qualche strana ragione la struttura continuava a reggersi in piedi, anche se quello che un tempo era stato il lato Ovest ormai era un mucchio di rovine.
Vidi anche l'autrice di tutto ciò: Chube. A terra, schiacciata al suolo.
Il vestito era strappato in troppi punti, lasciandola semi nuda alla brezza pungente che entrava dal varco creatosi nella lotta. Era però viva.
Respirava regolarmente ed emanava energia. Era stata sfinita, sconfitta ma era sopravvissuta.
semplicemente svenuta” commentai sentendomi sollevato.
Cercai tra quelle macerie qualcosa che la potesse coprire e infine raccolsi un grosso lembo di tenda, che trascinai fino a lei. Gettandolo sopra la sua figura esile pensai a cosa poteva essere successo. Ovviamente una battaglia, cruenta, ma contro chi? Chube era una divinità molto forte e se era stata costretta ad abbattere una parte della sua casa sicuramente anche il suo nemico lo era.
La dea possedeva un potere terrificante, quindi chiunque l'avesse sconfitta era di grande abilità.
Facendo un calcolo gli invasori erano finiti, Crever, Raffaella ed Elian. Non c'era dubbio che colui che ora aggrediva i miei fratelli era un nuovo traditore. Il capo di tutto, l'infiltrato della casta.
Lo avevo temuto fin dall'inizio, Elian lo aveva sospettato a lungo. I pensieri della dea del ciclo mi avevano rivelato quest'ipotesi, cui non avevo dato peso.
Dunque l'attacco al Palazzo era stato guidato da qualcuno che conosceva le nostre mosse. Qualcuno che sapeva della spedizione contro Elian e che aveva usato Raffaella come esca. Non capii comunque, l'incontro contro la dea fallita era stato un caso fortuito, o forse era giocato a suo favore.
Certo: il traditore aveva pensato di far uccidere Niel da Raffaella, così da attirarci da lei. Il fatto che io e Katyana avessimo interrotto ciò era comunque girato a suo favore, senza rovinare il piano.
Dovevo arrivarci subito, mi dissi, altrimenti come avevano fatto Maonis e Manius a saperlo? Era stato il traditore ad avvertirli, a mandarli dalla dea.
Meno presenze c'erano a Palazzo più velocemente sarebbe arrivato al Grande Padre.
Ripresi a correre, verso il nuovo nemico, verso l'assassino del vecchio Ham, verso la verità.
Sentii la sua voce provenire dalla fine del corridoio. Era Sakroi il mio bersaglio.
   
 
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