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Autore: Anil    01/09/2019    4 recensioni
Cosa accadrebbe se Sana e Akito si incontrassero dopo anni sul set?
Con Akito nella veste di regista, tutto può succedere...
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Sana Kurata/Rossana Smith | Coppie: Sana/Akito
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Ho appena terminato di leggere il copione e ho capito perché Namako non ha voluto anticiparmi niente: la trama è un po’ macabra.

Capisco al volo che è un personaggio difficile, pieno di sfaccettature e intenso. Passo il resto della settimana immersa nello studio del personaggio. Devo entrare in piena sintonia con la protagonista.

Sul set del primo giorno cerco di presentarmi a tutti gli operatori, infondo è anche merito loro la buona riuscita del film. Non so perché, ma sono tutti sorpresi ed entusiasti nel vedermi salutarli.

“è perché tutte le altre star se la tirano mia cara Sana, tu sei una rarità” mi dice Namako in camerino.

Il regista si presenta quasi due ore dopo e si siede subito dietro la macchina da presa senza degnarci di un saluto o di un cenno. Cerco di soprassedere, è abbastanza risaputo che gli artisti sono strani. In questo caso però anche io sono strana. Sorrido fra me e me. Sì, posso certamente rientrare in quella categoria: strani.

“sei contenta?”

“Come scusi?” mi giro per guardare chi mi ha fatto la domanda e che evidentemente mi stava osservando.

Riconosco subito il mio partner colui che interpreta il ruolo del co-protagonista: Bred Polton. Se ne sta appoggiato al tavolino, braccia conserte e un sorriso da adone stampato sul volto abbronzato.

Gli stringo la mano calorosamente, l’ho visto in molti film ed averlo davanti è davvero emozionante.

“Piacere, sono Sana Kurata. Puoi chiamarmi Sana-san se vuoi.” Lo specifico subito perché Namako mi ha detto che in questa cultura gli onorifici sono un problema.

Bred mi sorride, ma non mi lascia la mano. Si china leggermente verso di me portandosi il dorso della mia mano vicino alla bocca.

“Il piacere è mio Sana-san” ride dicendo il ‘san’...ah questi occidentali...

Prima che possa chiedere perché gli sembra tanto stano questo san

Il momento è interrotto dall’aiutoregista, Maur si ferma al centro del set e richiama l’attenzione di tutti.

“Benvenuti! Da oggi in poi vi chiediamo la massima serietà ed il massimo impegno. Oggi cominceremo a prendere le misure, gireremo scene tranquille, come quelle nello studio a partire dal trasferimento della protagonista. Chiaro? Bene, prendete i posti.”

Mi stendo sul lettino e Bred prende il posto nella poltrona accanto a me imitando perfettamente la professionalità di uno psicologo.

Maur si avvicina per fare qualche aggiustamento agli abiti e alle luci e grida il ciak.

Sono abbastanza emozionata e sbaglio qualche battuta, la faccia mi sta andando a fuoco.

Maur chiama una pausa con la scusa di alcune modifiche al set.

Namako mi assedia immediatamente.

“Sana, sai tutte le battute, ti ho sentita ieri. Non avere paura! Avanti alzati e vai a conoscere il regista.”

“No, adesso no. È impegnato!”

Ma Namako non sente ragioni, mi spinge letteralmente verso di lui…prima o poi avrei dovuto comunque presentarmi, quindi tanto vale, è di spalle e sta discutendo con il co-regista. È un uomo alto e con le spalle grandi, ha dei familiari capelli biondo cenere.

“Signor Trank volevo presentarmi” gli dico piazzandomi dietro di lui e richiamando la sua attenzione.

Trank non si gira e per un attimo penso che dovrei picchiarlo per la sua maleducazione, ma poi con lentezza il regista si gira fissando due occhi color ambra nei miei.

Trattengo il fiato scioccata: la mascella definita con una leggera barba bionda, labbra piene e carnose, naso dritto e occhi di un inconfondibile color ambra.

Nella mia testa il caos totale, no, non può assolutamente essere lui. Quell'uomo davanti a me, il regista, non può essere Hayama.

Muovo le labbra, ma non ne esce alcun suono, il mio fiato è andato via e la mia gola è completamente riarsa.

Trank alza un perfetto sopracciglio e mio malgrado constato che è davvero un bell’uomo. Molto bello. Mi porto una mano alla gola e mimo un ‘mi scusi’.

Cerco di affrettarmi il più possibile, mettere più distanza fra me e …LUI. LUI santo cielo! Scompaio nei camerini prima che qualcuno si accorga del fumo che mi sta per uscire dalle orecchie. Namako non ci mette molto a raggiungermi.

È scioccato quasi quanto me nel vedermi prendere le mie cose e metterle nella borsa, con l’evidente intenzione di andare via, e subito aggiungerei.

“Mi hai mentito, non si chiama Trank!” urlo raccattando roba qua e là.

Namako si stringe nelle spalle “Sana, ma sei impazzita?”

“No Namako tu non capisci! Quello è Hayama! Akito Hayama”

“Haya chi? per tutti i Kami Sana! Quello è un regista americano”

“Quello è Hayama” ripeto affondando sulla sedia e prendendomi la testa fra le mani.

“Cosa non capisco?”

“Io e Hayama, io e lui… ci siamo persino fidanzati a undici anni, poi lui è partito per Los Angeles e da allora non ci siamo più visti.”

Namako si illumina “tu conosci il regista?”

Scuoto forte la testa “Namako, io ho odiato Akito Hayama con tutte le mie forze.”

“Sana, tu vaneggi. Quello è Trank e se anche fosse questo Hayama il fatto che tu lo conosca può tornare solo a tuo vantaggio”

Sempre pragmatico e conciso Namako, e mai come in questo momento rimpiango Rei, a lui non avrei dovuto spiegare nulla. Ha vissuto tutto il dolore insieme a me. Però d’altra parte Namako ha ragione, l’ho superata da secoli e da quanto non penso più a lui? Capita solo ogni tanto di sognarlo, ma neanche ci faccio più caso. Siamo adulti adesso e alle spalle quattordici anni di vita vissuta. Decisamente è una cosa sciocca prendersela tanto. NO?

Respiro forte e cerco di calmarmi, Namako si piazza di fronte a me, i suoi occhi ardono:

“Sana, ti prego, sfrutta questa occasione. Questo film ti porterà lontano. In cima al mondo… lo capisci?”

Annuisco e chiedo solo un minuto per potermi riprendere. Prendo il cellulare e chiamo l’unica persona che abbia una mente fredda, ma che conosce tutti fatti.

Fuka risponde al secondo squillo: ”Sana, come stai?”

“Fuka tu lo sapevi? Sapevi che Herik Trank è Hayama?”

“Sana, ma di che diavolo stai parlando?”

“Fuka, Hayama, Akito Hayama è il regista.”

“Sana, non essere sciocca.”

“Io l’ho visto, sembra proprio lui. Gli stessi occhi, i capelli…”

“Ascolta amica mia, il fatto che ti sembri lui non significa che lo sia… E poi Hayama odiava quel mondo, andiamo! Sarà da qualche parte a fare Karate o che so, magari a fare il fisioterapista. E su quattro milioni di abitanti pensi davvero di poter incontrare lui sul set di un film? Sarà uno dei sette sosia che abbiamo nel mondo, perciò stai tranquilla e conquista Hollywood!”

Rimango in silenzio, Fuka ha ragione, ho sicuramente preso un abbaglio. Anche se sono passati moltissimi anni credo di aver conosciuto un poco di lui per sapere che non avrebbe mai intrapreso una carriera del genere, e poi non avrebbe mai cambiato il suo nome…

“Sana ci sei?”

“S-si”

“Amica mia, sono passati 14 lunghi anni, lascia andare i tuoi fantasmi e vivi la tua vita.”

“Lo farò, grazie Fuka”

“Non c’è di che! A presto”

Chiudo il telefono e scopro di sentirmi sollevata. Devo assolutamente andare a rimediare alla brutta figura che ho fatto con il regista.

Stavolta Trank mi vede arrivare e mi apro nel miglior sorriso che conosco. Anche se lo stomaco mi stringe paurosamente non lo do a vedere.

Non è Akito, non è Akito, non è Akito

“Sana Kurata piacere” gli dico porgendo la mano, Trank la stringe.

Non è Akito, non è Akito, non è Akito

Continuo a ripeterlo nella mia testa per smentire ciò che i miei occhi vedono, è maledettamente uguale a lui.

“Mi deve perdonare per prima, ma questa umidità mi lascia senza fiato”

“Già, cerca di non perdere la voce per le riprese” risponde burbero il regista, dandomi del tu senza alcun permesso. Si gira e continua la sua conversazione come se nulla lo avesse interrotto.

Di bene in meglio, ha anche il suo caratteraccio…


 


 


 

POV AKITO

Mi siedo dietro alla mia macchina da presa e inquadro la scena, è rientrata sul set e discute amabilmente con quel Bred. Non mi è mai piaciuto quel belloccio.

Non mi sarei mai aspettato una reazione del genere, avevo previsto una scenata con tanto di urla e invece si è limitata a salutarmi cordialmente, ha mostrato solo una vaga sorpresa nel vedermi nelle vesti di regista o forse era solo una vaga sorpresa nel vedere un regista così giovane…non saprei dirlo.

Che sia davvero cambiata così tanto? La risposta è senza dubbio sì, è cambiata. Ed è prevedibile insomma. Le persone crescono, cambiano. Io ne sono la prova vivente.

La seconda ipotesi, e il mio stomaco fa una buffa capriola al pensiero, è che si è completamente dimenticata di me. La sua malattia l’ha protetta allontanandoci per sempre. Effettivamente sarebbe sensato. Non avrebbe mai accettato questo lavoro sapendo che sono il regista, ergo non sa chi sono. È incredibile da credere, ma deve essere così.

Stringo la camera sul suo volto e mi sembra vicina, come non lo è da tempo. Da più di un decennio in effetti, una vita intera... Quando il responsabile del cast aveva fatto il nome di Sana Kurata per la parte ero balzato in piedi gridando un sonoro no e beccandomi delle occhiate curiose e scioccate “non è adatta” avevo mormorato per giustificarmi, ma il cast mi aveva fatto notare che era perfetta e mio malgrado dovevo ammettere che avevano ragione. Era stato solo un momento di debolezza, potevo benissimo lavorare con Sana Kurata.

Sono passati secoli, quella era un’altra vita e quella ragazza dai lunghi capelli rossi non mi riguarda più.

Attraverso l’obiettivo scandaglio il suo corpo, soffermandosi su ogni particolare: le gambe lunghe e vellutate, i seni piccoli e sodi, il collo fiero e sottile, e quelle labbra così rosse e piene…è diventata davvero una bella donna.

“Cominciamo boss?” chiede Maur l’aiuto-regista distraendomi dal mio esame.

“Si-si” mi affretto a rispondere.


 

POV SANA

Le riprese sono state lunghe ed estenuanti, è solo il primo giorno eppure sono distrutta. Almeno ho capito che si può benissimo lavorare con Trank, visto che non si avvicina mai e dispone le cose da dietro la camera o attraverso gli aiuti. Mi sono divertita però, e questa è la cosa che più conta.

Il cast ha organizzato un’uscita ad un locale vicino per bere qualcosa e festeggiare l’inizio delle riprese. Nonostante voglia tuffarmi nel letto mi preparo, non voglio dare l’idea di essere snob. Scendo nell’atrio dell’hotel per incontrare gli altri e vedo Bred venirmi incontro.

“Sana, finalmente! Beviamo qualcosa?” mi fa strada verso il bancone poggiandomi una mano leggerissima al centro della schiena. Non mi da fastidio quel tocco, è quello di un galantuomo.

“Dove sono gli altri?” chiedo guardandomi attorno.

Bred ride “hai fatto un pochino tardi e così sono andati senza di noi, mi sono offerto di aspettarti.”

Mi stringo nelle spalle in imbarazzo, hanno già capito che sono ritardataria. Questo Bred però è stato davvero carino ad aspettarmi. Lo osservo meglio, ha i capelli neri un po’ lunghi portati all’indietro, la pelle abbronzata e delle sottili rughe che gli attraversavano la fronte dandogli un’aria da uomo navigato. I lineamenti sono decisi, la mascella volitiva è nascosta da un po’ di barbetta ben curata. Il naso dritto e gli occhi di un verde brillante. Ovviamente il corpo è scolpito. Da bravo attore di Hollywood è davvero un bell’uomo.

“Grazie” mi dice ridendo e porgendomi un bicchiere colmo di un liquido rosa scintillante.

Sorrido a mia volta anche se non ho capito perché mi ha ringraziata.

“Di cosa?” mormoro prendendo il bicchiere dalle sue mani.

“Del complimento muto che mi hai fatto.” Ride ancora spingendo il bicchiere contro il mio in un brindisi. So che la mia faccia sta andando in fiamme, non faccio mai caso alla piega che prendono i miei pensieri.

“Scusa è che qui sono tutti così…”

“Belli?”

Annuisco forte e bevo un po’ del misterioso cocktail che il mio accompagnatore mi ha ordinato. È buono. Sa di ciliegia.

“È Hollywood, la capitale dell’apparenza.” Spiega Bred brevemente, il suo sorriso mi fa sentire a mio agio, l’imbarazzo mi passa presto (con un piccolo aiutino dell’alcol) e mi trovo a conversare amabilmente.

“Sai sono contenta di poter collaborare con te” esclamo alla fine della serata. Abbiamo completamente dimenticato di dover raggiungere gli altri…


 


 

I giorni successivi sono ancora più duri… Trank ci fa sgobbare come matti. Da dietro quel suo maledetto marchingegno, comodamente seduto sul suo seggiolino, urla incessantemente e ci fa ripetere scene su scene.

Tutto lo staff è sfinito, ed è passata meno di una settimana. Scattano tutti come molle quando sentono la sua voce. Mi ricorda un capo scimmione di mia conoscenza…

Non mi piace, non mi piace neanche un po’ . Ma c’è poco che posso fare, ho smesso di fare la crocerossina.

“Stop!” come raro evento Trank si stacca dalla macchina da presa e si avvicina alla scena.

“Bred, ti pare di esprimere violenza? La devi strattonare, le devi fare male.”

Gli occhi di Trank si appuntarono nei miei, un brivido non richiesto mi attraversa la schiena. “Hai qualche problema al riguardo?”

“Nessuno!” rispondo francamente, sono i pericoli del mestiere come si suol dire.

Bred mi scruta attentamente

“Allora ti chiedo scusa in anticipo” e mi sorride.

Trank mi prende il polso e trasalgo per un attimo. La mano calda mi provoca una buffa capriola allo stomaco, se lui se ne è accorto non lo da a vedere. sono quattordici lunghi anni che non ci tocchiamo. No un momento, questo non è Akito Hayama!

Trank alza il mio polso e mostra a Bred la presa migliore per agire senza gravi conseguenze. Poi lascia la presa e torna dietro la sua camera.

POV AKITO

Chiudo la mano, spero solo che non si sia accorta di quanto fosse sudata, non ho resistito all’impulso di accarezzarla, come si accarezza qualcosa che non crediamo sia davvero davanti a noi. Certo alla vista degli altri è sembrata una normale correzione da regista, ma sono sempre stato bravo a mascherare le cose.

Inquadro nuovamente la scena e questa volta gli attori sono perfetti, alla fine del ciak Sana si massaggia il polso e subito quel Bred lo prende fra le sue mani. Cinge Sana dalle spalle e la conduce in un angolo dove c’è il medico. Mi costringo a rimanere sulla sedia immobile, perché sento il bisogno di andare a vedere come sta? E’ una risorsa importante. Richiamo tutti e annuncio che dopo un giorno di pausa partiremo per New York a girare alcune scene. Sana salta come una bambina a cui hanno promesso delle caramelle. Dopotutto, non è cambiata molto.


 

POV SANA

Un giorno libero è ciò che ci vuole, devo assolutamente fare shopping con qualcuno, ma con chi? Bred mi ha detto che andava a trovare la sua famiglia che abitava ad un paio d’ore di macchina ed il resto del cast deve lavorare per portare tutto a New York. Inutile dire che Namako ha l’agenda piena di appuntamenti con varie personalità di Hollywood per organizzare interviste ed esclusive.

“Eh va bene, andrò da sola” annuncio allo specchio chiudendo il telefono attraverso il quale Namako ha appena rifiutato di accompagnarmi. Infondo ho venticinque anni posso benissimo girare per Los Angeles da sola… mi vesto con delle scarpe basse, bermuda color cachi e una magliettina bianca.

Chiamo un taxi e gli chiedo di portarmi nella strada con più negozi

“Rodeo Drive!” esclama l’autista, pago il taxi con i contanti e mi rendo conto di non aver preso molti soldi, ma poco male, posso sempre pagare con la carta di credito. Mi sento una bambina in un negozio di caramelle mentre svaligio tutti i negozi che riesco a raggiungere. Nell’ultimo negozio però la commessa passa la carta più volte scuotendo la testa

“Non funziona signorina” annuncia infine porgendomi la carta ormai inutile e provocandomi un moto di sconforto totale.

“Ma è impossibile, l’ho usata finora!” alzo le braccia cariche di sacchetti come prova della mia sincerità. La commessa inclina la testa pensosa

“Può essere che abbia terminato il massimo giornaliero signorina. Comunque se vuole le metto i vestiti da parte. Può tornare domani…” Sporgo il labbro delusa, manderò qualcuno l’indomani a prenderli.

“Va bene, grazie.”

Esco dal negozio e subito mi assale un dubbio: come diavolo faccio a tornare in albergo senza soldi?

Provo a chiamare Namako, ma ovviamente non mi risponde. Non mi rimane altra scelta che chiamare la segreteria di produzione:

“Ehm salve Karol, volevo sapere se è disponibile un autista per venire a prendermi. Sono rimasta a piedi…” davvero penseranno che sono una provincialotta...

Dall’altra parte del telefono sento parlottare, probabilmente la segretaria sta cercando qualcuno che sia disponibile.

“Si Signorina Kurata, manderemo qualcuno”.

Aspetto sotto il sole cocente per mezz'ora prima che una macchina nera dai vetri oscurati si fermi davanti a me, pensando si tratti di uno choffer apro la portiera del passeggero e mi infilo nella macchina.

“Oh mi scusi tanto se l’ho fatta venire fin qui, ma…” entrando mi sono messa a sistemare le buste e non mi sono preoccupata di guardare chi fosse alla guida.

Due occhi d’ambra mi stanno guardando attraverso lo specchietto e per un attimo ne sono inghiottita.

   
 
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