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Autore: HermioneJeanGranger97    01/09/2019    1 recensioni
"Vi starete chiedendo chi io sia, bene è la stessa domanda che mi pongo io da quando sono qui."
Questa è la storia di come l'amore possa distruggerti e salvarti.
Di come l'amicizia non sia solo un legame di conoscenza.
Di come le persone migliori possono diventare le peggiori e viceversa.
L'importante è non mollare mai, perché nella vita Never Say Never (mai dire mai).
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Severus Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley, Scorpius Malfoy | Coppie: Rose/Scorpius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Capitolo 46


È passata una settimana da quando ho vissuto quel fatidico momento con Scorpius, che mi abbia permesso di ricordare una bella fetta di ciò che mi ero dimenticata.
Man mano che i giorni passavano, ogni notte rivivevo episodi della mia infanzia o della mia adolescenza che ancora non avevo ricordato. Piano piano tutta la mia vita stava prendendo forma nei miei ricordi.
Neanche il Dottore stesso è riuscito a capire come mai in quel preciso momento la mia mente ha deciso di ricordare.
Mi avevano fatto mille esami, tutti quelli possibili ed immaginabili, ma per fortuna non avevano trovato niente di grave in me.
-Vivere emozioni forti spesso aiuta- aveva cercato così di darmi una spiegazione.
Semplicemente avevo ricordato.
Ecco il motivo per il quale secondo il Dottore era arrivata l’opportunità di uscire da questa orribile e striminzita stanza bianca.
E stavo giusto mettendo tutti i miei oggetti personali, quali regali dei parenti, libri vari, cambi d’intimo e, ovviamente, le mie fantastiche pantofole bordeaux nel borsone che mamma mi aveva portato ieri.
Inoltre per la prima volta dopo tanto tempo indossavo un semplice pantaloncino di jeans chiaro e una canotta nera, pronta per indossare le scarpe da tennis e uscire da qui.
Vengo interrotta da qualcuno che bussa alla porta.
-Possiamo entrare?-sento domandarmi da fuori, mentre riconosco subito la voce del Dottore.
-Certo- urlo in risposta, prima di chiudere definitivamente la cerniera del borsone.
Sento la porta aprirsi e la figura del Dottore viene seguita da un uomo alto, robusto, sulla cinquantina d’anni che indossa una divisa, quella degli Auror.
Ero consapevole che ci fosse un’inchiesta su ciò che mi era successo, ma non ero a conoscenza di ciò che avevano scoperto.
-Sono il Capitano John White, piacere di conoscerla signorina- mi porge la mano.
-Piacere mio- gli rispondo stringendogliela, mentre il Dottore ha fatto comparire due sedie alle loro spalle e subito dopo, con una mano, invita me a sedermi sul letto.
-Come saprà abbiamo aperto un’inchiesta su ciò che le è successo- inizia il Capitano White, dopo che tutti hanno preso posto a sedere.
Annuisco alle sue parole.
-Con il permesso dei suoi genitori, voglio spiegarle cosa le è successo e successivamente farle qualche domanda- continua il Capitano con voce professionale e seria.
Ancora una volta riesco solo ad annuire.
-Come il Dottore sono certo le ha già spiegato, le è stata somministrata una pozione della Memoria. Cambiandone qualche ingrediente, ciò ha permesso a coloro che le volevano fare del male, di farle dimenticare tutto quanto- inizia il Capitano White.
Il Dottore ovviamente mi aveva spiegato a grandi linee quello che mi avevano fatto e se non ricordo male, l’avvelenamento da Aconito è stato il principale motivo.
O meglio, sostituendo un ingrediente con il veleno Aconito, la pozione ha invertito gli effetti e sono viva solo grazie alla generosa quantità di Valeriana, pianta calmante, che con la stessa pozione mi hanno fatto ingerire.
Questo perché la Valeriana è riuscita a calmare gli effetti del veleno, finchè non è stato espulso dal mio corpo grazie alle Trasfusioni di Sangue.
-I responsabili di quello che le è accaduto sono tre, che so lei conoscere: Alex Sheppard, Bethany Krum ed Eveline Zeno-
-Cosa scusi?- non sono riuscita a trattenermi dall’urlare questa domanda -Eve?- continuo, sicura di aver capito male.
Non è di certo possibile che Eve centri in questa faccenda. È la mia migliore amica, la sorella che non ho mai avuto, ma che ho sempre voluto, ci conosciamo e ci vogliamo bene da quando ho memoria.
-Sì, signorina. Eveline Zeno- conferma la voce del Capitano White, nella quale riesco a scorgere un velo di compassione.
-Non è possibile- continuo dura alzandomi dal letto e incenerendo con uno sguardo il Capitano dei miei stivali davanti a me.
-E’ dura da spiegare … -inizia quest ultimo, prima di essere interrotto dalla sottoscritta, con voce sempre più irritata.
-Non c’è niente di duro da spiegare, dato che sono più che certa che Eve non centri nulla-
-Signorina, mi creda, mi faccia spiegare prima- insiste il Capitano di fronte a me, che non smette di guardarmi con un filo di compassione, mista però questa volta ad una schietta determinazione.
Sarà forse stata la curiosità a farmi risedere, o lo stupore di ciò che le mie orecchie stavano sentendo, o peggio il timore di poter sentire che una delle persone più importanti della mia vita aveva cercato di uccidermi.
-Lei sa benissimo cosa ha passato la signorina Zeno nella sua vita. Una madre alcolizzata che è morta quando lei aveva solo dodici anni ed un padre violento che è sparito dalla sua vita quando ne aveva sette- inizia il Capitano.
Sapevo al cento per cento tutto quello che Eve aveva dovuto subire durante gli anni più fragili per un individuo, perché sono proprio questi gli anni in cui le figure guida dei genitori possono commettere più traumi in assoluto. Sono quegli anni in cui si creano le peggiori ferite, che il bambino poi adulto continuerà a provare a rimarginare. Nella maggior parte dei casi però, purtroppo non ci si riesce mai del tutto.
-Però la signorina Zeno non era a conoscenza di un importante caratteristica del padre. Egli soffriva di una malattia mentale chiamata Disturbo di personalità. A causa di questa, nei momenti di violenza o delirio, era come se diventasse un’altra persona, tanto che all’inizio, quando si è bambini o ancora troppo giovani, nei momenti di ritorno alla lucidità, si rivivono costantemente quei momenti di rabbia accecante. Andando avanti con il tempo e senza nessun tipo di aiuto psichiatrico o psicofarmacologico, la malattia ti deteriora, tanto che un giorno non riuscirai mai più a ritornare a quei momenti di lucidità, fino ad arrivare alla follia pura e infine alla morte. Purtroppo è una malattia genetica, che la signorina Zeno ha ereditato dal padre. Essendo lei una strega e non una babbana, è riuscita, a detta sua, a trovare una pozione che indebolisse gli effetti della malattia e che calmasse la sua rabbia interiore. Inoltre ci ha confidato che quando ha iniziato a collaborare con Alex Sheppard e Bethany Krum, alla fine di ogni incontro si obliava, così da non rivivere quei momenti di rabbia in cui la spingevano a voler progettare vendetta nei suoi confronti. Ecco il motivo per il quale, né lei né i suoi amici, avete mai sospettato di lei. Attraverso i complici, inoltre, siamo riusciti a risalire a tutto quello che la signorina Zeno ha fatto. Inconsapevolmente però, nel momento in cui ci ha confessato di obliarsi, ha confessato la sua colpevolezza-.
Alla fine di questa lunga spiegazione del Capitano White, sia lui che il Dottore seduto al suo fianco mi guardano con un chiaro sguardo di compassione, che non maschera la palese pena che provano per me.
In non riesco a dire nulla, non riesco a formare un pensiero o un’idea su tutto quello che il Capitano White mi ha appena spiegato.
Non riesco ad odiare Eve, non riesco a provare rabbia nei suoi confronti, ne rancore, riesco solo a pensare a tutta la sofferenza che la mia migliore amica ha provato in tutti questi anni.
Inevitabilmente i sensi di colpa affiorano in me, colei che le aveva promesso che non l’avrebbe mai più fatta sentire sola o abbandonata, colei che le aveva promesso una famiglia, che le aveva donato la propria famiglia, cercando sempre di non farla sentire esclusa o fuori luogo.
Evidentemente avevo sbagliato tutto, dato che alla fine non aveva mai smesso di starci così male, tanto da arrivare a farne agli altri, a me.
E soprattutto, non mi ero mai resa conto di questi attacchi violenti, di questa rabbia che covava dentro di sé. Non mi ero accorta di niente, nonostante vivessi con lei da anni, dato che non ci passavo solo il tempo ad Hogwarts, ma anche le estati e le festività, che dal secondo anno in poi aveva trascorso a casa mia.
Con la mia famiglia, tutta la mia famiglia, che non ha fatto altro che proteggerla, senza sapere nello specifico cosa Eve avesse vissuto (tranne i miei genitori che sapevano tutto, ma non per questo l’hanno mai guardata con pena o compassione).
La famiglia Weasley l’aveva accolta come fosse una di noi e, in realtà, con il passare degli anni, era diventata a tutti gli effetti una di noi.
-Si è mai accorta di qualcosa che non andasse nella sua amica, signorina Weasley?- mi domanda il Capitano White, riportandomi alla realtà.
-No, mai- ribatto in un sussurro, cercando di trattenere le lacrime che inevitabilmente volevano scendere dai miei occhi, concretizzando in acqua salina il dolore che sto provando.
Con lo sguardo fisso sul pavimento, cerco di riportare a galla più ricordi possibili, per cercare indizi che, con la strada spianata da maggiori informazioni, mi sono stati invisibili fino ad oggi.
Mi salgono alla mente le notti che passava agitandosi e dimenandosi nel letto, vivendo incubi su incubi. Mi aveva assicurato che fossero incubi che ripercorrevano la violenza che il padre aveva rigettato su di lei e sulla madre, tranquillizzandomi sul fatto che con il passare degli anni, erano sempre meno frequenti.
Ma adesso non posso che chiedermi se effettivamente quegli incubi raccontassero della violenza del padre e non di quella di Eve.
-Dove si trova adesso?- pongo la domanda in un sussurro flebile, tanto che ho il dubbio se mi abbiano sentito.
Quando non ricevo risposta, sto per riproporre la domanda, ma ad interrompermi è la voce del Dottore.
-Si trova in una stanza privata e isolata del reparto psichiatrico nel San Mungo-
Adesso è sola, spaventata, impaurita.
La prima cosa che mi verrebbe da fare sarebbe correre da lei, stringerla forte e dirle che tutto sarebbe finito bene, se ad affrontarlo fossimo state insieme.
Ma chissà che, dopo tutto quello che è successo, lei mi voglia rivedere. Chissà che, nonostante io non riesca ad odiarla, lei non riesca a fare se non questo, se non riesca che a provare ribrezzo nei miei confronti.
-Posso vederla?- domando con la voce più decisa questa volta.
Purtroppo c’è ancora una piccola parte di me che non crede alla possibilità che Eve possa aver voluto farmi questo. C’è una piccola speranza che giace in me, che ha bisogno che sia lei a dirmi in faccia tutta la verità, tutto ciò che le è passato per la mente durante questo periodo.
-Non è consigliabile signorina- ribatte velocemente il Dottore -E’ appena riuscita a ricordare-
-Io ho bisogno che sia lei a raccontarmi questa storia- e con tutta me stessa avrei voluto avere una voce decisa, forte, determinata, non fragile e di lamento, quasi fosse una preghiera supplichevole.
-Prima le vorrei fare qualche domanda su Alex Sheppard e Bethany Krum- risponde questa volta il Capitano e, nonostante il mio sguardo non si sia ancora staccato dal pavimento, riesco a riconoscere un tono di timida amarezza, come se l‘ultima cosa che volesse fare fossero proprio queste domande.
Annuisco in risposta.
-Che rapporto aveva con i due complici?- mi chiede quindi il Capitano.
-Con Sheppard ho avuto una relazione di quasi tre mesi, prima di scoprire che mi tradiva con un’altra- rispondo frettolosamente, nella speranza che si finisca presto e che in fretta io possa parlare con Eve.
-Ha mai notato in lui atteggiamenti aggressivi nei suoi confronti?-
-Dopo che l’ho scoperto con un’altra, ne abbiamo parlato, ma ho deciso comunque di non continuare la relazione. Lui invece non ha mai smesso di insistere, reagendo anche in modo esagerato-
Come quando mi ha aggredita in Sala Grande, e se non fosse stato per Scorpius, mi ci avrebbe trascinata fuori con forza. O quando, durante la prima serata della gara di ballo, mi si era completamente gettato addosso e, se non fosse stato per l’intervento di Scorpius prima e della signora Malfoy dopo, non so come sarebbe andata a finire.
-Cosa intende per esagerato?- mi domanda il Capitano White.
-Urla, insulti e aggressioni verbali accese e, se non fossero intervenute terze persone, sono quasi certa che sarebbero state anche fisiche- dico con decisione.
A differenza di Eve, nei confronti di Alex ne provo tanta di rabbia. Sarà perché si era dipinto come il ragazzo perfetto, sarà che aveva sempre denigrato la persona di Scorpius, sarà che l’avevo trovato con un’altra e questa mancanza di rispetto non l’avevo ancora digerita, sarà che si era dimostrato l’esatto opposto di quello che immaginavo e mi sentivo al cento per cento presa in giro. Ciliegina sulla torta, aveva anche cercato di uccidermi. Robe da pazzi!
-Dove si trova adesso lui?- chiedo con una piccola nota di disprezzo nella voce.
Penso di non aver provato mai odio così forte per qualcuno.
-In una stanza privata e isolata nel reparto psichiatrico nel San Mungo- ripete le stesse parole di prima il Dottore.
In un primo momento non ho afferrato esattamente il significato di quelle parole, ma ci impiego una decina di secondi per capirle.
-Ospedale psichiatrico?-
-Ecco il motivo per il quale non potevo farla uscire dalla stanza signorina- controbatte alla mia domanda il Dottore, con quello che sembra un accenno di sorriso -Non potevamo rischiare che vi incontraste, nonostante lui fosse ben custodito. Per maggiori sicurezza, ho comunque deciso di limitarle le uscite dalla propria stanza-
Sapevo che c’era qualcosa sotto del semplice “metabolizzare il tutto”, ma questa ulteriore conferma non fa altro che far crescere dentro di me l’odio verso Alex. Per colpa sua ero finita qui dentro e sempre per colpa sua mi ero ritrovata segregata nella mia stanza, come se fossimo stati in un carcere.
-Spero buttiate la chiave e non lo facciate più uscire- mi lascio scappare dalla bocca con tono di evidente disprezzo e odio.
Per quanto all’inizio fossi stata contenta di conoscerlo, in questo momento, mentre ripercorro velocemente il nostro percorso, dal giorno in cui l’ho conosciuto fino ad adesso, non riesco a fare altro che odiarlo. Non riesco a provare pena per lui, non riesco a mettermi nei suoi panni, non riesco a scusarlo per la malattia mentale di cui sicuramente soffre, che gli permette di star qui rinchiuso, piuttosto che in una cella di Azkaban.
-C’è una motivazione valida per cui mi ha fatto questo?- domando nuovamente con lo stesso tono, mentre la voce del Capitano White mi spiega quanto il dolore di avermi perso a causa del suo tradimento, lo ha portato a scegliere di preparare una pozione della Memoria, così da farmi dimenticare tutto, speranzoso che così facendo sarei ritornata da lui.
C’è, ma questo è completamente fuori di cervello!
Rimaniamo in silenzio per un minuto buono, mentre la sensazione di vomito che mi ostruisce dallo stomaco fin alla gola non fa che aumentare.
-Di Bethany Krum, invece, che mi dice?- ritorna all’attacco il Capitano White.
Mi prendo un secondo per riflettere sulla risposta.
Alla velocità della luce, solo al sentir quel nome, la mia mente si riempie dell’ immagine dei corpi nudi di Krum e Scorpius sulla cattedra di un’aula in disuso e, inevitabilmente, la sensazione di vomito si fa sempre più forte.
-E’ l’assistente del professor Delby di Difesa Contro le Arti Oscure- dico seccata.
Non riesco proprio a togliermi queste immagini rivoltanti dalla testa.
-Lei era a conoscenza del rapporto intimo tra il signorino Scorpius Malfoy e l’assistente dell’insegnante Bethany Krum?-
Ha scandito ogni parola molto lentamente, forse troppo, non smettendo neanche per un secondo di guardarmi negli occhi, così da notare il mio sgranare le palpebre sempre più, fino all’ultima parola.
Non so di certo cosa rispondere e, preoccupata, lancio uno sguardo al Dottore, che è comunque sempre il padre del suddetto ragazzo.
Quest’ultimo mi lancia uno sguardo penetrante, prima di annuire quasi impercettibilmente con la testa.
-Si ne ero a conoscenza- rispondo quindi subito dopo.
-Non ne ha parlato con nessuno perché?- domanda sospettoso il Capitano White.
Bella fregatura Rose, adesso che miseriaccia rispondi?
-L’ha minacciata?- mi domanda subito dopo il Dottore, penetrandomi con lo stesso sguardo di prima e cercando, allo stesso modo, di annuire. Gesto apparso ancora più impercettibile, dato che adesso lo sguardo del Capitano White era fisso sul Dottore, che ostinatamente non lasciava il mio.
-Sì- rispondo incoraggiata dallo stesso gesto di prima -Mi ha fermato dopo una lezione e mi ha detto chiaramente che se avessi parlato, sarebbero stati guai seri-
Ed è così che mi riaffiora alla mente la faccia da schiaffi con cui quel giorno mi disse “se osa dire qualcosa a qualcuno, se ne pentirà amaramente” .

E solo in questo momento noto un particolare fascicolo tra le gambe del Capitano White dalla copertina giallo vecchio e logoro, sul quale adesso sta scrivendo con una piuma d’oca nero pece.
-Bene signorina- si alza all’improvviso il Capitano White, mettendo il fascicolo sotto braccio -sono contento che alla fine lei stia bene- mi saluta, porgendomi la mano -e le auguro davvero il meglio da questa vita- continua, mentre io gli stringo la mano, ringraziandolo con un sorriso sulle labbra.
-Spero di rivederla presto per una Burrobirra questa volta, Dottor Malfoy- si gira verso il Dottore in piedi di fianco a lui.
-Con assoluto piacere- ribatte stringendo forte la mano che il Capitano gli sta porgendo.
Ed è così che dopo l’uscita del Capitano dalla porta, in quattro e quattr’otto nella stanza rimaniamo soltanto io e il Dottore dei miei stivali.
Se mi fermassi a pensare a come sto, a cosa ho passato e per colpa di chi, mi rinchiuderebbero di nuovo qui dentro.
-Se ho avuto l’intuizione giusta- inizio a parlare con voce neutra, senza neanche rendermi conto del perché- Krum ha fatto questo per paura di perdere il lavoro, non penso l’abbia fatto per l’amore che nutre verso Scorpius, anzi non penso neanche l’abbia mai amato- dico l’ultima frase quasi con disprezzo, ricordando quel giorno passato con Scorpius, sulle gradinate del campo da Quiddtch e con una bottiglia di Whisky incendiario. Ricordo di come mi abbia raccontato di lei, della loro storia, di come l’abbia lasciato da un giorno all’altro e quanto lui ci abbia sofferto. Poi è ritornata, se lo è portato a letto e dopodichè gli ha confessato di amarlo, senza però mai dimostrarglielo.
Ricordo di come Scorpius ha sempre diffidato delle sue parole, e io delle sensazioni di Scorpius mi fido.
-Lei dove si trova?- domando iniziando a giocherellare con la cerniera del borsone al mio fianco.
-Ad Azkaban- ribatte secco il Dottore -E comunque, hai intuito bene. Aveva paura che parlassi-
Sono allibita. Se avessi voluto parlare, l’avrei fatto molto tempo fa, sarei andata dalla Preside e le avrei rovinato senza dubbio la carriera.
Perché non l’ho fatto?
Perché per quanto non mi piacesse l’idea di un’insegnante con un alunno, non erano affari che mi riguardavano. Come dissi a Scorpius di fronte al ritratto della Sala Comune dei Grifondoro, dove mi aveva fermato per parlarmene, la coscienza era la loro!
E comunque sia, non mi sembra decisamente un motivo concreto per farmi questo.
In realtà cercare di ammazzare una ragazza o farle dimenticare tutto, quale sia la sua identità, chi sia la sua famiglia, chi siano i suoi amici, in poche parole tutta la sua vita, è un’azione che non potrà mai avere giustificazioni.
-Sheppard mi amava davvero e per far sì che ritornassi da lui dopo il tradimento, si è alleato con Krum- continuo, tassello dopo tassello, cercando di mettere ordine a tutto il macello che ho nella testa.
Che mi amasse davvero penso sia un eufemismo. Quando ami una persona vuoi il suo bene, che sia felice, indipendentemente se questa felicità gliela dia tu o un altro.
Ricordo le parole che mi disse sui gradini fuori dall‘aula di Pozioni: -Non so se l’hai mai notato o hai fatto finta di non notarlo, ma ho sempre avuto un debole per te-.
Ricordo il modo in cui mi guardava, come se fossi la persona più bella sul pianeta.
Questo poteva essere amore quello che provava per me, un amore forte però separato da una linea sottilissima con l’ossessione.
Ricordo le scenate fatte durante le feste natalizie.
La prima è arrivata a causa del bigliettino da parte di Scorpius con gli auguri di natale.
La seconda, perché Scorpius aveva deciso di intavolare con me una conversazione mentre lavavo i piatti della cena di Capodanno; ricordo come per la prima volta in quella litigata fuori dalla cucina, Alex mi sia apparso per un attimo uno sconosciuto. Aveva negli occhi una scintilla di pazzia.
E infine, tutti quei tentativi disperati di riportarmi da lui, insultandomi ed aggredendomi.
Ecco, questo non è amore, è ossessione. Quest’ultima cosa non è mai buona!
-Non ho ben capito perché Eve mi abbia fatto questo invece- la mia voce si trasforma in un sussurro questa volta -La mia famiglia l’ha sempre protetta, accolta, l’ha trattata come se fosse una di noi. Ma lei è una di noi, cazzo-esclamo all’improvviso.
Più inizio a razionalizzare, più mi rendo conto che, per quanto sia arrabbiata con Krum e Sheppard, Eveline è quella con cui lo sono di più.
In un primo momento mi sono sentita in colpa, perché non l’avevo protetta come le avevo promesso, però adesso sono arrabbiata, perché non si è confidata con me, perchè non mi ha parlato di questo suo disagio, di questa sua malattia, di questa rabbia repressa dentro di se.
Perciò sì, non sono arrabbiata per quello che mi ha fatto, ma perché sono sicura che l’avremmo potuta aiutare e, come sempre, insieme l’avremmo superata e sconfitta.
-Ho davvero bisogno di parlare con lei- dico alzando lo sguardo sul Dottore e cercando di pregarlo.
Voglio che si accorga attraverso le mie iridi verdi che ho davvero bisogno di chiarire con Eve.
-Potrebbe essere pericoloso signorina- ribatte senza troppa forza in realtà.
-Mi dia cinque minuti con lei, la prego. Mi faccia circondare da cinquanta infermieri se lo crede necessario- ho le lacrime agli occhi e sono quasi certa di star per mettermi a piangere.
-Ci sono delle regole che le conviene rispettare questa volta- inizia il Dottore con voce ferma -Dovrà stare minimo a due metri di distanza, potrà solo parlare, niente abbracci e niente carezze- continua senza smettere di fissarmi negli occhi -E se vuole un consiglio, cerchi di parlare lentamente, non urli e non la guardi troppo spesso negli occhi. Non avrà più davanti a se la stessa amica di sempre, quella che conosceva-


***


E invece, a dispetto delle parole del Dottore, di fronte mi ritrovo esattamente l’amica che ho sempre conosciuto.
L’area riservata e privata del reparto psichiatrico del San Mungo si trova al piano inferiore del piano Terra. Non ci sono finestre ai lati dei corridoi che compongono il reparto, perciò non vi è nessuna traccia della luce del sole, ma sono illuminati da inquietanti lampadari che oscillano ininterrottamente, spargendo la luce un po’ di qua e un po’ di là.
Ogni cinque metri dei muri di pietra, vi è una porta massiccia in ferro, senza serratura, ma con solo una piccola finestrella all’altezza del viso.
Ed è proprio attraverso questa finestrella che mi permettono di guardarla.
È sdraiata su una branda, sorretta da gambe arrugginite e sulla quale vi è posto un materasso sottilissimo. Ha indosso solo la camicia che anche io ho indossato per tutta la mia permanenza, anche se la sua sembra strappata in alcuni punti e ricoperta da macchie indefinibili.
Osservo il suo corpo minuto sdraiato quasi immobile sulla branda, se non per la pancia che va su e giù, seguendo il flusso della lenta respirazione.
Osservo i suoi capelli biondi, sparsi, spenti e rovinati, non più splendenti e acconciati dalle trecce che lei tanto amava.
L’infermiere di fianco a me che mi ha accompagnato, sotto ordine del Dottore, dopo un minuto buono, ha la brillante idea di sbattere forte una mano sulla porta e di urlare con voce severa -Svegliati-
-Non c’è bisogno di trattarla così- urlo in faccia all’infermiere, che mi gela con uno sguardo.
Sicuramente ne parlerò con il Dottore di questa faccenda.
La mia rabbia verso l’infermiere viene interrotta da un mugolio proveniente all’interno della stanza.
Quando all’inizio vi ho detto che Eve è sempre rimasta la mia amica di sempre, mi riferivo alla luce negli occhi che l’ha sempre contraddistinta e con la quale mi sta guardando adesso.
Spalanca gli occhi stupefatta, non appena si ritira su a sedere sulla branda e i suoi occhi incontrano i miei.
-Rose?- sussurra sorpresa e un attimo dopo le si riempiono gli occhi di lacrime.
Si lancia verso la porta, iniziando a piangere ininterrottamente e disperatamente, lasciandosi scappare parole che non riesco a capire.
-Stai lontana- interviene l’infermiere con la stessa voce severa di prima ed Eve, dopo uno sguardo terrorizzato nella sua direzione, si ritrae, lasciandosi andare con le ginocchia sul pavimento.
-Le ho detto che non c’è bisogno di trattarla così- urlo infervorata, alternando lo sguardo dall’infermiere, che non fa altro che guardarmi in modo glaciale, ed Eve, che non ha smesso ancora di piangere e si copre il viso con le mani.
-Non mi insegni il mio lavoro signorina- mi richiama la voce severa dell’infermiere.
-Io non le voglio insegnare proprio nulla- ribatto allo stesso modo -Le dico solo di non trattare così la mia amica-
-Non è più la sua amica signorina, prima se ne rende conto, meglio è- ribatte lui, trattenendo quello che sembra un ghigno.
-Forse non l’avete capito voi- controbatto irritata -So io chi è la mia amica, non voi. So com’era, so com’è adesso e se le dico, infermiere, che è la mia amica, è così. Punto-
Probabilmente dovrei odiarla per il male che mi ha fatto, ma proprio non ci riesco.
-Hanno ragione loro, Rose- richiama la mia attenzione la voce fredda di Eve.
Porto lo sguardo attraverso la finestrella e non la trovo più piegata su se stessa a piangere, ma in piedi, con il viso stravolto sì, ma impregnato di glaciale freddezza.
-Non sono la Eve che hai conosciuto. Io ho cercato di ammazzarti e l’amica che ti ricordi, non l’avrebbe mai fatto-
-Mi hanno raccontato della malattia di cui soffri Eve, non ce l’ho con te- dico sorpresa dal cambio repentino di comportamento. Sorpresa dal distacco con cui mi sta parlando.
-La malattia ingigantisce solo gli stati d’animo di cui soffro. La Eve che conosci tu, sarebbe venuta da te e ti avrebbe chiesto aiuto, da smidollata quale era. La Eve che hai davanti adesso, affronta da sola ciò che la fa soffrire. Mi dispiace averti fatto quello che ti ho fatto, ma la Eve che hai davanti ha capito quanto non sia giusto che una persona abbia così tanta fortuna e una così tanta sfortuna- il tono di voce è rimasto lo stesso glaciale distacco.
Non posso credere a quello che i miei occhi stanno vedendo e le mie orecchie sentendo.
-Cosa vuoi dire?- domando in un sussurro, mentre dentro di me la speranza che tutto questo sia solo un incubo orribile dal quale devo ancora svegliarmi, si affievolisce sempre più.
-La Eve che conoscevi tu ti ha sempre ringraziato per il sostegno che le hai sempre regalato, per la famiglia che le hai donato e si è sempre sentita fortunata ad averti conosciuto quel giorno sull’Hogwarts Express. La Eve che hai davanti, non accetta che lei non possa avere una famiglia da cui tornare, una vera famiglia. Una mamma, un papà, magari dei fratelli o delle sorelle. La Eve che hai davanti non accetta più alcun tipo di elemosina da parte tua- e una lieve nota di disprezzo fa capolino dalla sua voce.
Mi disprezza e il mio cuore fa un altro crack.
-Tutto quello che ho fatto per te, non era per elemosina- dico con la voce che mi trema -L’ho fatto perché sei la mia migliore amica, la sorella che non ho mai avuto e ti voglio un sacco di bene- cerco di trattenere le lacrime.
-Non capisci allora- mi schernisce con una risatina e questo fa ancora più male -La Eve che hai di fronte non ti vuole bene, ti disprezza e disprezza tutto quello che tu hai avuto dalla vita e lei no-
La scintilla che ha sempre contraddistinto l’anima pura della mia migliore amica è scomparsa.
Nonostante le lacrime mi stanno offuscando la vista, continuo a puntare il mio sguardo su di lei, dalla quale ricevo solo disprezzo e disgusto.
Non posso credere di non essermi mai accorta di questo lato di Eve, non posso credere che non me ne abbia mai parlato, non posso credere che oggi, probabilmente, sarà l’ultimo giorno in cui la rivedrò.
Un forte dolore all’altezza del cuore mi impedisce di respirare regolarmente.
-Non ci credo- sussurro -Sono sicura che la mia migliore amica sia ancora qui con me-
Non credo neanche ad una parola di ciò che ho detto, ma per non cadere per terra e iniziare a piangere disperatamente, devo tentare anche di non far morire l’ultima piccolissima briciola di speranza che giace in me.
-Testarda come sempre- ribatte con voce dura -Se vuoi convincerti che tutto questo non esista, fai pure, ma prima o poi te ne farai una ragione e continuerai la tua fantastica vita. Quella chiusa qui dentro sono io- continua con una filo di rabbia nella voce.
-ED E’ TUTTA COLPA TUA- mi urla addosso, prima di lanciarsi contro la porta e iniziare a prenderla a pugni -DI TUTTE QUELLE VOLTE CHE MI HAI IMPEDITO DI ESSERE ME STESSA, DI TUTTE QUELLE VOLTE IN CUI MI HAI OSCURATO, PERCHE’ ESISTEVI SOLO TU. LA FORTISSIMA E BRAVISSIMA ROSE WEASLEY, AFFIANCATA SEMPRE DALLA SFIGATA E SMIDOLLATA DELLA SUA MIGLIORE AMICA. TU NON MERITI LA FAMIGLIA CHE HAI. IO AVEVO BISOGNO DI UNA FAMIGLIA, NON TU -
Ho fatto un passo indietro, bloccata dalle sue urla quasi disumane, che buttano fuori tutto l’odio che prova nei miei confronti.
Gli occhi azzurri dolci che la contraddistinguevano sono scomparsi, coperti da due occhi blu impregnati di disprezzo, rabbia, dolore e tutto questo per causa mia.
-Ahhhh- urla sbattendo continuamente i pugni sulla porta, l’unica barriera che ci divide e che non le permette di aggredirmi.
Perché è quello che vorrebbe fare e, probabilmente, immobile come sono, glielo permetterei anche.
-Adesso basta- sento la voce severa dell’infermiere, mentre con un colpo di bacchetta richiude la finestrella. Nell’esatto momento in cui si sente il rumore secco del ferro contro ferro, anche le urla di Eve si azzittiscono e cala un silenzio innaturale intorno a noi.
Io in tutto questo non ho fatto altro che rimanere immobile sul mio posto, tenendo le braccia lungo i fianchi e lo sguardo fisso sulla finestrella.
Una flebile, scintilla di speranza c’è ancora in me, che spera che quella finestrella si apra e che ci esca la Eve con cui ho passato tutti questi anni.
La Eve con cui potevo essere me stessa al cento per cento, senza paura di giudizi o incomprensioni.
Rivoglio la mia fortissima migliore amica.
Ed è in questo momento che cado sulle mie ginocchia iniziando a singhiozzare sonoramente, rompendo così il silenzio che si era creato.
Il viso straziato dal disprezzo e dall’odio di Eve non fa che venirmi in mente e più continuo a imprimermelo nella mente, più la briciola di flebile speranza svanisce.
Provo un dolore inspiegabile, straziante, che sancisce la rottura in mille pezzi di una piccola fiammella della mia anima.
L’infermiere ha la brillante idea di dire -Bhe, io te l’avevo detto che non era più la tua amica-
L’avrei sicuramente ucciso a mani nude anche, dato che non mi hanno ancora consegnato la mia bacchetta, se non fosse che il dolore che provo è più forte della rabbia.
Ho per sempre perso una delle persone più indispensabili della mia vita e non potevo fare niente più per aiutarla.



RIECCOMIIIIII!!!
L'ULTIMA PARTE DEL CAPITOLO L'HO SCRITTA CON IL MAGONE IN GOLA! POVERA ROSE! POVERA EVE! POVERA ME!
ANYWAY, VI RINGRAZIO SUBITO PER ESSERE ARRIVATI FINO A QUI E SPERO MI FACCIATE SAPERE COSA NE PENSATE!
NON MANCA MOLTO ALLA FINE, SIAMO VICINISSIMI E ANCORA NON CI CREDO!
VORREI RINGRAZIARVI AD UNO AD UNO, E, QUASI QUASI, QUANDO LA STORIA SARA' FINITA LO FARO'!
CI VEDIAMO AL PROSSIMO CAPITOLO!
UN BACIO,
HERM :*

P.S. LO SO CHE NEI LIBRI IL REPARTO PSICHIATRICO DEL SAN MUNGO NON SI COLLOCA AL PIANO SOTTOTERRA, MA HO PENSATO COMUNQUE DI COLLOCARE Lì LA SEZIONE PER COLORO CHE IN REALTA' DOVREBBERO STARE AD AZKABAN, PER COLORO CHE HANNO COMMESSO TENTATI OMICIDI O OMICIDI FATTI E FINITI, NON PENSO SIA GIUSTO COLLOCARLI INSIEME A CHI NELLA VITA NON HA MAI FATTO MALE A NESSUNO!


P.P.S.PURTROPPO IL PROGRAMMA CHE USAVO PER INSERIRE LE COPERTINE DEI CAPITOLI NON FUNZIONA PIU' E NON RIESCO A TROVARNE UN ALTRO. VOI PER CASO NE CONOSCETE QUALCUNO?

   
 
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