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Autore: mikimac    01/09/2019    1 recensioni
Scegliere il giusto compagno, con cui trascorrere la vita, è sempre difficile. Soprattutto quando ti sembra che l'universo stesso trami contro di te. Eppure, non tutto il male viene per nuocere.
Omegaverse. Omega John. Alfa Sherlock.
Genere: Angst, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Nuovo personaggio, Sherlock Holmes
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fotografie'
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Futuro incerto
Le fotografie relative al ballo avevano scatenato in John sia rabbia, per il comportamento di Wilkins, sia ricordi divertenti e rimpianti. Malgrado Paul non avesse mai rimproverato al figlio di avere rovinato il ballo né gli avesse mai rinfacciato di non avervi partecipato, anzi avesse compreso e approvato il suo comportamento, John non poteva non pensare che il papà fosse dispiaciuto per non avere mantenuto la promessa fatta alla madre.
Una leggera folata di vento scostò la tenda bianca, facendole accarezzare il volto stanco di John, che alzò lo sguardo e lo fissò sul marito, sempre intento a lavorare sulle arnie. Sherlock era capace di trascorrere ore a prendersi cura delle sue api. Era una cosa che lo rilassava e che gli permetteva di allontanare la mente dal pensiero dell’imminente morte del marito. John provò una fitta al cuore. Avrebbe dato qualsiasi cosa per evitare a Sherlock il dolore per la sua dipartita, ma era già stato tutto scritto nel libro del destino. Sapevano quanto tempo fosse rimasto a John da vivere dal giorno della nascita di Rosie. Nessuno poteva fare qualcosa per cambiare il futuro dell’Omega. John non aveva rimpianti. Aveva vissuto una vita piena e appagante. Non avrebbe cambiato nulla. Non tutti potevano affermarlo con altrettanta sicurezza.
Il medico
sospirò e riprese a guardare le fotografie dell’album. Lasciò passare quelle relative alla fine della loro adolescenza, con i compagni delle superiori e i primi passi nella vita indipendente. Dell’università e dell’esercito. Si soffermò, invece, su un’immagine che ritraeva John e Sherlock. Era la loro prima fotografia insieme ed era la testimonianza del loro primo incontro ufficiale. Sia Sherlock sia John erano seduti a una scrivania e stavano firmando l’accordo matrimoniale.

Futuro incerto

Era dall’alba che una pioggerella fastidiosa bagnava Londra, rendendola grigia e triste. Da quando era stato congedato dall’esercito ed era tornato a vivere nella capitale inglese, sembrava che il sole si fosse rifiutato di scaldare la città adagiata sulle sponde del Tamigi. John Watson era stato ferito a una spalla, quando la sua squadra era caduta in una imboscata durante una missione di soccorso. Il medico Omega aveva rischiato di morire, ma gli era andata bene. Meglio che a David Harrods, morto per un colpo sparato da un cecchino, che lo aveva raggiunto in piena fronte. Meglio che a Oscar Ballard, che era stato colpito alla spina dorsale e che ora giaceva immobile su un letto d’ospedale. Meglio che a Peter Orwell, che aveva perso una mano. John non poteva lamentarsi. Era vivo. Nemmeno troppo danneggiato. I suoi colleghi medici avevano stabilito che fosse in grado di procreare, quindi poteva ancora trovare un Alfa che si accontentasse di sposare un Omega claudicante e con una mano tremante, pur di avere una discendenza. John sarebbe stato costretto a trasformarsi in quel tipo di Omega debole e dipendente dal suo Alfa, che tanto aveva disprezzato da ragazzo.
Sì.
John Watson era ancora vivo e poteva lasciare ai posteri una propria discendenza. Non poteva lamentarsi, perché altri non erano stati così fortunati. Però John non si sentiva fortunato. John avrebbe preferito essere morto.

Il palazzo si trovava in una delle zone più eleganti di Londra. Era antico, ma molto curato. Il rinomato studio legale ne occupava il terzo e ultimo piano. Gli uffici erano arredati in modo elegante e austero, ma i locali erano luminosi, rendendo l’atmosfera meno opprimente. Una grande vetrata permetteva di ammirare il Palazzo di Westmister, da cui l’edificio non era molto distante. John e Richard erano seduti nella sala d’attesa. Padre e figlio non si parlavano, ognuno dei due immerso nei propri pensieri.
Richard Watson era diventato vedovo molto giovane e si era risposato, come facevano molti Alfa, da sempre. Aveva formato una nuova famiglia, con una Omega, da cui aveva avuto due figli, due gemelli. John era entrato nell’esercito il giorno dopo il secondo matrimonio del padre. Il giovane Omega sapeva che Richard non poteva rimanere vincolato alla memoria del marito morto per il resto della sua vita. Paul stesso non lo avrebbe mai voluto. John aveva, però, compreso che la nuova compagna del padre si sentiva in competizione con il fantasma del primo marito e che la sua presenza non era particolarmente gradita. Geraldine Keller era una donna di trentacinque anni, quando lei e Richard si erano sposati. Era considerata una Omega vecchia, ma era già stata sposata, senza avere generato figli. Dopo cinque anni di inutili tentativi, il primo marito aveva preteso l’annullamento del matrimonio, accusando l’Omega di essere sterile. Malgrado le analisi cliniche avessero dimostrato che il marito si sbagliava, l’Alfa era riuscito a ottenere ciò che voleva, sposando un’altra Omega dopo pochi giorni dalla fine del primo matrimonio. Quando a Richard era stata proposta l’unione con Geraldine, aveva accettato di sposarla per rispettare la legge sulla procreazione. Non gli importava avere altri figli. Gli sembrava giusto aiutare una Omega che era stata denigrata e ripudiata da chi avrebbe dovuto prendersi cura di lei. Geraldine e Richard erano legati da un sentimento di stima e rispetto reciproci, ma nulla di paragonabile all’amore che l’Alfa aveva provato per Paul.
Non volendo essere un perenne memento del primo coniuge o della incapacità della donna di avere figli, John aveva deciso di vivere la propria vita in modo indipendente dalla nuova famiglia del padre. Era entrato nell’esercito e partito per l’estero. Dopo alcuni mesi, il secondo matrimonio di Richard era stato allietato dalla nascita dei gemelli, Cole e Clara, entrambi Alfa. John aveva conosciuto i suoi fratellastri e intratteneva cordiali rapporti con il padre e la sua seconda famiglia, ma non li frequentava troppo, anche dopo il rientro in patria. L’Omega aveva deciso di vivere in un alloggio gestito dall’esercito, che ospitava i militari congedati, in attesa che trovassero un compagno.
John era stato dimesso dall’ospedale da circa un mese e stava facendo ancora terapia, sia fisica sia psicologica, quando aveva ricevuto una lettera dal prestigioso studio legale Shatner, Steward, Brooks & Soci in cui era ufficialmente formulata una proposta di matrimonio. L’Omega ne era rimasto molto sorpreso, perché non aveva ancora presentato domanda per essere inserito nel programma di ricerca per un compagno. Forse John avrebbe cestinato l’invito, ma in indirizzo c’era anche il padre, che fu felicissimo di sapere che il figlio aveva trovato qualcuno interessato a lui, malgrado non fosse il più integro degli Omega.
Richard aveva insistito per essere presente. Era pur sempre il padre di John e non avrebbe mai lasciato solo il figlio ad affrontare un Alfa di cui non sapeva nulla. Voleva essere sicuro che chiunque egli fosse, si prendesse buona cura del suo primogenito e che fosse degno di lui.
John era stato costretto ad accettare di sposare un Alfa perché era tutto ciò che poteva fare, come Omega. L’unico modo che aveva per essere ancora utile al suo paese, era mettere al mondo i figli di un perfetto sconosciuto. John si era chiesto chi e come potesse essere il suo futuro marito. Se si era rivolto a uno studio legale, doveva essere stato costretto al matrimonio quanto lui. La legge prevedeva che, arrivati ai ventisette anni senza avere trovato un compagno e/o avere generato almeno un erede, Alfa e Omega fossero costretti a contrarre matrimonio. La specie doveva essere salvaguardata, a qualsiasi costo. Esistevano agenzie e studi legali che si occupavano di accoppiare questi Alfa e Omega solitari. Poteva capitare che questi matrimoni si risolvessero in unioni felici. Era meno raro di quanto si pensasse. Geraldine e Richard ne erano una prova. Bisognava essere fortunati, certo. John, però, negli ultimi tempi, non si sentiva molto fortunato. Inoltre, un Alfa suo coetaneo che non avesse trovato un Omega da giovane, doveva sicuramente avere qualche difetto. Di aspetto? Di carattere? Di passato burrascoso? Non certo di soldi, stando allo studio legale, che avrebbe curato il loro contratto matrimoniale.

Una voce tranquilla e melodiosa distrasse John dai propri pensieri. Lo sguardo dell’Omega cadde su due uomini, in piedi davanti alla scrivania della segretaria addetta all’accoglienza dei clienti. Erano sicuramente due Alfa. L’aspetto fisico e il linguaggio del corpo non potevano certo essere fraintesi. Non in quei due uomini. Alti quasi uguali, potevano avere una decina di anni di differenza. Il più vecchio dei due aveva i capelli scuri, con riflessi rossicci e indossava un abito grigio a tre pezzi di fattura sartoriale. Sembrava che si fosse vestito pochi secondi prima di entrare nello studio legale, perché l’abito non aveva una piega. La mano destra stringeva un ombrello nero, in modo svogliato. Il più giovane era alto e molto magro. Era avvolto in un lungo cappotto nero, con il bavero alzato, sopra a pantaloni e giacca anche loro neri e una camicia bianca con i primi due bottoni aperti. Aveva una massa di capelli ricci e neri indisciplinati. Guardava il cellulare in modo irritato, quasi gli avesse fatto un qualche affronto, e ignorava caparbiamente il resto del mondo, come se lui non fosse stato lì.
“Mycroft e Sherlock Holmes. Abbiamo un appuntamento con l’avvocato Steward,” aveva detto il più vecchio.
La segretaria era un’Alfa di mezza età, con capelli corti e neri, che stavano mostrando i primi fili grigi, ed era vestita elegantemente, con un tailleur blu scuro. Controllò lo schermo del computer e destinò all’uomo un sorriso cordiale: “Certo, signor Holmes, si accomodi pure,” rispose, indicando con la mano quale corridoio dovessero prendere per andare all’ufficio desiderato. I due uomini si avviarono verso la loro destinazione. L’ingresso tornò a essere vuoto e silenzioso. Trascorsero pochi minuti e il telefono della segretaria squillò: “Sì, avvocato Steward? … Sì, sono già arrivati. … Li faccio accomodare,” riferì, riattaccando. Si alzò con un movimento aggraziato e si diresse verso i Watson. Sempre con un sorriso cordiale sulle labbra, si rivolse direttamente a John: “Dottor Watson? Si può accomodare. L’avvocato Steward la sta aspettando. Il suo ufficio è il secondo a destra, nel corridoio a destra.”
John si alzò, appoggiando il peso sul bastone che usava per camminare, ricambiando il sorriso: “Grazie.” Padre e figlio si avviarono verso l’ufficio in cui li attendeva il futuro di John.




Angolo dell’autrice

Pronti al primo incontro fra Sherlock e John? Spero di sì, perché vi attende domenica prossima, sempre qui.
So che i capitoli possono sembrare un po’ brevi, ma io non amo i capitoli troppo lunghi. Portate pazienza, ma data la mia veneranda età, leggere a lungo su un supporto elettronico mi crea sempre qualche problema.

Grazie a chi stia leggendo la serie e i singoli racconti. Grazie a chi stia segnando in qualche categoria i racconti di questa serie un po' anomala.
Grazie a emerenziano per il commento all'ultimo capitolo di "Primo contatto".
Se qualcuno volesse lasciare un commento, sarebbe sempre benvenuto.

Alla prossima settimana.

Ciao!
   
 
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