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Autore: ghostmaker    02/09/2019    2 recensioni
La leggenda narra di un uomo che portò la pace tra gli esseri viventi. Egli riuscì a instaurare un governo democratico nel quale ogni Re manteneva la propria predominanza nel suo regno, ma che con gli altri quattro formava un consiglio ristretto dal quale veniva nominato l'Imperatore dei Cinque Regni, un uomo o una donna la cui saggezza fosse riconosciuta da tutti. I secoli si susseguirono nella pace, ma l'Era dei Diamanti stava per concludersi.
[Storia partecipante alla challenge “Pagine di una storia infinita” indetta da molang sul forum di EFP]
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Imperatore dei Cinque Regni'
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7° capitolo: L’inizio della fine





– Guerra totale (seconda parte) –



Ponte doganale Nord/Ovest
La battaglia sul ponte è iniziata, Cevalo guida i suoi uomini alla carica mentre Ohoma attende mantenendo il suo esercito davanti alla casermetta, pressoché intatta nonostante i danni subiti dai bombardamenti della flotta navale di Tan. Fajro è posizionato nelle retrovie, ha accanto il Saggio Saga e insieme partecipano all’organizzazione delle linee d’attacco.
In questa fase iniziale, padrone assolute della battaglia sono le spade con scontri a corpo a corpo, ma l’avanzata si rivela molto più ardua del previsto per Cevalo perché Ohoma ha a disposizione ancora molti arcieri e balestrieri che sferrano i loro attacchi da posizioni elevate. Il capitano di Tan riesce ad avanzare di molti metri, ma poi è costretto a ritornare sui suoi passi.
«Dobbiamo cambiare strategia» dice Cevalo a Cindroj. «Spostare la battaglia più indietro e sfidarli a raggiungerci così che si possa usare l’artiglieria, oppure far avanzare i nostri artiglieri creandogli protezione con soldati agli scudi.»
«Da come si comportano, non credo che usciranno dalla loro protezione muraria e se arretriamo noi, c’è il rischio concreto di essere schiacciati da un contrattacco del loro esercito nascosto nelle retrovie» risponde Cindroj fornendo al suo capitano anche i rischi di queste nuove strategie.
«Purtroppo non ci sono alternative, l’attacco di Goj ha aperto la barriera e ha causato dei danni, ma non poteva rimanere in questa zona per completare l’opera di distruzione. Ha fatto molto per noi e non potevano trattenerlo.»
«E se andassimo in acqua? È un’idea pericolosa, però con piccolo gruppetto di soldati potremmo attaccare ai lati le mura della casermetta dove c’è il varco che si è creato con l’abbattimento della torre degli argani effettuato da Goj.»
Fajro, che ha ascoltato i discorsi tra i due, prontamente si propone come volontario. «Posso farlo io. Sono uno dei pochi qui al ponte che sa nuotare bene e avendo lavorato con la marina mercantile ho esperienza nell’uso degli arpioni.»
La proposta di Cindroj è buona, ma il pericolo è altissimo per chiunque tenti questa sortita, ciò nonostante Cevalo non può scartare questa idea e neppure vietare a Fajro dal prendervi parte proprio per le considerazioni che il ragazzo ha fatto e che sono veritiere. Cevalo conosce il principe da sempre, sa quanto sia bravo in quel tipo di situazione, ma il pensiero di metterlo così a rischio lo disturba tanto da non appoggiare completamente questa strategia.
«Ho deciso. Le tre soluzioni sono tutti attuabili, ci prepariamo per seguirle tutte, ma comanderò io i momenti in cui applicarle. Adesso riproviamo a sfondare come abbiamo fatto fino a ora.»
Cevalo guarda Fajro aspettandosi qualche lamentela ma il ragazzo lo sorprende accettando, muovendo il capo, la sua decisione.
Le truppe di Tan ricominciano l’attacco frontale del nemico.

Ponte doganale Sud/Est
L’intervento delle navi di Tera ha spostato gli equilibri della battaglia, ma soprattutto la localizzazione degli scontri che non sono più concentrati sul ponte ma dentro ciò che rimane della casermetta. Draak è implacabile, scova i soldati nemici che si nascondono tra le macerie e abbatte su di loro la sua furia combattiva senza lasciare superstiti mentre Wasa e il Saggio Wijs hanno rallentato la loro corsa fermandosi al portone abbattuto della casermetta per organizzare la fase successiva.
«Senti qualcosa?» chiede la regina al Saggio.
«Solo lei, ma il battito del cuore è rallentato. Tutti gli altri, come in altre battaglie, sono sui monti nei rispettivi regni, esclusi quelli delle corti che come me sono sui campi di battaglia.»
«Come avete fatto a decidere di esentarvi dalla guerra se non avete avuto modo d’incontrarvi? Puoi dirmelo?»
«Sì mia signora. Ricordate che siamo stati tutti impegnati negli scambi di messaggi per cercare di prevenire questa guerra? Ebbene, anche se ogni Re, compresa lei mia Signora, controllavate e leggevate il contenuto delle missive, non potevate capire che c’era un codice inserito tra le parole. Ogni regno è all’oscuro di questo codice cifrato perché non si usa da secoli ed è stato dimenticato. Ovviamente non da noi.»
«Siete dei saggi ma capaci di tramare nell’ombra» dice Wasa ridacchiando.
«La saggezza per la pace non è tramare, ma decidere con coscienza di non schierarci in un conflitto che porterà la morte nel mondo.»
«Lei invece perché l’ha fatto?» chiede sempre più curiosa Wasa.
«Per ammenda sul passato.»
Wasa smette di ridere, sa di quale giorno infausto sta parlando Wijs e lei non può dimenticarlo perché in quel frangente perse suo figlio.

Il generale Fharsa ha rinunciato al contrattacco, le forze a sua disposizione si assottigliano più trascorre il tempo. La ritirata del generale ha portato nella città l’esercito e i civili sono increduli mentre vedono i loro soldati in fuga. Molte persone si affrettano a lasciare le loro case, i bambini sono scortati dagli adulti nei luoghi di preghiera con la speranza che l’invasore non si macchi di atrocità contro la popolazione inerme, mentre Fharsa predispone delle barricate per bloccare l’impeto delle forze armate di Tera.

Una donna anziana cammina nella via principale della città e non sembra impaurita o disposta ad andarsene, anzi, si dirige proprio verso le barricate.

Regno di Tera, al Castello Reale
Le barricate di Tera nella cittadina di Winkel sono crollate, però Hebber è riuscito nel suo intendo di guadagnare tempo e ha spostato i soldati al Castello Reale. Davanti al grande portone le truppe del generale si schierano compatte mentre le guarnigioni di Each sopraggiungono nello spiazzo del castello. L’esercito di Dwr parte subito all’attacco e gli sconti corpo a corpo sono terribili; spade, scudi, qualcuno con pistola, l’uso della bombarda e dal castello iniziano a piovere sul campo frecce e dardi degli arcieri di Tera.

All’interno del Castello Reale, l’ufficiale Haag raggiunge la stanza della principessa che sta guardando dalla grande finestra l’inizio degli scontri.
«Mia signora, il comandante Hebber ordina che lei sia scortata nella torre e protetta dalle guardie. Io sarò al vostro servizio per qualsiasi vostra richiesta, ma dobbiamo sbrigarci prima che succeda l’irreparabile.»
Aarde risponde con decisione: «Io non scappo da questa battaglia. So usare le armi e farò ciò che sta facendo mia madre sul ponte doganale. Se entreranno nel castello non troveranno una fanciulla indifesa mentre aspetta di essere salvata da un cavaliere innamorato, ma vedranno una guerriera pronta a morire per il proprio popolo. Io sono Aarde di Tera!»

Each tenta di entrare nel castello forzando lo sbarramento ma Hebber non gli lascia minimamente uno spazio di manovra e così gli “arieti” e i ponteggi d’assedio diventano soltanto un ingombro. Il generale di Tera, spada in mano, inizia un contrattacco e appena si scaglia contro il nemico un corno da guerra suona un segnale convenuto. Il grande portone del castello si apre e dall’interno della costruzione esce una moltitudine di persone armate che buttandosi nella mischia della battaglia portano scompigliano tra le file nemiche e mettono in difficoltà la strategia di Each che non aveva previsto questa presenza massiccia di persone. Proprio persone. Sono i civili di Tera che hanno lasciato le loro case di Winkel per portare in salvo al castello mogli, figli e anziani, e che hanno scelto di impugnare spade e scudi per difendere la loro patria.

Il generale di Dwr, colto alla sprovvista, deve arretrare, ma alle sue spalle sono giunti altri soldati che l’hanno circondato. Il distaccamento dell’esercito che il capitano Vaandrig aveva lasciato alla baia dei contrabbandieri è arrivato al castello mentre le navi sono al porto e hanno iniziato a cannoneggiare l’imbarcazione di Dwr del capitano Luchag.

Gli assedianti sono travolti dagli assediati, per gli ufficiali di Dwr la disfatta è completa. Al grande portone appare Aarde vestita con un’armatura luccicante e il popolo esulta nel vedere la dolce principessa mentre indossa le vestigia del fratello scomparso, mentre Each, circondato, deve alzare bandiera bianca. Hebber è commosso nel vedere la principessa, vorrebbe rimproverarla per non aver ubbidito agli ordini, ma la conosce e rischierebbe di essere redarguito davanti ai suoi soldati.

Al porto di Winkel la battaglia infuria perché le navi di Luchag sono molto numerose, hanno subito danni nel momento in cui Vaandrig ha colpito di sorpresa, ma ora contrattaccano con decisione.



– Incontri fatali –



Mare dell’Ovest, Isola Ngahuru
L’isola imperiale di Ngahuru, una terra al centro del Mare dell’Ovest, era un luogo tranquillo con distese pianeggianti, ma la guerra sta strappando l’erba lasciando al suo posto il sangue di migliaia di soldati. Il mare che bagnava le coste era un luogo ricco di fauna marina, ma la guerra sta riempiendo i fondali delle carcasse delle navi affondate. Intorno all’isola la battaglia navale infuria, le flotte di tre regni si combattono aspramente, i loro cannoni cessano di sparare soltanto quando la nave che li ospita affonda, l’arrivo di Brigada ha restituito vigore ai marinai di Tan, ma la differenza è troppo ampia perché permetta al generale di conquistare la vittoria. Sull’isola Explodon avanza stoicamente, il suo esercito sulla terra ferma è quasi incontrastabile, i soldati di Dwr e Metel, insieme, faticano a tenere a bada il re di Tan determinato a chiudere la guerra togliendo di mezzo la sua nemica, anche a costo di doverla colpire con la sua scure a doppia lama. Cristalya, invece, fugge vicino al palazzo imperiale contornata da guardie pretoriane che potrebbero rivoltarsi contro di lei in qualsiasi istante poiché sono soldati di ventura che scelgono di combattere al fianco del signore che garantisce maggior guadagno. Un grosso rischio, ma lei sembra sicura che il suo nemico non gli arriverà mai davanti.
Explodon e Turo hanno la loro prima battuta d’arresto perché interviene in modo diretto l’ufficiale di Metel, Nasc.
«Mio signore, sono costretto a ucciderla io, non riesco più a sopportare i vaneggiamenti di quella donna» dice l’ufficiale salutando con un inchino il suo nobile avversario.
Il generale Turo interviene. «Prima di accostare la vostra lama al mio Re avrete modo di mostrare le vostre capacità contro di me.»
Explodon guarda il suo generale e Turo, con decisione, dice: «Sire, continuate la vostra corsa ed io continuerò a guardarvi le spalle.»
Turo punta la spada contro Nasc e l’ufficiale saluta nuovamente con un inchino Explodon dicendo: «Presto avrò l’onore di incontrare la vostra famosa scure.»
Il re riprende il suo cammino verso la regina mentre i due ufficiali iniziano a duellare mentre intorno a loro si combatte aspramente senza codici d’onore da rispettare.
La bravura di entrambi i duellanti è indiscutibile, ma esiste in ogni lotta un fattore determinante per decidere chi vince: l’obbiettivo per cui si lotta. Le loro spade si scontrano, utilizzano le loro tecniche e l’avversario pare prevedere ogni situazione prima che l’arma si muova, poi Nasc esegue un colpo straordinario; passa dalla parata al contrattacco puntando la spada dall’alto verso il basso ma Turo lo sorprende con un piccolo passo laterale, una parata effettuata con l’elsa e una piccola spinta di forza che sbilanciando Nasc lascia un punto scoperto. Turo è lesto a trapassare il corpo dell’ufficiale che crolla in ginocchio.
«Come conoscevate questa contromossa?» chiede Nasc con l’ultimo fiato che gli resta.
«Anch’io, come voi, ho imparato la scherma a Metel» risponde Turo estraendo la sua spada dal busto dell’ufficiale che si accaccia morendo.

Explodon ha avanzato ancora, gli sembra di essere più vicino alla meta, eppure, disorientato dalla foga, non si accorge che la distanza dalla regina è quasi invariata tanto che Turo lo raggiunge facendo pochi passi. I due stanno per parlarsi quando si accorgono che dalle navi nemiche hanno smesso nuovamente di sparare verso l’isola. «È finalmente arrivato anche Goj» dice Turo con gioia ma Explodon pensa a Fajro perché se la flotta del capitano è a Ngahuru vuol dire che la battaglia sul ponte doganale Nord/Ovest è iniziata.
I due stanno per riprendere la corsa verso Cristalya quando si sentono delle urla di vera paura provenienti da tutti i soldati più vicini al mare, si voltano entrambi a guardare e ai loro occhi appare qualcosa che nessuno da millenni ha più visto in questo mondo. Il mostro del mare è uscito dall’acqua con metà del suo enorme corpo; il terrificante kraken delle leggende usa i suoi possenti tentacoli per imbrigliare e stritolare le navi che gli sono vicine. Explodon squadra le forme delle imbarcazioni e riconosce chiaramente i vascelli di comando di Goj e di Brigada mentre sono sbriciolati dalla mostruosa creatura. Il re è sgomento, trema, impreca e urla, ma a nulla servono le sue parole astiose perché la bestia continua la sua carneficina senza ascoltare neppure le suppliche dei marinai che gli sono vicini.

Dalla sua posizione protetta, anche Cristalya assiste allo scempio che il mostro compie contro le navi che portano le bandiere di Tan ed esulta. «Anche i mostri vogliono la mia vittoria!», ma poi il fiato le si blocca in gola, l’urlo di giubilo si tramuta in uno strillo gonfio di panico e paura. Il kraken non sta facendo il lavoro sporco per lei, è lì perché le navi colate a picco e il rumore dei cannoni l’hanno risvegliato dal suo lungo sonno e per lui non esiste bandiera così, senza discernimento, trascina nel fondale anche le navi di Dwr. La bestia mostruosa non ha amici tra gli esseri umani, per quei suoi giganteschi e terrificanti occhi neri ogni uomo o donna è un nemico da eliminare. Il kraken non ha ancora finito, altre navi sono arrivate sull’isola, quelle di Foeil, le inquadra e con il movimento dei possenti tentacoli le distrugge con un solo colpo.
Il mostro, così com’era apparso ritorna nell’abisso del Mare dell’Ovest e a Foeil, che è sbarcato prima che le sue navi fossero abbattute, gli pare che il mostro stia ridendo mentre il suo ultimo tentacolo s’inabissa portandosi dietro l’ennesima nave.

All’interno del palazzo imperiale, nello spazio della sala principale era apparso un piccolo globo nero che in pochi attimi era diventato più grande. L’interno di questo globo si era illuminato e dalla luce erano fuoriuscite nove persone tutte vestite di nero compresa una maschera che ne copre il viso. Anche questi strani individui hanno osservato le azioni del kraken, ma nessuno proferisce parola.

Mare del Nord, lungo le coste
La battaglia navale ha subito una svolta decisiva con l’arrivo delle navi di Dwr. Gli uomini di Tan, provati dall’estenuante conflitto con Metel, continuano a combattere con la sola forza della disperazione perché sono consapevoli che la vittoria su Metel costerà cara contro Dwr. Sipestro sperava che Oceanya decidesse di rimanere ad Otoke, ma immaginava che quella ragazza non si sarebbe accomodata su una sedia ad aspettare che gli eventi compissero il loro corso. Sulle navi di Metel l’ammiraglio Lyngesydd ha esultato per l’arrivo degli aiuti, ma è anche conscio che quando si parlerà di questa battaglia il nome più acclamato sarà quello della principessa di Dwr. Cerca di portare a proprio favore la situazione, cambia la rotta e torna verso la battaglia, ma Oceanya sta facendo ciò che lui non è stato capace di compiere: sta abbordando la nave dell’ammiraglio Sipestro.

Lo scontro sul vascello di comando di Tan è all’ultimo sangue, le spade lasciano il posto ai coltelli più maneggevoli nel corpo a corpo, solo qualche ufficiale continua a combattere con la propria spada che non abbandonerebbe mai per nessun altra arma, e tra loro proprio le due persone al comando sono uno davanti all’altra con la sciabola in mano.
«Mia Signora, mi dispiace incontrarla in questo triste frangente» dice Sipestro inchinando il capo.
«Ammiraglio, avete combattuto bene, Metel era in fuga, per quanto può interessarle le giuro sulla mia parola che negli annali sarà menzionata come vittoria la vostra sfida alla flotta di Metel. Sono onorata di avere la possibilità di duellare con voi e spero mi perdoniate qualora lo vincessi» risponde Oceanya mentre fa un inchino.
Nel trambusto della lotta questi due personaggi iniziano a sferrare colpi e le loro tecniche si equivalgono, anche se ognuno ha un punto a proprio favore: Sipestro ha il vantaggio dell’esperienza mentre Oceanya quello della gioventù. Un colpo di pistola ferma i contendenti, Oceanya si volta furente verso chi ha sparato, ma prima che possa proferire parola, quella persona dice: «C’era un soldato pronto a colpirvi comandante.»
Oceanya distoglie lo sguardo da Eas che impugna la pistola fumante, guarda sulla propria destra e vede il militare ucciso. Sipestro, uomo d’onore e si è fermato attendendo che la sua avversaria fosse di nuovo pronta alla sfida e Oceanya lo ringrazia salutandolo con la spada.
Di nuovo, uno contro l’altra, le forze sembrano non diminuire a nessuno dei due, le parate sembrano una coreografia studiata, gli attacchi sono brutali, ma allo stesso tempo denotano l’abilità di questi due spadaccini, poi Sipestro cerca di colpire il corpo della giovane sferrando un colpo di taglio “da fuori a dentro” ma Oceanya lo para spingendo con forza “in fuori” la lama avversaria e in tal modo l’ammiraglio è sbilanciato e scoperto. Il comandante di Dwr fa guizzare il suo braccio verso il collo di Sipestro e la sua spada ne incide la carne in modo profondo. L’uomo crolla a terra, la sua vita sta per finire, Oceanya s’inginocchia accanto a lui prendendogli la mano.
«Grazie ammiraglio Sipestro, non sarete dimenticato» dice Oceanya chiudendogli gli occhi.

Oceanya si alza in piedi e urla all’indirizzo degli avversari: «Il vostro comandante è morto, arrendetevi ed evitate di seguirlo nel suo ultimo viaggio. La vostra battaglia è persa.»
Lo sgomento dei presenti è forte, marinai e soldati di Tan si fermano, osservano il loro ammiraglio, e infine gettano le armi a terra. La flotta di Sipestro si arrende, le navi di Metel abbordano quelle di Tan, ne prendono possesso e fanno prigionieri i marinai sconfitti.

Mare del Sud, lungo le coste
Anche nell’altra parte del mondo, nel Mare del Sud, la battaglia navale è giunta alla conclusione. Le flotte di Apen guidate dal comandante in capo Panglito e dall’ammiraglio Miral hanno quasi affondato tutta la flotta del generale Geit, fuggito verso la costa di Tera con solo dieci navi. Miral non insegue il fuggitivo, ma indirizza le prue delle navi verso il Confine Sud su ordine di Paglito che vuole attraccare e scendere con i suoi uomini per dare manforte al contingente dell’esercito del generale Macan ipotizzando che Geit faccia la stessa cosa per aiutare i suoi compatrioti.

Confine Sud
Il generale Macan da una parte, il generale Bufflel dall’altra, sono le uniche due persone ad alzarsi dopo che l’ombra misteriosa è tornata nella foresta proibita. I due sono vicini, si guardano e i loro occhi sono sconvolti da ciò che è accaduto, osservano con sincera disperazione i loro soldati distesi a terra, tutti fermi e immobili, poi, improvvisamente, si alzano insieme Jaran di Apen e Zeug di Tera, e così continuano ad alzarsi solo in coppie formate da un soldato di Apen e uno di Tera. Nessuno sa come sia possibile ed è sconcertante per i due generali che i soldati a rimettersi in piedi sono di una cifra uguale per entrambi i popoli: tra tutti i caduti sotto il gioco dell’ombra si alzano nove persone su dieci, come se quell’essere demoniaco avesse operato una decimazione. Chi non si alza rinsecchisce come se fosse stato sepolto per anni dalla sabbia di Koraha, chi è vivo rabbrividisce, piange, si dispera. Una tale tragedia è descritta in un singolo testo antico nel quale si narra in modo dettagliato ciò che si sta ripetendo ora ai morti, un fatto accaduto prima dell’arrivo del Leggendario. Fu proprio Atua, Primo del suo nome, a debellare la minaccia oscura che gravava sulle persone che morivano fuori dalla foresta proibita.
I due comandanti si guardano nuovamente, non parlano, ma agiscono all’unisono, raggiungono i loro ufficiali più importanti e confabulano con loro poi ritornano uno davanti all’altro e dicono le stesse parole insieme: «Ci ritiriamo».
I due eserciti, completamente allo sbando, si dirigono al proprio confine senza guardare indietro; i soldati non hanno la preoccupazione di essere colpiti alle spalle perché sanno che i loro avversari hanno la loro identica paura che quell’ombra decida di finire il suo lavoro.

Confine Nord
La battaglia si è definitivamente spostata dalla linea del confine all’interno del primo villaggio di Metel. Il capitano Capall, saputo della morte di Ciffredynol, nonché fratello di sua moglie, ha preso il comando e cerca di riorganizzare l’esercito nonostante la ferita alla gamba lo continua a torturare. Torcon ha raggiungo i suoi uomini che lo avevano lasciando indietro, ma che non si sono mossi senza ordini per l’attacco. Il principe non tarda a dare il segnale e sono gli archibugi a sparare per primi seguiti da frecce e dardi, quindi con il suo cavallo Torcon si lancia all’attacco con il resto della cavalleria seguito dagli appiedati.
La resistenza è inefficace, i soldati di Metel che non sono ancora fuggiti sembrano disperati, si difendono senza contrattaccare, appaiono già sconfitti prima dell’arrivo del nemico. Capall è costretto nuovamente alla fuga, Torcon non lo insegue decidendo di prendere possesso del villaggio.
I soldati di Tan scovano i pochi civili e li costringono ad assistere alla loro razzia di cibo e oggetti, anche quelli di scarso valore, qualcuno aggredisce le donne senza distinzione di età, tentano di stuprarle e se i loro anziani genitori reagiscono l’uso delle armi per intimidire o addirittura uccidere diventa una prassi. Il loro comportamento deplorevole ricorda l’antichità quando questo popolo era definito di “barbari” dai regni del mondo.
Torcon, appena si accorge di questi comportamenti, s’infuria, raggiunge gli uomini che si sono macchiati di una qualsiasi azione oltraggiosa e lo giustizia personalmente davanti a tutti gli altri soldati. Mai avrebbe pensato che i suoi sottoposti fossero così vili da compiere tali violazioni, Torcon urla incattivito: «Ruga, spargi immediatamente la mia decisione. Chiunque oserà comportarsi in maniera incivile con gli abitanti sarà giustiziato sul posto senza nessun processo.»
Ruga corre per le vie urlando le parole del principe, ma il grosso danno è già stato compiuto. Torcon, fermandosi, voleva dare qualche momento di riposo alla sua truppa, ma ora, furente e pieno di livore, riordina le file mettendole in marcia verso il prossimo posto da conquistare; Port Pearl.

Ponte doganale Nord/Ovest
Cevalo ha tentato di nuovo inutilmente lo sfondamento delle linee difensive di Dwr, ha provato ad attirare gli avversari verso di lui ma Ohoma non ha mai lasciato la propria posizione di vantaggio evitando che il suo esercito finisse per essere bombardato senza la protezione degli arcieri. Cevalo arretra e da una posizione sicura impartisce gli ordini dando il via alle azioni più pericolose.
«Muoveremo l’artiglieria verso di loro piazzando dei soldati con il compito di proteggere l’avanzata mentre un secondo gruppo terrà a bada quelli di Dwr che tenteranno delle sortite. Fajro, tu sei un principe e ciò ti rende un graduato del nostro esercito, prendi con te degli uomini e procedi con l’idea del mare, però non sferrate un attacco prima di vedere quale effetto porterà la nostra artiglieria. Non voglio che finiate per essere colpiti dal fuoco amico.»
Fajro è pronto, conosce i rischi, sa che può riuscire in quest’impresa e ascolta i comandi di Cevalo con molta attenzione, ma c’è una persona che ha qualcosa da dire prima che inizino queste manovre.
«Io vengo con te» dice il Saggio Saga al principe.
«Perdonate le mie parole, ma siete troppo vecchio perché partecipi a questo tipo di azione» risponde Cevalo.
«È giusto capitano, come è altrettanto vero che se il principe sa nuotare e usare le armi della marina mercantile lo deve ai miei insegnamenti. Senza di me questo giovane birbante sarebbe affogato in un metro d’acqua.»
Fajro protesta. «Saggio, non posso prendermi cura di te in questa situazione.»
Il Saggio accarezza il viso del giovane e poi gli tira amabilmente la guancia dicendo: «Conoscendomi, credi che cambierò idea?»
Saga è determinato e rivolge parole anche a Cevalo: «E lei capitano conosce quale sia la mia priorità.»
Cevalo annuisce ed è costretto a cedere alla richiesta del Saggio, mentre Fajro li guarda stranito perché non ha capito niente di quello che si sono appena detti.

La pausa è finita, gli artiglieri di Tan portano avanti i cannoni, i soldati armati di grossi scudi si pongono a loro protezione, Fajro e i suoi subordinati si calano in acqua nel momento in cui l’attenzione del nemico è tutta rivolta allo spostamento delle truppe, Cevalo e Cindroj, si ributtano nella mischia guidando l’avanzata creando ulteriore confusione.
Nella casermetta Ohoma ha osservato con attenzione le mosse del nemico, per la prima volta impugna la sua spada e raggiunge il portone doganale divelto dall’attacco delle navi di Tan. Chiama vicino a sé un ufficiale per ordinargli: «Qualunque cosa possa succedere non dovete far capire al nemico che dietro di noi non c’è assolutamente nessuno. Gli arcieri si nascondano nelle retrovie quando le torrette saranno colpite e la metà di loro si armi di spada perché il numero di soldati del loro esercito, anche se il comandante di Tan non si è ancora accorto, è almeno tre volte superiore al nostro.»

Ponte doganale Sud/Est
L’esercito di Tera è in città, ha spazzato via quei pochi soldati che stavano arretrando più lentamente per permettere ai compagni di raggiungere le barricate. Draak, prima di raggiungere il nuovo punto del conflitto, ordina a Geel di controllare se nelle case ci siano dei soldati nascosti, ma soprattutto di ispezionare i luoghi di preghiera nei quali potrebbero sfruttare la sacralità del posto per organizzare una controffensiva.
Geel entra in uno dei santuari dedicati al Leggendario e trova donne, vecchi e bambini; i civili tremano vedendo le armi impugnate da quei soldati e l’ufficiale pone subito le sue condizioni. «I miei uomini controlleranno questo posto, vi chiedo di restare dove siete e di non fare nessuna mossa improvvisa. Potete stare tranquilli, se seguirete le mie indicazioni, nessuno oserà farvi del male.»
Un piccolo bambino sguscia dalle mani della madre, si alza in piedi e raggiunge Geel al centro del sagrato piazzandosi davanti a Geel.
«Signore, se mi scappa la pipì?»
Geel sorride, s’inginocchia per guardare negli occhi il bimbo e risponde: «Se alzi la manina ti porterò io stesso ai bagni. Però ricordati di alzare la manina, capito?»
«Sì signore» risponde il bambino che rincuorato torna dalla madre tremante.

Wasa e Wijs stanno per varcare le macerie della casermetta quando il rumore di cannonate li fa girare verso il mare dell’Est. La flotta di Dwr comandata dall’ammiraglio Haranche, proveniente dall’isola Puna, è arrivata vicino al ponte e sta ingaggiando uno scontro a fuoco con le imbarcazioni comandate dall’ammiraglio Raal. Wijs ha una premonizione e tocca la mano della regina. «Mia signora, sta per farlo ora.»
Wasa e Wijs attraversano di corsa la casermetta dirigendosi verso la città.

All’interno della cittadina lo scontro tra i due eserciti è terribile. Ogni linea, difensiva o offensiva, subisce enormi perdite a ogni scontro, Fharsa è riuscito a preparare in tempo la grande barricata e si prepara al combattimento ma Geodha gli indica quella donna anziana che si avvicinava e che adesso è quasi attaccata alla barricata.
«Chi siete?» urla Fharsa.
«Il mio nome è Graniette, so che mi stavate cercando, sono stata io a far crollare gli argani.»
Il generale di Dwr non ha tempo di dire altro, l’anziana donna allunga le braccia verso la barricata ed esclama: «Giungi a me anima tormentata del vulcano.» Dalle sue mani esce del fuoco e i soldati che le stavano più vicini sono arsi vivi e le loro carni diventano carbone e poi cenere in pochi istanti. Le fiamme divampano sull’intera barricata che scricchiolando crolla, i pochi soldati che si sono salvati dall’attacco magico della donna fuggono dalla città buttando via le proprie armi. Fharsa e Geodha si sono salvati miracolosamente e guardano Graniette mentre crolla a terra. La legge magica non perdona i Saggi che utilizzano due magie nello stesso giorno e la vecchia donna, pur sapendo di morire, ha scelto da sola la sua fine. I due ufficiali dell’esercito, ancora scossi, si danno anche loro alla fuga.

Regno di Tera, Castello Reale & Port Winkel
Il Castello Reale è salvo, Hebber ha ordinato ai popolani di rimanere a difesa delle mura cercando di convincere, inutilmente, anche Aarde a restare al riparo.
Tutto il nuovo contingente si è messo in movimento per due direzioni diverse: il primo, formato dagli uomini che avevano lasciato le navi di Vaandrig alla baia dei contrabbandieri, si appropria dei cannoncini del porto ed elimina i soldati di Dwr che erano stati lasciati al check point creato da Luchag; il secondo, guidato da Hebber, si è diretto di corsa al ponte doganale Sud/Est. Il comandante non sa cosa stia succedendo in quel posto e la sua prima premura è di aiutare la regina a superare quell’ostacolo così spinge i suoi uomini a correre più che possono. Una piccola parte del secondo gruppo, guidato dall’ufficiale Haag e dalla principessa Aarde, percorre la stessa strada di Hebber.

La battaglia lungo la costa di Tera tra Vaandrig e Luchag prosegue, ma con l’aiuto fondamentale proveniente da Port Winkel il capitano di Tera sta vincendo nonostante il numero esiguo delle sue navi.
«Ragazzi diamoci dentro, dobbiamo chiudere il conto e raggiungere anche noi il porto doganale» urla Vaadrig ai suoi uomini che hanno aumentato il ritmo di lavoro, nonostante la fatica, subito dopo avere capito che l’invasore è stato ricacciato indietro dal Castello Reale. Al contrario, i marinai di Dwr hanno compreso che l’invasione è fallita e hanno perso la forza morale; a nulla servono i richiami dei loro ufficiali perché anche tra i graduati serpeggia la sensazione della grande disfatta militare di Dwr.

Regno di Tan, direzione sconosciuta
Partiti da Oazo, il gruppo di mercenari al seguito di Metalo percorre a grande velocità delle strade secondarie del regno; più perigliose, ma anche più veloci. Durante il tragitto Metalo ha osservato i tre capitani dei mercenari che lo affiancano e decide di scoprire chi siano queste persone che lo stanno seguendo interrogando per prime le due donne.
«Mi domandavo per quale motivo due belle donne come voi abbiano deciso di fare la vita del mercenario» chiede Metalo sorridendo.
In verità le due donne possono avere doti e qualità sconosciute, ma di certo la bellezza non fa parte del loro bagaglio. Kaia risponde scuotendo la testa: «Cercare di fare il brillante con noi è tutto inutile e… come ti ha chiamato?»
«Sgorbietto» dice intervenendo Menara.
«Ecco, sgorbietto, usa la tua galanteria per la tua aiutante e cerca di tenere il nostro passo perché se rimani indietro ti dovrai arrangiare da solo se t’imbatti in qualche guardia di Tan.»
Metalo non risponde, non cerca la lite, sorride e si sposta verso il terzo dei capitani; un uomo, questo si di rara bellezza.
«Le vostre compagne sono di poche parole, e per nulla gioviali» dice il principe a Kumari.
«Sono due damigelle intrattabili, ma sono più affidabili dei cento uomini che le seguono. Dovreste stare alla larga da loro; non hanno simpatia per i ricchi benestanti dopo che le loro famiglie sono state depredate dei pochi denari dalle Cooperative degli scavatori di Metel.»
«Avendo astio per il mio popolo mi domando perché ci siano loro in questa missione» chiede Metalo cercando di farsi svelare il motivo per cui Kokiaka gli ha fornito soltanto trecento uomini, ma Kumari, che già conversando dimostra buona cultura, non si lascia sorprendere dalle domande sibilline del principe e liquida la domanda dicendo: «Io comando i miei uomini, cosa fanno gli altri non mi riguarda.»

Metalo ha capito che non otterrà informazioni, rallenta il cavallo per tornare in fila con i suoi soldati.
«Ringrazio Metel che ci ha dato delle belle donne come te, Meirge» dice il principe facendo arrossire il capitano.
Copar sorride burlandosi del suo ufficiale. «Strano che non hai tirato fuori il tuo coltellino all’apprezzamento del principe, ancora più insolito che le tue guance siano rosse come il fuoco.»
Meirge lo guarda quasi con disprezzo e quel viso così furibondo non porterebbe nessuna parola carina per il soldato ma Metalo interviene cercando di calmare gli animi, ride di gusto mentre dice: «Siete qui con me perché mi fido ciecamente di voi, fate la pace per il vostro principe, su, magari potrebbe piacervi se vi date un bacetto sulla guancia.»



– Cadute rovinose –



Mare dell’Ovest, Isola Ngahuru
Il kraken ha distolto l’attenzione di tutti lasciando dietro di sé paura e sgomento negli animi dei soldati, Explodon ha guardato impotente quel massacro e ha abbassato la sua arma, ma prontamente Turo lo scuote dall’improvviso timore.
«Sire, non lasciate che il vostro animo sia piegato, le perdite erano previste per la guerra e quel mostro ha colpito tutti. Voi avete un compito da assolvere!»
Il re guarda il suo generale, ringhia furente, il fuoco gli pervade nuovamente lo spirito, rialza la sua scure e la stringe con più forza. «Hai ragione, è il momento di farla finita» poi Explodon urla ai suoi soldati: «Gente di Tan non fermatevi, continuiamo ciò che abbiamo iniziato!»
L’urlo del re scuote tutto il suo esercito che si ributta contro il nemico mentre Cristalya sembra accorgersi di essere in grave pericolo. Le sue truppe di terra non hanno un comandante che li sproni a combattere, i soldati di Dwr sono abbattuti da quelli di Tan con relativa facilità, lei non ha le capacità di comando che caratterizzano la sorella, è spiazzata da tutto quello che è successo e rimane immobile sulla sua seggiola da campo mentre il suo avversario è un uomo che vive a contatto con i suoi subordinati, sa essere conciliante, ma anche determinato. La sfida tra i due regnanti appare impari e le guardie pretoriane di Cristalya, comprendendo le difficoltà della regina, iniziano a smobilitare allontanandosi dal palazzo imperiale. Il Saggio Glic ma la regina, più preoccupata per se stessa che per ogni tattica, non lo considera, e lui non ha intenzione di usare la magia senza esserne costretto, così decide di tacere; lui non è in pericolo se non combatte, Explodon non lo colpirà mai se rimane in disparte.

Sul mare la battaglia navale è ripresa e le marinerie di Dwr e Metel hanno mantenuto il predominio territoriale nonostante l’attacco del kraken e hanno ricominciato a bombardare anche l’esercito di Tan sull’isola.

Ogni istante che trascorre avvicina Explodon a Cristalya, adesso il re di Tan riesce anche a vedere bene il viso della nemica; con la scure colpisce qualsiasi cosa gli passi davanti e anche un compagno rischierebbe di essere abbattuto. Con ferocia avanza mentre Turo è bloccato indietro dagli ufficiali di Dwr molto meglio preparati allo scontro tra spade. Cristalya si alza e indietreggia verso il palazzo imperiale, è in fuga ma Explodon compie un balzo in avanti sfondando il cranio dell’ultimo uomo che lo tiene lontano dalla regina. Sono a faccia a faccia, lui ha il corpo impregnato del sangue degli avversari uccisi, lei è vestita come se partecipasse a una festa; troppo superba e incauta, forse non aveva neppure compreso che il re nemico sarebbe stato su quest’isola fino a quando non l’ha visto. Cristalya aveva forse pensato che fosse andato sul ponte doganale ma solo ora comprende il suo errore.
«Arrenditi o perirai in questo luogo» dice Explodon puntando la sua scure verso Cristalya.
La regina ha un impeto improvviso, prende da terra una spada lasciata dalle guardie pretoriane che sono fuggite e la agita davanti all’arma del re come se sventolasse un fazzoletto. «Io ti ucciderò oggi!» grida.
Explodon fa un solo un piccolo movimento con il braccio e la sua scure colpisce la spada che cade a terra senza che Cristalya riesca minimamente a tenerla stretta nella mano.
«Hai scelto il tuo fato» dice Explodon quando le porte del palazzo imperiale si aprono e da esso sbucano fuori i nove figuri vestiti di nero.
Il re di Tan cerca di capire cosa stia succedendo e questa sua esitazione è sfruttata dai nove che contemporaneamente lo trafiggono con le loro spade. Turo, da lontano, può solo urlare mentre Explodon cade in ginocchio. Uno dei nove consegna una spada a Cristalya. «Mia Signora, il mio padrone confida che il vostro contratto sia da considerare onorato per la sua parte. Siete viva come le aveva promesso, e a tempo debito riscuoterà il dovuto.»
La regina, effettivamente sorpresa, brandisce la spada, i nove rientrano nel palazzo imperiale e scompaiono attraverso il globo nero che subito dopo si chiude scomparendo del tutto.
Explodon sanguina copiosamente, non può muoversi, ogni fibra è stata lacerata, ogni muscolo trafitto, guarda Cristalya con odio e disprezzo, ma alla regina non importano i sentimenti del re morente, vuole soltanto che la sua dipartita sia di monito a ogni soldato di Tan presente sull’isola e con la spada lo colpisce al collo. Cristalya non ha la forza per completare l’opera, la testa di Explodon è rimasta attaccata al corpo e i suoi occhi aperti sembrano maledirla. La regina è sconvolta dagli occhi di quell’uomo ormai morto, furiosa e tremendamente impaurita si accanisce con ferocia colpendo il nemico più e più volte. Il sangue di Explodon schizza sul suo viso e lei inizia a gridare colta totalmente dalla pazzia.

Chi di Tan ha assistito a quella scena si blocca e si dispera, Turo non è in grado di dare ordini tanto è sconvolto, l’esercito di Re Explodon si ferma e non combatte più nonostante il numero di soldati maggiore a quello dell’avversario. Gli ufficiali di Dwr ne approfittano, bloccano il generale Standarto, ma soprattutto circondano il generale Turo che in assenza del principe Torcon e del re morto è di fatto il comandante in capo dell’esercito di Tan.

Cristalya, sempre più corrotta da una pazzia incontenibile, solleva la testa di Explodon mostrandola a tutti. Urla con grande trasporto: «Ho vinto io!»










CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
L’Inquisitore [personaggio soltanto nominato]
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen
Pine – consorte del Re di Apen
Willa – principessa di Apen
Oak – principe ereditario di Apen
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina
Prau – generale della marina
Altri: Ijo (ufficiale della marina), Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dei mercenari]
Glic – Saggio reale di Dwr
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Ohama e Foeil – capitani dell’esercito
Haranche – Ammiraglio della marina
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (caporale dell’esercito), Dubh, Geodha (soldato dell’esercito), Loch
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Meyelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Ciffredynol – generale dell’esercito [deceduto nella battaglia del Confine Nord]
Capall, Tyred e Meirge – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Nasc (ufficiale della marina)[deceduto nella battaglia sull’isola Ngahuru], Gwyn, Juwelo, Copar (soldato dell’esercito)
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan
Bruligida – Regina di Tan
Torcon – principe ereditario e comandante in capo dell’esercito
Fajro – principe di Tan
Saga – Saggio reale di Tan
Brigada [deceduta nella battaglia sull’isola di Ngahuru] e Standarto – generali dell’esercito
Goj (capitano dell’esercito)[deceduto nella battaglia sull’isola Ngahuru], Serpe e Cevalo (capitani dell’esercito)
Sipestro – ammiraglio della marina [deceduto nella battaglia navale nel Mare del Nord]
Turo – generale della marina
Altri: Ruga e Cindroj (soldati dell’esercito), Lumo
- Regno di Tera
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Wijs – Saggio reale di Tera
Hebber – comandante in capo dell’esercito
Buffel e Draak – generali dell’esercito
Paard – capitano dell’esercito
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Zeug, Haag, Geel (ufficiali dell’esercito), Graniette (saggia residente a Tera) [deceduta in battaglia]

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Fiskabur, Kaia, Kumari, Makara – comandanti dei mercenari

Nove Personaggi in nero – identità sconosciute

Kwakhala – Regina dei mostri marini



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