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Autore: Fabio Brusa    03/09/2019    1 recensioni
"Fenrir Greyback è un mostro. Un assassino. Un selvaggio licantropo. Approcciare con cautela."
Quello che il mondo vede è solo il prodotto di ciò che mi è stato fatto.
La paura li ha portati a ritenerci delle bestie, dei pericolosi predatori da abbattere. E la vergogna per non averci aiutati li spinge a tentare di cancellare la mia stessa esistenza.
Forse finirò ad Azkaban. Più probabilmente, qualcuno riuscirà a uccidermi, prima o poi.
Non mi importa.
Non mi importa, fintanto che sopravvivrà la verità su come tutto è iniziato e sulla nostra gente.
Sui crimini del Ministero e sull'omertà di uomini come Albus Silente.
Su come il piccolo H. sia morto e, dalle sue ceneri, sia venuto al mondo Fenrir Greyback.
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GREYBACK segue la storia del famoso mago-licantropo. Attraverso vari stili narrativi, dai ricordi di bambino ad articoli di giornale, dagli avvenimenti post ritorno di Voldemort a memorie del mannaro a Hogwarts, in 50 capitoli le vicende dietro il mistero verranno finalmente portate alla luce.
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Fenrir Greyback
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Più contesti
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13/50

Davanti alla Tana, nel corridoio delle cucine, insieme ad altri undici ragazzi e ragazze e al Prefetto Thomas Giggle, mi sentii totalmente, inesorabilmente solo. Nessuna faccia mi si mostrava come amica, ma nemmeno nemica: venivo trascinato in un vortice di gente sconosciuta, in un mondo sognato e distante, troppo vero per poterci credere ciecamente.

- State vicini: vi è severamente vietato aggirarvi per il castello durante le ore notturne. - Giggle era un ragazzo secco, con un espressivo cespuglio di capelli castani e orecchie paraboliche. Si era presentato in Sala Grande e ci aveva subito accompagnato, una volta terminata la cerimonia di smistamento e conosciuto il Frate Grasso, alla Tana di Tassorosso. - Questa sarà il vostro rifugio e il vostro dormitorio per i prossimi sette anni. Quindi cercate di fare attenzione. Dovete sapere che la nostra è l'unica ala privata a non essere mai stata violata. Almeno non negli ultimi cinquecento anni. Ora: vedete queste botti? Prestate attenzione. Dovete sapere che se non imparate immediatamente il segreto per accedere alla Tana, vi troverete a passare giornate intere in lavanderia. -

- Aceto - bofonchiò Diggory a una delle ragazze. La sua era l'unica, stupida, occhialuta espressione che avevo già imparato a riconoscere. - Le botti sono piene d'aceto. Se si sbaglia con il ritmo o con la botte, esplodono. Me l'ha detto mio padre. -

La ragazza, una giraffa scura più della notte, arricciò il naso, minuscolo come il codino di un criceto. - Ci bagnano nell'aceto? -

- Silenzio! - ordinò Giggle. - Dovete sapere che non sono ammessi chiacchiericci, borbottii e qualsivoglia forma di disattenzione, qui a Tassorosso. Massimo impegno sempre. E ora, ascoltate. - Con le nocche cominciò a battere su una delle massicce botti di legno. Un motivetto ritmato, decisamente lungo, anche se ricordabile.

- Sembra un vero idiota. - La voce roca del mio compagno fu troppo, da sopportare. La solitudine venne spazzata via, inseguita a fauci spalancate da una divertita curiosità. Così lo guardai meglio: capelli impazziti gli cadevano sulle spalle, incorniciando un viso scavato dalla mano di un falegname. Ricambiò lo sguardo, con le labbra tirate e gli occhietti piccoli e scuri, affilati come pugnali. - Alastor, - si presentò - Alastor Moody. -

- H. V. - risposi. Dopo un attimo di incertezza, lui mi fece un cenno d'assenso con la testa e io, impreparato a tutto, lo ricambiai.

- Ed ecco come si apre il passaggio! - esultò soddisfatto Giggle. La botte si spostò e, attraverso un piccolo cunicolo terroso, sbucammo uno dopo l'altro, come una dozzina di talpe, nella Sala Comune.

Era il luogo più bello su cui avessi mai posato lo sguardo. I soffitti erano molto bassi e qualcuno dei miei compagni se ne lamentò, ma il calore e la luce che inondavano la stanza circolare ci fecero sentire immediatamente come un'unica cucciolata. Lampade di rame e candele rischiaravano ogni angolo, come una taverna accogliente, mentre il cielo cupo all'esterno lasciava intravedere le sue stelle più coraggiose.

Il quadro di Tosca Tassorosso, appeso sopra il caminetto, alzò la coppa a due manici, brindando al nostro arrivo con i due tassi danzanti. 

- Ma dove siamo, nel seminterrato? - domandò una delle ragazze, mentre io realizzavo con un certo timore che avrei dovuto iniziare a conoscerle. Giggle ci aveva ripetuto più volte che saremmo stati come una famiglia, abitando negli stessi spazi ogni singolo giorno.

- Dovete sapere, - riprese il Prefetto - che attraverso gli oblò circolari potete osservare il manto erboso, i denti di leone,  le piante dei giardini. Certo, noterete anche alcuni passanti, qua e là, ma nessuno ci disturberà mai. Se ora volete seguirmi. - Fece il giro dei mobili intarsiati, toccò ogni edera che pendeva dal soffitto e per non meno di dieci minuti d'orologio elogiò una pezza di patchwork su di una delle coperte nella sala, raccontando dell'inutile vicenda che ci stava dietro.

Infine, dopo averci illustrato il programma di giorni seguenti, ci divise nei dormitori. Gli elfi domestici avevano già portato i nostri averi in camera. Il baule più grande era, naturalmente, di Amos Diggory.

- Il letto centrale è mio! -

Compreso me, eravamo in cinque: Amos Diggory, il re del castello, si era già riuscito a inimicare tutti quanti. E questo era un bene, perché allontanava l'attenzione da me, che fissavo fuori dalla finestra alta, cercando la luna.

- Io sono Archibald Tattercow - esordì uno spilungone dinoccolato, esibendo un sorriso gigantesco.

La risposta fu molto più fredda: - Alastor Moody. -

- C'è una classe di ragazzi con la "A" - commentai, senza pensare.

Diggory, Tattercow e Moody si guardarono, mi fissarono e scoppiarono a ridere indicandosi a vicenda. Tranne Moody, naturalmente.

- Allora io faccio l'eccezione - commentò l'ultimo dei miei compagni, allargandosi in un abbraccio fra me e Moody. - Potete chiamarmi Rumble. -

- Joshua Bradshow Collins Paddington III, sarebbe il nome completo. - Dopo averci illuminato, Tattercow se ne uscì con una risata fragorosa, inseguito da Rumble e dal pericolo che quello riuscisse di prenderlo a cuscinate.

Diggory mise in piedi un comizio sulla figura indegna che i due stavano facendo fare alla Casa. Nessuno lo ascoltava. Alastor si impossessò di un letto e ficcò il naso in un libro, fino a quando il baccano non fosse terminato e, finalmente, avesse potuto riposare.

Era stata una giornata stancante per tutti. Le emozioni ci avevano soverchiato e io ero il meno preparato a sopportarle. Fuori dalla finestra, in piedi sull'ultimo letto in fondo, cercavo l'unica amica che mi fosse rimasta, l'unico cenno famigliare in quel mondo rumoroso e nuovo.

Lei era là, con la sua falce scintillante, fra le nubi e gli astri.

 

***

Estratto da:

DE MORBIS MENTIS TRACTATUS
di Avicenna (Abū ‘Alī al-Husayn ibn ‘Abd Allāh ibn Sīnā)
XI sec. d.C.

 

La manifestazione della mania è il demonium lupinum. La mania canina è invero una specie di malinconia, con ira mista a gioia, e a una specie corrotta di inquisitiva ricerca, così com'è in un certo senso la natura dei cani. E sappi che la materia che produce il demonium lupinum è, nella sostanza, la materia che produce la malinconia: entrambe infatti sono di natura mestizia. E invero, la causa che produce questo demonio è mestizia riarsa, composta o dalla collera, o dalla tristezza della peggior specie; mentre ciò che produce la malinconia vera e propria è l’abbondanza di mestizia naturale. […] E, de facto, la malinconia comporta errore di giudizio, e pensieri malsani, e fobie, ed ebetudine, e appare priva di agitazioni veementi. La mania, invece, è tutta agitazione, e movimento scomposto, e ricerca di qualcosa, e lupositas, e comporta un aspetto non assimilabile a quello degli uomini. Piuttosto, la cosa a cui più è simile è l’aspetto dei lupi.

***

   
 
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