Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Nemamiah    04/09/2019    0 recensioni
Dal testo:
Verity sorrise e rispose: ‹‹Io invece credo che ci sia sempre un motivo per il modo in cui si sceglie di agire, indipendentemente dall’essere buoni o cattivi.››
‹‹È un altro modo di vedere la vita, ma penso porti alla sofferenza. Chiunque può tradirti, fingere di essere in un modo e rivelarsi l’opposto. È necessario classificare le persone e scegliere chi non far avvicinare per essere felici.››
‹‹Anche la sofferenza può condurre alla felicità, non è sempre negativa.››
[...]
‹‹Forse è solo questione di scegliere quale rischio correre quando si conosce qualcuno, se tenerlo lontano dal tuo cuore o donarglielo anche se potrebbe distruggerlo, sapendo che significa concedergli la tua fiducia, saltare nel vuoto e sperare che ti prenda prima che tocchi il suolo.››
‹‹Un po’ come l’amore.››
‹‹No. L’amore è saltare nel vuoto e sapere che non toccherai il suolo perché qualcuno ti prenderà prima.››
[...]
‹‹Il problema è questo: fare la cosa giusta non è sinonimo di rendere tutti felici.››
Genere: Fantasy, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Sovrannaturale
Capitoli:
 <<  
- Questa storia fa parte della serie 'Nero come il bianco - Raccolta'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
In quello stesso momento di placida calma, Verity sedeva sul letto di Dakota e Scar era al suo fianco. L’aveva vegliata nel sonno e, quando l’aveva vista agitarsi per un incubo, l’aveva risvegliata, cominciando a parlare di tutto quello che gli passava per la mente. All’inizio Verity pensò che fosse un bene, il suo parlare ininterrotto le impediva di scoppiare a piangere nuovamente e dava sollievo alla sua mente, ma si stufò quando Scar diede inizio a una serie di lamentele sulla sua vita che non aveva né la voglia, né la forza per ascoltare.
‹‹Perché? Perché hai fermato l’attacco di Yelahiah purificandolo? Dovevi farlo, era necessario, altrimenti ora saremmo tutti morti, ma perché non hai provato ad avvisarmi? Avrei potuto fare qualcosa, avrei potuto proteggere tuo padre. Ogni volta che ti accade qualcosa, io sono impotente. Ogni singola volta io guardo gli eventi scorrere di fronte ai miei occhi senza poter intervenire. Non sono io il fratello importante, lo so. Sono sempre stato il secondo, il secondo più luminoso, il secondo più saggio. Mai considerato, mai amato abbastanza da mio padre. E mi sarebbe piaciuto fare di più, dimostrare a me stesso che non sono un fallimento come angelo.››
‹‹Scar, smettila. Cosa stai dicendo?››
‹‹E sai perché sono un fallimento?›› disse lui senza aver dato segno di averla sentita, preso dalla sua macchinazione. ‹‹Perché sono pieno di odio e risentimento e a causa loro creo problemi dal nulla. Le persone intorno a me finiscono per allontanarsi ed escludermi. Lucifero ne è un esempio, anche tu. Quando ancora vivevamo insieme in Paradiso, Lucifero ed io, non ci separavamo mai. Ero preso da un attaccamento morboso verso di lui su cui avevo basato la mia intera esistenza, credendo che se lui fosse scomparso, lo stesso avrei fatto io. Poi lui ha iniziato a passare più tempo con gli arcangeli che con me, ha guardato nella fonte. Non sopportava più che io stessi costantemente con lui, diceva di avere bisogno di spazio e che non si trovava bene in Paradiso, che doveva scendere sulla Terra. Solo ora riconosco quanto io debba essere stato fastidioso: lui aveva bisogno di aiuto e io pretendevo che si occupasse di me, senza mai considerare le sue necessità. Come lui era cresciuto solo con Sandalphon, io ero cresciuto solo con lui e non volevo condividere mio fratello con nessun’altra creatura, angelica o terrestre. Poi mi raccontò di essersi innamorato e io fuggii inorridito a quella dichiarazione. Quello divenne il nostro personale muro invalicabile. Sandalphon mi aveva detto poco dell’amore, ma ero certo che avrebbe portato Lucifero via da me e non potevo permetterlo. Ero ancora giovane, egoista e infantile. Non ci fu scala, corda o magia in grado di aprire una crepa in quel muro altissimo. Odiai Lucifero con tutto il mio cuore e anche se avemmo occasioni per riappacificarci, le ignorai tutte. Una volta terminato il Grande Consiglio, una volta che Lucifero ebbe chiesto il permesso di amare qualcun altro oltre a Dio, decisi di tagliarmi le ali, non volendo più essere associato a lui. L’ho fatto da solo, in pieno giorno. Urlavo dal dolore e pregavo che un angelo saggio mi fermasse, ma se questo si avvicinava, gli intimavo di allontanarsi e lasciarmi in pace. Desideravo entrambe le cose, che qualcuno mi fermasse e che mi lasciassero andare avanti.››
Scar guardava davanti a sé mentre parlava, come se in pochi minuti avesse rivisto quelle immagini, sentendo le sue grida di dolore rimbalzargli nella mente. Non sapeva di preciso nemmeno cosa stesse dicendo a Verity, le parole scorrevano via come acqua tra le dita e non ne rimaneva un ricordo preciso. Verity, già… Si ripromise di stare attento a non dire che lei fosse la causa di tutto. Non gli sarebbe dispiaciuto mettere Lucifero in un problema più grande di lui ma, allo stesso tempo, l’opportunità di essere nuovamente strangolato contro una parete non lo attirava. Conseguenza sicura nel caso avesse davvero detto una cosa del genere. Lucifero voleva gestire la situazione a suo modo e lui doveva accettare che si vedessero di nascosto e parlassero, fingendo di non esserne a conoscenza.
‹‹Scar, smettila. Sono esausta, non ho la forza per ascoltarti. Sono triste e arrabbiata eppure il mio corpo mi obbliga a farlo per questa stupida essenza che pensa sia giusto. Quindi smetti di dire stupidaggini che non meriti.››
‹‹Vedi, io invece le merito. Anche tu ti sei allontanata da me. Io ti ho braccata come un cane da quando sei arrivata qui perché volevo proteggerti da Lucifero e da chiunque altro in questo mondo, perché io ti ho vista nella fonte e non ne capisco il motivo. Ho fatto tutto quello perché nel mio immaginario tu non avresti dovuto mai incontrarlo. Non saresti nemmeno dovuta morire, se non ad una veneranda età e con un sacco di figli e nipoti a portare avanti la tua stirpe. Penso che saresti stata una buona madre, e invece sei condannata a non provare mai la gioia del tenere una vita tra le braccia.››
Verity lo guardò sorpresa. Non aveva mai pensato che Scar avesse una sua personale idea di quella che sarebbe dovuta essere la sua vita. Nemmeno lei ci aveva molto riflettuto, né quando sulla Terra avrebbe dovuto pensare al futuro che desiderava, né una volta giunta in Paradiso, catapultata in un mondo di magia e misteri che l’avevano rapita nel loro vortice. In quel momento però la prospettiva di avere una famiglia le risultava quasi sgradita, sentendosi completamente inadatta a una vita simile. Tornò a pensare a Scar. Forse era lui a desiderare di nuovo una famiglia. L’aver abbandonato Lucifero doveva averlo distrutto molto più di quanto le avesse mostrato, non era affatto pieno d’odio e rancore. Era triste, spesso indisponente, ma soprattutto era solo.
‹‹Io non cerco di allontanarmi da te, almeno non sempre, e non voglio mettermi in mezzo al tuo rapporto disastrato con Lucifero. Non puoi incolparti di quello che faccio o non faccio. Nessuno in Paradiso voleva che mi incontrassi con Lucifero, né che morissi, credo. Se non fosse accaduto però, ritengo che mio padre non sarebbe morto e forse adesso saremmo insieme, a leggere i dati dai computer e ad imbarazzarci l’un con l’altro.››
Si era alzata, mettendosi davanti al viso di Scar, abbassandosi alla sua altezza. Lei aveva le lacrime agli occhi, ma non riusciva a versarle, probabilmente a causa dell’influenza dell’essenza magica, e le guance rosse.
‹‹Non si può cambiare il passato, Scar, l’ho imparato sulla Terra fin da piccola. L’unica cosa che possiamo fare è provare a migliorare giorno per giorno il nostro futuro.››
Scar la fissava, anch’egli con gli occhi lucidi, chiedendosi da quali parole del suo discorso la ragazza avesse percepito nostalgia riguardo il suo passato e come potesse percepire quella strana fiducia nel futuro che non c’era mai stata. Verity era confortante, si disse. Pura, fiduciosa e abbastanza forte da soffrire in silenzio mentre lo ascoltava vaneggiare.
Era stato insensibile e rude, un vero bruto a sfogarsi con lei, lasciandosi trasportare e senza pensare alle conseguenze.
Che stupido che sono.
Abbassò il capo e si alzò in piedi. Rifletté un secondo se parlare o meno, ma Lelahel entrò nella stanza.
‹‹Verity, sei sveglia! Che bello! La tua amica Dakota ci permette di rimanere qui fino a domani. Riposa ancora amica mia, domani sarà una giornata migliore.››
Le strinse una mano e la portò fuori nel corridoio, sorridendo, lasciandola con Dakota.
Andarono nella camera da letto del padre di Dakota, la più ampia della casa, e mentre la ragazza di distese sul letto, Verity si guardò solamente intorno, un po’ a disagio.
‹‹Quell’angelo con i capelli neri mi ha raccontato molte cose. Erano strane, ma dopo quello che ho visto oggi risultavano alquanto facili da credere. Come ti senti? Accomodati, siediti anche tu.››
Dakota le sorrideva per tranquillizzarla e Verity ne fu felice.
‹‹Sei cambiata›› disse in un sussurro sedendosi.
‹‹Sono passati quattro anni da quella sera e sono accadute tante cose. Ormai gli studi sono finiti da un po’, anche se qualche volta do una mano a scuola, e lavoro all’atelier di mio padre: sono la nuova proprietaria, mentre lui si è ritirato. E comunque anche tu sei cambiata, sai?››
Dakota si era tirata un po’ su, poggiando la schiena sulla testiera rigida del letto, vedendo come Verity non riuscisse a comprendere in cosa fosse cambiata. Dakota sapeva leggerla senza problemi lei. Tutti gli altri angeli avevano ancora molto da imparare.
‹‹Sembri più determinata, e non è la magia a renderti tale. Non so cosa tu abbia visto in questi anni, ma prima non avresti mai urlato per la disperazione in faccia a qualcuno. Avresti pianto, molto e a lungo, avresti dipinto un muro e ti saresti isolata nel silenzio, trincerandoti dietro di esso ed evitando qualsiasi contatto umano. Ti conosco bene, io.››
Verity guardava Dakota parlarle in quel modo tanto familiare, come se fossero passati pochi giorni dalla loro separazione e non quattro anni. E se da un lato credeva che fosse un’allucinazione incredibilmente reale, dall’altro desiderava ardentemente confessarsi con la sua amica, raccontarle tutti i dubbi e le domande che aveva, sapendo che lei l’avrebbe capita. Decise anche che non lo avrebbe fatto. Era abbastanza forte da sopportare il suo fato da sola, tenendo la maggior parte dei pensieri solo per sé.
‹‹Forse mi conosci anche meglio di me stessa. Credo che le persone che ho incontrato mi abbiano cambiata. Sono tutti incredibili…››
‹‹Posso immaginarlo… Quella con cui ho parlato prima era di una calma inumana, quasi spaventosa oserei dire. Non vorrei incontrarla da arrabbiata!››
‹‹Lelahel… È stata una delle prime che ho incontrato. Lei è cieca, ma vede più di chiunque altro. È gentile e intelligente, è una vera amica. Se non fosse per lei sarei ancora prigioniera di Yelahiah…››
‹‹È lui, vero?››
‹‹Si. È quello che ha ammazzato mio padre e verrà punito anche per questo, un giorno.››
‹‹È crudele da pensare, ma non possono eliminarlo fisicamente una volta per tutte?››
‹‹Possono, ma non vogliono. Gli angeli sono tutti fratelli, tutti nati dallo stesso padre, e non si sentono capaci di uccidere un fratello per punizione.››
Dakota annuì poco convinta. Era certa che ci fosse qualcosa che Verity non le stava dicendo, non le aveva confermato nemmeno se gli angeli potessero morire o fossero immortali.
‹‹Lui ha detto che gli angeli possono morire. L’ha detto mentre volavamo uno di fronte all’altro. Poi mi ha suggerito di sbirciare nel mio futuro e dirgli come sarei morta.››
Verity si era alzata e svolazzava per la stanza sovrappensiero, riflettendo sulle parole di Yelahiah a cui, in altre circostanze, non avrebbe prestato attenzione. Yelahiah era però riuscito a fuggire con i suoi compagni e aveva entrambi gli Ingranaggi. La situazione non era normale, richiedeva attenzione, anche ai dettagli insignificanti. Doveva pensare al significato delle sue parole, capire se avessero potuto influenzarla sensibilmente o se fossero solo minacce vane.
‹‹Io guarderei, anche se ti ha parlato di morte, e smettila di svolazzare per la stanza. Fai aria, e fredda per di più.››
Risero insieme per un secondo e poi Verity posò dolcemente i piedi a terra. Dakota le fece spazio tra le lenzuola disfatte e l’angelo si distese su un fianco, lasciando le ali a penzoloni fuori dal letto. Dakota lo pensò e la luce si spense. Nel buio la guardiana si sentì a proprio agio.
C’è qualcosa di tranquillizzante nell’oscurità, nel sapere che nessuno a parte te stesso potrà mai sapere come ti stai muovendo o conoscere le tue reazioni. In quel momento tu solo sai chi sei, nella confusione e nella calma. Non ci sono gesti, solo increspature di luce che si percepiscono nell’aria, come un profumo che pizzica le narici ma alla fine non fa starnutire. Tutti amano l’oscurità, anche chi lo nega, perché porta la speranza della luce e, la maggior parte delle volte, è l’unica certezza di cui necessitiamo.
Dakota sapeva di poter sfruttare l’oscurità a suo vantaggio e si girò verso Verity, ritrovandosi a pochi centimetri dal suo viso.
‹‹C’è altro. Io ti conosco, so quando pensi e so anche a cosa pensi: la tua amica ha accennato a un qualcuno, ma si è guardata bene dal pronunciare il suo nome o dal darmi indizi precisi. Ma ti fa pensare, e molto.››
‹‹Si… Ma non c’è nulla che io possa fare. Si è allontanato da noi da un po’ di tempo, gli altri dicono che tornerà.››
‹‹Non è questo quello che devi confessarmi.››
‹‹Sono preoccupata e non so perché, ma l’idea di non poterlo rivedere mai più mi fa piangere e ci metto l’intera notte a calmarmi.››
Dakota mormorò un capisco con tono fraterno e preferì non intervenire ulteriormente. Aveva una vaga idea di cosa stesse provando Verity e doveva aiutarsi da sola. Lei non poteva nulla in quell’ambito. Aveva lasciato che Liam si prendesse gioco di lei come una sciocca, non poteva proprio dispensare consigli.
Verity si abbandonò ad un sospiro di sollievo quando sentì il respiro dell’amica normalizzarsi. Il suo corpo non sembrava intenzionato a lasciarle scaricare nel sonno la tensione della magia che ancora non aveva smesso di fluire. Rimase però distesa, immobile. Non aveva nulla da confessare a Dakota, non l’avrebbe caricata dei suoi dubbi, ma forse era arrivato il momento di ammettere un’altra piccola verità con se stessa, e non solo che desiderasse vederlo come aveva confidato a Mary.
Si era affezionata, lo sapeva, ma quanto profondo era il suo attaccamento? Si fidava di lui, e più cercava di trovare lati negativi in quella relazione, più ne spuntavano di positivi, rinforzati dai ricordi della bontà e della comprensione che le aveva mostrato. Se si concentrava a fondo, poteva sentire addirittura il calore del suo abbraccio e rappresentava la sicurezza, la certezza della sua presenza. Non bastava questo a decretare che ci fosse molto più di una leggera affezione? La sua Magia aveva parlato di amore… Lei, che non aveva mai amato, poteva davvero amare qualcuno che conosceva così poco? Forse era solo amicizia, lo stesso tipo di affetto sincero che condivideva con Dakota, ma questo non le sembrava sufficiente, Lui era lì con la dolcezza nello sguardo e aveva notato come si preoccupasse di ogni sua reazione, anche involontaria, come se avesse sempre paura che lei si allontanasse. Era scappata la prima volta, ma fin dal principio aveva saputo che non lo aveva realmente desiderato e che fosse sbagliato. Solo non aveva avuto il coraggio di credere in se stessa anziché in nozioni terrestri che non avevano senso in Paradiso. Le leggi che governavano quei due mondi erano diverse, e si era resa conto di come non potesse comprenderne uno se non accettava l’altro. Ma accettare il Paradiso avrebbe comportato l’accettazione di Lucifero e del suo particolare bisogno di averla per sé, e accoglierlo con sollievo l’avrebbe rimandata all’amore che aveva citato la Magia. Doveva evitarlo. Lui amava già una donna, quella bellissima donna per cui si era ribellato, ed era giusto che lei non cercasse di appropriarsi di quell’anfratto del cuore del dannato dedicato all’amata. Non era il suo. Rinchiuse il pensiero dell’amore in un angolo della mente, dietro una porta massiccia, e ne chiuse la serratura, conscia che la voce nella sua testa contraria a quell’idea non avrebbe mai gettato la chiave, conservandola sempre a portata di mano.
Trasse ancora un profondo respiro e sperò di riuscire ad addormentarsi.
 
Avrebbe dormito ancora qualche ora se Lelahel non fosse entrata trafelata nella stanza, dicendole che dovevano tornare in Paradiso al più presto, anche perché non ne vedeva il motivo.
‹‹Sento la presenza di Yelahiah nei paraggi, e voglio lasciare questa città prima di scatenare una nuova battaglia con nuovi morti… Non la svegliare, sarà più sicuro per lei, fidati di me.››
Verity annuì lievemente, ancora assonnata, e guardò Dakota sbadigliando. Adocchiò una penna e un foglio di carta sul comodino e decise di scrivere un piccolo messaggio, cosicché capisse che non l’aveva abbandonata. Uscì dalla stanza e trovò Scar ad aspettarla, appoggiato al muro. Lo seguì nella strada ancora illuminata dai lampioni galleggianti. Lelahel aveva già aperto la sua scia e li salutò con una mano. Scar ricreò la sua, ma non mise la benda sugli occhi di Verity come la prima volta. La sera prima aveva detto molto, un ricordo in più non avrebbe fatto la differenza nel suo patetico sentimentalismo e delle scuse non avrebbero sortito l’effetto di cancellare le parole dette.
Verity fu felice di entrambe le scelte. Una parte di lei comprendeva perché Scar si fosse sfogato con lei proprio quella sera ed era felice che non volesse nasconderle altre memorie dietro un pezzo di stoffa nera. Preferì comunque non guardare, non sentendosi in diritto di conoscere così intimamente Scar, e tenne lo sguardo fisso sui suoi piedi per quasi tutto il viaggio. Quasi tutto perché fu Scar a chiederle di osservare un ricordo che, pensandoci successivamente, avrebbe evitato volentieri. Scar spiegò che risaliva al periodo appena prima della guerra, dopo la votazione, quando alcuni angeli si erano schierati dalla parte di Lucifero e altri dalla parte del Paradiso. Scar era seduto su un prato e alcuni angeli lo osservavano da lontano. Era immerso in una pozza di sangue scuro che gli scivolava lungo le braccia e sul petto nudo. Piangeva e urlava.
Ci mise qualche minuto a collegare la scena cui stava assistendo e il ricordo della sera prima. Si era concentrata talmente tanto sull’espressione agonizzante e sulle urla raccapriccianti da non notare la presenza di una sola, grande ala nera sulla schiena dell’angelo.
‹‹Non avresti mai dovuto infliggerti tanto dolore… Perché?››
Glielo chiese anche se lo sapeva già e, pur non approvandolo, riusciva a comprenderlo. Tante volte lei stessa si era guardata allo specchio e aveva sorriso felice scoprendosi sempre diversa dalla sua famiglia, riconoscendo negli occhi verdi e nei capelli rossi la distinzione che cercava. Aveva avuto i suoi momenti di profonda tristezza proprio a causa di quella differenza, ma l’aveva anche rincuorata.
Poteva sentire le emozioni di Scar, comprenderle allo stesso modo. Il dolore dell’uguaglianza superato da quello fisico, l’idea della fratellanza scucita filo dopo filo fino a lasciar posto a un rassicurante senso di vuoto e di armonia con la visione di se stessi. Forse non si era mai ferita di proposito per quello. Aveva paura di quella completezza che avrebbe rappresentato il raggiungimento del suo traguardo personale, il timore che recidendo anche l’ultimo legame con i suoi familiari avrebbe perso completamente la sua identità senza guadagnarne una nuova. Quella finitezza che credeva di poter ottenere l’avrebbe resa forte ma, con il passare del tempo, anche sola.
Riteneva che Scar dovesse aver affrontato lo stesso dilemma ma che, alla fine, la prospettiva della solitudine non lo avesse spaventato così tanto.
‹‹Il ricordo non è ancora finito… C’è una parte che non conosci.››
Gli occhi verdi si aprirono più profondamente: a quale altra tortura avrebbe dovuto assistere? Scar intercettò quello sguardo e le disse che non si trattava di lui.
Verity tornò a guardare. Un paio di ali nere si erano avvicinate alla testa ciondolante di Scar e un paio di piedi nudi spuntavano nell’erba. Le ginocchia si piegarono, inzuppando i pantaloni bianchi di sangue, si sentirono dei singhiozzi e Verity seppe fin da subito a chi appartenessero.
 
‹‹Scar, cos’hai fatto? E perché poi? Ti prego, non dirmi che sei scappato appena finita l’assemblea per farti questo, ti prego…››
Scar alzò la testa, fissando suo fratello con gli occhi pieni di lacrime, annuendo, dicendo che lui non era un traditore
‹‹Scar, io non ho tradito Dio, sforzati di capire. Entrambi desideriamo la felicità, e come io voglio la tua, tu vuoi la mia. Non...››
‹‹E allora perché ti ribelli? Perché chiedi di poter amare qualcuno che non sia Dio, abbandonandomi? Così non farai mai la mia felicità.››
‹‹Io eseguo ordini da quando vivo qui e cerco di fare tutto quello che posso affinché tutti vivano bene. Ho te, ho gli arcangeli che sono diventati come una seconda famiglia, ma mi manca la sensazione che provavo quando stavo con Sandalphon, quando lo amavo, quando ero ancora libero, Scar, e felice. La mia luce si assottiglia, giorno per giorno, e ho bisogno, necessito di aiuto per non soccombere alle tenebre nel mio cuore. Tutti gli angeli hanno il loro sollazzo, che lo ammettano o meno, mentre io non l’ho mai avuto. Ora che finalmente trovo qualcuno a cui donare il mio cuore, e che potrà custodirlo e amarlo, non voglio che mi venga negato. Non dico di non amare Dio, voglio solo poter amare qualcuno così forte e pienamente e quel qualcuno non è Dio. Riesci a capire almeno una piccola parte di quello che dico?››
Il viso di Scar era diventato rosso e gli occhi, prima sofferenti, mandarono saette verso Lucifero.
‹‹Esiste un solo amore, quello verso Dio. Io capisco solo che ti importa di te stesso. Non hai interesse verso di noi, non hai rispetto verso chi ci ha creato e ci ha dato un ruolo in questo cosmo confusionario. Capisco che tu non sia un angelo, ma solo un pazzo visionario a cui non voglio più essere associato. Ho troppo rispetto per il creatore per togliermi la vita e allora mi farò bastare le ali. Passeranno i millenni e gli angeli dimenticheranno che sono stato tuo fratello.››
‹‹Scar, cosa stai dicendo! Tu… Perché non puoi sforzarti un poco e guardare oltre la tua realtà? Sono secoli che soffro, fratello, perché non lo vedi!››
‹‹E per cosa soffriresti, di preciso? Quella donna che hai visto nella fonte non ti amerà mai, e lo sai bene. Allora ti do io un motivo per soffrire: io non sono tuo fratello. Non avrò mai più nulla da spartire con te e non tornerò indietro.  Sei un pericolo per l’equilibrio, sei un estraneo e un traditore. E ora lasciami in pace, vattene.››
 
Il ricordo non proseguì oltre, dissolvendosi nell’aria e lasciando i due angeli soli nel tunnel. Insieme ad esso si dissolse anche la tranquillità di Verity ed il senso di compassione e comprensione che aveva provato fino ad allora. Non era più così sicura dei suoi sentimenti. In un angolino sentiva ancora pietà per il suo dolore, ma la maggior parte era diretta verso Lucifero, che si era visto chiudere in faccia ogni possibilità di riconciliazione dall’unica persona che avrebbe dovuto aiutarlo e supportarlo. C’erano anche delusione e risentimento verso Scar per le parole che aveva pronunciato, per non essere stato capace di guardare oltre la propria felicità. Eppure non lasciò quella mano che stringeva forte la sua, aggrappandosi a lei: non voleva lasciarlo solo. Alla fine lo sentì emettere un sospiro e la trascinò via dal quel punto dove il ricordo si stava riformando per cominciare nuovamente.
In pochi minuti si ritrovò fuori dalla scia, ancora indecisa su quali emozioni dedicare a Scar e quali a Lucifero. Ma forse non era importante decidere in quel momento, avrebbe potuto riflettere più tardi.
‹‹Ho sbagliato, non dovevo farti vedere nulla. Ora sei agitata.››
‹‹E invece hai fatto la cosa giusta, come posso aiutarti se non conosco la verità? Hai scelto il momento sbagliato. Ieri ti dissi che non volevo ascoltare, ed era vero, ma voglio ricambiare il tuo sostegno sulla Terra e questo è l’unico modo che ho.››
Gli sorrise un’ultima volta e si voltò, riconoscendo subito la radura di Eteria e chiedendosi come avrebbe dovuto agire da quel momento in avanti per onorare tutti gli impegni che aveva preso con se stessa. Soprattutto avrebbe dovuto trovare un modo per scusarsi con Raffaele per la scenata e una tattica per recuperare gli Ingranaggi dalle mani di Yelahiah. Non sapeva bene cosa stava per abbattersi sul Paradiso, ma l’istinto le suggeriva che non sarebbe stata una fortuna.
‹‹Verity, te la senti di rimanere qui sola? Io dovrei andare da Michele…››
Disse a Scar che poteva andare, lei sarebbe stata bene anche da sola. Lo guardò volare via fino a che non scomparve dalla sua vista, poi si inoltrò nei boschi per raggiungere il portale. Anche lei avrebbe parlato con gli arcangeli.


Angolo dell'autrice 
E rieccoci agli aggiornamenti saltuari e completamente a caso... Me ne dispiaccio molto, ma è stato un periodo particolarmente duro e faticoso. Detto ciò... Spero che questo capitolo vi piaccia e se avete voglia lasciatemi una recensione! 
   
 
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Nemamiah