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Autore: Cry_Amleto_    04/09/2019    0 recensioni
«È per amore che continuano a ripetersi, quelle voci oltre i capelli sempre più radi. Ci passi troppo spesso le mani in mezzo. Ne strappi troppi via.
È sempre stato amore. Troppo amore, lo dice anche la mamma. È per questo che sei cresciuta così storta.
È sempre stato l'amore che è sbagliato, in te.»
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Yuri, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
- Questa storia fa parte della serie 'Ma ora non ha importanza'
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Per R.


Le senti quelle voci, quelle urla. Ti strappano i pensieri uno ad uno, finché non rimane altro. Velenose, mortifere. Non importa quanto tempo sia passato dall'ultima volta che le hai sentite, o dalla prima. Non ricordi come fosse prima di loro, né potresti mai immaginare qualche istante senza i loro sussurri venefici. Sono ferite infette, putride. Non importa quanto siano lunghe le maniche che le coprano, restano lì, a pulsare, a ricordare. E tu ricordi tutto, ogni singolo attimo, ogni singola parola. Scavi nel cuoio capelluto, scavi nella carne, ma restano lì. Ci hai provato a dimostrare che sbagliano. Il tuo sangue è rosso proprio come il loro, ti dicevi. Errore. Mai come il loro. Anche quello puzza di malato, non senti? E quelle patetiche, patetiche gocce di sale, non hai nemmeno il pudore di cancellartele dalle guance. Chi pensi di far impietosire, così? Non sei altro che
Viziosa.
Schifosa.
Malata.
Vuole tutto e subito, lei, è per questo.
I problemi non ne hai, quindi te ne crei.
Io non ti ho fatta così.
Sono attenzioni quelle che cerchi? 
Sempre su un piedistallo t'abbiamo messa e questi sono i risultati.
Te lo do io un motivo per piangere.
Ma non è solo questo, ricordi? Certo che ricordi. Non sei davvero stupida d'altronde,
vuoi solo fare la parte.
Ci sono anche quelle voci quasi pietose, quelle che la buttano sullo scherzo, quelle che ci si aspetta che tu ripeta ad alta voce, senza esitare.
Sei solo confusa.
Un po' di tempo in casa ti aiuterà a schiarirti le idee.
Già gestire una donna è complicato, così di coccio siete. Pensa un po' tu come sarebbe qualcosa tra due donne.
Hai sorriso. Hai annuito quando hanno detto di stare per un po' lontano dal tuo fratellino più piccolo, per sicurezza. 
Hai detto: «certo che la famiglia è più importante».
Hai detto: «certo che mi piacerebbe avere dei figli».
Hai detto: «certo che il taglierino mi serve per arte».
Hai detto: «certo che è solo un po' di stress».
Hai detto: «certo che stasera rimango a casa».
Hai detto: «certo che è stanchezza».
E poi, poi hai detto «certo che sono normale, guarita» e per un attimo ci hai creduto un po' anche tu.
Ma non sono neanche le prime voci che senti, ammettilo. Non sono neanche le prime volte che ti sei definita normale
Prima ci sono stati i
Ma non ti guardi allo specchio?
Ma non ti rendi conto di come ti sei fatta?
Ma non vorrai mica andare al mare così, non ti vergogni?
È per amore che continuano a ripetersi, quelle voci oltre i capelli sempre più radi. Ci passi troppo spesso le mani in mezzo. Ne strappi troppi via.
È sempre stato amore. Troppo amore, lo dice anche la mamma. È per questo che sei cresciuta così storta.
È sempre stato l'amore che è sbagliato, in te.

Che fai? I piedi dondolano oltre un precipizio alto dieci piani di calcestruzzo, un piano sopra la tua gabbia dorata.
Sei stupida dalla tua insospettabile vittoria contro cancello che porta qui sull'attico. Non ti sei fatta neanche troppo male quando l'hai scavalcato.
I piedi continuano a dondolare mentre le cuffie mute riposano nelle tue orecchie.
Senti il tuo respiro così chiaramente. È difficile che tu riesca a farlo, in altri posti. C'è sempre troppa folla.
I piedi dondolano e tu li segui con lo sguardo.
Le persone sono davvero minuscole, da quassù. Così piccole, insignificanti. Come lo sono i loro pensieri, i loro problemi. Come lo sei tu. Ti verrebbe da sporgerti un po' di più e spiccare un salto, lontano, per sempre.
Le mani tremano serrate ai bordi del cornicione sul quale sei seduta.

Poi il cellulare inizia a vibrare.
Una.
Due.
Tre.
Quattro volte. Quattro messaggi scritti da occhi dolci e dita piccole. Sono dita proprio piccole, le sue. Lo saprai meglio dopo, quando celebrerai quel matrimonio segreto tra i vicoli dei quartieri spagnoli, tra la gente che ride, il sole che batte forte e il venditore al vostro fianco che suona le trombette di Pulcinella. Avresti voluto comprargliene una, te ne sei dimenticata. Le piacevano.
Le sue mani bianche, tanto piccole da entrare perfettamente nelle tue. Quelle mani piccole e calde che sono lontane un mare. Una giornata di macchina. Nove ore e mezza di treno. Un'ora e cinque minuti di aereo.
Quelle mani piccole e calde che ti hanno strappato via da lì e ti hanno riportata con i piedi saldi al suolo.
Quelle mani piccole e calde che hanno messo tra le tue un peluche con occhi talmente grandi che, specchiandotici dopo, ti sei chiesta se non avessero intrappolato un frammento della sua immagine. Sarebbe bello se almeno in quelle sfere foste insieme.
Quelle mani piccole e calde che ti si sono posate leggere sulle guance prima di essere strappate dal tempo scaduto.
Quelle mani piccole e calde che senti anche adesso, nelle tue, invisibili, mentre quelle voci tornano ad urlare, a scavare nel Muscolo che pulsa troppo velocemente.
Chiudi gli occhi. Cerchi di ricordare la sua risata, così che sostituisca le parole che ti scuotono con violenza oltre la porta chiusa a chiave. Stringi il pupazzo al petto, come facevi da piccola per combattere la paura delle ombre. Ombre che, ora, sono di carne ed ossa. Ombre che fanno male.
Il peluche è morbido tra le tue mani congelate. Guardi fisso in quei bottoni di vetro, scavi al loro interno.
Nel frattempo aspetti.
Aspetti che le urla finiscano.
Aspetti che le voci tacciano.
Aspetti il ritorno di quella stretta piccola e calda e forte.
Aspetti finché non ti addormenti.

Ci rivediamo nei sogni.

 

   
 
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