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Autore: The Blue Devil    05/09/2019    4 recensioni
Un'analisi della triste infanzia di Oscar, con momenti di alta drammaticità. Non è per stomaci delicati.
Genere: Comico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: André Grandier, Generale Jarjayes, Oscar François de Jarjayes
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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Non è uno scritto a scopo di lucro alcuno per cui non si infrangono Copyrights.
I personaggi presentati, nomi e situazioni, sono di proprietà degli aventi diritto: Riyoko Ikeda per il soggetto e la resa grafica dei personaggi; TMS, per la serie TV; Fabbri Editori, Granata Press, Planet Manga, d/visual, GP Publishing, RW Edizioni, per le varie edizioni italiane del manga e Yamato Video per l’edizione italiana in DVD.



Buona lettura e buon divertimento.


UN’INFANZIA DIFFICILE


Parigi, 1755, giorno di Natale
Le mani del generale Jarjayes, uno dei più ricchi e nobili aristocratici alla corte di Francia, riemersero dalla culla e sollevarono in alto un neonato: era la quinta volta, nel corso della sua vita, che l’aristocratico compiva quel gesto.
«È nato!», urlò, «Mio figlio è nato! Ti chiamerai Oscar!».
Pronunciate queste parole, l’uomo rimise il piccolo nella culla, aggiungendovi un fioretto e un fiocco blu.
 
Sei anni dopo
«Papà, papà», cinguettò nel grande salone di Casa Jarjayes, Oscar, l’ultimo arrivo in famiglia che, per movenze, timbro di voce e aspetto generale, tutto sembrava tranne che un maschio, «Perché le mie sorelle hanno dei bei nomi, "Marie-Anne", "Clautilde", "Hortense", "Catherine" e "Josephine", e io invece mi chiamo "Oscar"?».
«Perché mi fai codesta domanda?», le chiese a sua volta l’uomo, con tono benevolo.
«Perché io sono come loro, ma ho un nome strano...».
«Chi ti ha detto questa sciocchezza senza importanza?».
«La mamma; lei dice che sono una bambina con un nome da maschio; e le mamme non dicono mai le bugie».
L’uomo, che si era innervosito, non poteva sbugiardare la moglie, per cui rispose:
«Beh, sì, in effetti... il tuo nome si adatterebbe, forse, meglio ad un maschietto».
«E allora perché... ?».
L’uomo prese in grembo la figlia, poiché quello era, e le spiegò:
«Sai, il giorno in cui sei nato c’era la "Notte degli Oscar" e io essendo un fan del Cinema Americano ho voluto omaggiarlo; inoltre tu sei il mio "Oscar". Hai capito ora?».
«Boh? Ma perché dici "nato"?».
«Non importa, quando sarai più grande, capirai...», rispose il generale, un po’ imbarazzato da tutte quelle domande.
«Ah, Marguerite! Dopo facciamo i conti», pensò, non appena la bambina fu saltata giù dalla poltrona.
«Io esco, papà», cinguettò ancora la piccola.
«E dove vai?».
«A giocare a "un, due, tre, stella!" con le mie sorelle».
Il generale aggrottò la fronte e bloccò la bambina:
«Altolà, non puoi andare con loro».
«Perché, papà?».
«Perché quella è una sciocchezza e perché ho un regalo per te».
La bambina vide l’oggetto che il padre le stava porgendo e il suo viso s’illuminò:
«Una palla! Che bello! Vuoi portarmi nella "Sala della Pallacorda" a giocare con le altre dame?».
«Che sciocchezza! Non è una palla, questo è un pallone e ti servirà per giocare al "Football". T’insegnerò io, perché, se non lo sai, da giovane ero un campione!».
Sul volto della bambina calò la più completa delusione:
«Ma a me non mi piace il fu, fu... quella roba lì; voglio giocare alla pallacorda».
«Sciocchezze! Quella è roba per le femminucce: ricorda che tu sei il mio "Oscar"! E Domenica andiamo a vedere il derby Real Parigi contro Marsiglia Porto, la finale di "Coppa del Re"».
La bambina parve dubbiosa:
«Ma... la "Coppa del Re" ho sentito che si gioca in Pagna... e poi in un derby mi hanno detto che giocano due squadre della stessa città».
«Sciocchezze! Devo spiegarti tutto? Intanto si dice "Spagna", ma tu sei piccolo e ti perdono. Poi: siamo in Francia?».
«Sì, papà».
«Abbiamo un Re?».
«Sì, papà».
«Quella è una finale?».
«Credo di sì, l’hai detto tu, papà».
«Ecco: Real-Marsiglia è il derby di Francia e, chi vince, avrà la Coppa dalle mani del Re; quindi "Coppa del Re". Hai capito, piccolo?».
Dopo averci pensato su, Oscar rispose:
«Credo di no... io voglio giocare alla pallacorda».
«Tranquillo che, nella "Sala della Pallacorda", ci andrai tra qualche annetto, a fare altro, però...».
«Cosa?».
«Non importa, quando sarai più grande, quando sarà il momento, capirai... Ora vieni che andiamo ad allenarci al "Football"».
Presa la figlia per mano, il padre la condusse in giardino e cominciò l’allenamento; la povera Oscar, che dimostrava malavoglia, ogni tanto guardava, sospirando, le sorelle che, poco più in là, si divertivano con "un due tre stella!".
 
A Natale
«Papà, papà, che bello i regali! Qual è il mio pacco?», fu il solito cinguettìo di Oscar, al colmo della gioa.
«Tu ne hai due», rispose il padre, «Ma lascia che le tue sorelle aprano prima i loro, essendo più grandi hanno la precedenza».
«Bellissimo, il set da trucco della "H&M"!», esclamò Marie-Anne, «Grazie mamma, ho capito che è stata un’idea tua».
«La nuova "Barbie" e c’è pure "Ken"», esplose Clautilde.
«No, "Giovannone"», fu la volta di Hortense.
«Le "Cabbage Patch" gemelle!», urlarono ad una voce, Catherine e Josephine.
Tutta emozionata, Oscar si chiese e chiese:
«Cosa c’è nel mio? "Sbrodolino"? O "Sbrodolina"? Non vedo l’ora di aprirlo.
«Tocca a te Oscar, apri prima quello», la esortò il padre, indicandole uno dei due pacchi.
Tutta tremante, Oscar aprì il pacco indicatole e...
«Un trenino?».
«Ti piace? Guarda che bello».
«Mah, lo passerò ad André», pensò Oscar, sicura che nell’altro pacco ci fosse il tanto agognato bambolotto.
E invece...
«Soldatini? Ancora? Ma mamma...».
La mamma le fece capire, con un cenno del capo, chi fosse il responsabile dei suoi "regali".
«Guarda che belli, un set completo», intervenne il generale, «Sono dipinti a mano e c’è pure Napoleone; lo vedi? Ora ti potrai esercitare nella tattica militare, nella strategia e nella disposizione delle truppe. Non sei contento?».
«Sì, papà», sussurrò Oscar, non volendo contrariare il padre nel giorno di Natale.
 
Qualche anno dopo
«Padre, devo chiedervi un favore».
«Di’ pure Oscar, ti ascolto».
«Vi chiedo il permesso di uscire questa sera».
«E dove vuoi andare?».
«André mi porta a cena fuori».
Il generale, stupito, chiese:
«Ti vuol parlare di tattiche, strategie o di assalti all’arma bianca? Avete finito con la spada per oggi?».
«Sì, padre, ci siamo già allenati, ma... per la cena... mi vuole parlare, ma non di quello che pensate».
L’uomo aggrottò la fronte:
«E quindi?».
Oscar esitò, ma riuscì a raccogliere tutto il suo coraggio:
«Ecco... io... noi... lui mi vuol parlare di lillà e di rose... lui mi piace!».
Il generale parve molto contrariato:
«Che sciocchezza! Lui ti piace? Guarda qui», rispose, mostrandole una fotografia, «Questa è la Principessa Marie-Antoinette, futura Regina di Francia; è questa che ti deve piacere, perché tu diverrai la sua ombra e la proteggerai a costo della tua stessa vita! Quando sei nato ti ho messo nella culla un fioretto e un fiocco blu. Comprendi?».
«Non ne sono sicura... poi perché un fioretto? Non è da femminucce? Perché non una spada, una sciabola, una scimitarra o una katana? Magari quella di Goemon?».
«Che impudenza! Non importa, quando sarai più grande, capirai...».
«Padre, io sono già grande! Non ho più sei anni!».
«Silenzio! Non dire sciocchezze, devi ancora crescere. Fila in camera tua ad esercitarti con la spada».
L’uomo tese la mano e attese; Oscar comprese quel gesto e, di malavoglia, consegnò il suo smartphone al padre, ma, prima di avviarsi alle sue stanze, porse un’ultima domanda al generale:
«Padre, permettete un’ultima domanda».
«Parla, ti ascolto. Basta che non sia la solita sciocchezza senza importanza».
«Noi siamo in un manga di Riyoko Ikeda, giusto?».
«Esatto!».
«Mi stavo chiedendo: ma Riyoko Ikeda e Rumiko Takahashi sono amiche? Si parlano?».
«Perché te lo chiedi?».
«Perché anche in un manga della Takahashi, mi pare "Urusei yattura", c’è un deficiente che tratta la figlia come fosse un uomo, facendole mettere le fasce sul seno e facendole fare tutte quelle cretinate che tu fai fare a me! Mi pare che la tipa si chiami "Ryunosuke", un nome da maschio, appunto, come il mio».
Vedendo il padre visibilmente alterato, Oscar non attese la risposta e, prima di dileguarsi, affermò:
«Ho capito, come al solito è una sciocchezza senza importanza; ma, quando sarò più grande, capirò».

 
FINE
 
 
Nota:
Nel testo vi sono un paio di errori voluti: il primo è un "a me non mi", poiché detto da una bambina di sei anni; il secondo è nel titolo del manga della Takahashi, che è, ovviamente, "Urusei yatsura", considerato da Oscar come una "iattura" per lei.
 
 
 
© 2019, The Blue Devil
   
 
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