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Autore: ghostmaker    11/09/2019    1 recensioni
La Grande Guerra è stata vinta dall'esercito del Regno di Tera, ma è davvero iniziato un nuovo periodo di pace? Tradimenti, amori, inganni e tragedie scuotono le famiglie reali e la loro risoluzione chiarirà se è davvero giunto il momento di essere in pace con tutti. Ma la fine di una guerra, spesso, porta con sé anche il desiderio della vendetta!
[Storia partecipante alla challenge “Pagine di una storia infinita” indetta da molang sul forum di EFP]
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Imperatore dei Cinque Regni'
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È ormai sera quando il vecchio maestro dice a Ten: «Ora mi dovrò assentare, devo studiare un antico manufatto e per questo starò rintanato in uno degli studioli, ma in qualsiasi momento tu hai bisogno chiamami senza pensarci due volte. Tu passa un poco di tempo con Agisto dopo la cena e quando lui ti farà capire che è ora di uscire potrai andare in biblioteca a continuare la tua lettura.»
«Maestro, quanto tempo ho a disposizione? Mi chiamerete voi quando sarà ora di smettere?»
«Questa volta no, sarai tu a decidere, ma ricorda di non sforzare gli occhi, appena ti sentirai davvero stanco chiudi il libro e vai a dormire. Meno dormi di notte e più dormirai di giorno, se guadagni del tempo prima lo perdi dopo e l’accumulo di stanchezza ti farà perdere altro tempo prezioso.»

Il bambino lascia la sala, raggiunge la stanza di Agisto e toglie il telo dalla gabbietta per dare la cena al corvo. E lui prontamente riesce a scappare.
«Dai Agisto, torna qui, ti ho portato da mangiare» dice Ten quasi sconsolato, ma il corvo non lo ascolta e con un altro battito di ali, senza vedere per la sua cecità, finisce per sbattere contro il mobile a muro.
«Ecco, lo vedi cosa succede se scappi dalla gabbia?»
Il corvo, seppur intontito, risponde: «No, non vedo… non vedo!»
Armandosi di pazienza Ten raccoglie Agisto da terra, lo rimette nella gabbietta e gli parla mentre il volatile mangia delle ciliegie, frutto che adora.
«Chissà quanti ricordi fantastici hai nella tua testolina, mi piacerebbe davvero che tu diventassi mio amico, staremmo a chiacchierare tutto il giorno e forse anche la notte. Tu non vuoi essere mio amico?»
«No» risponde immediatamente il corvo.
«Neanche se ti porto delle noci da mangiare?»
Il corvo gracchia e poi risponde: «No.»
Ten è sconsolato, le risposte di Agisto non lo invogliano a continuare a parlargli, sprofonda sulla poltroncina e solleva gli occhi verso il soffitto sbuffando.
«Dove sei arrivato?» chiede il corvo facendo saltare in piedi Ten.
«Penso che ci sarà il matrimonio del principe» risponde il ragazzino con rinnovata speranza, ma il corvo lo disillude subito.
«Oh, solo fino a lì? E si sposa?»
Ten non comprende la domanda di Agisto perché il corvo dovrebbe conoscere ciò che è successo. «Dovresti dirmelo tu, no?»
«Perché io? Non so niente io di prima, so il dopo» risponde Agisto, e dopo un paio di gracchiate, intona la sua cantilena, un segnale preciso per non essere più disturbato. «Impiccati al pennone… impiccati al pennone.»
Ten ripone il telo sulla gabbietta, si sta allontanando dalla sala quando sente Agisto dirgli: «Grazie, buone le ciliegie.» Il ragazzino sorride perché almeno il corvo inizia ad apprezzare ciò che sta facendo per lui. Ten corre in biblioteca, si siede e il tomo numero tre appare già aperto nel punto giusto da cui riprendere la lettura.



3° capitolo – Quando a un matrimonio si divertono solo gli invitati



GIORNO 1, dal Mare dell’Est al Mare del Sud
«Ci sono navi piene di tesori e lui mi manda alla Baia dei Contrabbandieri! Lo perdono solo perché mi ha fatto trovare le barriere sollevate!» urla Zedora verso il suo equipaggio che però non ascolta; troppo impegnato nelle manovre per sfuggire alla caccia del capitano Vaandrig.
«Zedora, quelli non ci mollano» grida Kruzni.
«Prima o poi ti butto a mare in pasto agli squali. Sulla nave… uguale… Capitan Blood!»
«Navi a dritta!» urla la vedetta Mynegai. «Flotta di Tera.»
«Per mille mostri del mare! Lautele, quanto dista ancora il confine? Lautele mi vuoi rispondere?» grida Zedora sempre più preoccupata.
«Capitano, ricorda che…»
«Maledizione, è sordo muto. Ma che razza di ciurma mi sono scelta» esclama sbuffando Zedora.
«Signora, siamo noi che l’abbiamo scelta, ricorda?»
«Kruzni, la forma sarcasticamente retorica è una delle possibili basi per un discorso sensato con esseri simili a te. Per capirci, se tu fossi il mio sesto marito, sarei sposata sette volte. Comprendi?»
Il pirata scuote la testa perché non ha capito niente, ma per sua fortuna arriva di corsa Lautele che a gesti avvisa Zedora.
«Un solo miglio» dice la donna che subito dopo urla «Polegada, vai verso la costa di Apen, Malicek preparate i cannoni, non si sa mai quale strane alleanze fanno dal giorno alla notte e non vorrei trovarmi Menara pronto a bucherellare la mia nave.»
Il brigantino con la bandiera dal teschio rossa evita le flotte di Tera, supera il confine e trova riparo provvisorio ad Apen. Bottino di giornata: armi, pietre preziose e qualche bel giovane per il sollazzo di Capitan Blood.

GIORNO 2, Mare del Sud
Capitan Blood è confusa, ha potuto abbordare tre navi di Apen senza trovare sulla sua rotta delle imbarcazioni militare di questo regno. Nel suo alloggio ammira i tesori arraffati in questa scorreria e i suoi pensieri sul perché non abbia subito un attacco si cancellano, mentre indossa una collana di grande valore.
«Mia Signora, siete più affascinante del solito» esclama Kruzni.
«Hai spezzato il mio idillio. Adesso mi chiami pure Signora e lo fai con quegli occhi da pesce lesso e la bava agli angoli della bocca. Se noi fossimo gli ultimi umani vivi nel mondo piuttosto che averti addosso, mi farei scopare dal kraken!» risponde Zedora mostrando di essere pronta a usare la spada contro di lui. Bottino di giornata: spezie e droghe, casse di liquori, armi, oggetti preziosi e qualche anello strappato via dalle dita delle vecchie nobili prima di farle saltare in acqua.

GIORNO 4, Mare del Nord
Il brigantino di Capitan Blood è agganciato a un galeone di Metel, la ciurma di pirati ha eseguito l’abbordaggio senza subire gravi perdite ed è il momento che Capitan Blood preferisce. Zedora osserva i tesori e poi guarda il capitano, una donna, dell’imbarcazione saccheggiata.
«Tu sei nuova in questi mari, come ti chiami?» chiede Zedora stringendo delicatamente la mano sul viso del capitano.
«Mi chiamo Elonosia, sono al mio secondo viaggio commerciale come comandante di questa nave.»
«Kruzni, butta ai pesci tutti tranne lei, credo che avremo a bordo un'altra bella donna nei prossimi mesi» dice Capitan Blood.
«Volete farmi prigioniera? Non valgo niente, non ho famiglia e guadagno così poco che quasi mi sono dovuta pagare questi due viaggi.»
«Prigioniera? Niente affatto bella capitana, sarai un ospite di riguardo.»
«Allora volete abusare di me?» chiede Elonosia visibilmente impaurita.
«Abusare del tuo corpo? Dipende da come ci intenderemo noi due, ma ho un sesto senso per le donne come me.»
Bottino: Pietre preziose, tessuti ricamati, armi da polvere nera e una futura pirata se il fiuto di Capitan Blood non è appannato.

GIORNO 5, Regno di Tan, Port Altaj
In una bettola del porto Zelada sta bevendo e accanto a lei c’è l’uomo che l’ha ingaggiata.
«Perché hai deciso di incontrarmi proprio qui?» chiede Zedora mentre si scola mezza bottiglia di rum.
«Ho un lavoro importantissimo da affidarti e non potevo rischiare che i miei corvi fossero intercettati, però non vi frutterà guadagno immediato, riceverete il compenso soltanto alla consegna» risponde l’uomo con tono serioso.
«Ehi, fino a oggi le tue indicazioni sono state molto precise, ma questo mistero non mi piace e fare da fattorina senza avere neanche un acconto mi piace anche meno» risponde Zedora. «Sono il capitano, ma i miei uomini si rifiuteranno se non do loro qualche garanzia e se sono delusi, fanno presto a mettermi su una passerella per poi spingermi in bocca a qualche mostro marino.»
«Puoi dire loro che ciò che hanno guadagnato in questi giorni non vale neanche la metà di quello che riceveranno a consegna avvenuta. Quando accadrà, non lo so ancora, ma se accetti ora, senza troppe domande, il giorno stesso prima di partire da questo porto, riceverai un prezioso dal valore smisurato; il diamante del Vulcano.»
Zedora rimane qualche secondo a bocca aperta, poi esclama: «Fai attenzione a quello che mi stai offrendo perché ho promesso a chiunque della ciurma che se mi regala il diamante più grande mai visto da una donna può prendersi il mio corpo fino a quando non sviene! E questo vale proprio per tutti, anche per un vecchiardo come te.»
«Zedora, ho la tua parola?» taglia corto l’uomo.
«Fino a oggi hai mantenuto le tue promesse e io ho eseguito tutte le missioni che mi hai affidato, noi due non abbiamo avuti problemi e non ne avremo fino a che i nostri accordi saranno sempre rispettati. Perciò va bene, accetto anche questa tua richiesta, ma cosa bolle in pentola, Turo?»
«Per ora è meglio, per tutti noi, che tu non sappia niente fino al giorno della consegna che sarà anche la mia ultima richiesta. In quel momento saprai tutto, te lo prometto.»
«E a Tan ogni promessa è sacra» dice Zedora mentre Turo si dirige verso l’uscita della bettola.

Mancava una settimana dal matrimonio tra Oceanya e Torcon, ma erano stati soprattutto i giorni più turbolenti degli ultimi mesi in ogni mare del mondo dopo la Grande Guerra, era la settimana di Capitan Blood.


In un luogo distante, ma molto vicino a Tan, era in corso una riunione tra personaggi di pessima fama. Seduti a un tavolo rotondo, c’erano i dodici capitani mentre il loro comandante, in piedi, camminava intorno alla tavolata mentre parlava.
«I nostri contratti sono sensibilmente diminuiti e i guadagni da dividere ne stanno risentendo profondamente, però fra qualche giorno riceveremo la visita di un messo proveniente da Metel che ci recapiterà ciò che ci spetta per l’affare del ponte» diceva Kokiaka osservando i volti dei suoi più fidati uomini. «E come sapete, non si tratta soltanto di cose losche ma anche di contratti legalmente riconosciuti.»
«Se non rispettano l’accordo?» chiese Kumari.
«Siamo tutti d’accordo che la nostra ritorsione sarà implacabile. Colpiremo ogni luogo del loro regno nel quale il profitto è superiore al normale, senza lasciare in vita nessuno.»
«E per l’altra faccenda? Lui non si è più visto» domandava Kumari. «Abbiamo in custodia quel Dheat e i ragazzi hanno compiuto il loro dovere a Ngahuru.»
«Senza contare il caldo che abbiamo patito indossando quelle vesti nere» aggiunse una delle donne capitano, Eya.
«L’inquisitore ha fatto sapere che sarà qui proprio oggi quindi potrete chiedere a lui se avete il coraggio, oppure sarà meglio che stiate zitti e ascoltiate ciò che lui vorrà dirci senza fare domande» era stata la risposta lapidaria di Kokiaka.
All’improvviso apparve il globo nero che tutti loro conoscevano bene e dalla luce intensa proveniente dall’interno della sfera era uscito l’inquisitore. Una persona dal corpo muscoloso, vestita di nero con un lungo mantello, la maschera che ne copriva il viso completamente, tranne che per gli occhi che brillavano di un rosso tanto intenso da sembrare infuocati. La sua voce camuffata non chiariva se fosse un uomo o una donna, ma di certo incuteva paura per il tono profondo e potente della voce.
«Signore e signori, ho chiesto a Kokiaka di radunarvi tutti perché voglio congratularmi personalmente con alcuni di voi ai quali sarà assegnato del denaro extra come premio. Rak per l’ottimo lavoro con la regina di Dwr, le hai fatto fare ogni cosa che le abbiamo chiesto senza che obiettasse o che chiedesse di vincere la sua stupida guerra; Kaia e Makara, la vostra magia sul ponte è stata sublime e la distruzione che ha portato era proprio ciò che volevo; infine Fiskabur perché hai imparato in poco tempo la magia di trasporto a distanza e hai condotto tutti sull’isola nel momento giusto.»
I premiati esultavano mentre gli altri non fiatavano, per non incorre nelle ire di quel pericoloso stregone che, dopo la pausa, riprese a parlare. «Il Saggio Dheat è affare soltanto mio, quando avrò finito di parlare lo tirerete fuori dalla cella, preferibilmente rendendolo silenzioso, lo consegnerete a me e da quel momento nessuno di voi farà più parola di questo argomento. Eya, vi siete vestiti così perché nessuno deve riconoscervi, ma tutti devono temere quelle persone vestite di nero perché il mio piano globale sta procedendo e quando tutto sarà compiuto voi guadagnerete più di quello che potete immaginare.»
L’inquisitore era dietro a Eya e la donna aveva iniziato a sentirsi male. «Non mi piacciono le battute sarcastiche quando si parla di qualcosa che ho chiesto di fare e spero di non doverlo ripetere una seconda volta» disse lo stregone mentre Eya rantolava a terra.
«Fai un cenno se hai capito» chiese l’inquisitore alla donna e al movimento del capo di Eya lo stregone smise di torturare, con qualche magia mentale, il corpo della donna.
«Bene, ho altre missioni da assegnare ad alcuni di voi, Kokiaka vi aggiornerà quando sarà necessario.»
L’inquisitore aveva smesso di parlare, Tepanje, senza troppa cura, stese con un pugno Death per consegnarlo allo stregone che attraverso il globo nero, con il prigioniero, erano scomparsi alla loro vista.
«Rak, per te la missione inizia ora. L’inquisitore sa che il comandante Turo di Tan sta tramando qualcosa, ma vuole essere sicuro che sia soltanto lui che sta agendo o se ha ricevuto il mandato da qualcuno nella famiglia reale» disse Kokiaka.

L’inquisitore, un essere dotato di molti poteri, capace di insegnarne l’uso e di infondere nelle altre persone una parte della proprie capacità, uno stregone tanto potente da sottrarsi alle leggi della magia. Tutti a quel tavolo continuavano a domandarsi cosa volesse ottenere, ma nessuno, neppure Kokiaka, si era mai permesso di chiedere.

§   §   §

Era giunto il giorno dell’atteso matrimonio, sull’intera isola di Dwr i festeggiamenti erano iniziati già dal giorno precedente, mentre nel Regno di Tan alcune persone avevano messo alle loro finestre delle tende nere a lutto. Cristalya non si era risparmiata in niente dando fondo alle casse reali pur di dimostrare agli altri regnanti che la magnificenza del suo regno superava chiunque e nella lista degli invitati, redatta personalmente da lei, figuravano proprio tutte le persone di spicco di ogni luogo del mondo.
I quattro porti nazionali erano intasati di navi di lusso, mercantili e imbarcazioni militari a protezione di chiunque fosse diretto lì per il matrimonio, il palazzo reale, sorvegliato da molte guarnigioni, era stracolmo in attesa dell’arrivo della sposa.

Oceanya era nella sua stanza, le ancelle completavano di ritoccare il suo abito da sposa, mentre Cristalya le parlava. «Mia amata sorella, so che non era quello che avresti voluto, ma sono tempi difficili per tutti noi e questo matrimonio legherà completamente le mani a Tan fornendoci maggiore potere nei confronti degli altri regni. Tra le varie scelte lui era quella migliore e sai anche perché non l’ho potuto sposare io com’era stato previsto prima della guerra.»
«Sorella, non hai altro da spiegarmi, sto facendo ciò che è giusto per noi, però non cercare di convincermi che sia meglio anche per me.»
«Torcon è un uomo di bell’aspetto, è nobile, mi sembra virile e ben dotato dal poco che ho potuto vedere e…»
«Smettila Cristalya, tu sai cosa penso» rispose Oceanya guardando in modo molto deciso la sorella.
«Basta con le tue scemenze, quell’argomento è chiuso, hai fatto degli errori solo per la tua giovane età, adesso con un marito comprenderai ciò che è giusto.»
Oceanya non aveva nessuna possibilità di far capire a Cristalya che non c’era errore nella sua naturale attrazione verso altre donne, così decise di non continuare quell’inutile discorso con la sorella.

In una delle sale più tranquille del palazzo reale il futuro sposo si stava intrattenendo con la regina Wasa.
«Mia Signora, le ho chiesto di parlare in privato per una cosa molto importante e vi chiedo perdono se punterò direttamente a sollecitare il vostro orgoglio. Mio padre è sempre stato vostro amico, le nostre famiglie si sono frequentate fin da quando io ero piccolo e spesso ho avuto modo di passare momenti felici badando alla peste di mio fratello e alla dolce Aarde, vostra figlia. Come per mio padre, anch’io mi sento legato a voi da profondo affetto e per tale motivo non vi ho mai imputato delle responsabilità nella sua morte; come principe comprendo bene che degli alleati in guerra hanno priorità differenti e per primo cercano di proteggere il loro popolo, cosa che avrei fatto io stesso. Non voglio essere un ipocrita e mi permetto anche di essere adirato con voi per i trattati di pace nei quali non avete cercato di aiutare Tan, ma anche in questo caso comprendo bene le motivazioni politiche che sono dietro alle decisioni più importanti. Ora però vi chiedo aiuto, proprio per i legami fraterni che ci accomunano fin dai tempi antichi.»
«Fermati Torcon. I miei informatori non sbagliano mai, ogni notizia che mi portano è esatta e credo che anche in questo caso ciò che mi hanno riferito sia reale. Prima che tu chieda, è giusto che ti dica che non metterò armi nelle mani dei miei soldati per un'altra guerra. Questo pur sapendo che se lei non ci fosse, il mondo sarebbe migliore di certo.»
«Mia Signora, le vostre fonti sono sempre attendibili, anche in questo frangente non hanno sbagliato e spero che non vogliate farmi desistere perché nessuno sarebbe in grado di fermarmi. Detto ciò, non vi chiederei mai di mettere in pericolo la vita del vostro popolo, per nessun motivo. La mia richiesta è più semplice, però anche difficile da accettare, ma siete l’unica persona di cui mi posso fidare al di fuori del mio regno.»
«Dimmi Torcon, e vediamo se è cosa fattibile.»
«Qualunque cosa possa succedermi vi chiedo di accogliere e proteggere nel vostro castello la persona più irascibile che conoscete.»
Wasa aveva fatto un piccolo sorriso perché alla parola “irascibile” aveva subito collegato Fajro. «Principe di Tan, prometto solennemente di prendermi cura di quello scapestrato anche a costo di legarlo in una delle mie celle!»
Torcon si era subito inginocchiato. «Vi sarò eternamente grato mia Signora.»
«Sollevati principe di Tan e abbracciami così come tuo padre era sovente fare con me per l’amicizia che ci lega e che è sempre rimasta tale.»

Poco dopo l’uscita dalla sala di Torcon era giunta Aarde.
«Figlia mia, questo matrimonio sta riservando molte sorprese.»
«Che cosa volete dire madre?»
Wasa stava per risponderle ma nella sala era entrato il principe Oak. «Mia Signora, potrebbe concedermi qualche minuto, vorrei parlarle di una cosa importante.»
«Mia cara, ci lasceresti da soli?»
«Gradirei che la principessa Aarde sia presente» disse Oak con tono deciso.
«Bene giovanotto, di quale argomento vuoi parlarmi? Abbiamo ancora del tempo libero prima della cerimonia.»
Oak, inginocchiandosi, disse: «Regina di Tera, sono qui per chiedere la mano della principessa Aarde.»
Wasa aveva spalancato gli occhi sbalordita da quella richiesta, poi, con sguardo indagatore, aveva fissato lo sguardo della figlia per capire quale fosse la situazione, ma anche Aarde era stupefatta da quella proposta. Sulle labbra di Wasa era apparso dapprima un sorrisetto misto tra incredulità e divertimento, infine era scoppiata in una risata fragorosa lasciando sbigottiti entrambi i ragazzi.
«Giovane principe, noto che siete partito con il piede sbagliato dato che mia figlia non è al corrente delle vostre intenzioni. Vi starete chiedendo il motivo della mia risata ed è presto detto: mia figlia non è in vendita e di sicuro non è ragazza da seconda scelta; so bene che siete stato rifiutato dalla sgualdrina di Dwr quando avete chiesto di accasarvi con la giovane Oceanya e non credo che vostro padre sia d’accordo con la richiesta che mi avete appena fatto. Wit non è certo una persona che io possa apprezzare dato il suo maschilismo imperante, però egli è uomo di sani principi e di grande onore e per nessun motivo al mondo avrebbe chiesto l’unione delle nostre casate. Adesso alzatevi e toglietevi di torno, mi avete divertito ma il mio umore potrebbe cambiare repentinamente e non vorrei chiedere a Re Wit di tenervi al guinzaglio prima che decidiate di sbavare sui piedi di mia figlia.»
Wasa era stata pesante con le sue parole, ma la richiesta di Oak l’aveva spinta a essere più aggressiva del solito perché aveva osato pensare a sua figlia come a una bestia da comprare al mercato. Aarde aveva tenuto il capo abbassato per non incrociare gli occhi di Oak e il principe di Apen, mortalmente denigrato, si era subito allontanato da quella sala furente e bastonato. Wasa, sollevando il viso di Aarde, disse: «Visto mia adorata figlia, proprio come dicevo poc’anzi, questo matrimonio sta riservando molte sorprese.»


Cristalya, lasciata la stanza della sorella, era scesa nel salone dove erano già in attesa alcuni degli invitati più importanti. Il suo sguardo si era posato sulla coppia reale di Apen e li aveva raggiunti proprio nel momento in cui si aggiungeva a loro Oak, appena uscito visibilmente alterato dalla sala in cui aveva incontrato la Regina Wasa.
«Re Wit, Pine, sono contenta che siate venuti» aveva esordito Cristalya facendo un grande sorriso. «Anche voi sarete entusiasti per questo matrimonio che unisce due casati vostri alleati.»
«Il vostro invito ci ha reso felici ed è un onore partecipare alla festa» rispose Wit con un sorriso poco convinto.
La Regina di Dwr aveva cercato di mettere in difficoltà Wit e non riuscendoci rincarava la dose dicendo: «Peccato che la principessa Willa non sia presente, avrebbe gioito con tutti noi per questo lieto evento.»
Wit e la consorte erano rimasti impassibili all’ennesima provocazione mentre Oak, già alterato, mostrava la sua ira stringendo i pugni. La sua stizza non era causata dalle parole della regina, ma dal sorriso del padre che nuovamente stava abbassando il capo davanti a Cristalya nonostante stesse offendendo la figlia che disperata era ovviamente rimasta a casa.

Al primo squillo di tromba era lo sposo a scendere la scalinata. Torcon indossava il completo rosso, distintivo del proprio casato, sul quale però gli era stato vietato di apporre le onorificenze consone al suo vecchio ruolo di comandante in capo dell’esercito. Il secondo squillo di trombe segnalava l’arrivo della sposa accompagnata dal saggio Vlek e quando la principessa era apparsa, il pubblico applaudiva fragorosamente. Oceanya indossava quasi esclusivamente abiti maschili perché nel suo ruolo di comandante in capo dell’esercito doveva mantenere un vestiario adeguato e già in quelle vesti era una delle ragazze più affascinanti dell’intero mondo, ma con addosso il vestito da sposa di colore nero, distintivo del proprio casato, la sua bellezza aumentava tanto da rivaleggiare con Aarde.

Oceanya aveva raggiunto Torcon vicino al leggio e anche il ragazzo era rimasto folgorato dallo sguardo della bella principessa mentre il terzo squillo di tromba annunciava l’arrivo dell’imperatore Atua, CCXVI del suo nome, che avrebbe celebrato il matrimonio.
«Popolo dei Cinque Regni, siete convenuti qui per festeggiare questo matrimonio che legherà due giovani principi fino alla chiamata al palazzo celeste del Leggendario. Confido, come tutti voi, che quest’unione acceleri il processo di pace già iniziato tra tutti i Regni di questo mondo e che sia di buon auspicio per tutti. Ho già parlato troppo, ora è importante sentire le voci degli sposi.»
«Io Torcon, principe ed erede di Tan, ti prendo come moglie e onorerò la nostra unione fino a quando il Leggendario non mi chiamerà al suo cospetto.»
 «Io Oceanya, principessa ed erede di Dwr, ti prendo come marito e onorerò la nostra unione fino a quando il Leggendario non mi chiamerà al suo cospetto.»
«Io Atua, CCXVI del suo nome e Imperatore dei Cinque Regni, benedico la vostra unione nel nome del Leggendario e che la sua benevolenza illumini il vostro nuovo cammino di coppia vegliando sui vostri figli così che crescano sani e forti.»
Il pubblico, finite le dichiarazioni, aveva applaudito e Atua chiuse la cerimonia dicendo: «Ora scambiatevi il bacio che suggella la vostra unione.»
Torcon e Oceanya, prima di baciarsi, si erano guardati intensamente, entrambi consci che la loro unione era sbagliata, ma che avrebbero dovuto ugualmente impegnarsi per renderla quanto più possibile felice. Al loro bacio gli invitati intonarono canti di gioia mentre i due ragazzi, tenendosi per mano, si erano diretti verso il salone della festa.


Gli ospiti dovevano attendere che i due sposi si accomodassero ai loro posti così Cristalya aveva sfruttato l’occasione per mettere il suo braccio su quello di Titan sapendo benissimo che dietro a loro c’era Wasa. In modo che si potessero sentire bene le sue parole, disse al re di Metel: «Un’altra celebrazione, mi farai la festa come l’altra volta?»
Titan non rispose, sapeva che negare sarebbe stato inutile perché Wasa era una donna perspicace e reagire con sottile ironia avrebbe spinto Cristalya a dire cose ancora più piccanti sul loro incontro amoroso a Puna.
Anche Metalo, molto vicino al padre, aveva ascoltato le parole della regina di Dwr ma senza particolare attenzione mentre trovava più interessante capire il motivo per cui Oak fosse così irritato.

Il principe di Metel aveva fatto dei passi indietro per raggiungere l’amico di Apen.
«È un giorno di festa, perché quel muso lungo?»
«Mio padre, Wasa, Cristalya, nessuno di loro merita la corona che indossa!»
«Ehi, ce l’hai con tutto il mondo» disse Metalo appoggiando il suo baraccio sulle spalle di Oak.
«Tuo padre è l’unico che merita il trono su cui siede e io ti invidio Metalo; ti lascia la libertà di fare ciò che vuoi e tu, nonostante questo spazio immenso su cui puoi muoverti a tuo piacimento, gli sei accanto quando serve, lo consigli e probabilmente condividi con lui le tue conoscenze. Io invece sono quello che sta dietro, il cagnolino che abbaia, ma al quale basta dare una carezza per fargli dimenticare che è soltanto un animale legato per il collo a una corta catena.»
«Amico mio, sono cose di cui parliamo da sempre e notando i nomi che hai elencato, presumo che tu abbia fatto la domanda di matrimonio a Wasa ricevendo un netto rifiuto.»
Oak guardava Metalo e come sempre si stupiva per la capacità di quel ragazzo di leggere tra le parole degli altri per poi sviscerarne le frustrazioni che erano dietro ai vari discorsi. «Come fai? Qual è il tuo segreto, Metalo?»
«Nessun segreto, devi solo lasciarti andare, essere trasgressivo, provare cose mai immaginate per poi coglierne il significato intrinseco in modo che quello che vedono tutti sia soltanto la briciola dell’insieme. Io posso aiutarti, ma non posso spingerti, posso tenerti per mano, ma non posso guidarti, le scelte sono solo tue» rispose Metalo avvicinandosi maggiormente a Oak.

Sul fondo della fila degli invitati, come se avessero fissato un appuntamento, si erano ritrovati vicini Fajro e Aarde: lei aveva preferito stare lontana dal resto dei regnanti per non dover incrociare lo sguardo di Oak, lui non sopportava la farsesca messa in scena di questo matrimonio che il fratello, silenziosamente, aveva accettato.
«Finalmente riesco a parlarti almeno per qualche minuto filato» disse Aarde sorridendo. «È passato poco tempo da quando ti sei risvegliato, ma mi sembri già tornato in forma.»
«Probabilmente è la rabbia che mi sta tenendo in piedi» rispose Fajro. «Li vedo vicini e non riesco a crederci neppure ora.»
«Tuo fratello in questi mesi ha dovuto subire più di chiunque altro le angherie di Dwr e ha fatto una scelta coraggiosa nell’accettare questo compromesso.»
«Il coraggio è tutt’altra cosa, Aarde. Nostro padre è morto assassinato su un campo di battaglia e lui avrebbe dovuto scagliarsi con tutta la sua furia sui colpevoli, invece, ne diventa perfino un famigliare.»
«Sei ingiusto con Torcon, lui sta agendo come ogni re farebbe; protegge il proprio popolo e la propria famiglia sobbarcandosi tutto il peso delle decisioni che prende» rispose Aarde nei modi grintosi che Fajro conosceva bene.
«Forse hai ragione tu, forse quello sbagliato sono davvero io ed è giusto che abbia perso ogni cosa» disse Fajro stranamente arrendevole.
«Che stupidaggine! Tu sei quello che sei, nessuno può cambiarti e tu non devi cambiare a seconda degli eventi,» e dopo una pausa, Aarde aggiunse tenendo la voce più modulata, «e non hai perso ogni cosa, io sono qui.»
«Sì, ma fino a quando?»
Aarde non aveva compreso quella domanda che era per lei quanto di più irritante potesse dirle Fajro nel momento in cui si offriva a lui senza riserve.
«Se pensi che sia solo un’intrusa nella tua vita, forse è meglio che già da ora smettiamo di parlare» rispose con tono seccato la ragazza prima di camminare velocemente verso la sala della festa.
Fajro guardava la ragazza che amava mentre si allontanava da lui, forse stava pensando che fosse stato meglio per Aarde stargli lontana, o forse si stava chiedendo cosa l’avesse allontanata, di sicuro sapeva che non voleva lasciarla andare via in quel modo, la rincorse, le prese una mano per fermarla e disse sommessamente: «Aarde, scusami, sono sveglio ma i miei pensieri stanno ancora latitando in quel mare che sarebbe dovuto essere la mia tomba. Ti prego, parliamo ancora questa notte.»
Aarde si era sciolta come neve al sole fin dal momento in cui lui le aveva preso la mano, ma non volendo mostrare troppa indulgenza, disse in modo piccato: «Deciderò più tardi se meriti la mia presenza dopo quello che hai detto.»
E Fajro, stolto come il suo solito, le dimostrava di non aver capito nulla dicendo: «E cosa ho detto?»
«Sei veramente… ma… non ho parole!» disse la principessa staccandosi dalla presa del ragazzo. Gli aveva voltato le spalle, ma non perché adirata, anzi, Aarde stava proprio sorridendo.

§   §   §

La festa era terminata soltanto a tarda notte, gli ospiti reali avevano ottenuto dalla Regina di Dwr delle stanze in cui poter riposare e le luci erano state spente quasi tutte tranne alcune candele disseminate nei vari corridoi in modo che nessuno potesse perdersi nei meandri del grande palazzo reale.

I novelli sposi erano nella stanza matrimoniale rimodernata per loro, ma dal termine della festa, conclusa con il bacio che tutti attendevano, non si erano detti più una parola. Si stavano spogliando senza guardarsi, uno distante dall’altro; Oceanya intimidita come le capitava sempre stando vicina un uomo mentre i pensieri di Torcon erano tutti rivolti al suo vero amore. La situazione era ovviamente molto imbarazzante anche per le complicanze indirette, però Oceanya, spinta oltre i suoi limiti dal proprio senso del dovere, era pronta alla sua prima volta con un maschio e prese l’iniziativa.
«Torcon, andiamo a letto» disse con un tono misto tra l’intimo e l’intimidito. Lui a quelle parole si era girato trovandosi davanti ai suoi occhi la bella principessa completamente nuda e non poteva negare a se stesso che Oceanya fosse una bellezza straordinaria. Dopotutto era un uomo, l’attrazione che esercitava su Torcon quel giovane corpo scultorio era molto forte e Oceanya non si sorprese nel vedere che il marito si stava avvicinando. La ragazza tenne chiusi gli occhi, più per paura che per pudore, si aspettava di essere aggredita con irruenza come facevano tutti gli uomini e serrando le palpebre lasciava che Torcon facesse i suoi comodi.
Torcon si era spostato dietro di lei, le aveva toccato le spalle con delicatezza facendole correre sulla schiena un brivido, ma poi ci aveva appoggiato sopra una coperta. «Oceanya, sei bellissima, ancora di più di quanto pensavo, ma questo non accadrà.»
Lei, sentendo la coperta sul suo corpo, si era voltata e aprendo gli occhi disse con un filo di voce: «Dobbiamo.»
«No, dovevamo sposarci, ma queste cose vanno oltre, ed io sono un uomo che crede fortemente nell’amore. Fare sesso tra noi perché imposto, è una tortura per entrambi ed io non disonorerò il tuo corpo. Ti conosco molto bene, ti ho visto crescere notando perfettamente che i tuoi sguardi più focosi erano diretti verso altre donne.»
«Pensi male di me?» chiese Oceanya scrutando negli occhi di Torcon e lui le rispose con totale sincerità: «Niente affatto, ogni persona ha il diritto di scegliere secondo ciò che sente nel suo cuore, lei ti avrà costretta al silenzio, ma tu sei sempre Oceanya, la principessa di Dwr, qualunque persona ti stia accanto.»
Scesero delle lacrime sulle gote di Oceanya trovandosi davanti, per la prima volta, una persona che non pensava al proprio interesse, ma che le lasciasse quella libertà che fin da piccola aveva sempre voluto. L’atteggiamento di Torcon  la stava attirando, forse iniziava a credere che la vita con un uomo come lui sarebbe stata positiva e con voce lieve, disse: «Prima o poi saremo costretti a farlo, mia sorella chiederà dei figli ed io non le mentirò qualora  mi chiedesse delle nostre notti da sposi e sentendo le tua parole non temo più ciò che saremo costretti a fare perché ho la certezza quel giorno sarà trattata da donna e non solo da femmina.»
Torcon le sorrise asciugandogli le lacrime, lei, sempre molto emozionata, gli prese la mano portandolo fino al talamo e lì disse: «All’alba si aprirà un giorno nuovo per entrambi, ed è meglio dormire prima che si faccia giorno.»
«La tua preoccupazione mi onora, ma preferisco coricarmi su quella comoda poltrona.»
«Non dire sciocchezze, dormiremo insieme nel letto» disse, questa volta con decisione, Oceanya. «Se nel tempo accadrà qualcosa, sarà perché lo avremo voluto entrambi, ma se nulla si modifica, è comunque inutile spezzarsi la schiena quando c’è un nuovissimo e comodo letto in questa stanza.»
Torcon si era deciso a darle ascolto, entrambi s’infilarono sotto le coperte tenendo distanza tra i loro corpi, ma nessuno dei due riusciva a chiudere occhio così Oceanya chiese: «Andrai da lei vero?»
«Sì, e tu sei libera di essere te stessa, anche se non potrai vivere appieno il tuo grande amore proprio come accade a me.»
A quelle parole Oceanya aveva voltato il viso verso Torcon e lui disse senza girare intorno al discorso: «Fin da quando eravate piccole i tuoi occhi s’illuminavano soltanto per lei. La proteggevi, la scortavi, le eri accanto anche quando i vostri pessimi compagni, tipo mio fratello Fajro, la importunavano con scherzi per nulla divertenti. Lei è sempre stata tutto il tuo cuore.»
«Ero convinta di essere stata brava a nascondere le mie emozioni.»
«Lo sei, ma quando guardi Aarde, vedo me stesso riflesso nei tuoi occhi e mi è facile capirti più di chiunque altro al mondo.»
«Questa mia fantasia è più folle del desiderio di giacere con le donne, lei è un’anima così pura e gentile che anche se fosse disponibile, non riuscirei neanche a tenerla tra le braccia.»
«Il cuore non si comanda e l’amore che si prova per chi si è perso è altrettanto forte di quello che sentiamo per le persone che ci sono vicine.»


Un uomo nudo si era affacciato a una delle balconate del palazzo, dall’interno della stanza da letto un altro disse a bassa voce: «Metalo, rientra, ti possono vedere.»
Il ragazzo si era voltato a quel richiamo chiedendo: «Di che cosa hai paura Oak?»
«Mio padre è nella stanza accanto, potrebbe…»
«Se tuo padre non si è alzato per vedere cosa combinavi vuol dire che dorme da ore come un sasso. Che cosa temi davvero? Che qualche guardia si chieda perché sono nudo nella tua stanza? E credi che parlerebbe? Smetti di temere le ombre e vivi come ti aggrada, sei un principe di questo modo e tutto ti è possibile soltanto se lo vuoi. Ciò di cui hai davvero paura sei te stesso. Pensi che giacere con un uomo ti abbia fatto diventare un orribile mostro oppure credi che aver goduto del piacere che ti ha procurato una persona del tuo stesso sesso sia una maledizione? Tutte domande che ti fanno perdere, di nuovo, la straordinaria bellezza di condividere con qualcuno il tuo letto, di assaporare il nettare squisito di una passione facendoti travolgere da un senso di colpa che ti crei da solo. Che cosa ti ha dato fastidio dei miei baci e delle mie carezze? In quale momento passato tra le mie braccia, hai sentito gli occhi indagatori delle persone? Guarda fuori da questo balcone e dimmi cosa vedi?»
Oak non riusciva a parlare e Metalo rispose anche per lui. «Là fuori c’è la vera vita che tu non conosci minimamente. Se aguzzi la vista e guardi fino al tuo palazzo, ci troverai dentro nobili gentiluomini che amoreggiano con i loro giovani servitori, matrone pompose che si fanno le proprie servette, eppure nessuno di loro trova questi gesti amorali. Hai letto i sacri testi? E in quale angolo di quei libri si condannano i rapporti sessuali tra uomini o tra donne? In nessuno! Il Leggendario ha insegnato soltanto una cosa: amatevi l’un l’altro. Niente distinzioni di sesso, nessuna preclusione a genti di altri posti, assolutamente nessuna parola che distingua limiti l’amore tra ciò che è il giusto e lo sbagliato. Hai goduto con un uomo? Sii felice! Vuoi scoparti una bella donna domani? Perché no, o sei legato tanto alla tradizione che adesso, solo per aver provato questo immenso piacere con un uomo, tu sei marchiato a fuoco e non puoi più toccare una donna? La morale è buona soltanto per chi ritiene le sue azioni giuste e quelle degli altri un insulto, ma sono le stesse persone che pagano una donna o un uomo per il loro solo piacere e che siccome non sono visti dalle mogli o dai mariti credono di essere i veri normali.»
Metalo si era rivestito e stava per lasciare la stanza ma Oak chiese: «E adesso cosa succederà tra noi?»
«Sei duro a comprendere così come lo è stato il tuo “arnese” questa notte. Non chiederti cosa succederà, poniti la domanda su cosa farai tu domani. Pecora o lupo? Quali dei due sei? Quando avrai capito cosa sei davvero, forse inizierai a comprendere ciò che brami e il tuo corpo sceglierà per te la strada da percorrere. Tra noi due è già successo, non per questo accadrà di nuovo oppure  non succederà più. Goditi i momenti come fosse il tuo ultimo giorno di vita, vivi gli istanti e lotta per ciò che vuoi avere. Ma scegli tu cosa prendere o cosa lasciare.»


Nella biblioteca erano accese alcune candele, i due ragazzi avevano avvisato le guardie della loro presenza così da poter chiacchierare senza essere interrotti.
«Oggi è successa una cosa che non mi sarei mai immaginata» stava dicendo Aarde a Fajro. «Oak ha chiesto di parlare con mia madre e…»
«Ha chiesto la tua mano.»
«E tu come fai a saperlo? Te l’ha detto lui?»
«Che fosse oggi non lo sapevo, ma a Puna mi ha detto che avrebbe fatto questa richiesta e ho immaginato che oggi fosse il giorno ideale.»
«Tu che cosa gli avevi risposto?» chiede incuriosita la ragazza.
«Che secondo me l’unico che poteva avere qualche speranza era Metalo.»
Aarde aveva sbuffato sonoramente alla risposta di Fajro e il suo sguardo si era inacidito nuovamente mentre diceva: «Sei riuscito a rispondergli solo quello? Non mi hai difeso come ha fatto mia madre dicendogli che non sono una merce di scambio? Non gli hai detto che tu…»
La ragazza si era fermata e Fajro, questa volta più attento alle parole di Aarde, rispose: «No, perché nonostante ciò che provo per te, non ha valore per tua madre, soprattutto dopo la guerra.»
Per paradosso anche quella risposta non andava bene. «Quindi anche per te io sono una… che ne so… una mucca da marchiare e spostare a seconda di come cambia il vento!»
«Non volevo dire questo, lo sai bene!»
«Io non so un bel niente! Nella nostra corrispondenza parliamo sempre di tutto, ma mai di noi due, di quale sentimento ci lega, di cosa vorremmo fare insieme o quanto ci manca la presenza dell’alto. Fajro! Tu devi…»
Questa volta era stato il ragazzo a far smettere di parlare Aarde con un bacio così appassionato che la principessa si era sentita mancare il pavimento da sotto i piedi.
I due ragazzi aprirono contemporaneamente gli occhi, si guardarono intensamente, sorrisero, e poi si baciarono di nuovo con sempre maggior trasporto fino a ritrovarsi completamente abbracciati sulla poltrona di Aarde.
«Fermati Fajro, ti prego» disse Aarde staccandosi improvvisamente dal ragazzo. «Che cosa succede?» chiese Fajro preoccupato. «Ti ho forse morsicato?»
«No, che stupido che sei.»
«E allora? Parlami, ti prego.»
«Non è niente, però è meglio che io vada a dormire.»
Aarde si era alzata e senza dire altro si era diretta all’uscita lasciando Fajro pensieroso. La principessa, raggiunta la scala, aveva iniziato a piangere; era tremendamente felice per quei baci, ma il suo pensiero, per qualche motivo, si era focalizzato su Haag, il giovane ufficiale che la corteggiava in assenza di Fajro. Pensiero tanto molesto da farla scappare senza dire una parola dalle braccia della persona che amava… o che gli voleva soltanto molto bene? Che cosa fare adesso che Fajro si è dichiarato perfino baciandola? Aarde corse sulle scale struggendosi per le tante domande che si stava facendo proprio nel momento che doveva essere il più bello della sua vita.


Cristalya, già leggermente brilla, aveva salito una delle scale tenendo in mano una bottiglia di un liquore famoso a Dwr per i suoi effetti afrodisiaci. Stava per raggiungere la stanza di Titan quando si accorse della presenza di Wasa che per poco l’aveva preceduta.
«Possibile che non si dorma questa notte?» aveva chiesto Titan aprendo la porta.
Wasa, entrata con irruenza, richiuse la porta dietro di sè.
«Non mentirmi, te la sei scopata, vero?»
«E con ciò? Sei forse gelosa?» rispose Titan facendo un sorrisetto irritante.
«Di quella? Neanche per sogno!» rispose Wasa volgendo lo sguardo verso l’alto per evitare quello di Titan.
«Ti dirò, pensavo che fosse una mela acerba, però ci sa davvero fare» disse il re di Metel sfidando la donna.
Wasa fece il gesto di colpirlo al viso ma Titan era stato lesto a bloccare le mani della regina per poi spingerla contro il muro in modo da tenerla ferma con il suo corpo.
«Sei spregevole.»
«Sono come mi desideri.»
«Voglio le persone oneste.»
«Io sono onesto» rispose Titan mettendo la sua mano sotto la veste di Wasa che non trattenne il mugolio di piacere provocato dalle dita dell’uomo.
«Smettila, non voglio…»
«Bugiarda» l’ultima parola pronunciata dai due che con foga continuarono il loro “discorso” sdraiati sul letto, entrambi prede della passione più travolgente.

Cristalya era rimasta vicino alla porta, i gemiti che provenivano da quella stanza non lasciavano spazio a dubbi, e si era accorta che quella situazione la stava eccitando, ma voleva credere che fosse colpa dell’afrodisiaco e non per il morboso desiderio di essere insieme con loro. L’idea di stare nel letto con un uomo e la zia era disgustoso, ma per alcuni attimi quel pensiero così peccaminoso l’aveva sfiorata facendola vibrare.
Raggiunta la sala del trono, si era seduta sul podio e continuava a bere il liquore fino all’ultima goccia e nel frattempo non riusciva a smettere di toccarsi il corpo in preda alla libidine. Le sembrava anche di vedere un’ombra vicino a lei, pensava di essere così ubriaca da avere le allucinazioni, invece c’era davvero qualcuno e lo comprese sentendo la sua voce.
«Regina Cristalya, che cosa state facendo qui da sola?»
«Spia e mercenario, che cosa vuoi?» poi, aprendo meglio gli occhi Cristalya aggiunse: «Ti dona quel mantello, ma sei arrivato tardi, la festa è già finita.»
«È normale che voi possiate scambiarmi per un mio seguace» rispose quella persona con la voce camuffata.
Cristalya, aggiustandosi sul trono, disse con tono più solenne: «Quindi voi siete il suo padrone. Da qualche tempo chiedevo d’incontrarvi e noto che siete una persona alta e di buon fisico, potrei fare anche voi la stessa proposta che ho fatto a lui.»
«Essere vostro suddito e magari altro? Mia Signora, siete molto più gentile di quanto pensassi, ma devo rifiutare entrambe le cose.»
«Non mi trovate abbastanza attraente da essere la vostra padrona?» chiese Cristalya alzandosi in piedi.
«Voi siete una donna dalla rara bellezza, così giovane per essere regina ma già così esperta sessualmente da ciò che ho avuto modo di vedere poco fa. No, la verità è che presto io sarò il vostro padrone e voi, ogni volta che vorrò deliziarmi, mi concederete il vostro corpo fino a saziare la mia fame.»
Cristalya, scoppiata a ridere, rispose: «Siete impertinente quanto audace, e scopro che avete anche il senso dell’umorismo.»
L’inquisitore, sollevando una mano, aveva fatto sedere Cristalya senza toccarla. La regina, bloccata sul trono dalla magia dello stregone, non poteva muovere un muscolo mentre quel personaggio le strappava le vesti lasciandola nuda, e non poteva parlare per chiamare qualche guardia. Le mani dell’inquisitore stavano percorrendo il corpo di Cristalya seguendo le linee delle sue curve fino a raggiungere il basso ventre, ma dalla donna non provenivano lamenti per ciò che stava subendo, anzi, i suoi occhi sprigionavano sensualità morbosa, il suo corpo tremava dal piacere intenso che stava provando e i gemiti si susseguivano costanti per il godimento che la stava sopraffacendo. L’inquisitore si era tolto il vestito e per Cristalya era stata una sorpresa: egli era una donna.
«State godendo come non avete mai fatto, e per di più con una femmina, proprio voi che avete dichiarato al mondo che gli amori tra donne sono inconcepibili e da  condannare. Non temete mia signora, io non sono né donna né uomo, io sono entrambe le cose e la prossima volta che c’incontreremo proverete l’altra parte della medaglia e state certa che non mi fermerò ai soli toccamenti e strusci. Ora mia invasata cortigiana è il momento di fare la nanna, non ricorderete ciò che è successo, ma il vostro corpo sicuramente sì. Presto anche la vostra mente sarà nelle mie mani e da quel momento sarete voi stessa a supplicarmi di farvi raggiungere l’orgasmo che avete provato in questo momento.»
Cristalya, dopo l’ennesimo tremito, aveva chiuso gli occhi addormentandosi profondamente, mentre l’inquisitore era sparito nel suo globo nero.


GIORNO 7, Regno di Dwr, poco lontano dal porto
Due delle navi ormeggiate a Port Iar erano in fiamme, le guardie cercavano di spegnere il fuoco che stava per attecchire su una terza imbarcazione. Poco distante una piccola scialuppa stava raggiungendo lentamente una nave ancorata al largo nel Mare dell’Ovest.
«Ecco mia cara Elonosia, questi orecchini di perle e la collana di smeraldo sono per te come risarcimento della perdita della tua nave» disse Zedora mentre aiutava la ragazza a indossare i regali appena ricevuti.
«Ma non era mia, ero soltanto il capitano» rispose Elonosia quasi scusandosi.
«Mia cara, tutto è tuo quando stai con me.»
Le due donne iniziarono a palpeggiarsi, le loro lingue s’intrecciarono provocando degli schiocchi mentre i loro corpi si dimenavano facendo traballare la scialuppa.
«Posso remare girato verso di voi?» chiese Kruzni.
«Fai quello che ti pare, ma se tocchi anche solo il piede di Elonosia, ti strappo con le mie mani il piccolo pendaglio che hai tra le gambe!» rispose Capitan Blood.










N.d.A.
- Una piccola nota su questo capitolo. Come avete letto nella prima parte utilizzo il tempo “presente” che userò sempre nelle parti di maggiore azione anche nei prossimi capitoli e come ho fatto nella serie precedente.

Grazie a tutti.










 
CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore – identità sconosciuta
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen
Pine – consorte del Re di Apen
Willa – principessa di Apen
Oak – principe ereditario di Apen
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Prau – generale della marina
Menara – capitano della marina
Altri: Ijo (ufficiale della marina), Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dei mercenari]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha (soldato dell’esercito)
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito)
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito – (nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani dell’esercito
Altri: Flame (ancella della regina)
- Regno di Tera
Fond – Re di Tera [deceduto per intossicazione alimentare]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe di Tera [deceduto]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito
Buffel e Draak – generali dell’esercito
Paard – capitano dell’esercito
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel e Haag (ufficiali dell’esercito)

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Rak (spia in contatto con la regina Cristalya), Fiskabur, Eya, Tepanje (quattro dei nove personaggi in nero che hanno colpito Explodon), Kaia, Kumari, Makara – capitani dei mercenari [7 di 12]

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Polegada (timoniere), Mynegai (vedetta), Lautele (cartografo), Kruzni (tutto fare), Malicek (addetto ai cannoni)
Elonosia – prigioniera dei pirati (nuova pirata?)

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA


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