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Autore: ghostmaker    10/09/2019    1 recensioni
La Grande Guerra è stata vinta dall'esercito del Regno di Tera, ma è davvero iniziato un nuovo periodo di pace? Tradimenti, amori, inganni e tragedie scuotono le famiglie reali e la loro risoluzione chiarirà se è davvero giunto il momento di essere in pace con tutti. Ma la fine di una guerra, spesso, porta con sé anche il desiderio della vendetta!
[Storia partecipante alla challenge “Pagine di una storia infinita” indetta da molang sul forum di EFP]
Genere: Avventura, Azione, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: Violenza
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'L'Imperatore dei Cinque Regni'
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«Maestro, il pranzo è stato squisito, avete cucinato voi?» chiede Ten leccandosi le dita.
«Poco distante da qui vive una cuoca e quando rimango solo mi porta da magiare. L’avevo avvisata che saremmo stati in due e lei ha preparato cibo per un reggimento di fanti» risponde l’anziano maestro mentre esegue lo stesso rituale delle dita in bocca del ragazzino. «Adesso vedi quella scatola? Lì c’è il cibo anche per Agisto, ma fai attenzione quando apri la gabbietta perché lui cerca sempre di uscire, ma è cieco e sbatte contro i muri, in più, se non ha voglia di sgranchirsi le ali, quando sente scattare la molla la sua prima mossa è di beccarti le dita.»

Ten prende la scatola e raggiunge la saletta, toglie il telo dalla gabbietta e senza fare troppo rumore tenta di aprire la molla, ma il pennuto è lesto e lo becca prima ancora che sia aperta la voliera.
«Ti ho portato da mangiare corvo dispettoso» dice Ten tenendosi il dito beccato da Agisto.
«Mangiare… mangiare!»
«Dopo quello che mi hai fatto dovrei lasciarti a digiuno!»
Il corvo scuote leggermente le ali, inclina il capo verso sinistra, e dopo un paio di gracchiate sorprende Ten dicendo: «Digiuno? Non parlo. Impiccati al pennone… impiccati al pennone.»
Ten si rende conto di avere perso una nuova occasione per farsi dire da Agisto ciò che conosce, inserisce il cibo nella gabbietta e rimane a osservarlo mentre mangia quando entra nella saletta l’anziano maestro. «Ten, ora puoi continuare.»
Il bambino capisce cosa vogliono dire quelle parole, molla la scatola e corre immediatamente nella biblioteca. L’anziano maestro si avvicina alla gabbia e Agisto parla: «Siete sicuro che sia lui? È già grande, potrebbe essere soltanto un Saggio precoce.»
«Non ho la certezza, ma sta leggendo i libri quindi non credo sia solo un Saggio precoce, in lui c’è molto altro ma nessuno gli ha insegnato niente perché la sua famiglia non è di origini nobili e frequenta la scuola imperiale solo per le sue elevate capacità cognitive. A ogni modo, se non è lui, avremo istruito un nuovo e potente Maestro.»



2° capitolo: Le preghiere non resuscitano i defunti… forse.



Port Tuath a Dwr era l’unico porto dell’isola a non aver subito bombardamenti durante la Grande Guerra e aveva mantenuto pressoché inalterata la propria caratteristica di città del vizio. Le bettole e i bordelli erano disposti tutti nella periferia e spesso si potevano trovare in quel posto pirati, contrabbandieri e mercenari, sia perché scialacquavano i denari guadagnati sia per firmare nuovi contratti. La meta preferita per tutti era la Casa di Lù nella quale gli uomini e le donne potevano trovare il meglio, in ogni senso, per divertirsi. Seduti a uno dei tavoli, c’era l’intera ciurma di Capitan Blood nell’attesa che Zedora avesse finito di divertirsi con la giovane Zai, la meretrice più richiesta sulla piazza.
«Eccole che scendono» disse Mynegai, uno degli uomini della ciurma.
Zedora era abbastanza arzilla, sicuramente contenta per il servizio ricevuto, e pronta a buttarsi su qualcuno del sesso opposto di Zai.
«Tesoro, un ultimo bacio, magari non ti potrò vedere una prossima volta» stava dicendo Zedora mentre le sue mani percorrevano il corpo della ragazza veloci come serpenti in fuga.
«Solo perché tu sei brava con me» rispose Zai infilando la sua lingua nella bocca del capitano.
«Già mi manchi» le rispose Zedora mentre scendeva la scala per raggiungere i suoi uomini.
Seduto al bancone, un uomo con addosso un saio con cappuccio sul capo stava osservando le mosse di Zedora e appena la donna si era seduta al tavolo, aveva scolato il bicchierino che gli stava davanti per poi raggiungere quella marmaglia al loro tavolo.
«Posso aggiungermi a voi?» disse l’uomo sedendosi prima di ricevere una risposta.
«Tu sai chi hai davanti?» disse Malicek, altro membro della ciurma, mentre piantava il suo coltello sul tavolo.
«Ragazzi, potete lasciarci soli?»
«Ma capitano…»
«Tu sei veramente un idiota Kruzni. In mare Blood, a terra Zera! Filate via prima che vi scambio tutti con qualche donna e mi apro un bordello tutto mio!»
Gli uomini di Capitan Blood erano spariti in un lampo e Zedora, senza vedere il viso dell’uomo, disse: «Sei troppo coperto per essere qui ad arrestarmi, e se dovessi gridare il tuo nome nella sala finiresti tu in cella. Siccome sei uscito da poco dalle galere di Dwr, sai come ti trattano. E allora mi domando: cosa cerca da me quello che è stato per molti anni il mio peggior nemico?»
«Sono qui per offrirti un lavoro.»
«Questa poi. E dimmi, con quali soldi? Ho saputo che le vostre casse sono così vuote che sono diventate ville per i topi» rispose Zedora facendo una risatina.
«Non ci sono soldi alla “stretta”, ma tutto ciò che arrafferete sarà vostro.»
La risata di Zedora si era tramutata in uno sguardo luccicante. «Proprio tutto? Carico, donne, uomini, e nave? E dove sta la fregatura?»
«Le navi che dovrete attaccare ve le indicherò io, vi fornirò la loro rotta, il carico e quante persone sono a bordo, ciò che ti chiedo è una cosa soltanto: mai, per nessun motivo, neanche se v’inseguono sparandovi nelle chiappe, dovrete ingaggiare battaglia con le navi di Tera.»
Zedora aveva fatto un'altra risata per testare la serietà dell’uomo che le stava parlando, ma notando la seriosità delle sue parole aveva fatto un’ultima battuta dicendo: «Che caro, vuoi preservare le imbarcazioni che erano vostre?»
«No, parlo dell’intera flotta di Tera, sia militare sia mercantile.»
«Fammi capire. Mi stai chiedendo di diventare un Corsaro?»
«Il Regno di Tan non sarà mai da nominare e non è il vostro committente; diciamo che farete i corsari per me.»
«E tu cosa ci guadagni?»
«Questo non ti riguarda, quello che devo sapere è se accetti il nostro contratto sulla parola, perché non ci sarà nulla di scritto e nessuna stretta. Sei una bella donna ma rimani sempre un pirata.»
Zedora aveva appoggiato la schiena al muro e le gambe sul tavolo, guardava quell’uomo cercando di capire se ci fosse qualche trappola, poi, riportandosi seduta normalmente ma più sporta verso di lui disse: «Fino a quando mi fornirai navi da depredare sarò la tua donna!»
L’uomo, mentre si alzava dalla sedia, aveva accennato un sorriso a quella frase così ambigua e Zedora prontamente lo aveva schernito. «Ma allora hai i denti pure tu!» poi, guardandosi attorno aveva preso la mano di un giovane ragazzo dicendogli: «Mu, che ne dici di farmi fare un giro sul tuo pennone?»



Il principe era tornato a casa e la Villa Reale sembrava quasi rinata soltanto tre giorni dopo la sua partenza per Puna. Servitori in movimento perpetuo: ancelle, cuochi, giardinieri, imbianchini, tutti si stavano dando da fare.
«Che cosa sta succedendo Flame?» chiese Torcon a una delle ancelle di Bruligida.
«Mio signore, presto, entrate, c’è una grande novità. Mi hanno detto di tacere ma sapete che non mantengo mai un segreto per troppo tempo» rispose la ragazza emozionata.
Il principe, corso nella villa, aprendo la porta si era trovato di fronte Fajro. Alla vista del suo giovane fratello Torcon non era riuscito a trattenersi e lo aveva stretto a sé con tutta la sua forza. «Che il Leggendario sia sempre benedetto dagli Dei» aveva esclamato Torcon mentre i suoi occhi erano diventati lucidi e predisposti al pianto.

Passato il momento di commozione, i due fratelli si erano seduti a conversare nella sala principale.
«Raccontami cosa successe dopo la voce di Glic, il prima e il durante lo ha potuto raccontare Cevalo. Anche lui si è salvato nonostante le gravi ferite» chiese Torcon al giovane fratello.
«Ero smarrito, incredulo alle parole del Saggio, la mia forza interiore si era dissolta in un istante e non vedevo più niente.»
«Anch’io ho provato le tue stesse sensazioni. Posso solo dirti che nostro padre è stato ucciso a tradimento da uomini completamente vestiti di nero sbucati fuori dal palazzo imperiale proprio quando aveva puntato la sua scure alla gola di Cristalya.»
«Sì, mi hanno raccontato tutto questa mattina, sia di nostro padre sia del tuo duello con Oceanya.»
«E tu come ti sei salvato? Sai qualcosa del vecchio Saga? Dove era al momento del crollo?»
«Questa è la parte che mi rattrista tuttora» rispose Fajro con commozione. «Egli aveva intuito che si stava per scatenare una potente magia sul ponte e poco prima che finissimo in acqua mi ha stretto tra le sue braccia. Quando ho aperto gli occhi, eravamo entrambi dentro una bolla che lui aveva creato con il suo elemento magico, ma stavamo sul fondale del Mare dell’Ovest, vedendomi sveglio mi ha sorriso dicendo che avrebbe compiuto il suo dovere fino in fondo, ha recitato una delle sue formule e sono stato lanciato fuori dalla bolla a grande velocità perdendo i sensi. Lui è rimasto laggiù, ed era la seconda magia…»
Fajro smette di parlare, le sue emozioni sono sempre così limpide che basta guardarlo per capire cosa stia provando.
«Ora capisco tutto» disse Torcon sprofondando nella poltrona.
«Che cosa intendi?»
«Tu non lo sapevi, ma Saga era malato da mesi del morbo di Tulle e solo dopo aver discusso con nostro padre aveva scelto di seguirti. Perdonami ma avevo protestato, era più giusto che seguisse il suo Re ma ora devo solo ringraziarlo per la sua scelta.»
«Maledizione no, dovevi insistere! Io sono una briciola insignificante al confronto del Re di Tan. Saga lo avrebbe di certo salvato e avremmo battuto Dwr» rispose Fajro furente per la decisione di salvare uno perdendone molti.
«Neppure tu avresti fatto cambiare idea a Saga, e lo sai benissimo. E, lo capisci anche tu che un uomo deciderà sempre di proteggere i propri figli. A me aveva affidato le nuove armi proprio per darmi più potere in battaglia.»
Fajro era sconsolato, le parole del fratello avevano senso e non poteva discutere sulla questione famigliare. Lui steso si sarebbe immolato per salvare il suo fratello maggiore.
Torcon, cambiando discorso, chiese: «Hai già visto nostra madre?»
«Sì, quando mi sono svegliato c’era lei vicino a me, mi ha abbracciato e baciato come quando ero piccolo, mi ha raccontato cosa è accaduto in questi mesi, e poi mi ha detto che aveva parlato con nostro padre ed era stato lui a spingerla nella mia stanza.»
«Nostra madre purtroppo ha perso il senno per il dolore, non è lucida, a volte straparla oppure rimane in silenzio per intere giornate.»
Fajro guardava stranito il fratello. «Ma che dici! Con me era lucidissima, le cose che so adesso me le ha raccontate tutte lei senza mai perdere il filo del discorso.»
Torcon credeva al fratello, ma in questi mesi aveva assistito al comportamento anomalo della madre. «Andiamo nella sua stanza.»
I due ragazzi bussarono alla porta e una delle ancelle li fece entrare.
«Madre, come state?» chiese Torcon toccandole la fronte ma Bruligida rimase immobile con lo sguardo fisso verso la poltrona.
«Madre, non fate uno dei vostri soliti scherzi, dimostrate a Torcon che non siete malata, ditegli quello che mi avete raccontato» aveva quasi urlato Fajro, ma la donna non si mosse neanche alle sue parole.
«Andiamo, lasciamola riposare» disse Torcon accompagnando il fratello all’uscita della stanza richiudendo poi la porta con delicatezza.

«Hai visto i nostri bambini, si vogliono molto bene e hanno a cuore questa madre malandata» disse Bruligida allo spettro di Explodon appena erano usciti i figli.
«Loro due sono tanto diversi ma convivono in pace prendendosi spesso in giro; su questo hanno preso tutto da te mia amata.»
«È bello vederli ridere e quando eri tu la mia cavia, loro si divertivano come matti.»
«È vero, però oggi litigheranno per colpa mia, ma tu lasciali fare, permetti che sfoghino la loro rabbia in modo che la mente sia libera di pensare correttamente» rispose Explodon lievitando verso la moglie.
«Amor mio, posso convocarla?»
«Già lo sai? Niente t’impedisce di vedere un’amica, ma ciò che è scritto difficilmente può essere cambiato» rispose l’uomo mentre scompariva.
«Ci proverò ugualmente amor mio.»

Torcon e Fajro, raggiunto il giardino, stavano nuovamente parlando.
«Non capisco, al mio risveglio non era in quelle condizioni. Ma adesso che sto bene le daremo soddisfazione, vendicheremo nostro padre e lei guarirà da qualsiasi male la stia tormentando.»
Torcon guardava suo fratello e quelle parole lo avevano colpito. «Non ci sarà un’altra guerra, abbiamo perso e dobbiamo solo rimboccarci le maniche per riportare Tan al suo splendore, nient’altro.»
«Eh? Quindi la tua idea è quella di mantenere lo stato attuale di ogni cosa? Lasciare che l’omicidio di nostro padre rimanga impunito? Vuoi veramente sposare la principessa di Dwr per farti comandare a bacchetta come fa con il suo esercito?» era stata la risposta furente di Fajro.
«Sì, non abbiamo altra scelta se vogliamo sopravvivere e ricominciare a crescere. Nessuna mossa avventata deve mettere in pericolo la nostra patria.»
Fajro non poteva credere che il fratello dicesse quelle parole e mosso da stizza incontrollabile disse: «La persona che ho davanti non è il prode guerriero Torcon, chi mi ha appena parlato è soltanto un mezzo uomo senza palle perché entrambe le ha lasciate, insieme alla sua spada, nelle mani di Oceanya e lei ci giocherà per sempre dato che non c’è più orgoglio in questa persona innanzi a me.»
Torcon era stato toccato nel profondo, senza pensare a ciò che stava facendo aveva afferrato per il collo il fratello gridando: «Fai silenzio, tu non sai di cosa parli, tu hai dormito beato mentre io dovevo tenere in pugno il nostro destino. Tu non sai niente e non devi giudicarmi!»
«E allora dimmi? Fai in modo che io possa guardarti come ho sempre fatto fin dalla mia nascita, ritorna a essere il mio fratellone che mi proteggeva anche contro le formiche! Parla maledizione!»
Torcon, mollando la presa, gli rispose con tono perentorio: «Tu non devi sapere altro tranne che ti sto proteggendo anche adesso!»
L’accesa discussione era stata fermata dall’arrivo di un servitore che recava un messaggio appena consegnato da una colomba bianca.
Torcon stava leggendo a bassa voce e a ogni riga sbuffava come un cavallo imbizzarrito, Fajro, ancora molto astioso, gli chiese: «Che cosa disturba il signor principe? La sua futura sposa vuole le coccole?»
Torcon, senza badare al sarcasmo del fratello rispose: «È una convocazione ufficiale da parte dell’Imperatore; ogni membro delle case reali deve presentarsi al primo giorno della settimana al palazzo imperiale di Ngahuru per la “preghiera ai caduti” che non è stata celebrata in assenza di un imperatore. L’unica cosa positiva è che l’imperatore ha ufficialmente esentato nostra madre per le condizioni in cui versa.»
In quel momento nella testa di Fajro stavano circolando infinite emozioni completamente diverse: la rabbia per le azioni del fratello, la tristezza per dover andare sul luogo dove era morto il padre, la felicità di poter rivedere Aarde e la furia di essere costretto a salutare la regina di Dwr. Tutte cose che Torcon stava immaginando quando gli disse: «E tu tieni a freno i tuoi bollori o ti farò arrestare dalle guardie pretoriane.»
«Stai tranquillo, non metterò il mio esile becco tra quelli dei due nuovi piccioncini» rispose Fajro prendendosi gioco nuovamente del fratello.

§   §   §

Era mattina presto del primo giorno della settimana, i principi avevano già lasciato la propria casa quando una carrozza, recante le insegne di Apen, aveva raggiunto la Villa Reale. Ad attenderla si erano schierate molte donne, tutte ancelle della Regina Bruligida, mentre uno dei conducenti aiutava la passeggera a scendere dal cocchio.
«Mia Signora, è sempre un piacere e un onore riceverla nel nostro regno.»
«Grazie Flame, è un piacere anche per me vedere il tuo bel visino da ragazzina» rispose la principessa Willa facendo arrossire la giovanissima ancella.
«Mi era stato detto che la Regina non stava bene e mi ha sorpresa quest’invito improvviso e dovrò ringraziarla anche per questo visto che ho potuto evitare di andare a Ngahuru. Ma dimmi, Flame, lui?»
«Sono già partiti. Il principe ha voluto evitarvi di avere problemi con quella donnaccia di Dwr!» rispose Flame che poi, accortasi della frase ingiuriosa, si era buttata in ginocchio dicendo: «Oh Leggendario perdona le parole che questa stupida ragazzina lentigginosa ha osato proferire verso una delle Regine del tuo mondo.»
«Alzati Flame, non chiedere perdono. Hai affermato la verità, potresti diventare una Saggia lo sai?» le disse Willa cercando di avere un sorriso decente dopo mesi che non rideva per niente.
«Mia Signora, siete sempre tanto buona con me, le giuro sul mio cuore che sono rattristata per ciò che è successo e per me sarete sempre la vera principessa del nostro regno.»

Entrate in casa, Flame aveva portato la principessa nella stanza di Bruligida. «Vedete mia Signora, la Regina è così da dopo che vi ha scritto. Ha pochi momenti lucidi e molti giorni offuscati dal dolore.»
«La comprendo bene» rispose Willa pensando al suo di dolore. «Vorrei rimanere sola con lei se è possibile.»
«Certamente» rispose Flame chiudendo la porta.

«Mia cara madre, in quali brutte condizioni siete, mi esplode il cuore in petto nel vedervi malata in tal modo» disse Willa prendendo la mano di Bruligida ancora immobile. La regina, come se avesse ricevuto un segnale, aveva girato la testa verso la principessa e le sorrideva dicendo: «Cara figlia, anche il tuo dolore è grande e sono dispiaciuta di non poterti offrire conforto come si deve.»
Willa si era emozionata nel sentire parlare Bruligida perché le era stato detto che difficilmente rispondeva ai suoi interlocutori.
«Che cosa posso fare per voi?»
«Willa, usa ancora le parole che ti ho insegnato, tra noi nulla cambierà mai, sarò sempre la tua seconda madre» le disse la regina sorridendo.
A quell’affermazione Willa aveva iniziato a piangere. «Stiamo vivendo un terribile incubo noi due, anch’io sono disperata seppur l’uomo che amo calpesta ancora le terre del mondo. Vorrei essere forte ma non ci riesco, ho sempre ubbidito, accettato le imposizioni di protocollo, sofferto in silenzio e non ho spirito per reclamare al mio fianco la persona che amo.»
«Willa, ogni donna di natali nobile non ha mai avuto voce in capitolo per decidere il proprio destino, forse soltanto a Tera questo è permesso, eppure da queste avversità dobbiamo uscirne da sole perché l’uomo che ci ama si tiene per mano ma non può spingerci in avanti se non facciamo il primo passo. Il mio amato Explodon mi ha insegnato tutto, ma sono io che ho dovuto imparare a mettere in pratica gli insegnamenti. Mia cara figlia, tu dovrai camminare da sola senza lasciare che la tempesta ti spezzi ed è per questo che ho voluto vederti. Quel giorno, amata figlia, non farti cogliere di sorpresa, non lasciare che la buriana ti chiuda gli occhi.»
«Che cosa vuoi dirmi Bruligida, non ho compreso.»
«Impara a combattere e quel giorno capirai le mie parole» e proferita l’ultima sillaba Bruligida aveva smesso di parlare e i suoi occhi si erano nuovamente spenti.
Willa non era riuscita a capire a cosa si riferisse la regina, ma aveva compreso che non poteva rimanere in silenzio e che avrebbe dovuto contrastare le solite decisioni definitive di suo padre.
Bruligida aveva atteso l’uscita dalla stanza di Willa poi si era alzata dal letto per sedersi sulla poltrona e lì si guardava attorno alla ricerca del marito, ma poi disse: «Che sbadata, solo ora ricordo cosa mi hai detto questa notte.»

§   §   §

L’isola di Ngahuru, il posto dove si era combattuta la più grande battaglia della Guerra, un luogo pacifico invaso da eserciti disposti a morire per il proprio regno senza recriminazioni; una delle quattro isole dove il Leggendario aveva costruito i suoi palazzi imperiali come simboli di pace, ma che con il conflitto si era macchiata del sangue dei popoli del mondo che lui amava indistintamente. Atua, CCXVI del suo nome, aveva il compito di purificare questo luogo sacro e la Legge prevedeva la presenza di tutte le famiglie regnanti dei Cinque Regni al completo, anche se l’imperatore poteva esentare chiunque a suo insindacabile giudizio, i quali potevano presentarsi con un accompagnatore che spesso veniva scelto tra i militari. La tensione era palpabile, nessuno riusciva a comportarsi in modo normale, uno sguardo storto o un sorriso poco convinto aumentava l’apprensione di tutti mentre si stavano radunando all’interno del palazzo.
«Sono felice che siete tutti presenti, posso comprendere che l’attuale situazione sia particolarmente pesante, ma siamo tutti consapevoli che se non daremo un rispettoso riposo alle anime dei caduti i soldati che hanno perso la vita subiranno anche la tragedia di essere lasciati fuori dalle porte del palazzo celeste del Leggendario. Nell’attesa, spero molto piccola, i miei servitori hanno preparato un rinfresco per lenire le fatiche del viaggio» disse Atua, CCXVI del suo nome, indicando la sala come punto di ristoro.

I quattro re erano entrati per primi e pur guardandosi tutti in malo modo cercavano di conversare tra loro perché la processione necessitava la loro unione, anche se solo di facciata. Re Wit e la consorte Pine avevano cercato invano di fare entrare insieme a loro Torcon, ma il principe di Tan aveva dovuto respingere l’offerta per non creare fastidi alla coppia reale poiché la Regina di Dwr gli aveva quasi ordinato di eseguire l’ingresso accanto alla sua futura moglie. La Regina Wasa, facendo un gesto con la mano, aveva autorizzato la figlia a raggiungerla.

Aarde era l’unica, tra tutti, a essere sorridente; questa riunione obbligata le aveva dato modo di rivedere Fajro dopo i lunghi giorni in cui attendeva buone notizie sulla sorte del giovane e, nonostante la guerra da poco conclusa, gioiva anche nel vedere tutti i suoi amici d’infanzia. Il suo sorriso illuminava questa giornata tanto scura e gli altri erano rimasti quasi immobili a guardarla mentre lei entrava nella sala.
Metalo guardava Aarde ma anche i volti di tutti gli altri che erano attirati da quell’autentica bellezza della quale rimaneva colpito lui stesso.
«È favolosa, non trovi anche tu?» chiese Metalo a Oceanya.
«È sicuramente la ragazza più bella che abbia mai visto» si era lasciata scappare questa risposta molto intima, cosa che di solito non faceva per nessuno.
Quell’affermazione aveva colpito anche Haag, ma soprattutto Eas che mostrava evidenti segnali di gelosia, movimenti e gesti che non erano sfuggiti a Metalo che disse a Oceanya in un orecchio: «Meno male che ti sposi, questo farà tacere le mille voci che girano nei palazzi.»
«Tu lo sai da sempre» rispose Oceanya, «così come io so delle tue inclinazioni.»
«Vedi mi a cara, la differenza tra noi è molta: tutti sanno che io amo il bello indistintamente, ogni persona sa bene che non disdegno a congiungermi con uomini e donne, non ho il problema di dovere giustificare le mie scelte. Tu sì.»
Poche volte Oceanya era rimasta in silenzio per una provocazione, ma Metalo aveva colpito un tasto dolente della ragazza che non poteva mostrare apertamente il suo orientamento sessuale. Il principe di Metel, cercando di provocarla ulteriormente, disse: «Se non vuoi che si sappia, dovresti evitare di consegnare dei gradi alla donna che ti porti nel letto.»
Intimidita dalle parole del ragazzo, Oceanya si era spostata verso Torcon che stava parlando con il comandante Turo e arrossendo disse: «Principe, chiedo perdono per il disturbo, ma dovremmo raggiungere la sala insieme da ciò che mi è stato detto.»
Torcon non era per nulla contento di questa situazione, lo mostrava apertamente, ma allo stesso tempo la sua intenzione rimaneva quella di non provocare la Regina Cristalya. «Principessa, sono subito da Voi» rispose porgendo il braccio alla ragazza.

Anche Oak e Fajro erano rimasti a guardare la bella Aarde e il primo disse con una certa disinvoltura: «Attendo il matrimonio di tuo fratello quasi impaziente, perché poi potrò chiedere la mano di Aarde.»
Fajro si era voltato di scatto incredulo alle parole dell’amico. «Lei lo sa?»
«Non ancora, ma non c’è un altro buon partito per Aarde, e tu sai che la politica decide tutto in questo mondo.»
Il principe di Tan si stava chiedendo per quale motivo Oak non lo avesse nominato, ma poi non rispose considerando che lui non aveva più possibilità di fare questa proposta alla regina Wasa, ma poi gli era uscita la frase: «Secondo me, dopo ciò che è successo, ha più possibilità Metalo di fare questa richiesta di chiunque altro in questo mondo.»
I due ragazzi si guardavano in silenzio; Oak iniziava a preoccuparsi per l’affermazione dell’amico, Fajro, invece, sentiva addosso il peso della terribile sconfitta patita dal suo regno che gli costava anche la perdita di un amore importante, già iniziato da tempo ma mai dichiarato apertamente.

Fuori dalla sala erano rimasti gli ufficiali accompagnatori: Turo e Prau, i due militari più anziani, conversavano amabilmente ricordando le gesta delle marinerie dei due regni mentre Eas, Meirge e Haag non si guardavano neppure, ma dai loro volti trasparivano preoccupazione e un certo disagio nel trovarsi in quel luogo, così importante, come accompagnatori e guardie del corpo dei loro regnanti.

Nella sala, entrati i principi, si erano formati dei piccoli gruppetti di persone, e tra questi spiccavano Titan e Cristalya perché la regina di Dwr gli era quasi appiccicata addosso. Lei disse: «Siamo in un posto importante per entrambi, io ho vinto e tu sei quello che ha guadagnato di più dalla battaglia su quest’isola. Mi domando se le terre che hai ricevuto siano per i meriti militari o quelli da letto.»
Titan, sempre molto diretto, non aveva lasciato passare quella frase rispondendo: «Se fosse per il secondo caso, tu dovresti concedermi dei contratti vantaggiosi simili a quelli che hai dato ad Apen.»
«Mio Signore, ti stai sopravvalutando parecchio, tu sei quello che non ha resistito più al mio giovane corpo.»
Il re di Metel fece un sorrisone dicendo: «Ecco perché continuo a chiamarti ragazzina. Hai iniziato, subito dopo quella notte, ha fantasticare su come sfruttare, a tuo vantaggio, quello che è successo e ancora non hai capito che non cambierà niente che si sappia oppure no. Anzi, forse una cosa è cambiata; hai regalato il tuo corpo a un uomo per nulla e per questo dovrei scusarmi per non averti ringraziato subito.»
«Mi domando cosa ne possa pensare lei del suo eterno corteggiatore che trova di meglio per divertirsi.»
«Di meglio? Ora sei tu che ti sopravvaluti mia Signora.»
A quell’affermazione il volto di Cristalya aveva cambiato colore e furente si era allontanata dal tavolo mentre sopraggiungeva la Regina di Tera.
«Che cosa le hai detto per farla adirare in quel modo? Non ha neanche avuto voglia d’insultarmi con qualche stupido giochetto di parole.»
«Le ho detto solo la verità, e sai che non comprende facilmente questa parola» rispose Titan bevendo un calice di liquore, evitando però il nocciolo della discussione avuto con la regina di Dwr.
Metalo era molto vicino al padre, e gli disse a un orecchio: «A Puna hai fatto gli straordinari da quanto ho capito.»
«Vuoi prenderti gioco di me anche per essere un ottimo amatore?»
«Per niente, anzi, se tu non fossi mio padre, t’inviterei alle cene speciali nella casa di Lù, dove liquori, pipe aromatiche e giovani vergini sono il piatto principale.»
«Figlio mio tu sei davvero una persona strana, a volte mi domando come fai a visitare certi luoghi quando io ti vedo sempre nel palazzo intento a leggere qualcosa.»
«Il segreto sta nel tenermi i segreti» rispose Metalo facendo una risatina. «Padre, se posso davvero impicciarmi, ti consiglio di non tirare troppo la corta con quella. Su chi siano stati i veri assassini di Explodon, non lo sa ancora nessuno e non vorrei trovarti pugnalato nel letto di qualcuna.»
«Tranquillizzati, ho tutto sotto controllo, lei mi ha soltanto fornito un ulteriore aiuto, e se dovesse parlare completerebbe la sua sconfitta.»


La cerimonia di purificazione presentava un problema mai avuto nei secoli precedenti: la mancanza del quinto Saggio di corte. Atua, CCXVI del suo nome, aveva superato quest’ostacolo facendo partecipare il più anziano tra i Saggi servitori del palazzo e l’attesa dei regnanti era stata necessaria perché Atua, prima di confermare la decisione, aveva discusso con i quattro Saggi la sua proposta trovandoli tutti favorevoli.
La prassi da seguire era semplice: i Cinque Saggi dovevano intonare la preghiera per i defunti disponendosi accanto a una stele eretta sul luogo dove erano state accese le pire comuni dopo la battaglia, l’imperatore, raggiunto un grosso braciere posto nei pressi della stele, doveva chiedere ad alta voce al Leggendario di accogliere nel palazzo celeste le anime che vagavano senza pace sull’isola di Ngahuru. I cinque re, insieme, dovevano accendere il braciere e rafforzare la preghiera recitandola insieme all’Imperatore mentre i figli, o gli accompagnatori, dovevano versare degli oli pregiati sulla stele chiedendo perdono ai soldati defunti per averli guidati in battaglia e alla prematura morte. Terminata la preghiera purificatrice, la processione avrebbe seguito l’Imperatore all’interno del palazzo per il saluto di commiato e infine Atua si sarebbe stabilito in quel luogo per una settimana di leggero digiuno.

E così avevano fatto, seguendo minuziosamente ogni procedura, ma accadde qualcosa di anomalo mentre tutti erano rientrati nel palazzo. La terra si era aperta creando una buca e da essa era uscita la figura di un uomo senza testa; la creatura sembrava leggere le parole della stele nonostante fosse priva di occhi, teneva nella mano destra una scure a doppia lama, nella sinistra un ciondolo macchiato di sangue rappreso. L’essere, dopo aver appoggiato entrambe le cose accanto al braciere, aveva iniziato a decomporsi fino a diventare cenere.
 
Il cerimoniale era definitivamente concluso, i vari regnanti si stavano dirigendo verso le loro navi mentre un forte vento spirava alle loro spalle. Fajro si era voltato di scatto e fissava la zona del braciere, il suo volto era impallidito e le sue mani tremavano, il fratello, preoccupato, chiese: «Che cosa succede?»
«Ho appena sentito la voce di nostro padre.»
«Probabilmente è solo suggestione» rispose Torcon tagliando sul nascere il discorso per non continuare la discussione sugli spettri che avevano intavolato proprio quella mattina ma Fajro era sicuro di ciò che aveva sentito e cercando di non attirare di nuovo su di sé le critiche del fratello disse: «Torcon, prima di andarcene voglio dire una preghiera personale per nostro padre.»
«Va bene, se ti è di aiuto e può calmarti, ti attenderò tutto il tempo che ti occorre per salutare di nuovo nostro padre» rispose Torcon incamminandosi verso la nave.

Fajro corse più velocemente che poteva, i suoi occhi, nonostante la grande distanza, avevano visto un forte luccichio provenire dalla zona limitrofa al braciere e giunto in quel punto rimase sbalordito nel trovare disposti a terra con cura la scure e il ciondolo, li prese nascondendoli in una sacca che portava sulle spalle, era turbato ma non impaurito, e prima di tornare alla nave aveva recitato una preghiera per il padre.

§   §   §

Nel Palazzo Reale di Apen era in corso una riunione famigliare e dai toni accesi della discussione si capiva che nella famiglia reale c’era una forte tensione.
«Che cosa ti salta in mente? Certo che non ti darò mai il mio permesso!» gridava Re Wit all’indirizzo del figlio.
«Padre, non riuscite a capire i vantaggi di questa unione? Come potete rifiutarvi anche solo di pensarci» rispose Oak alzando la voce.
«I nostri regni sono nemici, non esiste nessun vantaggio da ciò che vuoi fare e il nostro popolo non accetterebbe mai una soluzione di questo tipo!»
Nella discussione la consorte Pine ascoltava senza parlare e il suo silenzio aveva spinto la principessa a prendere la parola seppur non interpellata.
«Non ti sono bastati i guai che ha causato il tuo non intervento a Ngahuru? Io sono diventata la barzelletta dell’intero mondo e vuoi che anche nostro padre finisca per essere nominato soltanto come una burla da taverna?» disse Willa al giovane fratello.
«Quante volte volete che lo ripeta! Non ho ricevuto messaggi e mi sono attenuto alle disposizioni che mi erano state impartite. Il generale Prau vi ha già confermato le mie parole più volte, ma ancora m’incolpate.»
«Ora basta entrambi! Oak, la tua richiesta è categoricamente rifiutata. Willa, torna nella tua stanza e non uscire fino a quando non ti sarà richiesto. Andate, non ho più niente di cui discutere con voi» erano le parole usate da Wit che secondo lui avrebbero messo la parola fine a quelle urla, ma che invece stavano per creare ulteriore conflitto.
«Basta lo dico io!» aveva gridato Willa sconcertando tutti. «Siete stato in silenzio quando la donnaccia di Dwr ha stracciato il mio contratto di matrimonio, avete considerato più importanti gli affari che la vostra figlia, non avete punito Oak per la sua disobbedienza e immagino che stavate sorridendo sull’isola mentre gli altri parlavano male di noi. Oltretutto mi zittite mentre vi appoggio in questa discussione. Voi siete un vero ipocrita!»
Wit era turbato, Pine si era avvicinata alla figlia e per calmarla aveva cercato di abbracciarla ma la principessa aveva parole pesanti anche per la madre. «Lasciatemi, voi siete succube di quest’uomo, non esprimete giudizio, non difendete i vostri figli, il vostro ruolo di madre è simile a quello di un qualsiasi servitore, ubbidite, non discutete, avete creato l’immagine della coppia perfetta, ma in questo regno voi siete considerata meno di come il mio amato considera il proprio cavallo!»
Il Re, furente, senza trattenersi aveva rifilando un ceffone alla figlia, ma lei, per nulla sorpresa da quel gesto, disse: «Ecco come risolvete le questioni, avete dimostrato che le mie parole sono una verità e adesso sono io che me ne vado da questa sala perché mi disgustate, tutti!»
Willa era corsa fuori piangendo per la rabbia e la frustrazione di essere trattata come un animale che si bastona per farlo ubbidire, Oak, per nulla turbato dalla situazione, si rivolse al padre mostrando di non temere nessuna ripercussione. «Questo regno sta crollando per colpa vostra, e mentre continuate a essere un re all’antica, come vuole la tradizione dei nostri avi, quelli a est e a nord, lentamente, ci stanno stritolando con il sorriso sulle labbra, ci vendono gli scarti delle loro conquiste facendoli passare come dei doni e noi ci prendiamo i rimasugli che nessun altro vuole avere perché pensiamo che siano delle ricompense per le nostre azioni. Le parole di Willa sono pesanti, ma scommetto che voi non lo avete ancora capito e state solo pensando a quale punizione infliggerle. Padre, mi rincresce davvero molto dirlo, ma state portando Apen alla rovina e non riuscite a comprenderlo perché non ascoltate nessuno.»
Il principe Oak, per la prima volta in vita sua, era uscito dalla stanza picchiando la porta e ad attenderlo c’era Prau.
«Che cosa avete intenzione di fare mio Signore?» chiese il generale.
«Niente cambia se nessuno decide di cambiare. Il matrimonio a Dwr sarà il momento di una svolta epocale, ancora più grande di quella che ha recato la guerra e io non rimarrò ad assistere in silenzio a ciò che accadrà nel futuro.»


Durante il viaggio di ritorno a Tan, Fajro non disse niente a nessuno, rimanendo in silenzio fino al rientro nella Villa Reale. Entrato in casa, si era diretto subito nella stanza della madre che era seduta sulla poltrona.
«Madre come state?»
Bruligida le sorrise. «Bambino mio, quelle lame sono per te, ma il ciondolo dovresti lavarlo e riporlo nel suo cassetto, quello che non apre più nessuno da quando non è tornato a casa.»
Fajro non era sorpreso che la madre sapesse cosa aveva trovato sull’isola perché lui era l’unico che non dubitava che la donna parlasse con il marito defunto. Sorrise affermando: «È davvero importante questo ciondolo se mio padre ha voluto che tornasse a casa.»
«Lui non ha mai voluto dirvi cosa c’è rinchiuso in quel pendaglio perché temeva di sembrare troppo sentimentale» rispose Bruligida. «Lì ci sono due dentini, i primi che avete perso tu e tuo fratello.»
Risero per questo segreto svelato, si abbracciarono affettuosamente, ma poi Fajro chiese: «Madre, tu sai perché ha voluto lasciare a me la sua scure?»
«Sì bambino mio, ma ho promesso di non dire niente e tu sai che nella nostra famiglia una promessa è sacra.»
«Certo madre, e io sicuramente non te lo chiederò più.»
Bruligida aveva sorriso un ultima volta, poi il suo sguardo si era assopito all’improvviso come le capitava da molto tempo.
«Riposa cara madre» gli disse Fajro baciandole la fronte.










CAST
Anziano Maestro – Insegnante della scuola imperiale e narratore della storia
Ten – Il bambino che legge sui libri i racconti di questa storia
Atua Primo del suo nome – Leggendario primo Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Kwakhala – Regina dei mostri marini
Atua CCXV (vero nome Ukwu)  – Imperatore dei Cinque Regni [deceduto]
Atua CCXVI (vero nome Wijs) – Nuovo Imperatore dei Cinque Regni, ex Saggio di corte della Regina Wasa di Tera.
L’Inquisitore [personaggio soltanto nominato]
- Regno di Apen
Wit – Re di Apen
Pine – consorte del Re di Apen
Willa – principessa di Apen
Oak – principe ereditario di Apen
Wicaksana – Saggia reale di Apen
Panglito – comandante in capo dell’esercito
Miral – ammiraglio della marina
Macan e Terwelu – generali dell’esercito
Catur e Jaran – capitani dell’esercito
Prau – generale della marina
Menara – capitano della marina
Altri: Ijo (ufficiale della marina), Kayu, Gedhe (ufficiale dell’esercito)
- Regno di Dwr
Fond – Re di Dwr [deceduto in un incidente in mare]
Ruith – Regina di Dwr [deceduta in un incidente in mare]
Cristalya – Regina di Dwr
Oceanya – sorella e principessa ereditaria di Dwr, comandante in capo dell’esercito
Dheat – Saggio di Dwr [prigioniero dei mercenari]
Glic – Saggio reale di Dwr
Haranche – Ammiraglio della marina
Fharsa e Each – generale dell’esercito
Foeil – capitani dell’esercito
Dubh – capitano dell’esercito [neo promosso]
Tarley – generale della marina
Luchag – capitano della marina
Altri: Eas (ufficiale dell’esercito neo promossa), Geodha (soldato dell’esercito)
- Regno di Metel
Titan – Re di Metel e comandante in capo dell’esercito
Metelo – principe ereditario di Metel
Ohlaka – Saggia reale di Metel
Meirge – generale dell’esercito neo promossa
Capall, Tyred, Gwyn (neopromossa) – capitani dell’esercito
Lyngesydd – ammiraglio della marina
Moncai e Ceilog – generali della marina
Altri: Copar (soldato dell’esercito)
- Regno di Tan
Explodon – Re di Tan [deceduto nella battaglia sull’Isola Ngahuru]
Bruligida – Regina in pectore di Tan
Torcon – principe ereditario (gli è stato imposto di lasciare il comando dell’esercito)
Fajro – principe di Tan
Saga – Saggio reale di Tan [deceduto] (posto vacante)
Turo – comandante in capo dell’esercito – (nuova nomina, ex generale marina)
Standarto, Serpe (neopromosso), Cevalo (neopromosso) – generali dell’esercito
Cindroj (neopromosso), Ruga (neopromosso) – capitani dell’esercito
Altri: Flame (ancella della regina)
- Regno di Tera
Fond – Re di Tera [deceduto per intossicazione alimentare]
Wasa – Regina di Tera
Aarde – principessa ereditaria di Tera
Hond – principe di Tera [decedut]
Vlek – Saggio reale di Tera (nuova nomina dopo che Wijs è diventato Imperatore)
Hebber – comandante in capo dell’esercito
Buffel e Draak – generali dell’esercito
Paard – capitano dell’esercito
Raal – ammiraglio della marina
Geit – generale della marina
Mijin e Vaandrig – capitani della marina
Altri: Geel e Haag (ufficiali dell’esercito)

- Mercenari
Kokiaka – Capo dei mercenari
Fiskabur, Kaia, Kumari, Makara – comandanti dei mercenari

Nove Personaggi in nero – identità sconosciute

- Pirati
Zedora (Capitan Blood) – capitano dei pirati
Kruzni, Mynegai, Malicek – ruolo sconosciuto

- Bordello “La casa di Lù
Zai (prostituta), Mu (prostituto)


MAPPA

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