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Autore: Naomy93    11/09/2019    0 recensioni
Lui arriva all’improvviso.
Lui è l’incontro che non ti aspetti.
Lui è la fortuna più grande che possa capitarti.
(Fandom: Space Valley)
(Fanfiction pubblicata anche su Wattpad)
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 2: Dario

 

Quando consigliarono a Dario per la prima volta di farsi vedere da qualcuno bravo, non ci diede molto peso.

Si scherzava tra amici, nessuno parlava sul serio.

Anche lui non era serio quando confessò che non vedeva l’ora di tornare a casa per scendere nello scantinato e impiccarsi con la cintura.

Forse un po' più serio lo era stato suo fratello dopo aver bloccato il suo tentativo di tirargli un pugno con fin troppa forza per essere soltanto un gioco.

Decisamente non scherzava sua madre mentre gli domandava perché non frequentasse più le lezioni all'università e che cosa fossero quelle strane pasticche nascoste nei suoi cassetti. 

<< Mi fanno sentire meglio quando mi domando che cosa abbia fatto di male per meritarmi di vivere in questo mondo di merda! >> le rispose con un’indifferente alzata di spalle.

Fu il vedere sua madre in lacrime che spinse Dario a farsi qualche domanda su cosa stesse facendo, e se volesse davvero trascinare anche lei in quella voragine di odio nei confronti di se e degli altri.

<< Hai considerato sul serio l’idea di parlare con uno psicologo? >>

Dario alzò lo sguardo dalla bottiglia mezza vuota di birra, puntandolo sul suo amico Luca.

Beh, chiamarlo amico era un po' troppo.

Diciamo che Luca era quella persona, di qualche anno più grande, conosciuta tramite altri amici, forse in una delle tante bevute di cui non ricordava com'era andata a finire, e che in un modo o nell'altro, ci si trovava spesso a conversare.

A dirla tutta, non sapeva nemmeno perché gli stava parlando di come la sua vita stesse andando a rotoli.

Era già ubriaco alla prima birra, o forse necessitava di qualcuno estraneo alla sua famiglia che lo ascoltasse senza farlo sentire in colpa.

<< Sono un caso perso, ormai! >> bevve l’ennesimo sorso << Devo solo farmene una ragione e tirare avanti con la consapevolezza che farà schifo in qualsiasi modo io la viva! >>

<< Cazzo, amico, è proprio una brutta storia! >>

Luca si poggiò allo schienale della sedia e afferrò il suo boccale cercando di non ridere.

<< Ero venuto qui per farti una proposta di lavoro, in verità, ma… insomma, uao! >>

Mandò giù un quarto del suo boccale tenendo d’occhio Dario e la sua totale indifferenza a ciò che gli aveva appena detto.

Guardava il nulla davanti a se con l’aria distratta di chi aveva spento il cervello già da un po’.

<< Mi ricordi tremendamente una persona! Voi depressi siete tutti uguali, come cazzo fate? >> stavolta rise senza nasconderlo << Sembra che vi trovi come l’ago nel pagliaio, mi domando se non sia io quello ad avere problemi in realtà! >>

Dario rispose con un sorrisetto forzato. Non tanto perché non capisse cosa ci fosse da ridere, ma per il fatto che lo avesse etichettato come un depresso.

Non gli piaceva quel termine, se ne abusava troppo in quei tempi.

Preferiva definirsi un: Insoddisfatto.

<< Ad ogni modo, non so se lo sai, ma io lavoro per una radio locale e abbiamo bisogno di uno speaker! >> riprese a parlare Luca dopo aver fatto fuori la sua birra in un paio di sorsi e averne ordinata un’altra.

Dario pensò che se lui dovesse avere un problema, di certo non era legato soltanto alla depressione.

<< E io cosa c’entro con una radio? >>

<< C’entri, caro mio! Hai la voce che ci serve! >>

<< Non credo! >>

Luca batté il boccale sul tavolo con forza, facendolo sobbalzare.

<< Ascoltami, non mi interessano le chiacchiere, ti sto offrendo un lavoro e voglio che lo accetti! >>

<< Ma sei impazzito? >>

<< Oh, fanculo… >>

Alla destra di Dario scivolò il biglietto da visita con su scritto un numero e il luogo in cui si trovava la radio.

<< Ti aspetto domani pomeriggio alle quattro in punto, vedi di non mancare! >>

E se ne andò senza dire altro, sfilando dalle mani della cameriera il boccale che gli stava portando.

L’istinto di Dario fu quello di accendersi una sigaretta e poi spegnerla su quel biglietto lasciatogli con tanta arroganza e pretese.

Si mise la sigaretta tra le labbra, ma la voce della coscienza, tremendamente simile a quella di sua madre, gli domandò se fosse la mossa giusta da fare prima che tirasse fuori l’accendino.

Era giusto rifiutare un lavoro che veniva a cercare lui e non il contrario?

Era giusto accendere quella sigaretta?

Mise via la sigaretta con uno sbuffo scocciato e afferrò il biglietto per segnare il vari dati sul cellulare, perché sapeva che avrebbe perso quel cartoncino inutile da lì a poco e non voleva pentirsene dopo.

 

Il giorno dopo non disse nulla a nessuno di quella nuova, possibile, occupazione in radio. Semplicemente, disse a suo fratello di avvisare i loro che si trovava fuori e non sapeva se avrebbe fatto tardi.

Lui gli chiese dove stesse andando, ma Dario lo ignorò chiudendosi la porta di casa alle spalle.

Suo fratello non si era mai interessato alla sua vita, di certo non gli avrebbe permesso di farsi gli affari suoi solo: perché aveva capito di avere un fratellino in difficoltà.

Raggiunse l’indirizzo che si era segnato la sera precedente da quel biglietto, ovviamente perso chissà dove e in quale momento della serata, ed entrò nello stabile guardandosi attorno.

Quella doveva essere una sorta di reception, però al tavolo non c’era nessuno a cui fare domande.

Forse era il karma. Forse era ancora in tempo per ripensarci e andare via, magari era davvero una pessima idea, oppure...

<< Ciao, ti sei perso? >>

Dario si voltò verso la voce, trovandosi davanti un tipo dalla capigliatura ribelle e che indossava un paio di occhiali più grandi del suo viso. Probabilmente suo coetaneo.

Gli sorrideva apertamente, quasi felice di vederlo.

<< Ehm, no… Sto cercando Luca, è un ragazzo che lavora qui! Ieri sera abbiamo parlato e mi ha offerto un posto da speaker! >> disse cercando di mettere assieme una frase di senso compiuto.

Avrebbe voluto dire altro, ma vedere il sorriso felice del tipo diventare una smorfia di sdegno non lo aiutò per nulla.

Anzi, riuscì soltanto ad emularlo e guardarlo a sua volta sdegnato.

<< Ah, quindi sei tu quello nuovo! >>

Il tipo lo squadrò dalla testa ai piedi con aria di sufficienza, e Dario sentiva già le mani prudere.

Se non avesse smesso immediatamente di guardarlo in quel modo, gli avrebbe preso la testa e gliel'avrebbe ficcata giù nel primo water che gli sarebbe capitato a tiro.

<< Ah, vi state conoscendo! >>

Luca arrivò dal corridoio dando una pacca sulla spalla ad entrambi.

<< Sei in anticipo, Dario, non me l’aspettavo! >> sorrise.

<< Beh, non mi hai lasciato molta scelta! >>

<< Potevi scegliere di non farti vedere! >> disse il tipo sottovoce, ma a Dario non sfuggì assolutamente.

Fece per chiedergli se avesse qualche problema con lui e di risolverla fuori, ma Luca li trascinò all'interno di uno studio di registrazione dicendo che avrebbero fatto meglio a presentarsi lì.

<< Lui è Nelson, lavora con noi da un anno, ormai, e conduce il programma Twitterland che va in onda nella fascia oraria pomeridiana! >>

Luca parlava praticamente da solo.

I due si fissavano quasi pronti a saltarsi alla gola in qualsiasi momento.

Il che era davvero strano per Dario. Non il fatto che gli stesse antipatico qualcuno a pelle, quello succedeva sempre, era come la sua mente e il suo corpo stessero reagendo a quell'antipatia.

Gli dava tremendamente fastidio vedersi squadrato da quegli occhi da talpa come fosse un insetto da schiacciare sotto a una pantofola, e le sue mani smaniavano dal desiderio di picchiarlo.

Quando qualcuno non gli andava a genio tendeva ad ignorarlo, dato che non avrebbe mai avuto la pazienza e la voglia di litigare. Era il suo modo di essere, meno rogne significava anche meno guai.

Tuttavia, quel Nelson lo stava facendo imbestialire come non gli succedeva da tempo.

Forse, fin troppo tempo.

<< ...quindi, per adesso lavorerete insieme! >>

Alla fine della frase i due si voltarono verso Luca, ricordandosi che c’era anche lui.

Lavorare insieme?

Dario non voleva lavorare con quella talpa superba, sarebbe finita male ancora prima di iniziare.

<< Luca, posso parlarti un attimo, da solo? >> gli chiese seriamente Nelson guardandolo.

<< D’accordo, ma soltanto un attimo! >>

A Dario venne detto di aspettare lì, e quando rimase da solo non poté fare a meno di massaggiarsi una tempia dolorante, domandandosi chi glielo stesse facendo fare.

Ancora non capiva come quel tipo fosse riuscito a farlo innervosire in quella maniera con un semplice sguardo, nemmeno gli avesse insultato la madre, ma la sua vita faceva già abbastanza schifo e non aveva bisogno di qualcuno che gliela rendesse peggiore. Per quello, non appena si riprese, decise di uscire e raggiungere Luca e la talpa per dirgli che mollava da subito.
Ne andava della sanità di quella piccola parte rimasta buona del suo fegato.

Aprì la porta ascoltando il punto della discussione a cui erano arrivati:

<< Nels, se non sai condividere gli spazi, non è colpa mia! Ho bisogno di un secondo speaker, che ti piaccia o no! >

<< Non hai bisogno di un secondo speaker, lo vuoi assumere per rimpiazzarmi! >>

<< Ti avevo già avvertito che sarebbe stato un lavoro breve! >>

<< Quindi ho ragione? Vuoi sostituirmi? >>

Luca lo guardò dritto in faccia.

<< Non dipende da me, posso soltanto farvi lavorare insieme! >>

<< Perché non vado bene? Cos'è che sbaglio? Dimmelo, posso rimediare!>> diceva agitato << Luca, per me tutto questo è importante, davvero, io… io… >>

<< Nelson, basta! >>

Nelson aprì la bocca, come per dire ancora qualcosa, però ci rinunciò.

<< D’accordo! >> abbassò lo sguardo rassegnato.

<< Nels, per favore, sii gentile con lui! >>

<< Certo! >>

Nel rispondere, Nelson scostò malamente Luca per passare.

Dario li vide incamminarsi verso lo studio, quindi dovette allontanarsi dalla porta e aspettare che rientrassero.

Guardò sottecchi Nelson per tutto il tempo che Luca impiegò a spiegare loro come si sarebbe dovuta svolgere la prima puntata in coppia del programma, aspettando che andasse via prima di provare a parlargli.

Da quel poco che aveva udito dalla conversazione precedente, era stato chiamato lì per togliere il lavoro a quel ragazzo, un lavoro che evidentemente gli piaceva tanto fare, e per chissà per quale ragione, Dario riuscì a mettersi nei suoi panni e a dirsi di non poterlo biasimare, comportamento infantile a parte.

<< Ehi, ascolta… >> cercò di attirare l’attenzione di Nelson quando lo vide sedersi nell'attesa che gli dessero il via.

<< Senti, mi dispiace per il mio comportamento, vuoi lamentarti? >> lo frenò, sbottando << Puoi lamentarti dopo, adesso stiamo per iniziare, ok? >>

Nessuno avrebbe tolto dalla testa di Dario che quella talpa aveva un carattere di merda, a prescindere, ma non si fece scoraggiare.

<< Non ho intenzione di accettare questo lavoro, puoi tenertelo! Se c’è una cosa che non voglio fare è togliere il lavoro a qualcuno! >>

Nelson sembrò arrossire, fulminandolo con lo sguardo.

<< Hai spiato mentre parlavo con Luca?! Era una conversazione privata!>>

<< Non mi interessa, me ne andrò stasera e non sentirai più parlare di me! Sta tranquillo, non voglio sostituirti! >>

Dario prese posto di fronte a lui sistemando il microfono alla sua altezza.

<< Ho capito che tieni parecchio a questo lavoro, e per quanto tu mi faccia poca simpatia, non vorrei essere la causa di una tua sofferenza! >>

Gli bastava essere la causa della sofferenza di sua madre e di tutta la sua famiglia, non gli andava di far soffrire qualcun’altro.

Nelson, da parte sua, sembrava essere rimasto senza parole.

Forse si aspettava una litigata epocale o che avrebbero mandato all'aria la puntata, comunque qualcosa di totalmente diverso da quel silenzio tombale che si era venuto a creare.

Anche Dario aveva immaginato i peggio scenari per quel loro debutto insieme, se così lo poteva definire.

Alzò gli occhi su Nelson domandandosi cosa avesse detto di tanto grave da zittirlo in quel modo, scoprendo di essere guardato a sua volta.

Rendendosi conto di guardarsi a vicenda, entrambi distolsero gli sguardi con una nota di imbarazzo e probabilmente si diedero anche degli idioti.

La prima cosa che venne in mente di fare a Dario, inconsciamente, fu quella di picchiettare il microfono.

<< Non farlo, potresti rompere la membrana interna! >> disse Nelson scrivendo qualcosa sui fogli davanti a lui.

<< Ok, scusa! >>

Se prima si sentiva un idiota, in quel momento si sentì un completo deficiente.

<< Quel microfono è leggermente difettoso, mettilo un po’ più distante dalle labbra, così eviterai il rimbombo durante la puntata! >> parlò ancora << Ah, evita di fare battute per i primi dieci minuti, dai il tempo agli ascoltatori di abituarsi a te! >>

<< Ti sembro uno che fa battute? >>

Nelson non riuscì a trattenere una risata, forse perché non si aspettava quella risposta, o per il tono che Dario aveva usato, o per entrambi i motivi, fatto sta che gli rise in faccia per tutto il tempo rimastogli prima della messa in onda.

E, senza spiegarsi il motivo, anche a Dario venne da ridere.

Neanche se la ricordava l’ultima volta che aveva riso senza il retrogusto amaro della consapevolezza che non ci fosse nulla da ridere.

 

Twitterland era un programma semplice, fatto a posta per mettere in comunicazione i giovani tra loro tramite il famoso social, ma non mancavano anche i soggetti adulti.

Lo schema era sempre uguale: Si sceglieva un tema per la puntata e poi si lasciava la parola agli ascoltatori.

Il loro compito era quello di filtrare i twitt e, eventualmente, rispondere alle domande che gli venivano poste.

L’inizio non era stato il massimo per Dario, non capiva perché, spesso, le persone usassero il tema del giorno per concentrare le attenzioni soltanto su di loro, chiedendo esplicitamente consigli, i loro punti di vista, se avessero esperienze da raccontare, o facendo domande sulla loro sfera privata.

Per Nelson era la normalità, aveva un rapporto stretto con il suo pubblico, lo si intuiva, c’erano ascoltatori fissi che praticamente lo adoravano e a cui rispondeva liberamente e senza peli sulla lingua.

Ma Dario non era così, lui era riservato, introverso, si infastidiva facilmente, non sapeva cosa significasse esporsi ad un pubblico che si aspettava qualcosa da lui.

Non trovava le parole adatte per parlare di se, almeno, non senza… vergogna.

Lo confessò a Nelson quando gli domandò perché si sentisse così in imbarazzo di fronte alle domande che lo riguardavano sul personale.

Era qualcosa che andava oltre l’imbarazzo, aveva paura di esporsi.

Chi avrebbe mai voluto ascoltare la storia di un ragazzo insoddisfatto che odiava il mondo?

<< Le ultime volte che ho parlato a qualcuno di me, ho fatto piangere mia madre e mi hanno detto che sono depresso! >> disse cercando di far passare il tutto come una battuta.

Da Nelson, però, ottenne soltanto una bevanda zuccherata, dalle macchinette, in netto contrasto con il suo sorriso amaro.

<< Almeno tu hai una madre che piange e si preoccupa per te! >>

Dario avrebbe voluto approfondire l’argomento, ma era ancora troppo presto, non si conoscevano abbastanza da permettersi di scavare a fondo nelle loro vite.

Non gli ci volle molto, comunque, per capire perché Nelson amasse così tanto il suo lavoro.

 

 

<< Dal mio punto di vista, lo stare in radio compensa la comunicazione che senti mancare nella vita di sempre! >>

<< Beh, sono alla ricerca constante di qualcuno che mi parli e mi ascolti! >>

Abbassi lo sguardo sulla tua lattina, stringendola tra le mani.

Io ti guardo e ai miei occhi sei la persona più fragile del mondo.

<< Pensi sia sbagliato? >>

<< No, non lo è! >>

<< Eppure, a volte, mi sembra sia così! >>

 

 

Dario si domandò se anche la causa della sua insoddisfazione potesse derivare da una mancanza di comunicazione. O dalla mancanza di qualcosa, in generale.

Forse dalla poca attenzione da parte della sua famiglia al suo costante chiudersi in se stesso, alla superficialità con cui rispondevano ai suoi momenti poco lucidi.

Dalla sua poca voglia di provarci a stare meglio.

Lo stranì il pensiero di avere qualcosa in comune con Nelson, in qualche modo, ma allo stesso tempo si sentì quasi rassicurato.

Fu quel pensiero a spingerlo a prendere esempio da lui e tentare, almeno una volta, di rispondere a quelle domande di carattere personale.

Quel giorno il tema affrontato era: Quanto è importante credere in se stessi?

<< Sicuramente, credere se stessi aiuta tantissimo, ma sono dell’idea che quando raggiungiamo un dato successo, o una soddisfazione personale, il caso faccia la sua parte, e in misura più grande di quella che siamo disposti ad ammettere! >> disse.

A Nelson sembrò piacere quella sua risposta, a tratti, pungente. Ormai aveva imparato ad integrare nelle puntate quella punta di cinismo che caratterizzava le risposte di Dario.

<< I nostri ascoltatori fanno una domanda a cui mi piacerebbe rispondessi, se sei d’accordo! >>

<< Dimmi! >>

<< Tu, Dario, credi in te stesso? >>

Quella domanda aveva intenzione di arrivargli come uno schiaffo in faccia e ci riuscì, nonostante dovesse aspettarselo.

<< Beh… >>

Ci pensò qualche secondo, tenendo gli occhi fissi su Nelson, quasi a cercarla in lui la risposta giusta da dare. E da lui la ricevette in quel: << Non avere paura! >> mimato con le labbra mentre, fiducioso, lo incitava a rispondere.

Dario si avvicino al microfono prendendo fiato.

<< Non credo in me stesso abbastanza da poter dire che credo in me stesso, ma ci sto lavorando! Ho tanto da fare, ma già in questo periodo penso che qualcosa stia cambiando! >>

Da quella risposta capì che il ragazzo insoddisfatto che odiava il mondo, senza rendersene conto, stava iniziando a sperare in qualcosa di nuovo.

Lo capì anche dalla mano di Nelson stretta sulla sua spalla, a fine puntata, che lui strinse a sua volta, e lo vide, finalmente, negli occhi di sua madre la sera in cui tornò a casa e lo abbracciò, felice di vederlo più sereno.
Aveva anche ricominciato a frequentate più assiduamente le lezioni universitarie, intenzionato a fare sul serio.

<< Mia madre dice che sembro diverso da qualche tempo! >>

<< Ah si? >>

Nelson fissava qualcosa fuori dalla finestra della sala, ma riuscì comunque a prendere al volo la lattina di redbull che Dario gli lanciò.

Non capiva come facesse ad avere quei riflessi pronti in qualsiasi momento.

<< Le ho parlato della radio, di te, insomma, ho detto che mi fa bene stare qui e averti come amico! >>

La frase portò Nelson a guardarlo e a sorridergli.

Ciò che voleva fare Dario, in verità, era ringraziarlo o, semplicemente, digli che conoscerlo gli aveva fatto bene. Comunque, non andò come aveva previsto, quindi sperò soltanto che l’altro capisse, in un modo o nell'altro.

Si promise di essere più chiaro l’indomani, quando si sarebbero rivisti, ma quel giorno Nelson non si presentò in radio. Poco dopo, venne a sapere da Luca che era stato licenziato il giorno precedente e, chissà per quale ragione, non aveva voluto dirgli nulla.

<< Ormai conosci Nelson, sai com'è fatto! >> gli disse.

Certo che lo sapeva com'era fatto Nelson, e sapeva anche quanto potesse stare male in quel momento.

<< Dario, sarò sincero, hanno intenzione di chiudere Twitterland, perciò… >>

Perciò era finita anche per lui?

<< Perché? >> si limitò a domandare.

Il programma andava bene, in fondo. Avrebbe capito se li avessero sostituiti, però chiudere del tutto gli sembrava un peccato.

<< Era un progetto di Nelson, e se lui non c’è non ha senso continuare, non credi? >>

Non lo sapeva, nulla aveva senso per lui in quel momento, e ancora meno lo ebbe quando gli comunicarono che il programma avrebbe chiuso entro la fine del mese.

Scrisse a Nelson per avere sue notizie e sapere se volesse che dicesse qualcosa per conto suo, almeno l’ultimo giorno.

Anche se dalla redazione si premunirono di non farglielo sapere, le fasce orarie in cui andarono in onda le ultime puntate di Twitterland furono quelle con il numero più alto di ascoltatori, e per quello che gli dissero, la radio perse parecchio seguito dopo la chiusura del programma.

Fortunatamente, Luca mise una buona parola per lui presso un’altra radio, portandolo ad una nuova assunzione nel giro di poco tempo.

Ma Dario non si dimenticò di Nelson, anzi, cercò di convincerlo ad affiancarlo ancora, e magari riaprire un nuovo Twitterland, ma lui rifiutò sempre.

 

<< Dario, sappiamo che questa non è la tua prima esperienza da speaker, nonostante la tua giovane età! Sei molto seguito, insomma, stai facendo strada, e in tanti sono curiosi di sapere come hai fatto, ti va di raccontarcelo? >>

 

In una società di apparenza, di immagine, di ostentazione di ricchezza e di fama,

non c’è vanto più grande di poter dire a tutti: Mi sono fatto da solo.

Anche se, a conti fatti, da solo non hai fatto niente e non farai mai nulla. Perché c’è sempre qualcos'altro che interviene, c’è sempre un’energia nelle cose, negli eventi, nei luoghi, nelle persone, che non puoi controllare e che determina, molto più di quanto tu possa pensare, il tuo percorso.

 

 

 

 

<< Ragazzi, dov'è Dario? Dobbiamo fare le foto per Space Valley, il fotografo è pronto da un pezzo! >>

<< Arrivo rega! Scusate, Nicolas mi ha attaccato il suo ritardo cronico! >>

Il più basso del gruppo iniziò a lamentarsi facendo ridere tutti, mentre Dario prendeva posizione al fianco di Nelson, dandogli una pacca sulla spalla.

<< Pronti? Sorridete! >>

Il flash illuminò i ragazzi e l’intera la stanza.

 

Le cose migliori purtroppo, e per fortuna, succedono per caso e non ci possiamo fare niente.

  
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