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Autore: Ray Wings    13/09/2019    1 recensioni
Non c'era al mondo persona che non conoscesse Fairy Tail. La gilda simbolo di Magnolia vantava tra i suoi membri alcuni dei maghi migliori dell'intero continente. Ma ogni medaglia ha due facce e se Fairy Tail ne aveva una sublime, abbagliante, dall'altro lato portava solchi indelebili, segreti che mai sarebbero dovuti uscire da quelle mura. Fairy Tail era nata anche per quello: proteggere, curare, perché la felicità, talvolta, non è altro che una maschera di ferro fusa sulla carne.
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«Sai cosa significa il mio nome?»
«Conoscendo tuo padre, penso non sia qualcosa come "fiore di campo", vero?»
«Sai bene che non ha mai avuto tutto questo riguardo nei miei confronti. Priscilla... è un nome così freddo».
«Qual è il suo significato?»
«Prova a pensare a qual è il mio significato»
«Che ne dici se invece io ti chiamassi Pricchan?»
Una risata candida e timida, gli occhi adornati di una dolce malinconia, imbrattata di un amore che neppure il tormento di quegli anni era stato in grado di sradicare.
«Sembra il verso di un animaletto».
~ Priscilla deriva dal latino Priscus il cui significato è: "antico" ~
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luxus Dreher, Mistgun, Nuovo personaggio, Wendy
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Capitoli:
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7 anni





Furono il rumore, le voci e le urla, a svegliarla. Cercò di muoversi, lentamente per il dolore che ancora provava e per lo strano torpore che gli faceva formicolare la testa. Spostandosi, si liberò della polvere e dei sassi che l'avevano ricoperta. Le faceva veramente un gran male la testa e la luce era più accecante di quanto pensasse. Improvvisamente si ricordò: Acnologia li aveva uccisi. O almeno questo aveva temuto. Sobbalzando alzò la testa e si guardò attorno, apprensiva. Laxus, Bickslow, Evergreen, Fried, suo nonno, Wendy... stavano tutti bene e anche loro, come lei, si stavano lentamente rialzando.
«Siamo...» mormorò con la gola gracchiante. «Siamo vivi».
«Acnologia... dov'è Acnologia?» mormorò Bickslow, alzando gli occhi al cielo azzurro.
«È andato via?» chiese Evergreen.
«Priscilla, anche tu!» una voce alle sue spalle, prima che due ragazzi le saltassero sulla schiena e la stendessero nuovamente a terra. 
«Ma che....» lamentò lei, voltandosi e guardando con sorpresa i due compagni.
«Warren? Max? Cosa ci fate qui?» chiese sorpresa.
«Quando siete arrivati?» chiese Wendy, assalita con la stessa enfasi da Bisca. Qualcosa di strano... c'era qualcosa di assurdamente strano in tutto quello. Strinse le palpebre, poi le riaprì, sbatté gli occhi un paio di volte. 
«Ma che vi è successo?» sussultò infine, notando che Droy fosse ingrassato enormemente e Jet avesse una capigliatura diversa. 
«Siete invecchiati!» notò Evergreen, a occhi spalancati.
«E ingrassati!» si accodò Bickslow, guardando sconvolto Droy.
«Un attimo... quanto abbiamo dormito?» balbettò Priscilla, cominciando a intuire quale fosse la verità. 
«Sette anni» rispose una voce candida, eterea.
«Quanto?!» urlò Priscilla, insieme ad almeno la metà dei suoi compagni. Puntò gli occhi alla fonte della voce, una ragazza dai lunghi capelli biondi, un vestito chiaro, il viso di un angelo. 
«Chi è lei?» chiese Evergreen, sistemandosi meglio gli occhiali sul naso.
«Una fata!» Priscilla si portò le mani al volto, emozionata. Allungò una mano verso Laxus, che si trovava sicuramente da qualche parte al suo fianco, e mancò almeno un paio di volte la presa prima di riuscire ad afferrarlo per la maglia e strattonarlo brutalmente.
«Laxus, guarda! Avevi ragione! È una fata! Ci sono le fate su quest’isola! L'hai vista, Laxus? Eh?! L'hai vista?» 
«L-l'ho vista, lasciami ora» balbettò lui, scosso avanti e indietro come un giocattolo. La ragazza dai capelli biondi sorrise, divertita, e infine disse: «Hai indovinato per metà, Priscilla».
«Conosce il mio nome!!!» si emozionò ancora di più Priscilla.
«Sono la prima fata della vostra gilda. Il mio nome è Mavis Vermilion, sono il primo Master di Fairy Tail» spiegò la ragazza sollevando un coro di «Eh?!» tanto assordanti che probabilmente anche sulla costa del continente vennero sentiti.
«Grazie alla forza del vostro legame e delle vostre speranze sono riuscita a convertire i vostri sentimenti in potere magico e ho evocato così una delle tre grandi magie fatate: Fairy Sphere» spiegò Mavis. «Una magia in grado di proteggere la gilda da ogni male, una magia difensiva assoluta. Tuttavia siete stati confinati in uno stato di congelamento e ci sono voluti sette lunghi anni per riuscire a liberarvi».
«Siamo stati protetti dal primo Master, tu pensa» piagnucolò emozionato Makarov.
«Questo è solo una forma eterea, per riuscire a evocare la magia di Fairy Sphere ho dato fondo a tutte le mie energie. Ora sparirò di nuovo» disse lei, cominciando ad alzarsi in cielo e brillando di luce propria. Sorrise, emozionata, rendendo quella sua tiepida immagine ancora più bella. «È diventata proprio una bella gilda, terzo» disse e infine sparì. Ci volle molto tempo prima che qualcuno di loro riuscisse di nuovo a proferire parola, era tutto così assurdo che non poteva essere reale. Ciò nonostante il desiderio di tornare a casa fu tale da convincerli a rimandare lo stupore e la gioia di un simile evento a quando avrebbero finalmente rivisto tutti. 
Sulla nave per il porto di Hargeon, come da previsione, tutti e tre i Dragon Slayer -tranne Wendy- dovettero affrontare un'ulteriore fatica, anche se Laxus riusciva comunque a mantenere una certa dignità a differenza di Gajeel e Natsu. Wendy si offrì di lanciare su di loro l'incantesimo Troia, ma quando si voltò per chiedere l'aiuto di Priscilla -visto che comunque erano tre persone e non una sola e lei aveva rivelato che conosceva una magia simile- sorprendentemente non la vide. Curò rapidamente il mal di mare di tutti e tre, poi si avvicinò a Bickslow, chiedendo innocentemente se sapesse dove fosse. Era assurdo che nemmeno lui lo sapesse e Wendy dovette girovagare a lungo, chiedendo a molti, prima di riuscire a trovarla: era seduta sulla cima di una vela, dove probabilmente era volata usando i suoi poteri, e guardava il mare di fronte a sé col viso assorto.
«Priscilla-nee! C'è del cibo in cabina! Vieni a mangiare qualcosa anche tu» provò a chiamarla, portandosi una mano vicino alle labbra per amplificare la sua voce, ma rimase inascoltata. 
«Che cosa ci fa lassù?» chiese Charle, curiosa.
«Non lo so, sembra però che qualcosa la turbi» confessò Wendy, prima di voltarsi verso la gatta e chiederle: «Charle! Potresti portarmi da lei?»
Charle acconsentì, in fondo anche se per loro era come se non fosse passato nemmeno un giorno, e quindi aveva ancora su di sé la fatica della battaglia affrontata sette anni prima, aveva comunque ancora forza necessaria a volare un po'.
«Priscilla-nee» chiamò Wendy, una volta che le fu accanto. 
«Wendy» si sorprese Priscilla di vederla. «Che fai qui?»
«Volevo chiederti la stessa cosa. Qualcosa non va?» chiese Wendy, sedendosi di fianco a lei sull'albero maestro. 
«Stavo solo pensando...» mormorò Priscilla, tornando a guardare il mare. Il silenzio in cui cadde nuovamente preoccupò un po' Wendy, perché dava conferma che c'era qualcosa che la turbasse.
«Sette anni... sembra assurdo. Ma scommetto che sarà tutto uguale a prima, alla gilda ci accoglieranno a braccia aperte!» sorrise, sperando di incoraggiarla.
«Già» annuì Priscilla, sempre pensierosa. 
«E poi siamo vivi! È incredibile, possiamo tornare a casa! Ah, ci scegliamo subito qualche missione da fare insieme? Così mettiamo da parte qualche altro soldo per la tua casa. Ora che Laxus è tornato, chissà, forse vorrà addirittura aiutarti» sorrise, trovando l'idea allegra e confortante, ma ancora una volta Priscilla rispose con un atono: «Già».
Sette anni... 
Non era certo la paura di ciò che avrebbero trovato, a turbarla tanto, ma di ciò che si era persa in tutto quel tempo. Non l'avrebbe mai ammesso a Wendy, quella ragazzina aveva troppo a cuore la vita di Priscilla per scoprire certi segreti e mai le aveva rivelato fino in fondo che tipo di legame ci fosse tra lei, suo padre e la vita stessa. Mai aveva avuto il coraggio di chiederle di usare la sua magia per renderla umana, perché nella quasi totalità dei casi quella stessa magia l'avrebbe uccisa come l'aveva quasi uccisa Hades. Interrompere il collegamento era la cosa che più bramava e la cosa che più la terrorizzava, e proprio quel collegamento ora le dava molto da pensare. Lei era rimasta congelata nei suoi ventun anni per tutto quel tempo, il suo corpo era rimasto immutato, ma la sua anima? Quella stessa anima che proveniva da quella di Ivan... la sua anima era invecchiata, insieme a tutto il resto. Ivan sarebbe potuto addirittura morire in quei sette anni, per un qualsiasi motivo: un nemico, un incidente, una malattia. E lei aveva rischiato di non potersi svegliare mai più, al contrario dei suoi amici, e nemmeno accorgersene. Solo pensarci le faceva venire la pelle d'oca dalla paura. Nel momento in cui Ivan sarebbe morto, nel migliore dei casi di vecchiaia, anche lei avrebbe cessato di vivere. E anche se il corpo non era cambiato di una virgola, comunque la sua anima si era accorciata di altri sette anni senza darle modo di poterseli godere almeno un po'. Lei era comunque sette anni più vecchia, e quel tempo l'aveva passato a dormire, congelata. 
«Senti... Wendy» mormorò infine, assorta. «Credi che quella casa sia sempre lì?»
Wendy ebbe un colpo al cuore e credette di capire perché Priscilla sembrasse così triste. Sette anni erano davvero tanti e niente vietava a una casa di crollare, di essere sostituita, o anche di essere comprata in tutto quel tempo. Il sogno di Priscilla, di poter tornare a casa sua, sarebbe potuto essere già morto. Wendy avrebbe tanto desiderato darle speranza, assicurarle che ovviamente era ancora lì ad aspettarla, che loro avrebbero realizzato quel sogno e l'avrebbero ricomprata. Ma era ovvio che nessuno poteva assicurarlo a lei. Guardò Charle, speranzosa di qualche idea, ma la gatta rivolse a lei lo stesso sguardo preoccupato e dispiaciuto, senza sapere dove andare a parare.
«Quante cose abbiamo perso in questi sette anni?» 


La gilda si trovava da tutt'altra parte, rispetto a dove l'avevano lasciata. Quasi in periferia, sembrava un misero mulino a vento. Era diroccata, triste e minuscola, cadeva decisamente a pezzi. 
«Quella è la gilda?» chiese sconvolta Lucy, camminando a fianco dei suoi compagni. 
«Già» sospirò Max. 
«Sono successe molte cose in questi sette anni, e non piacevoli a dire il vero» disse Warren.
«Ohy, chi sono i tizi all'ingresso?» chiese Priscilla, puntando il dito verso un gruppo di persone che invadeva l'entrata. 
«Twilight Ogre!» sibilò Jet. 
«Sono tornati!» lamentò Droy, tremolante. 
«Twilight Ogre?» chiese Lucy.
«La gilda rappresentativa di Magnolia, attualmente. Ci hanno superati, ci hanno prestato soldi per aiutarci e ora distruggono il nostro orgoglio e la nostra sede pretendendo soldi che non abbiamo. Sono una piaga» raccontò Max, infastidito.
«Beh, comunque ci sono di intralcio» ringhiò Natsu, guardandoli severo prima di avvicinarsi a loro a grandi passi. Il suo fine udito era riuscito a percepire le minacciose parole di quegli uomini, rivolti verso chissà chi all'interno, che screditavano l'orgoglio e il nome della sua gilda. Bastò quello a farlo infuriare. Calciò via il primo del gruppo all’ingresso, irritato, e poco dopo il resto dei suoi compagni diede il colpo decisivo anche agli altri invasori, stendendoli tutti in poco tempo. L'interno della gilda era anche peggio dell'esterno, tutto cadeva a pezzi, i tavoli si reggevano per miracolo, molti erano accatastati in un angolo già rotti. La bacheca degli annunci era praticamente vuota, eppure i volti dei loro compagni, benché tutti invecchiati di sette anni, bastarono a riempire quella lugubre sala di luce e gioia.
«Siamo a casa!» annunciò Natsu, alzando la mano per primo, e dietro di lui esplose il coro allegro e felice di tutti gli altri superstiti di Tenroujima.
«Ra-ra-ragazzi!» balbettò Macao a bocca spalancata e il viso già ricoperto di lacrime. 
«Guarda come sono giovani!» pianse Laki, correndo loro incontro per salutarli.
«Che cosa vi è successo?» pianse anche Nab. 
«Natsu-nii» piagnucolò Romeo in piedi di fronte all'ingresso. Il viso, nonostante le lacrime, si distese in un sorriso incontenibile e continuò a piangere anche quando provò a formulare: «Bentornati».
«Sei cresciuto molto, Romeo!» salutò Natsu, altrettanto allegro.
«Romeo?» spalancò gli occhi Priscilla, volandogli incontro. «Accidenti, quasi non ti riconoscevo!» 
«Priscilla-san» singhiozzò lui, continuando a sorridere. «Continui a farti staccare i pezzi» provò a sdrammatizzare, ridendo addirittura, notando parte del polpaccio che ancora si stava rimarginando: la magia di Mavis aveva bloccato i loro corpi e perciò anche la sua magia, impedendole di rigenerarsi in quei sette anni.
«Che vuoi che ti dica» rise lei, portandosi le mani dietro la testa e svolazzando avanti a indietro. «È un vizio che non mi toglierò mai» scoppiò a ridere. 
«Festeggiamo!» l'urlo non era ben chiaro da dove fosse arrivato, se dai superstiti di Tenroujima o dai restanti membri di Fairy Tail, ciò che fu chiaro è che senza rendersene conto si trovarono improvvisamente tutti coinvolti in balli, mangiate, bevute e brindisi. 
«Reedus! Sei dimagrito un sacco!» osservò Priscilla volandogli a fianco. 
«Mi sono messo a dieta!» disse lui con orgoglio.
«Priscilla-nee! Reedus-san mi stava dicendo che ha fatto dei nostri disegni provando a immaginarci come saremmo stati dopo tutti questi anni» spiegò Wendy, emozionata.
«Ah?! Davvero?!» si illuminò Priscilla. «Fammi vedere il mio! Fammi vedere il mio!» esultò come una bambina, fino a quando Reedus non consegnò ad entrambe il loro foglio. Un attimo di silenzio, da parte di entrambe, confuse e forse deluse per ciò che avevano tra le mani.
«Sono esattamente come prima» disse Priscilla, voltando il foglio e mostrando una sé uguale e identica al passato. 
«Ho pensato che essendo immortale non saresti cambiata affatto» rise Reedus, imbarazzato. 
«Ha senso!» si illuminò Priscilla, convinta e stranamente emozionata.
«Da quando sei nata sei cresciuta come un normale essere umano, non ne ha a dire il vero» la riprese Charle, ma venne ancora una volta ignorata.
«E il tuo?» chiese Priscilla, sporgendosi e guardando quella di Wendy.
«È piatta» sussurrò Wendy, pallida in volto. 
«Carina!!!» urlò Priscilla, stringendosi e avvinghiando il collo della ragazzina. «Anche sette anni più grande sei adorabile, Wendy-chan!»
«Il mio seno...» continuò a mormorare invece Wendy, in un limbo di tristezza e sconforto, osservando una sé più alta, più femminile e sinuosa, ma ancora senza l'accenno di un seno ben formato. «Su, su, vedrai che crescerà» disse Priscilla, volando alle sue spalle e facendo scorrere le mani sotto le sue braccia andò a palparle il petto semi-piatto che si trovava. «Possiamo chiedere a Polushka se ha qualche unguento magico, non credi? E poi ti aiuto a metterlo!»
«Priscilla-nee che dici?!» urlò Wendy, rossa come un peperone. Mollò il disegno a Reedus con tale foga da fargli volare via il blocco intero e scappò a nascondersi dietro la schiena di Lucy. 
«Wendy! Dai, scherzavo!» scoppiò a ridere Priscilla, guardando la bambina che la fulminava da dietro l'amica confusa. I fogli di Reedus le volarono tutti intorno, mentre lui disperato cercava di recuperarli tutti. Priscilla venne attirata da molti di quei disegni, alcuni assurdi, altri eccezionali, fino a quando non ne notò uno in particolare. Lo prese in mano prima che lo afferrasse Reedus e chiese, innocentemente: «E questo?» 
«No, ferma!» sussultò Reedus, più spaventato che imbarazzato, ma Priscilla volò più in alto di lui e fece in modo di impedirgli di prenderlo. Le guance le si riempirono di aria nell'istante in cui una risata la colse dal profondo della gola. 
«Laxus!» urlò, volandogli praticamente addosso. In un angolo, circondato dai Raijinshuu, Laxus stava semplicemente mangiando e bevendo dal suo boccale senza attirare troppo l'attenzione, come sua solita abitudine. Priscilla gli piombò sulle spalle con una ferocia tale che gli fece sbattere la testa contro il muro, alla sua destra. La fulminò con lo sguardo, ma lei gli restò arpionata addosso e gli sventolò il disegno di Reedus di fronte al naso.
«Guarda! Sei tu!» disse mostrando quello che era un vero e proprio demonio, con sguardo malefico, corna sulla testa, un aspetto orribile e i tre Raijinshuu che inginocchiati davano a lui quelli che sembravano sacrifici umani. 
«È terrificante» commentò lui, irritato e imbarazzato nello scoprire la visione che Reedus aveva di sé. Priscilla scoppiò a ridere così forte che Laxus ebbe il timore avrebbe potuto sfondargli un timpano, gli si accasciò tra le braccia costringendolo a farle spazio per potersi stendere parzialmente su di lui e continuando a ridere sgambettò per aria e si tenne la pancia. 
«Sei un mostro orribile!» si portò una mano al viso, poi si voltò di nuovo a puntò un dito al disegno chiedendo: «E questo? Sembra la testa di un bambino! Guarda con che devozione Fried te lo sta porgendo» rise ancora, continuando a prendersi lo spazio vitale di Laxus e agitandosi addosso a lui.
«Togli quell'affare da sotto al mio naso» disse lui, irritato anche se non capiva se era più il suo modo di fare invasivo o il disegno che lo ritraeva come il peggiore dei mostri a fargli ribollire così il sangue nelle vene. 
«Oh» si sollevò lei, piazzandogli le mani sulle ginocchia e puntando lo sguardo al piatto che aveva di fronte. «Che mangi? È buono?» chiese, prendendone un boccone a mani nude e infilandoselo in bocca.
«Ohy! Quello era mio!» la rimproverò, contrariato.
«Come puoi mangiare il cibo di Laxus così impunemente!» intervenne Fried, furioso.
«Che vuoi tu?» mormorò Priscilla, lanciandogli un'occhiata tanto glaciale da convincerlo a farsi nuovamente da parte. Non era un semplice "fatti gli affari tuoi", ma sembrava più "non rompermi mentre sto con mio fratello", un ordine difficile da ignorare visto che sembrava essere disposta a proteggere quell’attimo tanto ambito e prezioso anche con l’uso della forza. «Che cos'è? Dove l'hai preso? Ne voglio una porzione anche io!» insisté lei, tornando solare, e infilò di nuovo le mani nel suo piatto per rubarne un'altra porzione. 
«Che cavolo...!» mormorò lui, irritato. Afferrò il proprio piatto con la mano sinistra e lo alzò, allontanandolo dalla portata di Priscilla, mentre l'altra mano gliela piazzò in piena faccia per tenerla lontana. «Ti lascio sola per qualche anno e diventi così incivile. Il vecchio non ha fatto un gran bel lavoro con te, dovevo aspettarmelo».
«Di che stai parlando?» bofonchiò lei, a naso schiacciato contro il palmo della sua mano. «Dai, non essere cattivo, danne un po' anche a me! Da bambini condividevamo tutto!»
«Prenditi la tua porzione!» la rimproverò.
«Ma io voglio la tua!» insisté lei, cercando di allungare le mani verso il piatto.
«Non ha niente di diverso da quella degli altri!» inarcò le sopracciglia Laxus, chiedendosi perché dovesse asfissiarlo a quel modo per quel piatto di carne e verdure. Lasciò improvvisamente andare la sua faccia, facendola cadere in avanti per lo squilibrio, e con rapidità bloccò la sua testa tra il braccio e il proprio petto. Posò nuovamente il piatto sul tavolo e tenendo bloccata Priscilla con il braccio destro, tornò a mangiare serenamente con quello sinistro. La ragazza lanciò una serie di urletti, tentando invano di liberarsi, tirando indietro la testa, senza successo. I muscoli di Laxus la incastravano perfettamente e la sua forza era sicuramente su un livello superiore del proprio. Tirò, e tirò ancora, lamentandosi e piagnucolando di lasciarla andare, mentre indisturbato Laxus continuava a bere e mangiare come se non avesse una specie di anguilla che continuava a colpirlo al fianco destro. Alla fine decise di allentare la presa e Priscilla con un respiro profondo riuscì a liberarsi. 
«Mi hai fatto male, hai esagerato» piagnucolò, cercando di sistemarsi i capelli tutti scompigliati. 
«Non ci ho nemmeno provato a farti male» commentò lui, ancora con aria superiore e distaccata. 
«Guarda come mi hai ridotto i capelli» lamentò ancora. 
«Da quando in qua ti importa dei capelli?» insisté lui per niente ferito dal tentativo di Priscilla di farlo sentire in colpa. Ma la domanda era lecita, Priscilla non era mai stata tipo da preoccuparsi troppo del suo aspetto, le interessava solo essere funzionale al suo scopo. Non aveva la minima idea di quando avesse cominciato a preoccuparsi dei capelli, ma stranamente le tornò in mente la frase di Evergreen quando l'aveva portata dal parrucchiere insieme a Wendy.
"A molti ragazzi piacciono i capelli lunghi!"
Che sciocchezza, pensava, certo non le interessava davvero una cosa del genere. Eppure quel contrasto di pensieri, alla ricerca di una risposta a quella domanda, la portarono a irritarsi. Incassò la testa nelle spalle, si voltò dall'altra parte, e bofonchiò qualcosa di incomprensibile, forse semplicemente uno scimmiottio di ciò che Laxus le aveva appena chiesto. Lui la guardò qualche secondo spostando solo lievemente gli occhi, senza scomporsi, mantenendo il suo atteggiamento distaccato e isolato. Forse era stupido ed egoista per uno come lui, ma si ritrovò a provare un briciolo di felicità. La stessa che aveva provato per anni, prima del loro litigio, quando portarsi dietro quella che sembrava più un cagnolino che una sorella era la cosa più bella che ci fosse al mondo. In qualche modo riusciva sempre a metterlo di buon umore e quell'affetto, anche se faticava a riconoscerlo, non l'aveva mai dimenticato. Non poteva mentire, anche se forse ora probabilmente non l'avrebbe mai detto ad alta voce, ma quando erano piccoli lei era davvero la cosa più importante che avesse. E non aveva mai desiderato altro che vederla sorridere in qualsiasi occasione. C'erano state volte, innumerevoli, in cui Priscilla sembrava spegnersi ed era lì che lui aveva sempre giocato tutte le sue carte per riuscire a tirarle su il morale, anche se non aveva mai saputo quale fosse il vero motivo dietro a quello sguardo di vetro che ogni tanto le nasceva in volto. Ora invece lo ricordava il motivo, lo odiava ma lo ricordava: erano le volte in cui lui le faceva del male nei loro combattimenti, le volte in cui Ivan la prendeva in disparte per parlarle e probabilmente minacciarla, le volte in cui la usava come una vera e propria marionetta di carta. Quando Priscilla finiva a terra, nei loro combattimenti, Ivan non la degnava nemmeno di un sguardo. La trascinava per un piede, o per i capelli, fino alla sua camera dove la chiudeva per nasconderla al mondo fino a quando non sarebbe tornata nuova. Ora lo sapeva, ma al tempo ricordava solo che a volte Priscilla, soprattutto dopo la sua periodica influenza -o almeno, quello voleva fargli credere che fosse- tornava ad essere un essere vuoto, privo di vita, e lui detestava quei giorni. Ricordava, ora, la gioia e l'emozione che nascevano quando finalmente riusciva a strapparle un sorriso. Quel volto, l'aveva sempre pensato, non era fatto per essere triste. Il sorriso era l'unica cosa che avesse un senso, su di lei. 
Ora lo ricordava. 
Un sorriso gli sfuggì da un angolo delle labbra, scaldato da quella sensazione di nostalgia e felicità, divertito da quel suo solito modo di fare rumoroso e caotico. Aveva la straordinaria capacità di trascinarlo, talvolta, al suo stesso livello solo con la sua insistenza e la sua rumorosità. Ed era sempre uno spasso istigarla, visto quanto fosse innocente, e non ci voleva molto per prendersi gioco di lei. 
Qualcosa nel profondo del cuore... che fosse quella la sensazione legata alla mancanza di qualcuno? Avrebbe potuto dirle la verità, in quel momento di quotidianità che tanto ricordava il suo passato, avrebbe potuto semplicemente dirle: "Sai, mi sei mancata anche tu", ma certo quello non era il suo stile.
Allungò la forchetta nella sua direzione, continuando a guardarla solo di traverso, senza sporgersi troppo. Una gentilezza, quella di offrirle il suo boccone, in ricordo di quando da bambini condividevano tutto. Priscilla, come si era aspettato, si illuminò gioiosa e sporgendosi nella sua direzione addentò il pezzo di carne che lui, con finta indifferenza, le aveva offerto. Illuminandosi tanto da sembrare un cagnolino che scodinzolava, masticò il boccone che Laxus le aveva offerto dondolandosi felice sul posto. Fino a quando l'occhio non cadde su un'ombra, ai piedi del tavolo, che sbucava al di sopra di esso solo per un paio di occhi scintillanti. Priscilla saltò terrorizzata e istintivamente si aggrappò a Laxus, che mantenne certamente più il contegno, ma che non poté nascondere anche lui lo sguardo terrorizzato verso quello che sembrava uno spettro sbucato dal nulla. 
Solo successivamente, quando il cuore di entrambi cominciò a calmarsi dalla paura, riconobbero nel volto che li fissava da così vicino lo sguardo di Lluvia.
«Anche Lluvia vuole imboccare Gray-sama con il suo cibo!» pianse e singhiozzò, restando però nascosta sotto al loro tavolo e spiandoli da quella posizione.
«L-Lluvia» balbettò Priscilla, ancora scossa per lo spavento. «Da quanto tempo sei lì?»
«Da quando gli hai mostrato il disegno» confessò Lluvia.
«Così tanto!» sobbalzò Priscilla, ancora più inquietata. Era stata lì tutto il tempo e nessuno dei due l'aveva notata, faceva venire la pelle d'oca. 
«Terrificante» balbettò Laxus, guardando inquietato la donna sotto al tavolo. 
«Perché Gray-sama non accetta il cibo di Lluvia?!» scoppiò a piangere.
«Dai, Lluvia, non fare così» balbettò Priscilla, imbarazzata.
«Falla smettere» mormorò Laxus, infastidito.
«Falla smettere tu! Che vuoi che faccia io?» rispose lei a tono. 
«È tua amica» le rispose diretto.
«Ci conosciamo appena!» ringhiò lei.
«Priscilla è crudele con Lluvia! Non vuole essere sua amica!» pianse ancora Lluvia e Priscilla sobbalzò, rossa in volto. «Ma tu odi le ragazze! Pensi che tutte ci provino con Gray!»
«Priscilla ha ben altri interessi, questo Lluvia lo ha capito» annuì Lluvia, convinta.
«Non ho idea di cosa tu stia dicendo» mormorò Priscilla in un sospiro arrendevole: avrebbe smesso di tentare di capire cosa passasse per la testa a quella ragazza stramba. Una risatina non troppo lontano, dall'altro lato del tavolo, e Priscilla spostò lo sguardo su Evergreen che la guardava sottecchi e ridacchiava in maniera sinistra ed inquietante. 
«Che cosa ti prende, ora?» ruggì lei, infastidita del fatto che quelle due stessero complottando qualcosa e non capisse cosa. 
«Sei ingenua, Priscilla. Sottovaluti le capacità delle donne di vedere oltre le apparenze» disse Evergreen, sventolandosi con il ventaglio. 
«Continui ad irritarmi, lo sai?» disse Priscilla, contraendosi in un falso sorriso che serviva solo a mantenere la calma. E nemmeno capiva perché la cosa la infastidisse a tal punto. Lluvia sgusciò vicino a Evergreen, restando sempre nascosta sotto al tavolo, facendola sembrare ancora di più un fantasma inquietante.
«Evergreen capisce capisce ciò che Lluvia intende» mormorò Lluvia continuando a fissare Priscilla.
«L'ho già capito da tempo, non è complicato. Sei come un libro aperto» annuì Evergreen. «Nemmeno ti accorgevi delle volte che ti lanciavo qualche segnale per vedere se confermavi le mie ipotesi».
«Segnali?» chiese Priscilla, cominciando ad arrossire. Di che diamine parlava? Cosa stava succedendo?
«Tu hai capito di cosa stanno parlando?» Bickslow si voltò verso Fried, confuso e curioso, ma Fried mantenne la sua compostezza e rispose semplicemente: «Discorsi da donne, immagino. Un mondo in cui non possiamo nemmeno avvicinarci».
Priscilla gli lanciò un'occhiataccia e repentinamente rispose, sempre più irritata, «Tu sei più donna di chiunque altro».
Fried sussultò alla provocazione e semplicemente arrossì, sentendosi offeso in un modo che non era semplice contrastare... perché forse, sotto sotto, tanto errato non era.
In quella posizione voltata verso Fried, Priscilla ebbe modo di far cadere lo sguardo al piatto di Laxus, ora vuoto se non per l'ultimo boccone che stava prendendo proprio in quel momento. Dimenticò improvvisamente tutti quei discorsi e tornando a scodinzolare si riappoggiò alla spalla di Laxus, chiedendo dolcemente: «Posso averlo io quello?»
Laxus non rispose, spostò nuovamente gli occhi per guardarla senza mostrarle nemmeno chissà quale emozione, e infine le avvicinò quell'agognato ultimo bocconcino alle labbra. Rallegrandosi come una bambina Priscilla aprì la bocca, pronta a gustarsi il morso, ma proprio quando stava per chiudere le labbra e prenderselo Laxus lo tolse dalla sua traiettoria e se lo mangiò lui. 
«Prenditi la tua porzione» rispose, ancora masticando, con una Priscilla ora pietrificata ancora aggrappata alla sua spalla. Ci era rimasta talmente tanto male che nemmeno riusciva a chiudere la bocca, rimanendo immobile per qualche secondo. Poi scoppiò, lamentosa.
«Sei cattivo!» si lagnò e cominciò a tirargli una serie di colpi sulla testa, frignando come una bambina. Laxus la lasciò fare, semplicemente alzò un braccio per proteggersi da quella scarica incessante che erano solo fastidiosi, certo non dolorosi. E ancora una volta gli sfuggì una risatina divertita dal profondo della gola. Evergreen li osservò, lanciando loro quel suo sguardo glaciale che tutto voleva significare, e tornò a sghignazzare tra sé e sé. Priscilla la sentì, interruppe la sua aggressione a Laxus, e la guardò, sentendosi di nuovo sotto esame. Lluvia, ancora rannicchiata sotto al tavolo al suo fianco, annuì come se Ever avesse appena detto qualcosa su cui era d'accordo. 
«Mi fate venire i brividi, lo sapete?» mormorò Priscilla, inquietata, ma loro non risposero più sentendosi già soddisfatte così.
I festeggiamenti proseguirono tutta la notte, tanto che la maggior parte di loro si addormentò dentro la sede della gilda senza nemmeno tornare ognuno a casa propria. Natsu spalmato su di un tavolo, al posto di un tacchino mezzo mangiato ora buttato a terra. Gray più composto, a braccia conserte, seduto a terra ai suoi piedi. Avevano lottato almeno una decina di volte, in tutta la serata, ed entrambi non ne potevano più. Mirajane abbracciata a Lisanna, entrambe appoggiate al gigantesco petto di Elfman. Makarov steso sul bancone, Cana abbracciata ad un barile ormai vuoto, Gildarts al suo fianco russava malamente con la faccia schiacciata al tavolo. Sull'isola di Tenrou Cana gli aveva confessato che lei era sua figlia e da quando erano tornati perciò Gildarts non aveva fatto altro che urlarlo a tutti e avvinghiarsi a lei ogni volta che poteva, con conseguente urla irritate della ragazza per il suo essere troppo appiccicoso. Lucy era appoggiata con le spalle a un pilastro, vicino a Wendy, ed entrambe tenevano tra le braccia Charle e Happy. Gajeel steso su un altro tavolo, a testa abbandonata all'indietro, Levy ai suoi piedi e Jet e Droy al suo fianco. Bisca e Alzack poggiate testa contro testa, con la piccola Asuka, la loro figlioletta, stretta tra le braccia di entrambi. Laki, Macao, Wakaba, Romeo, Max, Warren, persino Reedus... tutti avevano trovato un angolo dove accasciarsi, pieni di alcol e cibo, e crollare senza avere la forza di tornare a casa, come se avessero avuto timore che nell'istante in cui avessero lasciato la gilda il giorno dopo si sarebbero accorti che era stato tutto un sogno. 
Laxus, ancora chiuso nel suo angolo di fianco ai Raijinshuu, aveva in realtà pensato a un certo punto di andarsi a cercare una stanza di Hotel ma Priscilla continuava a volergli parlare, gli stava a fianco continuamente, gli saltava al collo con qualsiasi scusa, e aveva temporeggiato fino a quando la ragazza non si era addormentata. La testa appoggiata alle sue ginocchia, il corpo rannicchiato sulla panca su cui sedeva e le braccia ben serrate intorno ai suoi fianchi; nonostante il sonno, le dita stringevano i vestiti del ragazzo costantemente, e a ogni movimento si faceva più rigida e più stretta nel suo disperato appiglio. Il terrore che lui fosse potuto sparire, una volta riaperti gli occhi, era più consistente di quello di chiunque altro. Lo aveva rincorso per cinque anni, decisamente troppo tempo per permettergli di svanire al primo cedimento che aveva, lo teneva intrappolato come il più bramato dei sogni. Laxus non aveva avuto il coraggio di farla spostare né di andarsene, consapevole del significato di quell’abbraccio, perciò alla fine persino lui si era addormentato lì. Schiena appoggiata al muro, gambe allungate sulla sedia che aveva a fianco, testa reclinata su una spalla e braccia conserte. Ma nel sonno i muscoli si erano allentati, le braccia erano scivolate giù e la mano destra era finita col poggiarsi delicatamente sulla spalla di Priscilla, come a voler ricambiare timidamente l'abbraccio disperato che lei mantenne per tutta la notte. Discreto, in linea con la sua figura, ma comunque non immune alla ferita che si era portato dietro per così tanto tempo e che, con la debolezza del sonno, non era riuscito a nascondere. Per loro due, più di chiunque altro, era stato un ritrovamento che meritava di essere festeggiato e preservato da qualsiasi ombra. Persino un uomo apparentemente disinteressato come Laxus lo sapeva e quel suo debole gesto dimostrava la sua volontà a proteggere e rispettare il dolore che Priscilla stava lasciando andare in quell’abbraccio notturno, per la prima volta dopo più di cinque anni. Quella sera non erano stati più solo l’ombra di un ricordo malinconico, quella sera loro, su quel tavolino alla finestra, c’erano tornati davvero a ridere, a giocare, di nuovo a parlare, di nuovo a viversi. 
Non avrebbero permesso più a nessun incubo di distruggerlo.


Allora io ti aspetto qui… Laxus.
   
 
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