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Autore: _Cthylla_    18/09/2019    1 recensioni
Ovvero: come NON comportarsi in caso di contatto alieno, per quanto si possa aver ragione.
||Come si evince dal titolo, il contesto di questa storia è Transformers Armada. Lo inserirò correttamente qualora il giusto contesto diventi disponibile.||
''Lincoln è l' esempio di una tipica cittadina americana costruita a poca distanza da una montagna, ottimo posto per condurre una vita tranquilla e occuparsi di Billy, il cugino tredicenne che vive in casa con me da circa un anno.''
Questo è il pensiero di Rain O'Connell, donna neppure trentenne dal carattere piuttosto duro nonostante la vita agiata.
Cosa succederà quando scoprirà che a poca distanza da Lincoln vivono dei robot giganti alieni che, per trovare i cosiddetti ''Minicon'', hanno esportato la propria guerra sul pianeta Terra? Riuscirà a far sì che lei e Billy non vengano coinvolti o il suo piccolo mondo fatto di candele e sottobicchieri finirà per intrecciarsi con quello dei Transformers?
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Autobot, Decepticon, Nuovo personaggio
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Transformers Animated
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PIOGGIA SULL'ASFALTO









“X gon' give it to ya, he gon' give it to ya
X gon' give it to ya, he gon' give it to ya!”


«Uno che fa meno di quaranta miglia all’ora in una strada col limite di sessantacinque è una stramaledetta piaga umana» borbottò Rain, dopo aver dato una veloce occhiata all’orologio attraverso gli occhiali da sole dalle lenti blu scuro.


“Go hard, getting busy wit it
Damn right, and I'll do it again, 'cause I am right so I gots to win
I'm getting down, down like a nigga said ‘Freeze!’
But won't be the one ending up on his knees!”


Mentre il sub woofer continuava a sparare a musica a tutto volume,  decise che si era definitivamente rotta le scatole.
Per i suoi gusti si trovava dietro quel grosso -e a parer suo lentissimo- camion rosso e blu già da troppo. Forse l’autista aveva tempo da perdere e voglia di fare una scampagnata, ma lei era di tutt’altro avviso, soprattutto perché mancava poco all’uscita di Billy da scuola.
Curiosamente quel giorno si era svegliata a un orario un po’più decente del solito e, dopo aver completato la sua routine mattutina e aver visto che la bicicletta di suo cugino era nella rimessa, aveva deciso di andare a prenderlo.
In quell’occasione intendeva anche comunicargli che il suo castigo era finito: negli ultimi tempi Billy si era comportato come doveva, aveva studiato più del solito, aveva sempre usato i sottobicchieri e aveva avuto il buonsenso di evitare ulteriori proteste che avrebbero solo allungato ulteriormente la punizione.

“Credo che apprezzerà il fatto di poter tornare a uscire proprio durante il periodo in cui il centro di ricerche CosmoScoop ospita il luna park della scienza” pensò.


“First we gonna rock, then we gonna roll
Then we let it pop, go, let it go!
X gon' give it to ya, he gon' give it to ya
X gon' give it to ya, he gon' give it to ya!”


Entrata in corsia di sorpasso premette sull’acceleratore, spingendo la sua Porsche decappottabile a centoquarantaquattro chilometri orari -“I chilometri orari hanno molto più senso delle miglia orarie. Americani bastian contrario”, pensava sempre.
Superò il camion con una sonora clacsonata e il braccio destro ben sollevato, volto a mostrare un dito medio altrettanto sollevato all’autista che…

“Non c’era?...”

Alla velocità cui andava non aveva avuto modo di vedere bene dentro l’abitacolo mentre gli era passata accanto, né in seguito dagli specchietti retrovisori, però per un attimo le era veramente sembrato che alla guida non ci fosse nessuno.

«Terremoti completamente a caso, fasci di luce bianca, orme gigantesche di chissà cosa e ora anche questo, che… tsk» borbottò.

Era impossibile, giusto? I veicoli normali non si guidavano da soli.
Era stato sicuramente dovuto a uno strano gioco di luci misto alla velocità, nulla di più, così come il terremoto era stato un semplice fenomeno naturale, la luce bianca vista da suo cugino nella montagna era stata frutto della suggestione e l’orma di cui aveva parlato era una strana depressione del terreno- o semplicemente il lavoro di qualcuno che non aveva niente di meglio da fare.

Accelerò ancor di più per mettere ulteriore distanza tra sé e il camion.
Complici quegli strani pensieri, aveva appena deciso che le risultava molto antipatico.



***




«Ma se non c’è niente, perché andate così spesso in direzione della montagna?» insistette Billy.

Sembrava proprio che, per quanto i rimproveri di Rain non l’avessero lasciato indifferente, Billy perseverasse con quel “rompimento di scatole” dal quale era stato dissuaso. Sua cugina in fin dei conti non era lì a scuola, castigo o meno non poteva controllarlo ventiquattr’ore su ventiquattro e vederlo fare quel che non avrebbe dovuto.

Ma poi, si chiedeva, perché “non avrebbe dovuto”?
Non intendeva andare nuovamente a infilarsi nella montagna, aveva imparato almeno quella lezione, però non riusciva a vedere davvero qualcosa di male nella sua sete di risposte.
La curiosità era qualcosa che lo rendeva uno spirito affine ai due coetanei che stava tartassando con le sue domande, e forse era proprio dal fatto di essere affini che derivava la sua voglia malcelata e mal espressa di avvicinarsi a loro.
Billy non era mai riuscito a farsi molti amici nei suoi tredici anni di vita, complice forse la sua situazione familiare poco stabile. Parlava con alcuni dei suoi compagni di classe ma non aveva un legame con nessuno di loro, se non con Fred, che considerava un amico ma a cui riservava un trattamento più simile a quello di un subordinato.
Il loro non era il rapporto più sano del mondo, ma non era neppure così strano che una persona insicura traesse forza dal prevaricare chi era ancor più insicuro di lui- anche senza la vera intenzione di fare del male.

«Voi ci ritenete degli sfigati, no? Allora fatevi gli affari vostri una buona volta, idioti!» sbottò Carlos.

«Ehi! Il mio terapista dice che nessuno deve permettersi di darmi dell’idiota!» protestò Fred.

«Beh non è che comportandovi così ci spingiate a chiamarvi in un modo diverso, anche se volessimo farlo» ribatté Rad, alzando gli occhi al cielo.

«Invece di lamentarvi dovreste ritenervi fortunati del fatto che vi chiediamo delle vostre stramberie da stramboidi. Quindiiii… cosa c’è su quelle montagne?» tornò a chiedere Billy.

«Voi due non avete proprio niente di meglio da fare se non infastidire la gente?»

Sebbene la frase non fosse stata incoraggiante e non lo fosse stato nemmeno il tono, sia Billy che Fred si voltarono con un sorriso in direzione della voce femminile che li aveva apostrofati in quel modo- per buoni motivi, andava riconosciuto.

«Ciao Alexis!» la salutarono in coro.

Alexis sbuffò. «Sul serio, durante il pomeriggio fareste meglio a studiare invece che tentare di seguirci. Non vi rendete conto di quanto siete snervanti?!»

«Io in questi pomeriggi non vi ho seguiti» ribatté Billy.

«Sì, e hai mandato Fred l’imbranato a farlo al posto tuo!» esclamò Carlos, per poi rivolgersi a Fred «Se pensi a una carriera da agente segreto lascia perdere, amigo, sul serio».

Solo a quel punto Billy notò che i suoi tre compagni di classe quel giorno non avevano con sé la bici, lo skateboard e la vespa con cui si spostavano ultimamente. «Noto che oggi siete venuti a piedi…»

Rad fece spallucce. «Oggi ci hanno accompagnati e ci vengono a prendere».

Con una leggera amarezza, il ragazzino lentigginoso pensò che nessuno veniva a prendere lui a scuola da tanto tempo. Più o meno da quando suo padre era andato via.
Non che ne sentisse il bisogno, quasi tutti andavano a scuola e tornavano a casa in perfetta autonomia, però…


“Back in black I hit the sack
I've been too long I'm glad to be back!”


Sentendo della musica paurosamente alta in avvicinamento, svariati dei presenti si voltarono con aria un po’perplessa, pensando che probabilmente fossero i soliti ragazzi delle scuole superiori -non troppo lontane da lì- automuniti, a cui piaceva fare casino.


“Yes I am let loose
From the noose
That's kept me hanging about!”


L’unico veicolo in rapidissimo avvicinamento però si rivelò essere una cabrio biposto sportiva, bianchissima e immacolata, guidata da qualcuno che Billy non si sarebbe aspettato di vedere lì.

“Rain si è svegliata abbastanza presto da riuscire a venirmi a prendere dopo la colazione” che considerata l’ora sarebbe stato più esatto chiamare brunch “Il tai-chi, il bagno profumato e la scelta della candela da accendere oggi? In che mondo parallelo mi trovo?!”


“I kept looking at the sky cause it's gettin' me high
Forget the hearse cause I'll never die
I got nine lives
Cat's eyes
Abusin' every one of them and runnin' wild
Cause I'm back!...”


Capì di trovarsi nel solito mondo e non in un mondo parallelo nel momento in cui Rain, avendo la strada del tutto libera, parcheggiò sul lato opposto della strada con un testacoda allucinante.


“YES I'M BACK IN BLACK!”


La vide sollevare gli occhiali da sole e fargli cenno di raggiungerla.
Testacoda o meno, l’amarezza provata un momento fa era sparita del tutto.

«Oggi anche io ho chi mi è venuto a prendere» disse Billy, per poi correre verso l’auto senza salutare nessuno.

«BILLYYYYY! Potresti almeno salutarmi!» strillò Fred.

«…cioè, Billy ha una fidanzata così, più grande di lui e che sa pure guidare in quel modo?!» allibì Carlos, che non aveva capito assolutamente niente della situazione.

«Io credo che sia la cugina di cui mi aveva vagamente accennato ai tempi delle ripetizioni. È più probabile» disse Alexis, senza particolare entusiasmo.

«Sì sì, è la cugina… ed è tremenda!» disse Fred dopo aver abbassato parecchio la voce «Ehm. C-ci si vede, ragazzi» farfugliò, allontanandosi alla svelta; non per paura di essere stato sentito, semplicemente perché non era molto abituato a parlare con gli altri se vicino a lui non c’era Billy.

Il quale al momento aveva altro per la testa. «Rain!»

«Salta su e allaccia immediatamente la cintura. Gli occhiali da sole sono nel cruscotto».

Il ragazzino obbedì velocemente, ben contento. «Fatto!»

Rain abbassò la musica a un livello che permetteva la conversazione, diede gas e ripartì, senza manovre strane e a una velocità un pochino più contenuta rispetto a quella con cui era arrivata. «Ho fatto più tardi di quanto avrei voluto, mi sono trovata davanti un camion che andava più lento della morte per fame, se la morte per fame fosse una persona e fosse zoppa da entrambi i lati».

«Era nei limiti?»

«Andava meno di quaranta miglia all’ora in una strada col limite di sessantacinque, roba da fucilazione immediata. Io che vado un po’più veloce di quanto dovrei magari sbaglio» riconobbe la donna «Ma uno come quello intralcia il traffico, la vita, l’Universo e tutto quanto! Roba da revoca della patente, a parer mio. Comunque, stavi infastidendo nuovamente i tuoi compagni o stavolta ti stavi comportando da persona normale?»

«Sono stato normale. Normalissimo. Assolutamente» mentì Billy «Anche se… sai, continuano ad andare in direzione della montagna. N-non che io intenda seguirli ancora fin lì, ovviamente, ho capito che non lo devo fare» si affrettò ad aggiungere «Però non capisco proprio il motivo».

Si preparò a un discorso analogo all’ultimo che aveva sentito da lei a riguardo, con tanto di “Che ti importa di quel che fanno?” ed esposizione della realtà oggettiva concernente il suo metodo di approccio del tutto sbagliato.
Discorso che invece non arrivò affatto.

«Non lo capisco nemmeno io, sono sincera. Ragione ulteriore per cui io ti darò questo avvertimento e tu lo ascolterai: non cercare mai più di seguirli, per quanto tu possa averne voglia, e possibilmente evita di star loro attorno. Se tieni a lui, consiglia lo stesso anche al tuo amico».

«Sembri ancor meno contenta all’idea di quanto già non fossi fino a poco tempo fa» osservò Billy, leggermente inquietato dal tono della cugina.

«Rimango dell’idea che non siano cattivi ragazzi, però una stranezza chiama l’altra. Se i genitori di quei tre sono tanto felici all’idea che i loro figli crepino giovani, schiacciati dai massi o da chissà cos’altro, fatti loro. Io però la penso diversamente, dunque quando oggi pomeriggio uscirai te ne andrai dritto al luna park della scienza, dove le stranezze restano ancora a un livello umanamente accettabile».

«Posso ricominciare a uscire? Sul serio?!» esultò Billy.

«Sì… ma quel che ti ho detto sull’andare in Irlanda nel caso tu faccia qualcuna delle tue stronzate resta valido, sia chiaro».

«Puoi continuare a fare l’irlandese burbera quanto vuoi ma ormai dopo quasi un anno ho capito che in realtà sei gentile e buona come il pan-»

«Shut your gob, ya eejit».

Billy alzò le mani in segno di resa. «Ok, sto zitt-»

«Eccolo! È quello!» lo interruppe Rain, indicando la corsia opposta «Il maledettissimo camion di prima!... AG FUCK-THÙ, GOBSHITE!» gridò, sollevando di nuovo braccio e dito medio «E tu che hai da ridere?»

Billy cercò di contenersi, inutilmente. «Niente, niente!»

“E di nuovo non sono riuscita a vedere se l’autista c’era o meno” pensò Rain.

Qualche minuto dopo quel secondo incontro, il camion rosso e blu la cui lentezza era stata così poco apprezzata si fermò davanti alla scuola.

«Non ci aspettavamo che venissi tu, Optimus» disse Rad, una volta salito a bordo.

«Dato che oggi è una giornata più tranquilla del solito ho pensato che una boccata d’aria avrebbe fatto bene anche a me» rispose il comandante degli Autorobot «Va tutto bene, ragazzi?»

«Alla grande!» esclamò Carlos.

«Ottimo. Si parte!»

Anche con gli umani a bordo -a maggior ragione!- Optimus mantenne sempre la velocità attorno ai sessanta chilometri orari. Nessuno dei ragazzini se ne lamentò ma, vedendo un’automobile grigio chiarissimo superarlo, nel cervello a transistor del cybertroniano balenò un pensiero.

«Ragazzi, avrei una domanda da farvi riguardo una cosa di voi umani…»

«Di’ pure, Optimus» sorrise Alexis.

«Se mentre sei in strada vieni sorpassato da un essere umano, e questo essere umano lo fa suonando il clacson per poi sollevare un braccio e il dito medio verso di te, significa che ti sta insultando? Perché ho incontrato due volte una donna su un’automobile bianca che andava molto oltre i limiti di velocità che segnano i vostri cartelli… e in entrambe le occasioni ha fatto una cosa simile».

I ragazzini si scambiarono un’occhiata, con la vaga sensazione che Optimus avesse incrociato la cugina, a dir di Fred “tremenda”,  di Billy.

«Beh» avviò a dire Rad «Ecco, in effetti…»

«Non preoccuparti, Optimus» minimizzò Alexis «Finché rispetti i cartelli hai ragione tu, non farti problemi».

“Però un po’più veloce ci potrebbe anche andare, sarebbe più divertente” pensò Carlos.

Il pensiero in questione svanì com’era arrivato, sostituito dalla prospettiva di andare alla base. Chissà cos’avrebbero fatto di bello, quel giorno!

“O beh, se mai ci fossero tempi morti possiamo sempre andare al luna park”.

   
 
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