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Autore: alga francoise14    18/09/2019    13 recensioni
Perché ogni anima, anche la più nobile, nasconde un lato oscuro...
Genere: Avventura, Drammatico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: André Grandier, Nuovo Personaggio, Oscar François de Jarjayes, Victor Clemente Girodelle
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Per la serie chi non muore si rivede (!), archiviati i bagordi estivi e riconsegnata la prole a chi di dovere (santa scuola), siamo finalmente tornate, con la speranza di recuperare insieme al tran tran quotidiano, anche ritmi più umani di aggiornamento. Per chi volesse riprendere le fila del racconto, un riassunto più dettagliato è al capitolo 9 e uno più conciso in quello precedente a questo (il 19); per chi invece ha solo bisogno di una “rinfrescata”, avevamo lasciato Victor e l’ambiguo Grammont a tramare per la liberazione del povero André, momentaneamente trasferito all’Hotel Dieu per essere curato. Il piano andrà a buon fine? Ai posteri l’ardua sentenza!
Buona lettura
A&F
 
 
 
 
Come un ago in un pagliaio

Il sole era calato da un pezzo e il cielo aveva oramai perso ogni riflesso della poca luce che aveva accompagnato un tramonto sbiadito e grigio, per lasciare il posto ad una notte buia, contro la quale poco poteva l'esile spicchio di luna che a tratti si affacciava tra la coltre compatta delle nuvole.
Con un sospiro d'impazienza Oscar si mosse inquieta sulla sella di Cesar, che percependo l'agitazione della padrona scosse il capo e nitrì nervoso.
"Sarebbero dovuti arrivare poco dopo il tramonto" disse cupa "e invece... Quant'è che siamo qui? Un'ora? Un'ora e mezza? Magari non è questo il posto..."
"Non credo, siamo sulla strada per Bordeaux, nei pressi di Villebone e i riferimenti che ci ha dato Grammont ci sono tutti: la masseria abbandonata lì in fondo e qui, sul ciglio della strada, l'edicola votiva... Il punto d'incontro è questo senza ombra di dubbio. Qualcosa deve averli rallentati." osservò Victor
"O deve essere andato storto... " ribatté Oscar dando voce al vero pensiero che l'amico aveva voluto tacere per non aggiungere ulteriore ansia ad un'attesa che si era fatta snervante.
Senza replicare Victor diede un colpo secco al fianco del proprio cavallo, e si portò al centro della via provando a penetrare con lo sguardo l'oscurità della notte nel punto in cui ingoiava la strada in direzione di Parigi.
"Se stessero arrivando sentiremmo gli zoccoli dei cavalli ancor prima di vederli..." gli fece notare Oscar raggiungendolo.
Victor sospirò "Non se procedessero al passo, e in una notte come questa sarebbe difficile fare altrimenti".
"A meno che non siano inseguiti... ".
"Ma in tal caso i piani sarebbero cambiati e noi staremmo attendendo qui per niente" si arrese Victor voltandosi a guardarla.  
Proprio in quel momento, un raggio di luna sfuggendo dalla coltre delle nuvole illuminò il viso di Oscar, che gli apparve livido e teso, come raramente l'aveva visto.
Era dritta in sella a Cesar, immobile e come sempre il suo atteggiamento era perfettamente marziale, ma le sue mani stringevano con troppa forza le briglie e lo sguardo inquieto svelava appieno il timore che la voce aveva cercato di nascondere. Victor sentì stringersi il cuore e non seppe frenare il movimento della propria mano che, istintivamente, cercò il volto della donna per accarezzarlo. Altrettanto istintivamente Oscar si irrigidì e si ritrasse prima che le sue dita potessero sfiorarle la guancia. Imbarazzato, rendendosi completamente conto solo in quel momento dell' eccessiva intimità del gesto che stava per compiere, Victor si bloccò.
"Aspettiamo ancora un po'" disse Oscar tirando le briglia di Cesar per voltarsi e tornare al ciglio della strada "Se non dovessero arrivare entro mezz'ora torniamo a Parigi e cerchiamo di capire cosa è successo..."
Victor annui "Spero solo che Grammont non abbia deciso all'ultimo momento di cambiare bandiera..." osservò cercando di non pensare a quanto idiota e fuori luogo fosse stato cedere a quel moto di tenerezza, tanto più in un momento in cui era evidente che ogni fibra di Oscar fremesse per la sorte dell'uomo che amava.
"Che volete dire?" domandò lei aggrottando la fronte.
Per un attimo Victor esitò, ma era inutile cercare di volerla proteggere da una possibilità di cui, in fondo, lei stessa era perfettamente consapevole. Oscar non ne aveva bisogno, e di certo non voleva che fosse lui a raccogliere i frammenti di fragilità sfuggiti dalla sua corazza.
"Non mi fido di quell'uomo... Lo sapete benissimo..." rispose pertanto.
"Sì... ne abbiamo già discusso: ma non avrebbe avuto motivo di  offrirci il suo aiuto per poi tradirci; aveva già ottenuto ciò che voleva, e non avrebbe certo avuto bisogno di tutta questa messa in scena se si fosse voluto solo vantare con il Generale dell'ulteriore merito di aver definitivamente chiuso ogni mia velleità di fuga" disse Oscar ripetendo a se stessa, più che a lui, il ragionamento che più volte aveva opposto ai dubbi sull'affidabilità di Jean de Grammont. "D'altra parte, se fosse vero che è interessato unicamente al proprio tornaconto personale, perché mai non avrebbe dovuto approfittare dell'ulteriore opportunità che costituirebbe avermi definitivamente fuori dai piedi... "
"Non ne ho idea Oscar, ma il fatto che non abbia voluto che né io né voi avessimo parte nella fuga di Andrè, e che abbia accuratamente evitato di darci la benché minima informazione su come ha organizzato la cosa, non mi è mai piaciuto."
"Ha i suoi metodi...".
"Dei tagliagole prezzolati? Non credo siano un metodo sufficiente per avere la meglio su una scorta composta da soldati addestrati e scelti da vostro padre. C'è  qualcosa che non vuole che sappiamo, ne sono certo".
"E se anche fosse? Cosa importa, purché abbia successo... Grammont era la nostra unica possibilità, fidarci ed adattarci alle sue regole era l'unica chance che avevamo e poi nessuna decisione è esente da rischi... " constatò pragmatica Oscar.
Vero...
Victor ricordava perfettamente quando Grammont gli aveva offerto il suo aiuto, era stato chiaro: se avessero accettato sarebbe stato il solo e l'unico ad occuparsi dell'intera faccenda e così era stato. Anche quando successivamente avevano cercato di sapere qualcosa in più sulle modalità dell'azione era stato irremovibile: lui ed Oscar  dovevano restarne fuori. L'unica cosa che gli aveva concesso di sapere, era che avrebbero agito durante il trasferimento di André, e ovviamente l'ora e il luogo in cui avrebbero dovuto attenderli.
L'ora... Dannazione! Era passata da un pezzo... cominciava a credere seriamente che non sarebbero mai arrivati...
Come se gli avesse letto nel pensiero Oscar decise in quel momento, di rompere ogni indugio.
"Basta, abbiamo atteso abbastanza!" esclamò e contro ogni prudenza, con un colpo deciso al fianco di Cesar, sfidò il buio della notte spingendo l'animale al galoppo in direzione di Parigi.
Imprecando ed augurandosi che non rovinassero in qualche fosso lungo la strada, Victor la seguì. Non avevano percorso che poche miglia che al di là di una curva incrociarono un gruppo di uomini anch'essi a cavallo che ad andatura sostenuta venivano dalla direzione opposta.
Oscar tirò con forza le redini frenando la corsa di Cesar, che si arrestò pochi metri dopo il drappello. Voltandosi, spalancò gli occhi per scrutare il gruppo di cavalieri e sentì il cuore perdere un battito quando, tra loro, riconobbe la sagoma di André.
"Non è la notte adatta per lanciarsi al galoppo, dovreste essere più cauta madamigella Oscar, e anche più paziente..."
La voce pungente di Jean de Grammont ruppe il silenzio, ma Oscar neanche lo udì mentre con lo sguardo seguiva André farsi largo tra gli uomini ed avanzare verso di lei. Tutto il resto scomparve, tranne lui che si fermò a pochi passi di distanza.
Era pallido ed aveva il viso smagrito, evidentemente stanco, ma i suoi occhi splendevano, e l'intensità del suo sguardo... l'amore che vi si leggeva... Quanto gli era mancato sentirsi lambire da quell'impalpabile carezza,  quella silenziosa dichiarazione d'amore, muta custode di un segreto che tanto a lungo era stato solo il loro e che ogni volta le sfiorava il cuore! Sentì l'emozione avvolgerla.
Avrebbe voluto piangere di gioia, gettargli le braccia al collo, stringersi a lui e baciarlo, dirgli che le era mancato come l'aria, ma non riuscì a pronunciare neanche il suo nome, si limitò ad abbassare il capo, per controllarsi, come sempre...
André capì, ovviamente, e come sempre  quando vedeva Oscar combattere contro se stessa, andò in suo soccorso.
Dando un colpetto leggero al fianco del suo cavallo avanzò ancora  di qualche passo fino a che le loro cavalcature furono abbastanza vicine da sfiorarsi. Sporgendosi appena dalla sella allungò quindi una mano a coprire e stringere una delle sue, troppo stretta alle briglie. Fu un gesto discreto e naturale eppure potente e pieno di tenerezza, e quando Oscar sollevò il capo, fu il più dolce e bello dei suoi sorrisi ad accogliere il suo sguardo e dirle che capiva, sapeva e l'amava, immensamente, anche per quello...
Per quanto discreto fosse stato quel saluto tra due persone che in realtà avrebbero solo voluto gettarsi l'uno nelle braccia dell'altra, Jean de Grammont ritenne che fosse durato abbastanza e fosse opportuno riportare l'attenzione dei due innamorati a faccende di ordine pratico.
"Lungi da me il voler interrompere un momento tanto toccante" esordì con un'espressione che la diceva lunga su quanto fosse dispiaciuto "ma credo sia il caso che raggiungiamo quanto prima il posto stabilito per trascorrere la notte, non che ci inseguano ma... "
"Sì, in effetti è meglio essere prudenti" convenne Victor "Conoscendo vostro padre a quest'ora i suoi uomini staranno rivoltando Parigi" aggiunse quindi rivolgendosi ad Oscar "e basta poco per avere l'informazione che li metta sulla strada giusta."
Ancora scossa per l'incontro con André, Oscar si limitò ad annuire.
Grammont sospirò. "Giusto. Quindi, visto che siamo tutti d'accordo direi di muoverci velocemente" ordinò e mentre i suoi uomini si rimettevano in cammino egli affiancò Oscar, che con  André seguì il gruppo, chiuso in coda dal Colonnello Girodelle.
"Non vi nascondo che oggi è stata una giornata impegnativa, e un po' di meritato riposo è quello che ci vuole" disse  quindi alla volta della sorella "soprattutto per il vostro André...".
"Vi ringrazio per la vostra premura conte de Grammont, ma non avete di che preoccuparvi, sto molto meglio di quanto possa sembrare" ribatté pacato André "tanto più ora..." aggiunse quindi abbassando la voce e strizzando un occhio ad Oscar, che rassicurata dal  tono scherzoso sorrise scuotendo la testa. 
"In effetti star bene è il minimo che possiate fare Grandier, dopo averci dato tanto da fare per liberarvi...".
"Non vi ho ancora ringraziato Conte...".
"E non dovete farlo. Aiutarvi è stato un piacere e poi avevo proprio bisogno di un po' di avventura. Da quando ho lasciato il ponte di comando della mia nave conduco una vita fin troppo tranquilla".
"Non conosco la vita di mare, e non immaginavo che quella del  capitano di un mercantile potesse essere avventurosa, ma è evidente che mi sbagliavo: avete condotto l'assalto ai soldati della mia scorta, come se non aveste fatto altro nella vita...".
"Il mare è maestro d'avventura amico mio... Non si sa mai cosa possa riservare ed imparare ad essere pronti ad affrontare una tempesta come un arrembaggio è una necessità per qualsiasi capitano. Se a questo aggiungete che ero più che determinato a rendere un buon servigio alla mia neotrovata sorella..." aggiunse tra il serio ed il faceto.
L'espressione stranita con cui André accolse quelle parole, rivelò a Grammont che egli non sapeva nulla del legame di sangue che lo univa ad Oscar, ma il conte non se ne meravigliò più di tanto. Era abbastanza logico in effetti che la sua pragmatica sorella, avesse ritenuto preferibile tacergli quel dettaglio onde evitare di dargli nuovi pensieri durante la sua già difficile prigionia.
"Sorella?" ripeté pertanto André, voltandosi smarrito verso Oscar.
"Non lo sapevate Grandier?" domandò Jean fingendosi stupito "È una lunga storia... ma mia sorella vi spiegherà di certo con calma... "
Sempre più confuso André si voltò verso Oscar.
"Sì André, a quanto pare il conte di Grammont ed io abbiamo avuto la fortuna di avere lo stesso padre" confermò brevemente Oscar, calcando l'accento sull'ultima frase.
"Come ho avuto già modo di dirvi, il criterio con cui valuto nostro padre e le sue azioni, diverge dal vostro... Io credo davvero che tutto sommato possiamo ritenerci fortunati"
Oscar non rispose, conosceva il padre certamente meglio di  quel figlio spuntato dal nulla. Augustin de Jarjayes non solo l'aveva messa al mondo, ma aveva stabilito la sua ragione d'essere, il suo destino e l'aveva plasmata a sua somiglianza. Di lui  conosceva pregi e difetti, e di entrambe le categorie molti ne aveva ereditati. Non gliene aveva mai voluto per la scelta di educarla come un uomo, che anzi col tempo, aveva imparato ad apprezzare per la libertà che comportava.
Il Generale le aveva insegnato il senso dell'onore, il rispetto, il coraggio, la correttezza, era stato spesso duro con lei, che lo aveva  giudicato autoritario ma mai prevaricatore, sempre coerente con i suoi valori e tutto sommato giusto. Per questo, quando aveva deciso di imporle un marito e cancellare con un colpo di spugna tutto quello che era sempre stata e che lui le aveva insegnato ad essere, la delusione era stata cocente. Il rispetto, il consenso, la stima che da sempre provava nei suoi confronti erano crollati, finendo poi con l'essere sepolti dalle macerie del ricatto.
Che avesse avuto un figlio fuori dal matrimonio, per quanto fosse stata una scoperta sconcertante, avrebbe potuto capirlo e accettarlo: ogni uomo o donna al mondo, può avere un momento di debolezza, ma che a distanza di anni,  spinto da un orgoglio insensato per aver scoperto di avere un figlio maschio e col pretesto di rimediare ad un suo sbaglio schiacciasse la sua vita come se non fosse niente e giocasse con quella di colui che lei amava... No... non era perdonabile, né giustificabile.
"Non vi ringrazierò mai abbastanza Jean"  si limitò a replicare. Per un attimo Grammont la fissò in silenzio.
"Non dovete ringraziarmi Oscar" ribatté "Non abbiamo avuto la fortuna di conoscerci da bambini e crescere insieme, da fratelli, ma ci è stata offerta la possibilità di diventare amici, ora, e sarebbe stato sciocco rinunciarci"
"Sono stata prevenuta nei vostri confronti..."
"Ne avete avuto tutti i motivi..." rispose Jean per poi cambiare discorso e lanciarsi in un entusiastico racconto dell'impresa appena compiuta.
Mentre Grammont descriveva ad Oscar i dettagli delle peripezie conclusesi con la liberazione del suo amato, André aveva  rallentato l'andatura e si era affiancato a Girodelle.
"E voi Maggiore, sapevate?"
Victor si voltò a guardarlo.
"Per vostra informazione, ora sono Colonnello” sottolineò accompagnando le parole con un sorrisetto  pungente.
“Perdonatemi, non ne ero a conoscenza, anche se dopo il congedo di Oscar era abbastanza prevedibile che la sua carica passasse a voi” osservò di rimando André.
“Ritrovarsi come futuro suocero il Generale Jarjayes ha anche i suoi vantaggi”osservò scherzosamente il gentiluomo ”Comunqe sì... Oscar me ne aveva parlato" aggiunse quindi brevemente,  per poi tornare a guardare la strada "ma non fatevene un cruccio, non sono certo divenuto suo confidente durante la vostra assenza. È abbastanza normale che abbia informato me,  parte attiva nel progetto per la vostra liberazione e  taciuto  con voi, preoccupata dalle  vostre condizioni, non credete?"
"Certo" convenne André "e non me ne faccio un cruccio; anzi apprezzo che voi le siate stato vicino e che le abbiate dato il sostegno della vostra amicizia in un momento tanto difficile. "
Victor annuì.
"Siete un uomo fortunato Grandier, sapete, davvero non so come sia stato possibile, che abbiate conquistato il cuore di una donna tanto eccezionale e tanto al di sopra della vostra portata"
André sorrise, come mai avrebbe immaginato di poter fare sentendo parole simili pronunciate dal Colonnello  Victor Clement de Girodelle, che del resto le aveva dette senza ombra di disprezzo, ma con una tristezza velata di ironia.
Mentre cavalcavano l'uno di fianco all'altro lo osservò,  aveva il viso assorto  e sembrava immerso nei propri pensieri. Non gli era difficile immaginare quali fossero. Conosceva i  sentimenti che provava per la sua Oscar, li aveva intuiti già  molto  prima che li palesasse chiedendone la mano, e dando inizio a tutta quella storia.  Era questo, più che altro, il motivo per cui non gli era mai andato a genio. Victor de Girodelle non poteva dirsi una cattiva persona, era  anzi uno di quei rari aristocratici che malgrado la convinzione della propria superiorità non avevano l'ego sproporzionato e fastidioso che contraddistingueva la maggioranza dei loro pari, tuttavia  l'idea che, per un casuale privilegio di nascita, al fiero e disinvolto visconte, sarebbe potuto essere concesso, come era poi effettivamente accaduto, ciò che a lui sarebbe stato violentemente negato, glielo aveva sempre reso inviso.
Ora però tutto era cambiato. Ora che l'insicurezza, la frustrazione e la paura di perdere la sua Oscar erano svanite, sentiva un sincero dispiacere nei confronti dell'antico rivale che, in quel momento, come lui un tempo, carezzava con sguardo malinconico la schiena della donna che  cavalcava innanzi a lui, struggendosi al  pensiero che mai gli sarebbe potuta appartenere.
"Avete ragione, sono un uomo fortunato; ma non solo per Oscar..." Non è facile incontrare una persona che sia disposta a privarsi della possibilità di essere felice per  qualcuno che conosce  superficialmente." disse André superando ogni residua reticenza e dandogli atto di una nobiltà ben più importante di quella legata ad un qualsiasi titolo.
"Non è per voi che l'ho fatto André... Lo sapete benissimo... "
"Sì, certo, lo avete fatto per Oscar. Ma ciò non toglie che è per me che avete rinunciato a lei, che sono io a beneficiare del vostro sacrificio e credetemi, so quanto deve essere stato  doloroso... Ho un debito incommensurabile con voi, Colonnello, e spero che un giorno riuscirò in qualche modo a ripagarlo"
“Con un oceano a separarci sarà un po’ difficile” osservò serafico il Visconte “Anche se, pensandoci bene, un modo per sdebitavi ci sarebbe” aggiunse facendosi serio.
“Quale?” domandò incuriosito André, rallentando istintivamente l’andatura del suo destriero.
Victor a sua volta si fermò e con freddezza  puntò  le iridi grigie in quelle verdi di lui.
“Non fatemi mai pentire della mia scelta, Grandier” rispose quindi bruscamente “Rendetela felice, perché giuro su Dio, che se in qualche modo venissi a sapere che non è così, nessun oceano potrà  impedirmi di farvela pagare..."


Oscar cominciava a sentirsi indolenzita. Cavalcavano già da diverse ore e un'altra almeno ce ne sarebbe voluta prima di arrivare a Poitiers, dove lei e André avevano stabilito di fermarsi per trascorrere la notte.
Jean e il suo gruppo li avevano scortati fino a Orleans e lì, ormai abbastanza certi che nessuno li seguisse, come stabilito, li avevano lasciati per far ritorno a Parigi. Con Victor invece si erano separati già a Villebone, la sera stessa in cui André era stato liberato,  ritenendo più opportuno che l'uomo si facesse trovare a palazzo Girodelle,  per sviare i sospetti del Generale che certo sarebbe andato a chiedergli ragione di un suo presunto coinvolgimento.
Separarsi era stato più triste di quanto avrebbe mai immaginato. In tutti quei mesi in cui aveva portato avanti la pantomima del suo fidanzamento con Victor, Oscar aveva allacciato con lui un  rapporto di amicizia sincero e molto più stretto di quanto fosse mai stato in  tanti anni di quotidiana frequentazione. Così, senza che neanche lei se ne  fosse resa  ben conto, grazie  alla sua sempre costante disponibilità e ad una abituale discrezione, egli era finito col diventarne, di fatto, il confidente. Tuttavia,  benché da quando aveva saputo del legame che la univa ad André, non  avesse più fatto parola dei suoi sentimenti, Oscar  sapeva che ciò che lei provava per Victor, non era uguale a ciò che egli sentiva nei suoi riguardi e che dietro ogni parola, sorriso,  rassicurazione, che le aveva rivolto, così come ogni momento di ascolto o silenzio che avevano condiviso, c'era qualcosa in più d'un amichevole affetto.
Vederla con André non doveva essergli stato facile, separarsi da lei, da loro due assieme, doveva essere stata una necessità per non continuare a farsi del male. Glielo aveva letto negli occhi quando si erano salutati, e la malinconia del suo sguardo le aveva come graffiato il cuore rivelandole indubitabilmente ciò che le parole tanto abilmente mascheravano. Prendergli la mano, tenerla stretta tra entrambe le sue e ringraziarlo augurandogli di trovare la felicità, le era suonato scontato, insufficiente, quasi ridicolo, ma cosa avrebbe mai potuto dirgli? Non c'erano parole d'addio che potessero suonare adeguate e comunque nulla sarebbe stato più vero di quell'augurio fatto con il cuore.
Era andato via senza voltarsi Victor, e mentre gli uomini di Jean si affaccendavano rumorosamente ad accendere un bivacco nel cortile cadente del vecchio casale, alla luce delle fiamme guizzanti Oscar era rimasta a guardarlo riprendere la strada. Solo un attimo prima che sparisse nel buio, lo aveva visto girare leggermente il viso verso di lei  e alzare la mano in un ultimo malinconico saluto, aveva sentito  un nodo stringere la gola, e se non fosse stato per la voce di André che l'aveva chiamata riportandola a lui, e alla constatazione che la felicità viene sempre dopo la sofferenza, avrebbe lasciato che le lacrime che le riempivano gli occhi cadessero a bagnarle le guance.
Un violento accesso di tosse scosse André costringendolo a rallentare l'andatura e richiamò l'attenzione di Oscar, che tirando la briglie arrestò la corsa di Cesar e gli si fece subito vicina.
"Cosa succede André? Tutto bene? " domandò preoccupata.
"Sì" rispose lui sforzandosi di controllare un nuovo colpo di tosse.
"Dobbiamo fermarci, hai bisogno di riposare..."
"Ma no Oscar, sto benissimo davvero..." provò a minimizzare l'uomo.
"Per quanto ne so sei vivo per miracolo e sei convalescente; e comunque anche io sono stanca, troviamo un posto e fermiamoci" tagliò corto.
"Un posto... Bel problema in mezzo ad un bosco..." osservò André senza neanche provare  a convincerla a proseguire, ma facendole presente l'oggettiva difficoltà che avrebbero incontrato a  trascorrere la notte su quel tratto di strada.
"Poco fa prima di entrare in questa boscaglia abbiamo incrociato dei campi coltivati e se ci sono campi ci sono contadini e possibilità di trovare un posto per passare la notte" obiettò Oscar facendo voltare il  cavallo e avviandosi  nella direzione da cui erano venuti.
André sospiro rassegnato "E va bene" acconsentì  "ma muoviamoci, il tramonto è vicino e se perdiamo  tempo davvero  dovremo passare la notte sotto gli alberi".
"Non abbiamo mai trascorso una notte insieme in un bosco..."  considerò Oscar mentre lui le si affiancava.
"No, in effetti no..." convenne André
"Potrebbe essere piacevole, pensa: le stelle...le lucciole... il fruscio delle foglie... La carezza della sera sulla pelle...".
André aggrottò la fronte. 
"E da quand'è che sei così... sentimentale?" domandò perplesso, ma Oscar non rispose, limitandosi a scuotere il capo ed atteggiare il viso nell'espressione tipica di chi non sa. André  la osservò divertito.
"Comunque hai ragione..." concordò infine dopo una pausa di  pensoso silenzio "le zanzare... l'erba bagnata... l'umidità... la mia polmonite... Molto, molto poetico in effetti".
  "Sei un cinico insensibile" commentò Oscar sforzandosi di esser seria.
"Mmm... visto che tu  hai improvvisamente perso ogni senso pratico..."
Oscar schiuse le labbra in un sorrisetto divertito "L'amore gioca brutti scherzi!" asserì usando il più scontato dei luoghi comuni.
Scoppiarono a ridere. Una lunga, allegra, spensierata, risata liberatoria, la prima dopo tanti mesi di tensioni e angoscia. Si godettero quel momento senza trattenersi, ridendo come  ragazzini fino a che le risate non si spensero ed Oscar si ritrovò la vita stretta da un braccio di André, che sporgendosi  dal suo cavallo la attirò a sé e premé le proprie labbra contro le sue. Fu un bacio leggero, ma che andò dritto al cuore facendolo sobbalzare. Oscar chiuse gli occhi assaporando il dolce sapore della sua bocca e sollevò la mano ad accarezzargli il viso ispido di barba. Avrebbe voluto che quel momento durasse in eterno, ma la posizione non era delle più comode e soprattutto i cavalli sembravano non essere d'accordo e allargando la distanza tra loro li costrinsero a separarsi.
Proprio in quell'istante si resero conto che poco più in là una coppia di contadini intenti all'aratura si era fermata e li fissava attoniti. Da principio non capirono il perché di quegli sguardi tanto sorpresi e vagamente disgustati, poi l'uomo sputò a terra nella loro direzione  e mormorando qualcosa alla moglie si asciugò con la manica la fronte madida di onesto sudore e riprese il suo lavoro, subito imitato dalla donna.  
"Immagino non sia il caso di chiedergli se hanno un posto in cui possiamo trascorrere la notte" disse Oscar con sarcasmo, realizzando che agli occhi dei due contadini  erano apparsi come due uomini che si baciavano e che se l'uomo si era limitato  sputare a terra e ad ingiuriarli tra i denti rivolto alla moglie, era solo perché l'aspetto li identificava come appartenenti ad un ceto elevato.
"Non è detto..." ribatté André senza perdersi d'animo e rivolgendosi con naturalezza al bracciante gli chiese se ci fosse nei paraggi un posto dove lui e sua moglie  avessero potuto trascorrere la notte, facendo contemporaneamente presente che erano intenzionati a pagare bene il disturbo.
Il contadino tornò a guardarli avendo l'aria di non essere convinto.
"Da dove venite?" chiese brusco
"Da Parigi" rispose André senza scomporsi.
Incrociando le mani sul manico della vanga e un piede sullo staffale, l'uomo fermò il suo lavoro e squadrò silenziosamente André per poi soffermarsi con più attenzione su Oscar. Infastidita da quell'esame, l'insofferente  ed orgoglioso ex comandante delle guardie della Regina, stava per perdere la pazienza e mandarlo al diavolo, quando  il viso cupo del contadino si schiarì come se avesse avuto un'illuminazione e rivolgendosi alla moglie l'uomo considerò con  un sorriso sdentato  che i signori della capitale erano proprio strana gente.
Alcuni minuti dopo Oscar e André legavano i cavalli ai ganci fissati alle assi del fienile dove avrebbero trascorso la notte.
"Ci è andata  bene" disse André entrando all'interno della  costruzione di legno e lasciandosi cadere su un mucchio di paglia morbida e profumata.
"Sarebbe potuta andare meglio... " osservò Oscar storcendo il naso.
André si  mise a sedere  "Non credo..." ribatté in tono serio  "Dubito che avessero una camera da poterci offrire, molto probabilmente dormono con i figli e gli animali domestici nell'unica stanza in cui cucinano, mangiano e soggiornano, oppure, se sono molto fortunati, hanno un piccolissimo ambiente, che difficilmente chiameremmo camera, separato dal resto."
Oscar accusò il colpo, pentendosi di quelle parole superficiali. Sapeva bene che la dura realtà dei contadini era ben diversa dal sogno bucolico che la Regina aveva realizzato nel suo Hameau, ella stessa  del resto aveva avuto modo di constatarlo  anni addietro, quando  si era trovata ad affrontare la difficile situazione di alcuni contadini di suo padre stesso, impossibilitati a pagare le cure per salvare la vita del proprio figlio; ma a quanto pareva una cosa era sapere, un'altra sperimentare sulla propria pelle il significato della parola privazione. Strinse le labbra e tacque mortificata.
Quella di André tuttavia era stata una semplice constatazione, senza alcun intento di puntualizzazione o rimprovero, pertanto rendendosi conto del turbamento che le sue parole avevano suscitato in Oscar si alzò e la raggiunse.
"E poi scusa, non eri quella che voleva dormire in un bosco?" chiese scherzoso cercando recuperare la situazione, ma lei non accolse l'opportunità e sbuffò appena un sorriso senza convinzione.
"So bene che persona sei, so quanto odi l'iniquità e l'ingiustizia, e come sei disposta a batterti  per chi non ha voce, non ha possibilità..."disse allora con dolcezza prendendole le mani e stringendole nelle sue" non volevo certo farti la morale... "
Lei abbozzò un sorriso "È che..." iniziò a dire, ma un bacio improvviso e inaspettato  come la pioggia in estate, le chiuse la bocca impedendole di finire la frase. Così, senza quasi rendersene conto Oscar si ritrovò catturata dalle  braccia di André, che la avvolgevano stringendola contro il petto. La sorpresa la bloccò per un attimo, un breve istante prima che tutto svanisse  inghiottito delle sue labbra che si confondevano con le proprie e che il suo sapore passasse da quelle dolci sponde all'anima, gonfiandole il cuore  come un mare in tempesta. Avvertendo la  carezza della sua mano che saliva lenta dalla schiena alla nuca, reclinò la testa all'indietro, che Andrè raccolse dolcemente mischiando le dita ai suoi capelli. Cullata da un languore crescente, Oscar gli  si abbandonò stringendogli le braccia al collo e lasciando che il proprio corpo si modellasse contro il suo. Troppo era trascorso, dall'ultima volta che si erano persi l'una nelle braccia dell'altro, in un intreccio che non aveva tempo né luogo, ma solo la sensazione che tutto attorno a loro si fermasse, perché André potesse resistere ancora un minuto senza provare quell'appagamento che solo il suo sapore riusciva a suscitare. In tutto il tempo in cui erano stati lontani si era sentito non semplicemente solo o perso ma  mancante di un pezzo di sé, e come un assetato sopporta la sete con la promessa dell'acqua ristoratrice, per giorni ed ore interminabili egli aveva sopportato la sua prigionia sostenuto dalla  speranza di riunirsi a lei. Ora, che finalmente era avvenuto, baciare e assaporare ogni angolo della sua pelle era l'unica cosa che  poteva placare la sua sete. Senza lasciarla, indietreggiò di qualche  passo e si lasciò cadere sulla paglia portandola con sé. Il fieno era morbido e odoroso sotto di loro, Oscar si sollevò sui gomiti e tra la pioggia dei suoi capelli  lo guardò perdendosi nelle profondità smeraldine dei suoi occhi velati di desiderio. André sentiva il suo respiro carezzargli la pelle e ricambiò il suo sguardo sfilandole dai capelli una pagliuzza dorata. Un attimo dopo la fece rotolare sotto di sé; le baciò le guance, gli occhi, il naso per poi tornare alla bocca e catturare la sua lingua in un bacio appassionato dopo aver indugiato a lungo sulle labbra morbide. Oscar mormorò il suo nome e lui si lasciò sfuggire un gemito rauco, mentre lasciata la bocca le percorreva con le labbra la gola  e le  mani si insinuavano tra gli indumenti cercando bramose la sua pelle nuda. Accese di desiderio le carezze divennero sempre più intime e febbrili superando l'ostacolo di giacche, camice e pantaloni che finirono  ammucchiati da qualche parte. Le dita e le labbra di lui le bruciavano la pelle ed Oscar  sentì le membra fremere mentre  indugiavano sui suoi seni. E quando la sua bocca avida, sazia della loro delizia li abbandonò per tornare alle sue labbra, gli posò una mano sul petto per sentire il suo cuore battere forte mentre ardente scivolava in lei soffocando un gemito. Ondeggiarono assieme in un ritmo prima lento poi più frenetico finché il fuoco che li bruciava si ridusse in cenere.
Restarono a lungo stretti, allacciati l'uno all'altra, il sole era oramai quasi completamente  tramontato e i suoi raggi rosati che avevano tinto  di rosa le pareti del fienile e fatto rifulgere d'oro i mucchi di paglia durante il loro amplesso si spegnevano come la fiamma della passione che li aveva avvolti, lasciando spazio alla luce vellutata della sera e all'aria fresca della notte.
André posò un bacio leggero sul capo di Oscar adagiato sul suo petto, lei sollevò il viso a guardarlo e lui le scostò con dolcezza i capelli della fronte. Oscar sorrise e gli carezzò lieve le labbra.
"Inizia a far freddo" osservò André catturando la sua mano e baciandole la punta delle dita.
"Vero" disse lei stringendoglisi di più.
"Oh ma qui abbiamo coperte degne di dei!" esclamò André con aria divertita e affondando un braccio tra la paglia che li circondava ne spinse su di loro un mucchio consistente.
"Solletica!" protestò Oscar agitando le spalle per far cadere le pagliuzze che la punzecchiavano.
"Ma tiene caldi" ribatté lui massaggiandole la schiena.
“Una vera fortuna” ironizzò lei.
“Sì, una fortuna” ripeté  André “e non è stata l’unica” aggiunse serio scrutandola in viso.
Oscar si sentì travolgere da un'ondata di emozione  per l'intensità di quelle parole pronunciate con tanta  granitica certezza, per quell'amore solido come una roccia.
“André, io…”
“Credevo di averti persa, Oscar” la interruppe brusco lui “Ero convinto che non sarei mai uscito da quella maledetta prigione sulle mie gambe… finché non sono stato trasferito all’Hotel Dieu. All’inizio ero così frastornato da pensare che finalmente quell’incubo fosse finito, ma i giorni continuavano a passare e tu non arrivavi mai. Allora ho pensato che avesse vinto tuo padre, che il prezzo di quelle cure fosse il matrimonio con Girodelle e che tu non avessi avuto il coraggio di dirmelo”
 “Non avrei mai permesso che andasse così, avrei usato ogni mezzo per costringere mio padre a dirmi dov'eri, a liberarti. Ti garantisco che è stata una fortuna per lui che la tua liberazione sia riuscita...” disse seria.
André le accarezzò con un dito il profilo della mascella “Sì, adesso lo so… ciò non toglie che dopo quello che abbiamo passato, considero il poterti stringerti di nuovo tra le braccia la fortuna più grande che mi potesse capitare. La felicità è un dono raro Oscar, e prezioso… e non è mai semplice da trovare”
“Come un ago in un pagliaio” osservò lei in tono solenne, ma con un sorriso birichino capace di stemperare rapidamente la malinconia del momento.
Rise sommessamente, André, prima di tornare a cercare le sue labbra.
“Sì hai proprio ragione… come un ago in un pagliaio”.
 
 
 
 
 
 
 
 
 
   
 
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