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Autore: Sofifi    20/09/2019    1 recensioni
The New Generation’s Chronicles
Libro 1: Epiphany
Sono passati 21 anni dalla sconfitta del Signore Oscuro e Hogwarts è ora frequentata quelli che sono i figli della guerra, una generazione di maghi che non ha vissuto le battaglie e la morte sulla propria pelle ma solamente attraverso i racconti dei genitori, degli amici, dei parenti…
L’elezione di un nuovo Ministro della Magia e l’allontanamento dalla carica di Granger causano malcontento nelle famiglie più liberali del mondo magico, che temono un ritorno al passato. In questo clima di insicurezza ci sarà chi si lascerà prendere la mano, lottando nel peggior modo possibile per ideali che di per sé non sarebbero neanche sbagliati.
In un periodo in cui il confine tra bene e male è sempre più sottile, cresceranno quelli che saranno destinati a diventare nuovi eroi o nuovi carnefici.
Una storia di amori, tradimenti, e il preludio di una guerra.
Genere: Drammatico, Mistero, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Albus Severus Potter, James Sirius Potter, Nuova generazione di streghe e maghi, Roxanne Weasley, Scorpius Malfoy
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nuova generazione
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CAPITOLO 4
 

Neville si grattò la testa confuso.

Derek Allen, l’insegnante di pozioni, aveva proposto di interrogare in massa tutti gli studenti e Mikhail Egorov aveva subito appoggiato quella folle idea.

-Sarebbero più di duecento studenti da interrogare!- ricordò Orla Quirdick, -Avete presente? E poi dovremmo controllare che tutte le testimonianze combacino tra loro, trovare i testimoni… È un lavoro quasi impossibile!-

A quelle parole il suo ex compagno di casa Stewart annuì, mentre Batsheda, l’anziana professoressa di antiche rune, si lasciò scappare un sorrisetto dopo aver lanciato un’occhiata a Septima.

La McGranitt guardò le due insegnanti più anziane, invitandole a esprimere la loro opinione con un cenno della testa.

-Beh, non è detto che ne ricaveremo qualcosa...- iniziò l’insegnante di Artimanzia.

-Ma anche solo spaventare quei giustizieri sarebbe un inizio.- finì per lei la Vector.

-Esatto.- concordò infatti Batsheda.

-Bene.- commentò la McGranitt, -E per rendere il lavoro meno faticoso ci divideremo così: Ofelia, tu ti occuperai dei corvonero del quarto e del quinto anno, Septima, tu di quelli degli ultimi due.-

La professoressa di divinazione, sentendosi chiamata in causa, sbuffò pensando a tutto il lavoro extra che le sarebbe toccato, la Vector invece si limitò ad annuire.

-Orla, interrogherai i grifondoro di terza e quarta, Mikhail, tu quelli più grandi. Stewart, Batsheda, voi farete lo stesso ma per i tassorosso. Neville e Derek invece, voi penserete ai serpeverde.-

Gli insegnanti si scambiarono uno sguardo d’intesa prima di lasciare l’ufficio della preside.

Silente, che dal suo quadro aveva seguito la riunione, aveva il volto coperto da un velo di preoccupazione.

 

 

 

Neville aveva ricevuto come ufficio un’aula in disuso giù nei sotterranei. Non gli piaceva: era fredda e umida e lui, seduto lì da ore, si era ormai preso il raffreddore.

-Etciù!- l’uomo starnutì per l’ennesima volta mentre Scorpius usciva a testa bassa dall’aula e lasciava entrare Albus.

-Ehi, ciao Al.- lo salutò Neville in modo informale.

-Ciao Nev.- rispose il ragazzo, che conosceva il suo ora professore di erbologia da ancor prima di nascere.

-Sta bene il tuo amico?- chiese, facendo un cenno alla porta chiusa. Anche lui doveva essersi accorto del drastico calo di peso del biondo, o forse anche solo del suo sguardo perso.

-Mmh, non tanto in effetti… Pene d’amore...- gli concesse il giovane Potter, prima di continuare, cambiando completamente discorso.

-Senti, Neville. È vero che questo gruppo sta attaccando i purosangue?-

-E tu come fai a saperlo?- indagò l’insegnante.

-L’hanno capito dei miei amici, Zabini e la Andersen.-

Neville picchiettò la penna sul foglio con fare nervoso prima di rispondere al ragazzo.

-Diciamo allora che non sono molto lontani dalla verità… Zabini e Andersen, eh? Raccomanda loro di far molta attenzione. Loro, più che altri, devono tenere gli occhi aperti.-

 

 

 

Annemarie Zeller entrò nell’aula occupata dalla professoressa Batsheda Babbling con passo incerto.

Non aveva motivo per essere spaventata ma non sapeva davvero cosa aspettarsi, e lei odiava non sapere a cosa stava andando incontro.

Appena vide il volto disteso della professoressa, l’ansia cominciò ad affievolirsi. Forse non sarebbe stato poi così tremendo.

-Vieni, mettiti comoda.- la invitò l’anziana professoressa.

Annemarie fece come le era stato detto, lasciandosi scivolare sulla sedia di fronte alla cattedra che l’insegnante le stava indicando.

-Allora, perché non mi racconti un po’ di ieri? Cosa hai fatto, con chi sei stata? ...-

-Beh...- iniziò la ragazza, -Sono andata a vedere la partita con Sarah, la mia migliore amica, e mio fratello. Mi sono seduta vicino al mio ragazzo, James Potter, tra le tribune dei grifondoro. Lui era vicino a sua cugina Roxanne. Poi alla fine del match James e Roxanne sono scesi per andare a congratularsi con i compagni di casa. Mio fratello, che credo abbia una piccola cotta per la Weasley, li ha seguiti, ed io sono rimasta con Sarah. Poi con lei sono tornata al castello.-

Batsheda sorrise in direzione della ragazza, ricordando l’interrogatorio fatto poco prima al fratello della stessa:

-Quando loro, James e Rox, hanno fatto per scendere, io li ho seguiti. Volevo parlare faccia a faccia con James perché insomma, ha tenuto una mano sulla coscia di mia sorella per tutta la durata della partita, non poteva davvero aspettarsi che non gli dicessi niente!-

L’anziana insegnante sospirò ricordando le scenate di gelosia di suo fratello nei confronti del suo primo fidanzatino.

Beata gioventù, pensò.

 

 

 

La McGranitt nel suo ufficio rileggeva e rileggeva le lettere che erano state lasciate nei luoghi delle aggressioni.

Aveva deciso di non rivelare alla scolaresca la presenza di quei biglietti per evitare di scatenare il panico tra gli alunni, e per fare a meno che gli stessi cominciassero a lanciarsi reciproche accuse.

Pagherai per gli errori di tua madre.” o “Il sangue marcio non è quello dei nati babbani, ma quello dei figli dei mangiamorte.” erano solo due esempi delle terribili parole presenti in quei ritagli di pergamena, firmati sempre allo stesso modo, che mettevano in luce perfettamente il profilo dei possibili aggressori e delle vittime designate.

Dopo aver finito di rileggere anche l’ultimo biglietto, l’anziana donna si alzò ed andò ad aprire uno degli armadi. Con cura scelse qualcosa dal suo interno, poi tornò alla scrivania e si versò nel bicchiere due dita di Rum di ribes rosso.

 

 

 

Hannah Abbott guardò il ragazzo che dormiva agitato su uno dei lettini dell’infermeria.

Adrian Nott era stato portato da lei d’urgenza il giorno precedente dopo essere stato ritrovato ancora in stato confusionale nelle docce degli spogliatoi di quidditch.

Il suo corpo allora era ricoperto da ferite di varie forme e dimensioni, e aveva anche un grosso livido sulla schiena.

Non era stato troppo difficile curare le ferite fisiche ma il ragazzo non era riuscito a dire una parola sull’attacco, ancora troppo terrorizzato, e solo da poche ore era riuscito a smettere di tremare e ad addormentarsi.

Hannah si sedette nella poltroncina al fianco del ragazzo. Neville e gli altri professori proprio in quel momento stavano interrogando gli studenti. Voleva che i colpevoli venissero trovati il prima possibile, non ne poteva più di scene del genere.

Come si curano le ferite dell’anima? Si chiese ancora una volta, asciugando le guance lucide di Adrian.

 

 

 

Gli interrogatori ovviamente non servirono a granché. La McGranitt però fece un discorso incoraggiante in Sala Grande per risollevare gli animi, dicendo che la soluzione del mistero era ormai vicina.

Nei giorni seguenti, la vita al castello tornò pian piano alla normalità.

Il professor Egorov, che dava più importanza alla pratica rispetto alla teoria, aveva cominciato a testare i ragazzi del settimo anno in situazioni sempre più pericolose.

Duncan Ruver, tassorosso, aveva preso a svolazzare per la classe a causa della puntura di un billywig.

-Stephan, attento spalle. E cerca di tirare giù tuo compagno.- Mikhail si godeva lo spettacolo dal fondo dell’aula, senza intromettersi se non quando gli studenti perdevano il controllo della situazione.

James e Roxanne combattevano schiena contro schiena, il ragazzo stava tenendo testa ad uno schiopodo sparacoda, mentre la ragazza stava schiantando uno a uno i membri di uno sciame di glumbumble.

Lo schiopodo stava cominciando ad innervosirsi e i suoi attacchi con la coda diventavano sempre più veloci. Mikhail tirò la bacchetta fuori dalla tasca per prepararsi ad intervenire.

James, scaraventato lontano dall’animale, lasciò le spalle di Roxanne senza protezione. Mikhail vide lo schiopodo avvicinarsi pericolosamente alla sua alunna e fece per alzare la bacchetta. Ma non dovette usarla. Roxanne aveva lanciato un incantesimo non verbale allo sciame di glumbumble, che si erano pietrificate prima di rovinare a terra, poi si era girata e con un colpo di bacchetta aveva fatto levitare lo schiopodo. James, che anche se era caduto non aveva perso la presa sulla sua bacchetta, aveva allora schiantato l’animale, facendogli perdere i sensi.

Mikhail sorrise riabbassando il braccio.

Quel duo era davvero affiatato.

 

 

 

Albus si riempì il piatto di stufato e patate al forno, prima di servire anche Aleksia e Scorpius, che sembravano entrambi con la testa da un’altra parte.

-Ragazzi.- li richiamò, -Non mi alzerò da questa tavola finché non avrete finito di mangiare.-

Albus aveva appuntamento con Kristin in biblioteca in venti minuti, ma di solito al tavolo c’era un’Aleksia che pensava a far mangiare Scorpius, non una che sembrava piuttosto propensa a fargli compagnia in quella assurdità.

-Ale, cos’hai?- gli chiese apprensivo, vedendo che la ragazza continuava a non considerare né lui, né il suo piatto.

-Oh, scusa Al.- cadde dalle nuvole, accorgendosi finalmente che il moro aveva parlato, -Non mi piace che Maxime sia in infermeria da solo.- ammise.

Il ragazzo si era beccato una brutta influenza.

-Non hai motivo di preoccuparti. L’infermeria è sicura, c’è Hannah Abbott, non è da solo.- provò a farla ragionare.

-Già, forse hai ragione.- gli concesse prima di cominciare a mangiare e ritornare quella di sempre, -Vai pure al tuo appuntamento Albus, ci penso io a lui.- aggiunse sottovoce rivolgendosi sempre al giovane Potter, che le sorrise grato prima di finire l’ultima forchettata di patate al forno e alzarsi dalla panca.

 

 

 

Al tavolo dei serpeverde, Scorpius e Aleksia non erano gli unici a comportarsi in modo strano.

-Nott, è la tua ragazza.- rispose Isabelle spazientita.

-Ma è la tua migliore amica!- ribatté Adrian.

-Ci ha cacciati tutti via, è ovvio che sarebbe toccato a te restare!-

-Ma è entrata nel bagno delle femmine! Sarebbe stato compito tuo seguirla!- alzò la voce il ragazzo.

-Piantatela di litigare, e decidete in fretta chi deve andare da lei.- provò a fermarli Kjeld.

-Vai tu.-

-No, vai tu.-

Il maggiore dei fratelli Andersen si prese la testa fra le mani, esasperato.

-Isabelle, per favore.- la pregò il ragazzo, sapendo per esperienza diretta che Nott diventava estremamente impacciato quando doveva consolare qualcuno.

-Io ci andrei, ma non saprei cosa dirle!- si giustificò lei.

-Non è difficile, le dici che ti dispiace, ma che riuscirà sicuramente a recuperare. Che è nata per fare il magistrato e non sarà certo una S in storia della magia a fermarla e tutte quelle cose lì...-

Isa sbuffò, però poi si alzò dalla panca:

-Ricordati che mi devi un favore, Nott.-

 

 

 

-Io non vado da sola.- si rifiutò una voce femminile.

-Wonder...-

-E smettila di usare quegli stupidi soprannomi.-

-Finitela, voi due.- disse un ragazzo che aveva tutta l’aria di essere il capo di quella banda, -Non ti avrei mai lasciato andare da sola. E poi Angie McPhail… Voglio essere io ad occuparmene.- continuò mentre un sorriso sadico gli sfigurava il viso.

-Ma io non voglio stare neanche… Con lui.- rispose la ragazza con una smorfia sdegnata. Il ragazzo che non vedeva l’ora di occuparsi di Angie, ignorò il commento dell’amica rivolto all’altro membro del team:

-Dai, dobbiamo muoverci, non capitano spesso occasioni del genere.-

 

 

 

-Scorpius, per favore...- lo implorò ancora una volta Aleksia, -Non puoi andare avanti così!-

Scorpius continuò a guardare le patate nel suo piatto con occhi spenti. Non voleva ascoltare. Non voleva pensare.

-Non ho semplicemente fame. Non ho niente di che.-

-Lo dici a ogni pasto!- sbottò la ragazza, guardando con apprensione le braccia ossute dell’amico, -Siamo tutti preoccupati!-

-Non dovete. Sto bene.- ormai rispondere così era diventato una routine.

-Non mi mentire. So che è accaduto qualcosa con Albus.- continuò Aleksia, spingendosi oltre al punto in cui era solita fermarsi, -Non sono stupida Scorp. E non ho mai creduto a quella storia del litigio, non sembrate arrabbiati l’uno con l’altro.-

-Non sono affari tuoi.- obiettò il biondo con voce tremante e gli occhi sempre abbassati, adesso lucidi.

-Lo sono, sei mio amico.- replicò la ragazza, appoggiando il mento sulla spalla di Scorpius, che non riuscì a ribattere a tanta sicurezza.

-Non devi lasciarti appassire così.- continuò lei sussurrando, senza spostarsi di un millimetro, -Ed è un anno che va avanti questa situazione, io sono sempre qui, così come Maxime, e nemmeno Albus ti ha abbandonato.-

Scorpius rimase fermo lì, con le parole di Aleksia in testa, era vero, erano tutti rimasti al suo fianco e lui non era mai riuscito a rendersene conto prima.

-Mi dispiace.- riuscì finalmente a dire dopo qualche minuto.

Non doveva essere stato facile stargli accanto.

-Non dire cavolate. Non ci hai mica obbligati. Lo rifarei mille volte, e continuerò a farlo. Solo che vorrei ricordarti che, anche se c’è qualcosa che non va, non è tutto. C’è altro nella vita, Scorp. Non puoi continuare a guardare soltanto la pioggia in primavera e dimenticarti dei fiori.-

-Voi siete i miei fiori.- sussurrò il ragazzo senza pensare.

-Spero.- sorrise Aleksia, -E ora finisci almeno le patate che dopo dobbiamo andare a trovare Maxime.-

 

 

 

James entrò in infermeria e si portò al capezzale della sua ragazza, senza posare gli occhi nemmeno per un secondo sugli altri sfortunati.

-Come stai?- le chiese prima di lasciarle un bacio sulle labbra.

-Bene, ormai non ho più febbre. La Abbott ha detto che posso già uscire per cena.-

-Mi fa piacere, mi sei mancata.-

-Anche tu.- rispose Annemarie prima di prenderlo per un braccio e trascinarlo verso di sé, per baciarlo meglio.

-Ehi, non mi fare eccitare, che tra poco arriva tuo fratello.- la ammonì scherzosamente, facendola arrossire.

 

 

 

Isabelle raggiunse il secondo piano con calma, ripetendosi nella mente il discorso di Kjeld. Sapeva che il ragazzo le aveva chiesto di andare poiché Nott non se la cavava bene coi discorsi di quel tipo, ma anche lei non era messa poi molto meglio.

Forse sarebbe stato meglio se fosse andato Kjeld, pensò Isabelle mentre attraversava l’ultimo corridoio, peccato soltanto che lui ed Angie non fossero molto legati.

Isabelle fece per aprire la porta, ma mentre abbassava la maniglia si accorse che c’era del sangue sul pavimento e si dimenticò di respirare per qualche secondo.

C’era una grande probabilità che Angie avesse subito un attacco.

Ed era possibile che gli attentatori fossero ancora lì dentro, ma lei era sola. Sarebbe dovuta scappare a chiamare aiuto? O avrebbe dovuto sperare di cogliere quei pazzi di sorpresa e disarmarli?

L’istinto di Isa propendeva per la prima ipotesi, dopotutto non aveva fatto attenzione a non fare rumore avvicinandosi al bagno, eppure quel sangue doveva essere della sua migliore amica, e anche lei voleva sapere chi fosse stato ad aggredirla l’anno precedente.

Isabelle impugnò la bacchetta ed entrò nella stanza spalancando la porta. Notò subito un corpo a terra ma per il resto era vuota.

-Angie.- sussurrò Isa piegandosi sull’amica, prima di cominciare a tremare. Era ridotta proprio male e continuava a perdere sangue.

Affianco al corpo vi era un ritaglio di pergamena ripiegato su se stesso. Isa non lo notò nemmeno, tanto era concentrata sull’amica.

Senza pensarci due volte la prese tra le braccia e cominciò a correre verso l’infermeria.

 

 

 

Scorpius finì quasi tutte le patate prima di dichiararsi pieno.

Aleksia parve soddisfatta di quel risultato, infatti si alzò e portandoselo dietro cominciò a camminare in direzione dell’infermeria.

Isabelle era salita solo un minuto prima di loro, ma poi aveva proseguito sulla scalinata per un altro piano. I due invece salirono solo una rampa di scale, prima di imboccare il corridoio che li avrebbe portati a destinazione.

Avevano appena mosso i primi passi al piano quando una porta si spalancò e i due vennero spinti dentro a un’aula in disuso.

Né Scorpius né Aleksia avevano fatto in tempo a prendere la bacchetta, figuriamoci a lanciare un incantesimo.

Dal rigonfiamento sul petto, Aleksia capì che uno dei rapitori era una ragazza, però non fece in tempo a guardare l’altra figura che si ritrovò a terra.

Scorpius, che non era certo un cuor di leone, rimase paralizzato finché non vide Aleksia schiantarsi a terra. Solo allora riuscì a muoversi, e tirò fuori la bacchetta, prima che potesse usarla però venne colpito da un incantesimo che lo fece raggelare. Un secondo dopo era immobile e duro come pietra.

-Sarebbe stato più divertente giocarci un po’ insieme prima.- scherzò la figura maschile guardando la sua partner nella missione.

-È meglio così, morirà per i sensi di colpa per non essere riuscito ad aiutare la piccola Andersen. E poi avevamo deciso che io mi sarei occupata di lui e tu di lei, quindi non rompere.-

Il ragazzo sorrise prima di riprendere a giocare con Aleksia, che stava riaprendo gli occhi.

La colpì con una fattura pungente facendola piangere dal dolore, poi, dopo essersi goduto lo spettacolo per qualche secondo, la schiantò nuovamente prima di avvicinarsi pericolosamente al suo corpo gracile, raccogliere la sua bacchetta e spezzarla in due assieme a quella di Scorpius.

 

 

 

Scorpius sentì pian piano la sensibilità tornargli, prima riuscì a muovere le dita, poi un braccio, e infine cadde a terra, le gambe troppo molli per reggerlo.

Chiunque l’avesse pietrificato aveva fatto un incantesimo piuttosto debole, infatti il sole non era ancora tramontato ed esso si era già spezzato.

Aleksia giaceva svenuta poco distante da lui e tra di loro, a terra, svettavano quattro sottili pezzi di legno.

Dopo un po’ il giovane Malfoy riuscì a rimettersi in piedi. Stava bene, se non fosse per i muscoli ancora tesi al massimo.

Fece per avvicinarsi all’amica, quando vide ai suoi piedi un foglio di pergamena. Uno uguale quello giaceva anche accanto al corpo provato e deturpato di Aleksia.

Stranito decise di raccoglierlo, poi cominciò a leggere:

 

Scorpius Malfoy, figlio di mangiamorte, nipote di mangiamorte.

 

Cattivo sangue non mente, da tuo nonno quello stesso sangue di cui vi siete sempre vantati è giunto fino a te, ed ora è giusto che tu soffra per esso, perché per il sangue la tua famiglia ha fatto soffrire migliaia di uomini.

 

La Lega della Giustizia

 

Scorpius ripiegò il biglietto e lo infilò nella tasca della sua divisa prima di raggiungere il corpo di Aleksia e raccogliere anche il suo:

 

Aleksia Andersen, figlia di Pansy Parkinson, la donna che avrebbe venduto Harry Potter al Signore Oscuro.

 

Ti sarebbe piaciuto essere la principessina di un mondo in cui i babbani erano i tuoi schiavi, non è così? I babbani però non sono così stupidi come la tua famiglia ha sempre creduto, e questa e loro vendetta.

 

La Lega della Giustizia

 

Scorpius dopo aver letto anche quel biglietto si accasciò accanto al corpo dell’amica e cominciò a scuoterla.

Aleksia restava immobile e non rispondeva.

Il panico pervase Scorpius per la seconda volta quel pomeriggio e si ritrovò a piangere continuando a sussurrare il nome della ragazza.

Quando ebbe recuperato le facoltà mentali abbastanza da ricordarsi dove fosse, uscì dalla stanza e raggiunse barcollando l’infermeria.

Quando aprì la porta si ritrovò in un posto decisamente sovraffollato.

Su un letto era distesa la fidanzata del fratello di Albus, e al suo capezzale vi erano Henry Zeller, Roxanne e lo stesso James. In un altro letto si trovava il suo amico Maxime e in un’altro ancora una ragazzina che non aveva mai visto prima. Tutti loro avevano lo sguardo rivolto verso il fondo dell’infermeria. Lì si trovava Isabelle con una coperta sulle spalle e Angie sdraiata accanto a lei. Di McPhail si stava occupando la Abbott, anche se ogni tanto chiedeva a Neville o a Derek Allen qualcosa. La preside McGranitt, Mikhail Egorov, Batsheda Babbling e Septima Vector osservavano la scena muti, pronti a intervenire nel caso venisse anche a loro chiesto qualcosa.

In ogni caso, Scorpius non si accorse di tutte quelle persone. Appena aperta la porta infatti svenne ancor prima di dire anche solo una parola.

 

 

-Professori!- cercò di richiamare l’attenzione Maxime, vedendo entrare uno dei suoi amici con aria sconvolta, il volto pallido, e la veste fuori posto.

Nessuno si girò. Non fino al tonfo del corpo Scorpius che toccava terra.

- блядь!- imprecò Mikhail, che udito il rumore si era finalmente voltato, -Они напали на другого!- continuò mettendosi le mani nei capelli.

La McGranitt, anche lei finalmente allarmata, raggiunse il ragazzo.

-Neville, vieni qui.- chiamò con urgenza.

Maxime nel frattempo si era alzato ed aveva raggiunto Scorpius:

-Preside, Aleksia non gira mai da sola, scommetto venti galeoni che c’è anche lei lì fuori.- disse mentre un campanello d’allarme cominciava a suonare nella sua testa.

 

 

 

Scorpius si svegliò sentendo odore di pozioni.

Aprì gli occhi e si mise a sedere di scatto, ignorando le vertigini. Aguzzò lo sguardo in cerca di qualcosa, e poi si voltò, trovando Albus a tre centimetri dal suo viso.

-Al, Al!- cominciò in preda all’angoscia, senza far caso alla posizione in cui si trovava, -Aleksia, lei è in una stanza qui fuori, vicino alle scale.- spiegò ignorando la testa che pulsava.

-Scorpius...- prese la parola Al, chiudendolo in un abbraccio, -Lei è qui. Non è messa troppo bene ma si riprenderà.-

Al che Scorpius si lasciò ricadere sul cuscino, ascoltando ciò che il suo corpo voleva imporgli, e scoppiò in un pianto disperato.

Albus gli accarezzò il braccio in un gesto affettuoso, lasciando che si sfogasse.

-Lei… Lei era così ferma e io ho pensato...- spiegò il biondo, e Albus capì immediatamente.

-No. È viva.- lo rassicurò, - È viva.- ripeté.

Lentamente Scorpius riuscì a smettere di piangere e a tornare nel mondo dei sogni.



ANGOLO AUTRICE:

Ciao a tutti! È passato un po' di tempo dall'ultima volta che mi sono fatta sentire! 
Ora avete tutti gli indizi necessari per risolvere il mistero, quindi se volete potete provare a indovinare chi sono gli assalitori. Potete lasciarmi le vostre idee in una recensione o in un messaggio privato e il prossimo venerdì scopriremo se avevate ragione!

Approfitto di questo spazio anche per ringraziare
Fifo_SVA e LadyTsuky. Grazie per aver aggiunto la storia alle seguite, il vostro gesto mi ha fatto davvero molto piacere!
Un ringraziamento speciale va anche ad inzaghina, che ha recensito, riempendomi di gioia.
Il vostro parere è sempre molto utile e apprezzato, sia quello positivo che quello negativo. Sono su efp per migliorarmi quindi ogni spunto e ogni critica sono preziose.


Aggiorno ogni venerdì, quindi ci vediamo tra sette giorni!

 

  
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