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Autore: Cora_Blackwood    20/09/2019    1 recensioni
In un mondo devastato dalla guerra, uno dei figli del dittatore Joe, Max si è innamorato di una dei leader della resistenza che lotta per avere la libertà. Il giovane soldato è pronto a voltare le spalle alla sua famiglia e a sacrificarsi per la libertà e soprattutto per amore della ribelle. Ma un matrimonio inaspettato causerà l'inizio di uno scontro, la fine per molti.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Tormentata quella notte dai suoi incubi ricorrenti in cui rivedeva la morte della sua famiglia, Deva rimase sveglia fino all'alba in preda alle lacrime che non riusciva a frenare. Un ricordo atroce che la distruggeva ogni volta che la sua mente ne faceva menzione.
Rivedeva il volto di suo padre, quello di sua madre e quello di suo fratello che gli sorridevano. Ogni volta si svegliava piangendo e col cuore gonfio di malinconia. Si stringeva al petto il cuscino e rimaneva molta parte della notte a piangere; era un dolore che non riusciva a superare. Inspirava ed espirava lentamente, cercando di trattenere quanta più aria possibile, sfregava gli occhi contro i palmi, singhiozzando tra un respiro e l'altro. Si strinse fra le coperte che le erano rimaste e rimase a fissare il vuoto fino a quando poi, per la noia e per la stanchezza, chiuse gli occhi. 
Invece Max, pieno di rabbia, prendeva a pugni i cuscini e il letto immaginando che fossero suo padre e gli altri politici. Arrancava fra un affondo e l'altro e respirava profondamente a grandi boccate. Il sudore gli imperlava il viso e col dorso della mano lo asciugava distrattamente ritornando a colpire i cuscini. Stanco e con le braccia senza alcuna forza, schiacciò la faccia contro un guanciale e urlò con tutto il fiato che aveva in corpo. 
Avrebbe desiderato stringere fra le braccia Deva, le avrebbe accarezzato quei suoi capelli crespi e le avrebbe accarezzato il collo come piaceva a lei, ma poi strinse un cuscino immaginando le forme della ragazza.

Quella mattina Deva si alzò a fatica e sfinita. Si guardò in quel piccolo specchio ed uscì di casa per andare al mercato; sapeva che Max era di pattuglia quella mattina, perciò voleva incontrarlo, non riusciva a smettere di fremere dall'entusiasmo al solo pensiero di rivedere quegli occhi blu come lo zaffiro. 
Le strade ricordavano i grandi bazar egizi che un tempo erano ricchi e pieni di gioia, solo che adesso erano colmi di avarizia e non si trovava in Egitto. Le strade erano piene di profumi e cibo come frutta di serra venuta da chissà quale parte del mondo. 
Camminava fra la folla che emanava dei forti odori, alcuni poco gradevoli, tra le urla dei venditori, fra la polvere calda che si levava da terra; il caldo era asfissiante.
Il sole le parve più cocente del giorno precedente, poi qualcosa attirò la sua attenzione: in uno spiazzale di tende e banconi c'era una strana folla radunata; cercò di farsi largo fra la gente accalcata, tutti avevano delle espressioni spaventate e preoccupate. Più si avvicinava al centro della folla più cominciava a distinguere delle voci. Quando queste divennero più chiare, si fermò dietro una donna col velo, cercando di nascondersi per guardare ciò che stava avvenendo. 
- È una ladra! Ha rubato le mie mele. 
Urlò un uomo grasso e baffuto, il sudore gli colava dalla fronte. 
Cominciava a nausearla la puzza di sudore della gente. 
Continuò a concentrarsi sulla scena: una coppia di soldati era ferma al centro dell'attenzione di tutti e stava probabilmente cercando di capire ciò che era successo.
Si alzò sulle punte dei piedi e sbirciò da sopra la spalla di un uomo. Dei due soldati riconobbe Max, era accigliato e scrutava nervosamente la folla, forse la stava cercando.
Si alzò la sciarpa sulle labbra e continuò a guardare. 
- No signore, la prego non mi punisca, mio fratello aveva fame. 
Implorò una voce giovane. Una ragazzina sui quattordici anni era tenuta stretta dal mercante che la guardava maligno. 
- Devi pagare, allora. 
Gli ringhiò il venditore col viso paonazzo.
Deva storse il capo di lato: " oh no... Non promette nulla di buono" pensò. Sentì una strana sensazione che si faceva largo nel suo petto. Avanzò la prima fila e rimase ferma ancora un po' aspettando una mossa del soldato. 
Max fiutò l'aria arricciando il naso e voltandosi nauseato. L'altro si sfilò la sciabola dalla cintura ormai spazientito. 
- Sono stanco delle vostre lamentele. Ti ho vista anche io, sai?
Si inclinò sulla ragazzina che era sull'orlo delle lacrime. 
Quella sensazione si trasformò in rabbia e infine esplose. 
Si voltò cercando qualche arma innocua e poi vide delle noci. Ne afferrò una dal cesto più vicino e la lanciò mirando alla mano del soldato, che venne colpita in pieno. 
Furioso il ragazzo con la barba si voltò guardando la folla stufo della gente che lo circondava.
- Chi ha osato? 
Nessuno rispose, neanche lei, aspettava un'altra sua mossa. 
Il figlio della guerra alzò la sciabola tenendo con forza il braccio della ragazzina che strillava e si divincolava chiedendo pietà; la rabbia nel suo petto adesso si irradiava ovunque nel suo corpo, in quella scena rivide sé stessa molti anni fa, quando aveva provato a sfamare suo fratello e la sua famiglia, ma nessuno per lei aveva fatto tanto. 
Non ci pensò un attimo, agì di puro istinto: corse contro il soldato e si fermò davanti lanciandogli un' altra noce. 
- Sono stata io. Perché non te la prendi con qualcuno dalla tua stessa forza? 
Gli ringhiò contro tirandosi la ragazzina, che sfuggì alla presa del bruto. Odiava come Joe War faceva amministrare il popolo, c'era troppa violenza futile. 
- Questo è ostacolo all'ordine... 
Mormorò il giovane con una nota aspra nella voce profonda. Max la guardava con gli occhi sgranati dietro il suo collega; aveva un sapore metallico in bocca, poi si rese conto di aver stretto troppo forte l' interno della guancia, probabilmente gli usciva del sangue. 
- Basta così Aronne, abbiamo altro da fare di più importante. 
Disse poggiando la mano sulla spalla del ragazzo cercando di tirarselo indietro, ma Aronne con uno strattone si liberò dalla presa di Max. 
- No Max... 
Guardava di traverso Deva con la faccia disgustata, si sentì umiliato da quella sciocca ragazzina senza valore. Lui era il figlio di Joe nessuno osava trattarlo in quel modo. 
Le si fiondò addosso con i denti stretti; rapida come una lince Deva si mise a correre fra la folla, il suo respiro divenne corto, l'aria che si muoveva le rendeva difficile respirare; stava andando contro un muro, poggiò la mano sui mattoni e si spinse nuovamente al centro della strada scansano i passanti e la gente che al suo passaggio gridava dallo spavento: "qualcosa... Non mi quadra" rifletteva mentre si infilava in una strettoia. 
Max cercò di darle vantaggio, urtando accidentalmente il fratello facendolo rotolare per terra, che lo guardò furioso. 
Deva salì sui tetti saltando da una casa all' altra senza molta fatica; non era una corsa contro un solo figlio della guerra, perché le strade per sua sfortuna erano piene di loro.
- Prendila Ubbe!
Sentì gridare alle sue spalle. 
Tutti puntarono gli occhi sui tetti delle case, a guardare quella scena, nessuno le veniva in aiuto. 
- È agile! 
Commentò Max fingendosi stupito. 
- Con le persone sbagliate. 
Si lamentò col fiato corto Aronne. 
Un grido attirò l' attenzione di Max, facendogli accelerare il battito. 
"Se le avessero fatto qualcosa di grave..." pensò, "riuscirei a non farmi scoprire?" 
Guardò in basso e vide che Deva aveva perso l'equilibrio e adesso stava precipitando. Atterrò su un ammasso di stoffa ed un ragazzo di grossa stazza, grande come un orso aveva preso per le spalle Deva che provava a scalciare senza alcun risultato.
Senza pensarci due volte Max si gettò giù dal tetto atterrandogli proprio davanti, prese una manciata di sabbia e la tirò in faccia al ragazzo, che urlò come una bestia infuriata, poi lo colpì alla testa stordendolo. 
Deva aveva gli occhi spaventati, cercò di dire qualcosa, ma la voce non le usciva di bocca. Max la precedette allungando una mano verso di lei: - Vai! 
Gridò, così lei ricominciò a correre ma, quando arrivò alla fine del vicolo, con ancora alle spalle Max, fu fermata improvvisamente da Aronne, che era spuntato fuori da un' abitazione. Spaventato e col cuore in gola, Max li raggiunse correndo. 
- Bravo Max.
- No, io... 
Balbettò. Ma Deva sovrastò la sua voce con un grido di rabbia. Il cuore le batteva all' impazzata, d'un tratto si sentì come un animale in trappola. 
Aronne la tirò per un braccio facendola cadere per terra; lo spacco della gonna le scoprì la coscia, facendo leccare le labbra al ragazzo. 
- Cosa ci fai tu qui? Dovresti essere nell' Arem... Portiamola a Joe, si divertirà o magari ci divertiremo noi. 
Ridacchiò dando una pacca sulla spalla al fratello, che guardava Deva infuriato, ma non lo era con lei, contraeva la mandibola e respirava lentamente. Non sopportava quel linguaggio nei confronti della sua ragazza e vedendo che il soldato che aveva colpito poco prima le aveva messo nuovamente le mani sulle spalle, Max gliela sfilò dalla presa e con delicatezza la spinse di lato. Adesso suo fratello lo guardava meravigliato, si scambiava occhiate con il figlio della guerra dietro Max. 
- Basta Aronne! Smettila di divertirti come un moccioso. E tu Logan ritorna al tuo posto! Abbiamo cose più importanti che pensare ad una mela rubata e a due noci. 
Aronne aveva la bocca aperta, stupito da quell' atto nei confronti della ragazza. 
Deva si guardò attorno e notò che molta gente aveva assistito a quella scena, tutti fissavano incuriositi e bisbigliavano. 
- Non c'è nulla da vedere, via! 
Gridò sempre più furioso Max allargando le braccia e spingendo suo fratello davanti a sé. Tutti si voltarono e si levarono terrorizzati tornando a ciò che stavano facendo. 
Deva si alzò e prese la mano di Max stringendola, lui si fermò e si voltò ancora nervoso. Si sentiva dai muscoli tesi del suo braccio. Nessuno avrebbe dovuto trattare in quel modo Deva, chi le mancava di rispetto, di riflesso lo mancava anche nei suoi confronti. Deva era sua, non l'avrebbe mai concessa al padre o a nessun altro e avrebbe fatto qualsiasi cosa per non farla portare nell'Arem. 
- Gr...
- Vai a casa e rimanici fino a sta sera. 
Le sussurrò inalando il suo profumo. Espirò tremando e ritrasse la mano, contrasse la mandibola: era arrabbiato. 
Si portò una mano davanti la bocca e lo guardò sparire fra la folla. 
Max si voltò e per un attimo si guardarono preoccupati, lui era accigliato e aveva le labbra contratte e ridotte ad una linea perfettamente orizzontale, lei lo guardava con gli occhi pieni di lacrime. Gli dispiaceva da una parte, aveva rischiato di farli beccare, si sentì un po' stupida. 
Dall'altra non poteva lasciare quella ragazza sola e in pericolo. 
Mentre camminava per le strade, riconobbe quella ragazzina: era seduta per terra e le sembrava disperata, lentamente le passò davanti e si chinò. 
- Ehy. 
Da sotto la sciarpa tirò fuori cinque mele e gliele porse.
- Tu sai dove abito, vieni da me così ti insegnerò a non farti notare. 
Le fece l'occhiolino facendola ridere. 
- Davvero, tu passa, ma penso proprio che non ti servirà più. 
Le accarezzò la testa e poi si alzò entrando in casa.
- Grazie Deva, ero preoccupata per te. 
- Io me la cavo sempre.

   
 
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