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Autore: Cora_Blackwood    24/08/2019    1 recensioni
In un mondo devastato dalla guerra, uno dei figli del dittatore Joe, Max si è innamorato di una dei leader della resistenza che lotta per avere la libertà. Il giovane soldato è pronto a voltare le spalle alla sua famiglia e a sacrificarsi per la libertà e soprattutto per amore della ribelle. Ma un matrimonio inaspettato causerà l'inizio di uno scontro, la fine per molti.
Genere: Avventura, Azione, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Il sole era ormai tramontato da un po'. Il cielo era limpido e stellato, una serata perfetta per un appuntamento segreto. Uscì dalla casa rossa e chiusa la porta, un alito d'aria fresca le accarezzò gradevolmente le nude spalle. Era pronta per raggiungere silenziosamente le High Red Rocks, poco distanti dal centro di Irem. L'aria ora era ferma e il caldo della notte le si era appiccicato addosso, ora invece si alternava a leggere ventate e così per tutto il tragitto. 
Le High Red Rocks le si stagliarono davanti come lance in guerra. 
Si sedette sulla sabbia inumidita dall'aria desertica della notte e guardò per un po' il cielo: si vedeva la via lattea e qualche stella cadente; espresse un desiderio. Lei non credeva a quelle stupidaggini che le dicevano da bambina, ma in quel momento avrebbe voluto davvero realizzare almeno uno dei suoi desideri. 
-Deva. 
Bisbigliò una voce roca. 
La ragazza voltò la testa di scatto. Mise le mani sulla pistola pronta ad estrarla, tremava; strinse gli occhi cercando di mettere a fuoco la figura: era una sagoma pallida e si stava avvicinando a lei velocemente, poi intuí.
- Max. 
Gli gettò le braccia al collo baciandoglielo. Lui la strinse a sé, fu un attimo, poi si premettero le labbra contro e con foga si baciarono assaporandosi a vicenda, con desiderio e ardore. 
Con la paura di essere scoperti da un momento all' altro, che rendeva le cose piú belle e quei pochi attimi perfetti. Le dita di Max strinsero i suoi capelli dolcemente, invece lei gli stringeva leggermente il collo con una mano, mentre l'altra era sulla sua testa rasata. Si sentiva in un vortice di emozioni: passione e tristezza, misti a paura e ansia. 
Poi si staccarono ancora col fiato pesante.
- Ho paura. 
Gli disse guardandolo negli occhi grandi. I suoi erano umidi e le labbra le tremavano, come le mani, come ogni cosa del suo corpo. 
- Non devi averne, ci sono io a proteggerti. 
Le sfiorò una guancia, agganciandole una ciocca di capelli dietro l'orecchio che continuava a scivolarle dal resto dei capelli rosso fuoco. 
- È proprio di questo che ho paura e tremo.
La sua voce era flebile e tremava ad orecchio, deglutì a fatica. 
- Non devi preoccuparti. Ci siamo promessi che non avremmo parlato di questo stasera.
Le premette le labbra contro, gliele morse con una leggera forza e le gemette contro.
- Sì, hai ragione, scusami. 
La strinse ancora di più e le guardò gli occhi scuri, le scostò i capelli di lato e le baciò il collo. Quando l'aveva fra le braccia perdeva il controllo di sé. Le respirava pesantemente addosso mentre lei mugolava graffiando leggermente la sua schiena. Non avrebbe voluto lasciarla andare mai, neanche per un secondo. 
- Non saremo una coppia normale ancora per molto vero?
- Cosa?
La mirò con un sopracciglio alzato non capendo quella domanda. Si era stancata della relazione sotto e fuggi? Non poteva biasimarla di certo. 
- Intendo... Insomma, non mi dispiace vederci in queste circostanze; le cose clandestine fanno tutto molto più eccitante, ma non posso dire alle altre che ti guardano innamorate di smetterla perché sei mio. O tenerti per mano in pubblico...
- Che c'è, sei gelosa?
- Ma le vedi? Ti guardano come un principe, solo che sei il mio principe. 
Deva mise il broncio; gli parve una bambina, sì una piccola bambina sexy. La guardava con un'espressione curiosa e sarcastica.
- Sei bellissima, lo sai?
Sorrise non controllando l'istinto di baciarla ancora una volta.
- Tanto lo so che le altre le guardi. 
La baciò a stampo e le sorrise sarcastico. 
- Smettila, tu mi piaci. Con i capelli scompigliati e rossi, l'aria buffa, sempre pronta a fare guerra, con quegli occhi dolci capaci di ucciderti.
Lo guardò con aria addolcita, gli gettò le braccia al collo ancora una volta e lo strinse. Max ricambiò la stretta e chiuse gli occhi lasciandosi trasportare dalla sua fantasia. Stava male, si sentiva piccolo e impotente perché sapeva che Deva soffriva quella libertà. Soffrivano entrambi; gli bruciavano gli occhi, avrebbe voluto piangere e buttare fuori tutta quella tristezza. Era un peso sotto lo sterno che non riusciva a togliersi da tempo. 
- Devi andare. 
Gli sussurrò tirando su col naso e gli occhi rossi, gli abbozzò un sorriso triste e poi contrasse le labbra. 
- Non piangere, promettimelo. 
Le prese il mento fra l' indice e il pollice e la guardò negli occhi. 
- Promesso. 
Rispose nonostante avesse gli occhi nuovamente pieni di lacrime salate. Si strinsero le mani e poi si lasciarono col cuore colmo di infinita tristezza.

Max guardò il palazzo del padre che era scolpito nella massiccia pietra rossa, analizzò un attimo la situazione e poi si arrampicò su di una finestra per entrare nel palazzo senza essere visto. Silenziosamente si aggirò furtivo fra i corridoi nascondendosi nell'ombra, cercando di scappare dagli sguardi rapaci delle sentinelle. Quando arrivò vicino camera sua, una guardia si era fermata decisa a non muoversi più: se fosse passato tranquillamente avrebbe visto il suo abbigliamento non notturno; doveva distrarlo. Si frugò dentro una tasca del pantalone largo color sabbia e trovò un sassolino, lo tirò lontano dalla porta di camera sua e silenziosamente corse supino per entrare non appena la sentinella corse nella direzione del rumore sospetto. L'uomo calvo percepì un movimento d'aria però. Voltò la testa di tre quarti e vide una sagoma che riconobbe.
Tutto poteva essere filato liscio, se non fosse stato per la sentinella, che aveva già intuito quello ch' era appena successo. Così il soldato di pattuglia si caricò il fucile in spalla e corse col cuore in gola verso la stanza del dittatore. Se lo avesse compiaciuto avrebbe ottenuto qualche possibilità in più per entrare nel Valhalla. A quell'ora Joe War doveva essere sveglio per una delle sue terapie, quindi tutto quello che doveva fare il soldato era superare le due guardie davanti la sua porta e riferirgli ciò che aveva visto.
In poco tempo si ritrovò con le porte della stanza di Joe War aperte. Gli tremavano le ginocchia per l'emozione e per la paura di una sua reazione poco gradevole. Fece qualche passo avanti aspettando un cenno di approvazione dal suo capo, che non tardò ad arrivare, ed entrò nella stanza colma di una nuvola di vapore. Un odore aspro gli investì le narici, poi velocemente guardò Joe e abbassò gli occhi per terra evitando il suo contatto visivo. I colori caldi della stanza sembravano avvolti da una foschia. Si sentì girare la testa. L'uomo potente era attaccato ad una pompa in rame che emetteva quell' agra fragranza. I suoi occhi erano segnati da profonde occhiaie, ed erano di un colore intenso come il rosso del sangue che pompa nelle vene. Poi tolse la maschera e aspettò che parlasse. Si inumidì le labbra tremanti e parlò: - Signore... Ho visto uno dei suoi figli, Max, rientrare poco prima da un luogo non individuato. 
A quelle parole Joe rimase freddo. Contrasse la mandibola e digrignò i denti dalla rabbia. Guardò il ragazzo ammonendolo e con un gesto della mano lo congedò: - Ora vai. 
C'era qualcosa che non lo convinceva. Suo figlio era rientrato da chissà dove senza dirgli una parola sul fatto che stesse uscendo di notte, quindi era scappato, dedusse. Con la rabbia che gli ribolliva nelle vene, si staccò dal macchinario ed uscì con astio dalla stanza lasciando i medici sbalorditi e a metà fiato, nessuno interferiva con le sue decisioni, nemmeno se riguardavano la sua salute. 
Con passo deciso camminava avanzando sempre di più verso la camera del figlio, e il passo non era l' unica cosa che cresceva. 
Aprì la porta senza bussare e senza avviso, velocemente diede uno sguardo alla stanza: tutto era al posto, un stanza semplice ma grande e le tende color amaranto davano più profondità al locale. Poi lo vide: era davanti la finestra che guardava fuori seduto sul davanzale, una gamba a penzoloni e l'altra su cui poggiava il braccio piegata. La luce della luna era l'unica fonte luminosa che rischiarava la stanza ordinata. La pelle chiara del figlio sembrava brillare sotto la bianca luce. Il ragazzo si girò velocemente mettendosi in piedi di scatto, il fiato sospeso e le narici larghe. 
- Dove sei stato?
Ringhiò l' uomo avanzando nella camera e scrutandola velocemente. Gli occhi gli balzavano da un punto all' altro rapidi e per poi inchiodarsi con rabbia sul figlio. 
Max ebbe una scintilla di timore negli occhi blu sgranati, temeva di essere stato seguito da uno dei leccapiedi del padre. 
- Sono stato qui.
Affermò il giovane. Si sentì tremare dentro e non riusciva a controllare quegli strani spasmi. 
- Max non mentirmi. Ti hanno visto rientrare. 
L' uomo si avvicinava sempre più goffamente al figlio e quando un raggio di luna lo illuminò, Max si sentì pervadere da un senso di nausea. Sotto quella luce lunare il padre era ancora più deforme e brutto. Strinse la mandibola tenendo a freno l' istinto di vomitare; lo ripudiava per il male che gli faceva e per tutto quello che faceva agli altri. 
- Ho fatto solo una passeggiata... Ero nervoso e avevo bisogno di pensare. 
Indietreggiò di alcuni passi ritraendosi al padre furioso. L'uomo scosse la testa: non lo stava convincendo, avrebbe dovuto tirare fuori sua madre, lo avrebbe certamente fatto stare male, lo avrebbe indebolito e affaticato, ma soprattutto distratto. 
- Avevo bisogno di stare all' aperto. La natura mi fa pensare alla mamma. 
Gli occhi del padre per un breve attimo si addolcirono e si contrassero di dolore. Max chiuse gli occhi addolorato. 
- Manca anche a me. 
- Ma sai cosa penso? 
Sollevò lo sguardo con rabbia e il suo cuore fu stritolato da una morsa di odio. 
-Che lei non avrebbe voluto tutto questo, non avrebbe accettato le tue mogli, se fosse viva sarebbe morta per questo: per le tue azioni. Ti odierebbe perché non hai mantenuto la tua promessa a lei fatta!
Joe arricciò il naso nauseato da quelle parole, nascondendo il dolore che gli aveva provocato. 
- Non dire una sola parola Max! Tua madre fu la prima e l' unica donna che io abbia mai amato. Non prendere un'altra volta questo discorso Max. Abbiamo chiuso. Se vengo a sapere ancora una volta che tu sei stato fuori a quest' ora, o che incontri qualcuno... vedrai che fine farai.
Doveva calmarsi perché doveva tenersi stretto il figlio per il suo piano politico, perciò abbassò l'indice che gli aveva puntato contro. 
- Fallo. 
Lo istigò Max tentando di provocare una reazione in lui. E questo fece scattare qualcosa nell' uomo che si voltò furioso colpendo il volto di suo figlio con gli occhi colmi di astio e disprezzo, il viso contratto.
Era riuscito nel suo intento, provocarlo. Sul viso gli comparve un sorrisetto agghiacciante. 
Dopo la morte di sua madre, le aveva promesso che lo avrebbe tormentato per la promessa non mantenuta: mantenere legata la famiglia. 
Rimase impassibile sostenendo lo sguardo del padre adesso meravigliato di sé stesso. A Max bruciava lo schiaffo ricevuto ma non fece trasparire nulla, per non dargli soddisfazione. 
- Ora dormi... Domani hai molto da fare. 
La voce dell' uomo tremava in modo evidente; si sentiva in colpa, notò che la mano con cui lo aveva colpito tremava. 
Quando uscì dalla camera di Max, il ragazzo si affacciò per vederlo andare via con tutta la sua aurea negativa. Alcune porte del corridoio erano aperte con dei soldati affacciati. Poi guardò la porta della stanza di suo fratello maggiore, figlio della stessa madre, era aperta e il ragazzo affacciato lo scrutò preoccupato. 
- Entrate voi altri! 
Ringhiò per poi riguardare Max.
- Che cosa gli hai detto? 
- Quello che odia sentirsi dire, Aronne. 
Senza aspettare una parola dal fratello si chiuse la porta amareggiato. Sapeva che era rimasto deluso da quel gesto, ma Aronne avrebbe certamente capito. 
Max non si sentiva solo amareggiato, ma deluso e ferito. Si aspettava un padre presente nella sua vita, più amorevole, invece lo aveva trasformato in un soldato dopo la morte della madre e dopo la sua ascesa al potere. Allora forse, non aveva mai conosciuto suo padre e questo gli amareggiava ancora di più l'animo. 
In testa gli risuonavano le parole di Deva. Non voleva deluderla come suo padre aveva fatto con sua madre, lui l' amava davvero e avrebbe fatto qualsiasi cosa per vederla felice. Guardò il cielo e con rabbia si toccò la guancia che gli aveva colpito. Era sempre più violento ogni giorno che passava. Affaciatosi alla finestra vide una stella più luminosa delle altre; gli ricordava il sorriso di Deva, gli occhi gli si riempirono di lacrime. La desiderava.
Ogni volta che la lasciava si sentiva sempre più vuoto, sempre più solo. Poggiò la testa sul vetro della finestra e sospirò. 
- Dove sei adesso?

   
 
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