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Autore: Fabio Brusa    24/09/2019    1 recensioni
"Fenrir Greyback è un mostro. Un assassino. Un selvaggio licantropo. Approcciare con cautela."
Quello che il mondo vede è solo il prodotto di ciò che mi è stato fatto.
La paura li ha portati a ritenerci delle bestie, dei pericolosi predatori da abbattere. E la vergogna per non averci aiutati li spinge a tentare di cancellare la mia stessa esistenza.
Forse finirò ad Azkaban. Più probabilmente, qualcuno riuscirà a uccidermi, prima o poi.
Non mi importa.
Non mi importa, fintanto che sopravvivrà la verità su come tutto è iniziato e sulla nostra gente.
Sui crimini del Ministero e sull'omertà di uomini come Albus Silente.
Su come il piccolo H. sia morto e, dalle sue ceneri, sia venuto al mondo Fenrir Greyback.
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GREYBACK segue la storia del famoso mago-licantropo. Attraverso vari stili narrativi, dai ricordi di bambino ad articoli di giornale, dagli avvenimenti post ritorno di Voldemort a memorie del mannaro a Hogwarts, in 50 capitoli le vicende dietro il mistero verranno finalmente portate alla luce.
Genere: Dark, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Fenrir Greyback
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza | Contesto: Più contesti
Capitoli:
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16/50

- Finalmente sei tornato in te. Pensavo di doverti guardare anche tutto il giorno. Non che la cosa mi pesi... ma cominciavo a preoccuparmi. -

Sentivo le palpebre incollate, faticose da spalancare. La pesante coperta di patchwork mi schiacciava il petto. Rantolai. - Cosa...-

- Hai avuto una nottataccia. Ho messo su la pentola, così ti ci preparo una bella colazione. Come ti senti? -

La capanna era un disastro. Rifletteva perfettamente il mio stato: caos e dolore. La testa sembrava scoppiarmi a ogni crepitio delle fiamme.

- Dovresti cercare di controllarti un po' di più. Tieni, bevi questo. Lo do a mio fratello quando è, ecco, agitatello. - L'enorme mano di Hagrid mi porse una tazza fumante di uno strano infuso alle erbe. Odorava di selvatico.

Lo misi a fuoco: dietro il fitto della barba, mi sorrideva con quei suoi piccoli occhi sinceri e luminosi. - Grazie. - Quando si tirò indietro, vidi la fasciatura. Gli usciva da sotto le maniche della camicia di flanella, fino ad avvolgere stretta i polsi. - Hagrid, il tuo braccio! -

- Oh, non è niente. Solo un graffio. Può capitare - rispose stringendo le labbra.

Il terrore mi svegliò del tutto. - Sono stato io? -

- Adesso bevi. Davvero, non stare a rimuginarci su. - Sì batté sul petto con orgoglio. - Sangue di gigante. Non mi succederà proprio niente. -

Nella mia ignoranza, dovevo credergli sulla parola, anche se il battito accelerò all'idea di vederlo un giorno trasformarsi. Un uomo delle dimensioni di Hagrid sarebbe stato un licantropo da incubo. - Mi dispiace, mi dispiace tanto. -

- Bazzecole! Ho detto che ti tenevo al sicuro e così è. Punto e basta. Ti va del pudding? - L'odore del miele e del latte mi prese per mano, fino a farmi drizzare la schiena. Hagrid prese una gran cucchiaiata dal pentolone, scostandolo dal fuoco, e me lo porse in una ciotola capiente. - Attento, scotta ancora. -

Guardai la ciotola, di porcellana bianca e blu con sopra disegnati fiocchi di neve. Era identica a quella in cui lui sbriciolò dei biscotti sopra il suo dolce. Copie perfette di quella di Lucky, il terranova nero che stava leccando il fondo della colazione, sdraiato sulla poltrona.

Hagrid prese posto sulla sedia a dondolo. Dalla brace del camino si spandeva un piacevole tepore, conservato dalla capanna in un abbraccio grezzo. Gli altri ragazzi dicevano che fosse solo un tugurio, ma io non avevo mai vissuto in un posto tanto accogliente, prima di arrivare ad Hogwarts. In quello spazio angusto mi sentivo protetto, durante la luna piena. Tutto il rischio se lo prendeva Hagrid, chiuso con me, lì dentro, per notti intere.

- Perché lo fai? - gli domandai all'improvviso.

Lui aggrottò le folte sopracciglia. - Che domande sono? Non è mica colpa tua se sei... sei... se sei speciale. -

- Lo so, ma potrei procurarti dei guai. Se non peggio. -

- Il professor Silente ha detto che qui ci posso stare. Ora è anche Preside, pensa. Non c'è uomo più giusto. Ha anche detto che che è compito mio fare il Guardiacaccia. E a me pare che il tuo, ehm, problema, sia compito mio. Anche se questo non è necessario dirglielo. - Annuì vigorosamente, più per convincere se stesso che me.

- Silente non approverebbe? -

La fiducia è una condizione estremamente difficile da conservare. Conquistarla, a volte, può essere naturale, ma mantenerla è tutta un'altra storia. Un capobranco deve sempre sembrare forte, per avere la fiducia di chi deve difendere, altrimenti i gregari penseranno di non essere al sicuro. Un amico deve sempre sembrare che parli nei tuoi interessi, se vuole che tu ti apra e ti fidi di lui. Così, quando Hagrid tirò fuori l'argomento, aiutato dall'intorpidimento generale e dal malessere che mi mostravano come un cucciolo ferito, mossi i primi passi. Dagli spifferi delle finestre sentivo il fiato di Ignavus farsi presente, come un fantasma infestante.

- Silente è un brav'uomo. Guarda al valore delle persone, non al loro lignaggio, come fanno certi cicisbei. Più di una volta si è fatto valere contro il parere degli altri, perfino contro il Preside Dippet. Se non fosse per lui, io non sarei qui. Non hai idea di quante volte ha stracciato le regole e le ha buttate in faccia al Ministero per poter fare la cosa giusta. -

- Veramente? - domandai con sincera curiosità.

Hagrid si nascose dietro al cucchiaio. - Forse questo non dovevo dirlo. -

- Forse dovrei avvertire qualcuno, qualcuno che ci dia una mano. Non voglio farti del male, Hagrid. -

- Sciocchezze, tu non mi faresti mai del male. Lo so che sei un bravo ragazzo, te lo leggo negli occhi! -

- Magari se chiedessi alla professoressa Black... lei insegna Difesa Contro le Arti Oscure. Potrebbe conoscere un modo per, per...-

- Per imprigionarti? Per renderti docile come un furetto ammaestrato? Fidati, Clarabella è una brava insegnante, ma non è morbida di cuore. Lupi più vecchi di te ne sanno qualcosa. -

- Cosa intendi dire? -

Spalancò le palpebre e giocherellò con la ciotola ormai vuota. Le dita del gigante tremavano, lo scarpone batteva sul pavimento e cercava disperatamente un improbabile aiuto. - Tieni, Lucky, goditi il fondo - disse al cane, offrendogli l'ultimo assaggio di pudding.

Io scostai la coperta. Mi alzai lentamente, ascoltando ogni singolo lamento dei muscoli di gambe, schiena e braccia. Pensai che ero stato fortunato, dopotutto, ad aver trovato qualcuno che si prendeva cura di me. E ancora non sapevo quanto.

Accarezzai il pelo morbido di Lucky, che in risposta si sdraiò a pancia all'aria, strappando ad Hagrid un complimento e una risata.

- Hagrid, - insistetti - di cosa parlavi? Cos'è che mi nascondi? -

- Io? Proprio niente, proprio niente. Io non nascondo niente. -

- Chi, allora? -

- Ascolta, non sono discorsi da ragazzini. Ho già detto troppo - bofonchiò spaventato.

- Ti prego, Hagrid. Io devo sapere da cosa mi sto nascondendo. Dovrò vivere in questo modo il resto della vita e vorrei solo sapere perché. -

- Beh, perché agli altri non piaci. Non tu, ma quelli come te. Volevi saperlo? La verità è questa. C'è stata gente cattiva, un po' di tempo fa. Neanche tanto. C'è stata una guerra. -

- E la professoressa Black era cattiva? -

- Non era cattiva. Era spaventata. Come tutti, del resto. Solo pochi sanno come avvicinare certe creature, tantomeno se sono in branco. Oh, scusa... intendevo, lo sai, persone diverse. -

Cominciai ad avere una strana sensazione, come la punta di una lama gelida che ticchettava giù per la schiena, sbattendo contro ogni singola vertebra. - Ci sono branchi di licantropi? E dove? -

- Non lo so. Nessuno lo sa. I pochi sopravvissuti si sono sparpagliati per tutta Europa. Qualcuno è anche andato al di là del mare. A vivere come fuggiaschi, dicono. Riparati nelle grotte e in capanni abbandonati. -

- I sopravvissuti? I sopravvissuti a cosa? -

- Allo sterminio. I licantropi non sono state le uniche creature magiche a essere internate durante la guerra. Venivano fatti dei grandi campi, con reti e tutto il resto, dove quelli come te venivano rinchiusi come le bestie. Alcuni si autodenunciarono e furono convinti a salire sui treni, che pensavano di arrivare in un posto sicuro coi cuccioli. Altri sono stati cacciati. E poi, dentro i campi, venivano tenuti sotto sorveglianza. Clarabella è stata una guardia, per un anno o due. -

- E poi? - Le immagini di sofferenza erano vivide di fronte ai miei occhi. I miei simili, la mia gente, trattata come animali da pelliccia. E un uomo, in mezzo alla folla, aveva il volto conosciuto di mio padre. Lui non ne aveva mai parlato. Furono le parole del Guardiacaccia a cominciare a farmi aprire gli occhi. A comprendere il comportamento di mio padre, dei suoi no, delle sue reazioni folli e deboli, secondo il mio giudizio di bambino.

- In realtà non volevano tenerli li. Volevano ucciderli! - Hagrid cominciò a piagnucolare, impaurito, disperato, indignato oltre ogni limite.

- Perché Grindelwald voleva uccidere i licantropi? -

- Non Grindelwald! Il Ministero! Te l'ho detto, insomma, avevano tutti paura. Nessuno sapeva quanti fossero i lupi mannari. Già, alcuni erano pericolosi. Poi è successo qualche incidente, ed ecco che tutti si spaventano. Gridano "prendete i lupi!" e "non li vogliamo!". Poi un giorno arriva Grindelwald, con le sue parole, e convince un sacco di gente ad andare con lui. Gli mette in testa che per far valere i propri diritti devono combattere. Così il Ministero pensa: quanto ci metterà a radunare anche i lupi mannari? E poi chi, le veela? I folletti? I giganti? -

Prese un enorme fazzoletto, grande quanto una coperta, per asciugarsi le lacrime. Era furente, come se la cose lo riguardasse personalmente.

Continuò: - I licantropi non avevano un posto dove stare, le persone li odiavano solo per quello che erano... anche se alcuni erano i loro fratelli, i loro padri, le loro madri, i loro figli. Dopo l'annuncio sulla Gazzetta del Profeta, li hanno cominciati a denunciare e gli Auror arrivavano.  All'inizio dissero che li rispedivano a casa, ovunque questo posto doveva essere. Nella foresta, forse, non lo so. Poi, dissero che era meglio rinchiuderli. Per la sicurezza della brava gente. E alla fine... -

- Hagrid, come sai tutte queste cose? Chi te lo ha detto? - domandai, calmo in viso ma con una mandria al galoppo nel petto.

- Silente mi raccontato tutto. Volevo aiutare qualcuno, entrare nei campi, perché io so che i lupi mannari sono persone come le altre. Ma non ha voluto, e mi ha spiegato il motivo. -

- Non ha voluto che tu andassi via? -

Pesantemente, Hagrid scosse la testa bovina. Senza rendersi conto, rispose come faceva sempre: con sincerità e innocenza, lontano dalle implicazioni che possono comportare poche, semplici parole. - Non ha voluto farmi entrare. -

   
 
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