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Autore: Enchalott    25/09/2019    4 recensioni
Questa storia è depositata presso lo Studio Legale che mi tutela. Non consento "libere ispirazioni" e citazioni senza il mio permesso. Buona lettura a chi si appassionerà! :)
"Percepì il Crescente tatuato intorno all'ombelico: la sua salvezza, la sua condanna, il suo destino. Adara sollevò lo sguardo sull'uomo che la affiancava, il suo nemico più implacabile e crudele. Anthos sorrise di rimando e con quell'atto feroce privò il cielo del suo colore".
Genere: Avventura, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Quale verità?
 
 
Dare Yoon era stato condotto di peso in uno degli alloggi ufficiali del castello di poppa come prigioniero di riguardo, dopo l’ordine indiscutibile di Tsambika.
Aveva continuato ad agitarsi e a imprecare contro i due filibustieri che lo avevano trascinato via, impedendogli di persuadere la capitana a risparmiare la principessa. L’ultima scena che aveva potuto cogliere era stata quella della ragazza avvinta, che veniva spintonata sulla passerella sospesa tra le due navi.
Il risultato del suo continuo rivoltarsi era confluito in un’ulteriore stretta alle corde, che gli stavano già incidendo a sangue i polsi, e in due giri di una fune aggiuntiva intorno al torace, che lo aveva bloccato contro una delle colonne lignee della sala.
Un pirata grosso il doppio di lui era giunto per dare man forte ai compagni e per dissuaderlo da qualsiasi intenzione di fuga. Gli si era piazzato poi davanti con aria minacciosa, continuando ad accarezzare il coltello che sporgeva dalla cintola
Si era ritrovato a sperare con tutta l’anima che almeno il Daimar avesse qualche asso nella manica e fosse in grado di liberare Adara da quella scomoda posizione.
Non gli era sembrato particolarmente preoccupato dallo scontro con i bucanieri e neppure intenzionato ad arrendersi: il soldato desiderava credere che Alyecc, per quanto odiosamente altero, non fosse disposto neppure a rischiare la vita della donna cui pareva stranamente interessato.
Niente colpi di testa, straniero, o giuro che te la farò pagare…
Lo stato di impotenza cui era stato costretto gli aveva provocato una collera mai provata che, nonostante la stanchezza e le ferite che gli costellavano le membra, lo aveva tenuto attivo e vigile.
Aveva iniziato a studiare con accuratezza l’ambiente, con l’intenzione mantenersi lucido e di recuperare le poche energie residue, ma la presenza dei tre risoluti carcerieri gli aveva impedito di mettere in pratica qualsiasi tipo di mossa, compresa quella che teneva in serbo per le circostanze estreme.
La protezione di cuoio che indossava sull’avambraccio destro nascondeva una lametta, tagliente come un rasoio fresco di cote, sotto la decorazione ovale inserita al centro del bracciale. Quella di sinistra, invece, occultava una sorta di grimaldello abilmente celato in mezzo ai legacci di pelle che la chiudevano.
Tuttavia, finché i tipacci fossero rimasti con lui, qualsiasi movimento inconsulto avrebbe attirato i loro sospetti e gli avrebbe fatto perdere l’occasione buona per svincolarsi. E poi il fatto che fossero tre - anzi, tre e mezzo, considerando il grassone ultimo arrivato – costituiva un problema aggiuntivo.
Si sforzò di avere pazienza, impresa non semplice dato il carattere focoso che si ritrovava, ripetendosi che prima o poi i bucanieri sarebbero stati richiamati altrove dai loro doveri o dalla necessità di portare rinforzi ai compagni. Sperava più nella seconda eventualità, poiché avrebbe significato che l’uomo incappucciato aveva in qualche modo sbloccato la situazione a proprio vantaggio.
Se provi solo a lasciare la principessa nei guai, non ti resta che pregare di morire prima che ti trovi io, Alyecc…
Le frecciatine dei pirati sulla nottata che lo stava attendendo, comprensiva di consigli sconci e accorate richieste di indecenti descrizioni successive, lo avevano notevolmente indispettito, soprattutto perché riteneva che fosse già trascorso un tempo considerevole da quando era stato rinchiuso lì dentro e aveva inteso che quegli idioti non si sarebbero levati di torno tanto presto.
Forse avrebbero atteso l’arrivo di Tsambika dandosi scioccamente di gomito e avrebbero abbandonato la cabina solo su suo ordine diretto.
In quel caso però, Dare Yoon si sarebbe trovato uno contro uno e non avrebbe avuto problemi a sopraffare quella maledetta vipera lussuriosa, che comunque non era affatto da sottovalutare. La comandante non aveva esitato a servirsi di un’azione vile e disonorevole per avere ragione di loro, fatto che lo aveva definitivamente convinto che la sua fama era più che meritata. Che era priva di scrupoli. In qualche modo, quando aveva raggiunto Adara sulla passerella, lo aveva deluso profondamente.
Da una parte l’ufficiale elestoryano desiderava battersi con lei per farla pentire delle sue azioni nefande e per porre definitivamente termine al mito della sanguinaria Xiomar. Dall’altra, invece, teneva le dita incrociate per la seconda possibilità, cioè quella che Alyecc gli levasse le castagne dal fuoco a prescindere.
Mentre era impegnato in quelle considerazioni, aveva sentito scendere uno strano silenzio sul vascello alla fonda e aveva tentato di carpire con impazienza qualche indizio sul misterioso esito del combattimento.
Anche i filibustieri si erano guardati tra di loro, incerti, meditando di spedire uno dei presenti a controllare che cosa stesse accadendo sul ponte.
Poi, all’improvviso, dall’esterno si erano levate delle grida strazianti che gli avevano gelato il sangue. I pirati erano impalliditi e si erano messi sulla difensiva, abbandonando la vigilanza, confusi e atterriti dai lamenti disumani che si insinuavano prepotenti nei loro timpani.
Dare Yoon non aveva avuto il tempo di reagire che la vetrata alabastrina dell’alloggio era esplosa in schegge, sfondata da qualcosa di scuro e funesto proveniente da fuori.
Il ringhio gutturale del mostro, che si era raccolto sulle zampe posteriori per spiccare un altro balzo verso le sue prede sconvolte, gli aveva fatto accapponare la pelle.
Era impossibile che si trovasse lì. Eppure c’era. L’orlagh più grosso che avesse mai visto si era presentato in zanne e artigli in mezzo al mare blu.
Il soldato si era dato per spacciato, preparandosi a morire invocando il perdono degli dei, ma l’animale si era avventato contro i suoi carcerieri, latrando lugubremente, azzannandoli senza clemenza, riducendo a brani le loro carni tremanti e strappando loro urla atroci. Non si era placato finché non aveva captato le loro vite spegnersi in un gorgoglio di sangue e visceri sparsi, affondando il muso in quello scempio disgustoso per assicurarsi che nessuno fosse sopravvissuto alla sua furia.
Poi aveva puntato su Dare Yoon due fessure spietate, che rilucevano di un bagliore azzurro e glaciale, identico a quello che aveva guidato gli orlagh della foresta di Karya. Si era avvicinato, grondando di bava rossastra, e lo aveva annusato brevemente, macchiandogli la casacca di scarlatto, spedendogli alle narici un odore metallico e selvatico che gli aveva mozzato il respiro.
Infine, se n’era andato con un brontolio sordo, sgusciando agile dalla finestra infranta con la stessa velocità con cui era giunto.
Dare Yoon aveva impiegato più di un minuto per recuperare il fiato e tutto il proprio self control per arrestare i conati violenti che gli stavano rigirando lo stomaco. Mai in vita sua, neppure in battaglia, aveva assistito ad una carneficina del genere.
Era riuscito a sfilare la lametta dal bracciale, passandosela abilmente tra le dita in un gioco di prestigio che Aska Rei gli aveva fatto ripetere centinaia di volte, assicurandogli che prima o poi gli sarebbe servito.
Che gli dei ti riportino a noi, comandante…
Non era stato difficile tranciare le corde che gli tormentavano i polsi: si erano sfilacciate immediatamente e lui aveva subito avvertito il pizzicore della circolazione che riprendeva il suo corso naturale e il bruciore dei solchi profondi che gli avevano inciso la pelle. Il che non era che un’inezia rispetto a quanto avevano subito i pirati sbranati dall’orlagh… o a quello che lui avrebbe fatto a Tsambika, qualora si fosse resa colpevole della morte di Adara.
Era la seconda volta che un lupo grigio delle montagne era intervenuto per qualche ragione in loro favore. Certo lo aveva compiuto drasticamente a suo modo e il motivo non era assolutamente chiaro.
Il soldato era riuscito poi a sciogliere agevolmente la fune che lo ancorava alla colonna ed era balzato in piedi per sfondare la porta, ma l’aveva trovata aperta. Era corso fuori ed era stato accolto da un silenzio agghiacciante, che stagnava come una cappa oscura nei corridoi deserti della nave.
Avrebbe bramato recuperare la spada che aveva dovuto abbandonare sul ponte di coperta quando si era arreso, ma la priorità nella sua mente era costituita dalla volontà di accertarsi che la principessa fosse al sicuro. Era sfrecciato rapido verso il boccaporto, mimetizzandosi nell’ombra per non farsi scoprire, ma non aveva incontrato nessuno. Aveva inteso solo un vociare concitato e lontano di voci maschili, dal quale aveva mantenuto le debite distanze.
Si era arrampicato sulla tolda, giusto in tempo per scorgere con stupore il bompresso della Agewe che sprofondava, risucchiata tra le onde mugghianti.
Ma che diamine è successo!?
Con quella domanda martellante nel cervello si era affacciato con cautela al parapetto rialzato e aveva scorto con sollievo che Adara era viva, libera e che si stava occupando con perizia del giovane Aethalas, che invece sembrava messo maluccio. Con loro c’era… Alyecc…?
Oh, per le sacre sabbie…
L’uomo, che non si stava più celando sotto il mantello, si era voltato nella sua direzione per un istante, squadrandolo con indifferenza come a dirgli che era perfettamente al corrente della sua presenza, ma che la cosa non lo turbava affatto; poi era tornato a rivolgere la propria attenzione alla scena che aveva difronte. Le sue iridi d’ambra scura avevano scrutato per un infinitesimo in quelle blu notte di Dare Yoon, che era stato colto da un palpito inorridito nel riconoscere in lui, senza alcun dubbio, il famigerato principe del Nord.
E ora non riusciva a credere alle proprie orecchie, sebbene fosse assolutamente sicuro di aver inteso alla perfezione la proposta di matrimonio che Anthos aveva appena rivolto alla principessa.
 
Adara attese che lo spasmo al ventre si placasse e sgusciò da dietro le spalle di Narsas, che aveva continuato a frapporsi tra lei e il reggente come uno scudo.
“Desidero anch’io porvi una domanda” dichiarò.
“Quello che volete” assentì Anthos, portandosi la mano al petto in un gesto sincero.
“Ambite che io divenga vostra moglie perché provate qualcosa per me?”
L’uomo inarcò un sopracciglio, all’apparenza disorientato, ma non mostrò altre reazioni. Poi ridacchiò lieve, piegando il capo.
“Andiamo…” rimandò “Siete troppo adulta per credere alle favole… o forse troppo giovane per comprendere? Si dà il caso che voi siate la principessa di Elestorya ed io il sovrano di Iomhar. Vi sto invitando a sugellare un’alleanza tra i Due Regni e a rendere unica la successione, annullando la divisione tra le nostre terre. Nient’altro”.
La ragazza arrossì sotto quello sguardo profondo e sicuro di sé, intendendo perfettamente che il trono sarebbe andato a un loro erede.
“È scritto che ciò non dovrà mai accadere, non solo nella Profezia se ben ricordo. Che il mondo terminerà, se qualcuno osasse compromettere l’equilibrio prestabilito”.
“Il mondo sta già finendo, Adara” ribatté lui, alzando le spalle “Se proprio è destino estinguerci, preferisco farlo con tanto di scherno per quelle pagine ingiallite e pedanti. E preferisco farlo tra le vostre braccia”.
Narsas si fece di nuovo avanti, infuriato, e la principessa gli mise le mani sul petto, spingendolo all’indietro gentilmente, ma con fermezza.
“Cosa accadrebbe se la Profezia si compisse prima della nascita del discendente che mi state richiedendo con tanto sentimento?” rispose, mostrandosi offesa.
No. Non era risentita per l’impudente distacco emotivo con cui Anthos si era espresso. Era qualcos’altro che l’aveva turbata. Era come se l’avesse… disingannata.
“Non succederà!” replicò lui ridendo “La Profezia è una stupida superstizione. Mentre io sono abbastanza uomo per realizzare anche subito ciò che vi ho esposto”.
Adara avvampò.
 
Dare Yoon si infiammò, ritenendo la misura ormai colma. Assurdo. No… irragionevole. Anzi, fuori questione!
Atterrò sul ponte con maestria dopo un salto di qualche metro, prima che l’Aethalas, nel cui sguardo dimorava una determinazione fuori dall’ordinario, si risolvesse ad abbandonare la precaria stretta di Adara, facendosi ammazzare inutilmente.
Il tonfo degli stivali sull’assito attirò l’attenzione generale su di lui.
“Dare Yoon, grazie al cielo!” esclamò la ragazza, confortata.
Narsas si limitò a lanciargli un’occhiata in tralice e non si mosse.
“Non vi pare di correre un po’ troppo, principe di Iomhar?” ringhiò il soldato “In base al vostro curriculum sembrate molto lontano dal risultare un ottimo partito”.
“A giudicare dall’insolenza della tua lingua, invece, i tuoi amici si sono preoccupati per te inutilmente” replicò il reggente con calma glaciale.
“Non credo di occupare il primo posto nella classifica della sfacciataggine, invero” rincarò l’ufficiale.
“Sicuramente” sorrise Anthos “E neppure in quella di chi può permettersi di parlare in questo modo grossolano. Specie quando si trova disarmato davanti a me. Non che faccia una gran differenza…”.
Dare Yoon fece qualche passo verso i compagni, ponendosi all’altro lato della principessa, che gli strinse il braccio con calore.
“Non mi avete ancora risposto, Adara” disse il reggente, ignorando gli altri due “Desidero udire dalla vostra voce un sì o un no”.
“Come potete pensare che possa accettare!?” gridò Narsas “Che possa scegliere di dividere la vita con un feroce assassino come voi!? Che trappola è mai questa?”.
Negli occhi chiari di Anthos passò un lampo d’ira profonda. Sospirò, infastidito.
“Ora basta, ragazzino! Mi hai stancato! Sei tu quello che ha come missione un omicidio o sbaglio? Sei uguale al presuntuoso merlo che ricorda al maestoso corvo reale di possedere le piume nere! Almeno io non ho l’abitudine di mentire!”
“Cosa!?” sbottò l’arciere, furente “Mentire? Ma come osate…”.
“Narsas, per favore…” supplicò Adara, impedendogli di raccogliere la sfida implicita.
“Ma no, principessa, lasciate che continui!” concesse il reggente con un sogghigno tagliente “In fondo ha ragione, non bisognerebbe mai raccontare delle fandonie e io ho commesso l’imperdonabile gesto di impersonare Alyecc per incontrarvi. Dico bene, principe degli Aethalas?”.
Dare Yoon sbarrò gli occhi. Principe…?
“Nel deserto non usiamo mai il nostro titolo” rispose l’arciere, inflessibile “Perché ciò che conta è la persona, non il rango. Inoltre, il bailye è mio padre, non io”.
“Oh, davvero? E che tipo di persona sei tu, Narsas figlio di Varsya? Hai rinunciato a prendere le redini della tua tribù e sei venuto al Nord… i tuoi amici conoscono il vero motivo della tua decisione? Cercare il Traditore del sangue non è che la punta dell’iceberg, una verità nascosta in mezzo al mare delle tue bugie!”.
“Non potete produrre altro che insinuazioni in piena malafede!” ribatté l’arciere “Voi non conoscete nulla di me! Invece, io vi ho visto personalmente trasformare i vostri servitori in orlagh e comandare loro di sbranare ogni singolo uomo a voi sgradito! Non avete esitato neppure a infliggere il colpo di grazia a chi si era ormai arreso dopo un gioco spietato! Questa è la mostruosità che alberga in voi e che vi rende l’essere spregevole che siete!”.
Anthos socchiuse le palpebre e le sue iridi auree luccicarono intensamente. Malinconia e furia nell’oro fuso del suo sguardo. Contrasse le dita, ma poi si rilassò e la sua improvvisa quiete fu più spaventosa di qualsiasi accesso di collera.
“Sì, l’ho fatto. E non mi nascondo. Sei tu che neghi l’evidenza, perché sei troppo vigliacco per riconoscere in te la medesima sostanza” affermò pacato.
Il guerriero del deserto reagì, ma il principe sollevò una mano, scaraventandolo impietosamente a terra in una strisciata di qualche metro.
“Narsas!” strillò Adara, sconvolta.
Dare Yoon la afferrò con prontezza, prima che potesse interporsi pericolosamente tra il ragazzo e il reggente, che colmò quella breve distanza rapido e implacabile.
“Quell’idiota…” borbottò “Consente di farsi rigirare dalle parole come un novellino!”.
“Lasciami!” esclamò la principessa, cercando di eludere la morsa del soldato.
“No, mia signora. Mi duole disobbedirvi, ma vi proteggo da voi stessa”.
“Non posso permettere che lui…” la sua voce si spezzò nell’ansia.
Anthos l’avrebbe ucciso senza pietà sotto il suo sguardo impotente. Il Crescente era inerte e indifferente, mentre il cuore pulsava una sofferenza insostenibile.
Maledetto disegno a forma di luna! Non eri tu quello che avrebbe vinto il male?
“Potete solo due cose” le bisbigliò Dare Yoon all’orecchio “Stare ferma… e non credere a una parola di quello che il principe del Nord sta affermando”.
Narsas tentò vanamente di rialzarsi. Una forza invisibile lo tenne schiacciato al suolo, impedendogli qualsiasi movimento, anche minimo. Era il potere immane del sovrano di Iomhar, che gli stava risucchiando le energie e bloccando il respiro.
“Non sforzarti, arciere. Sei sotto il mio controllo” chiarì il reggente, indifferente.
“Adara, non…” sussurrò il ragazzo, ormai senza forze.
“Vi prego, Anthos, non levate la mano su di lui!” supplicò lei, spasimando.
Questi si fermò e la fissò intensamente. Un sorriso mesto gli si disegnò sulle labbra.
“Vi preoccupate così tanto per lui…” considerò, come rassegnato ad assistere ad una situazione inverosimile “Ma provereste la stessa empatia se io vi rivelassi che gli Aethalas tengono in ostaggio vostro padre Stelio?”.
“C-cosa?” balbettò lei, impallidendo.
“Il vostro amico non ve l’ha detto, eh? Comprensibile…”.
“Non siate ridicolo!” sbottò Dare Yoon “Il nostro re è impegnato in una missione diplomatica e…”.
“… e non è più tornato” completò Anthos, abbassandosi accanto al ragazzo che giaceva indifeso “Libero di cantarti la canzone che più ti aggrada, comandante, ballando al suo ritmo come un animale ammaestrato”.
Il soldato incassò l’insulto, evitando di cadere nella stessa rete tesa all’arciere.
“Io diffido di ciò che state insinuando!” esclamò Adara.
“Quando saremo a Jarlath, vi mostrerò tutte le prove di cui avete bisogno. Comprese quelle del tentato avvelenamento di vostra sorella. Sempre per mano dei Guardiani del Mare s’intende…Non lo sapevate?”.
“Dionissa è…” mormorò la principessa con la voce rotta dall’angoscia “Io non…”.
“Non mi credete? Allora diglielo tu, Narsas, coraggio!” sogghignò il principe, afferrandolo per i capelli e costringendolo a sollevare il viso.
“È… è falso…” tossì il ragazzo, appena udibile.
“Sei caparbio!” sbottò il reggente, perdendo l’aria distaccata “Non sopporto l’ostinazione, specie quando fa passare me per bugiardo! È ora che la tua principessa sappia a chi ha concesso la sua ingenua fiducia! Gioca a carte scoperte!”.
“Lei… lei lo sa…” esalò il guerriero del deserto.
“Io non credo” ridacchiò Anthos, appoggiandogli un ginocchio sulla schiena, strappandogli un lamento “Non credo che abbia compreso che tu sei un assassino!”.
“Non… non è vero…” gemette lui, in preda alla disperazione.
Il principe gli scostò il mantello, strinse una mano sul colletto della sua casacca e tirò con vigore, impietoso, stracciando con brutalità la stoffa chiara e mettendo a nudo la sua schiena abbronzata.
Narsas gridò, sconfitto da uno sconforto che gli risultava insopportabile, mentre il cerchio rosso carminio, inciso a fondo tra le sue scapole, veniva alla luce.
Gridò di dolore e di avvilimento, impossibilitato ad occultare quel segno perfetto che indicava senza pietà il suo destino.
Gridò angoscia e rabbia, amore e morte. Gridò e basta.
“Oh, dei…” mormorò Adara smarrita, portandosi le dita alla bocca e nascondendo il volto contro la spalla di Dare Yoon, che era immobile e livido.
“Questo marchio è la prova inconfutabile che hai le mani macchiate di sangue e che sei un ipocrita” affermò il reggente, algido “Viene impresso come condanna ed è peggiore dell’esecuzione capitale. Dimmi, quanti ne hai uccisi per meritare una tale sorte? E come osi a rinfacciare a me di essere un’anima persa?”.
Si mise eretto con aria sprezzante, abbandonando i brandelli di tessuto lacero, che ricaddero ai fianchi dell’arciere come ali spezzate. Lui non si mosse.
Dare Yoon sentiva i singhiozzi sommessi della principessa e il calore umido delle sue lacrime contro la scapola. Fu invaso da una collera accecante, ma riuscì a dominarsi, facendo appello al sangue freddo che era avvezzo a mantenere suo malgrado.
“Bastardo infame…” sputò tra i denti “Sei bravo a piegare le parole…”.
Appoggiò la mano libera sul fodero vuoto, in un gesto meccanico e orgoglioso, guardando Narsas che tremava, totalmente privo della volontà di rialzarsi.
“Non credetegli, Adara” aggiunse protettivo, chiamandola per nome per la prima volta da quando erano partiti da Erinna “Qualunque cosa vi dica Anthos di Iomhar… voi non prestategli fede!”.
 
“Portate questi uomini nella stiva!” ordinò il principe, facendo segno ad un paio dei suoi servitori “Voialtri, invece, andate a controllare cosa combina la ciurma e non lesinate eventuali provvedimenti. Lasciatemi solo con lei”.
Dare Yoon si staccò dal fianco della principessa e raggiunse l’Aethalas, prima che i lupi su due gambe del reggente gli mettessero gli artigli addosso.
“Sono disarmato” abbaiò infastidito al più vicino, che non aveva gradito l’iniziativa e l’aveva agguantato per un braccio.
Si inginocchiò accanto al ragazzo e lo sollevò quasi a peso morto, sorreggendolo. Lui si lasciò guidare, trascinandosi a fatica, con lo sguardo perso e svuotato.
Il mantello gli ricadde addosso, celando nuovamente il circolo vermiglio che gli Anskelisia gli avevano imposto, segnando per sempre il suo futuro.
“Non ti starai arrendendo, Narsas” gli sibilò all’orecchio il soldato, severo “Non sarò certo io a insegnarti che gli alberi si riconoscono dai frutti”.
Percepì le dita dell’arciere stringersi sulle sue spalle, mentre lo aiutava a camminare, seguendo con dignità i servi del principe, che li scortavano sottocoperta.
Un refolo di brezza sollevò dalle creste delle onde l’odore salmastro del mare, trasportandolo fino a Adara e facendole bruciare gli occhi. Due lacrime le scesero lentamente sulle guance, mentre Dare Yoon e Narsas le passavano accanto senza parlare, incalzati dai nemici: l’ufficiale elestoryano le rivolse un impercettibile cenno con il capo, infondendole coraggio. Duro come roccia, fedele e indelebile come il piccolo sole che gli decorava il petto.
Il secondo procedette silenzioso e annientato, aggrappandosi faticosamente al compagno, senza osare sollevare verso di lei il volto ombreggiato dalle ciocche brune che gli ricadevano sulla fronte. Come se ciò che di lui era stato scoperchiato fosse vero. Come se tra loro non esistesse il vincolo indistruttibile che le aveva giurato.
Forse, vederlo morire le avrebbe fatto meno male rispetto al captare quell’assenza di lui, di ciò che inspiegabilmente li univa.
“Siamo giunti a questo…” asserì Anthos, pacato.
Adara trasalì. Lui si era avvicinato e le stava a un passo, affascinante e pericoloso come un baratro senza confine. Allungò la mano e le sfiorò il viso, tergendo le gocce lucenti di dolore che lo imperlavano.
Implacabile e gelido, ma così infelice…
Lei scacciò quella considerazione insensata e si ritrasse. Narsas… mai senza di lui. Non era il momento di piangere, di abbandonarsi alla disperazione, di cedere alla sofferenza. Non era il momento di anteporre le questioni personali al compito che si era consapevolmente assunta, alla promessa che aveva fatto a sua madre e a Elestorya intera.
“No” sussurrò lieve ma risoluta “Non posso sposarvi”.
Il principe strinse le palpebre e le sue iridi d’ambra si fecero più penetranti.
“Probabilmente ho scelto il modo o la congettura sbagliata per domandarvelo” disse “Ma sappiate che non mi inginocchio neppure al cospetto degli dei e che sono solito andare dritto al punto. Vi invito a riconsiderare la proposta, Adara”.
Lei scosse la testa, tranciando definitivamente la questione.
“Non mi importa la modalità e neppure se avete deciso di chiedermi la mano senza provare alcun tipo di sentimento per me. Non è per timore della Profezia e nemmeno per paura di voi. O per l’atto imperdonabile che avete appena commesso e per tutti quelli precedenti. È perché non vi amo. Accettare senza questa condizione sarebbe un oltraggio superiore al rifiuto che vi sto opponendo”.
Anthos spalancò gli occhi. Si sarebbe aspettato un rigetto dovuto alla sua crudeltà, alla sua algida indifferenza o al terrore che incuteva negli esseri umani… oppure al devastante potere che portava in sé e all’uso spietato che ne faceva, non quella spiegazione tanto semplice e pulita che lei gli aveva fornito. Fu peggio di uno schiaffo in pieno viso. E bruciò.
“Non sono abituato a sentirmi rispondere negativamente” replicò interdetto.
“C’è sempre una prima volta”.
“Non per me. Voi acconsentirete, poiché non avete scelta. In caso contrario, i vostri amici moriranno fra atroci sofferenze e la vostra cara Elestorya sarà distrutta in un battito di ciglia. Questo è quanto farò a fronte del vostro no. Vi concedo ancora qualche giorno per rispondermi, il tempo per giungere a Neirstrin. Pensateci bene”.
“Voi non potete…!” esclamò Adara, atterrita.
Anthos stese la mano verso l’oceano, puntandola in direzione di Karadocc, che era ormai una macchia grigia e sfumata all’orizzonte. L’energia emanò dal suo corpo, gonfiandogli i vestiti e scompigliandogli le chiome, illuminandolo di un bagliore verde e innaturale. Quella forza atavica raggiunse in un lampo l’isola lontana ed esplose in un boato primordiale, facendo tremare la terra e il mare. La Xiomar fu scossa dall’ondata di ritorno e s’impennò sui flutti sconvolti, mentre il covo dei pirati iniziava a sprofondare nel Pelopi, avvolto dalla furia degli elementi.
“Al contrario” asserì il reggente, impedendo prontamente alla ragazza di cadere a terra per la violenza dell’impatto “Come vedete, posso benissimo”.
Tutto si fermò come in un dipinto antico, con il mare che riguadagnava a fatica la propria quiete e il principe che si bilanciava sul ponte, circondando con le braccia la giovane donna, sconvolta. Il suo profumo leggero la invase, causandole una fitta al petto. No. Qualcosa di Alyecc c’era, sebbene lui l’avesse negato. E le faceva male.
“Ora che vi ho mostrato una scintilla del mio potere” mormorò lui “Avete tutti i costituenti necessari per decidere nel tempo richiesto. Operate la vostra scelta”.
Adara si voltò, cercando il suo sguardo, armata della sincerità devastante che le dimorava nell’anima. Si liberò della sua stretta con decisione.
“Avreste dovuto mostrarmi una scintilla del vostro cuore, invece” ribatté addolorata.
Anthos trasalì impercettibilmente, ma non rispose.
   
 
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