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Autore: Cromatic Angel    27/09/2019    1 recensioni
Genere: Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Un anno prima

 

 

La vigilia di Natale è da sempre stata una delle mie giornate preferite. 

La città che brilla di lucine, i negozi gremiti di gente che ultima le compere per la cena natalizia o chi è in preda al panico perché ha dimenticato di acquistare qualche regalo.

La follia natalizia è così densa di emozione che fatico anche io a rimanere razionale, per alcuni sarà una festa come le tante, ma io l’ho sempre vissuta diversamente, e non solo per i regali ricevuti, ma proprio perché amo passarlo con la mia famiglia e amo stare con loro, con i loro amici ed i miei, tutti sotto lo stesso tetto.

«Mamma arriverò per le cinque» le urlai mentre correvo da una parte all’altra della casa per infilare le mie cose in valigia, non tutte, ma almeno quelle necessarie per sopravvivere in quei giorni a Londra «Bek ti sento ad intermittenza» protestò mia madre, e me la immaginavo con la fronte corrugata, sguardo in sù mentre cercava di captare i miei rumori «Ero in vivavoce, sto sistemando la valigia» presi il telefono e lo incastrai tra l’orecchio e la spalla destra.

E gli auricolari scommetto che li hai persi» 

Onestamente?» mi voltai verso il tavolo del mio piccolo salotto «Hai ragione, li uso per andare a correre, ma è da un paio di giorni che non vado, quindi non so dove possano essere infilati» 

E come mai non sei andata a correre?» il tono della sua voce era malizioso

Sono stata impegnata»

Immagino che tu abbia trovato qualche attività più interessante della banale corsa nel bosco»

Mamma!! » la sgridai 

Che c’è? Sono tua madre, sì! Ma sei abbastanza grande per parlare di certe cose e credo che tu ti confidi più con quel rompiscatole di tuo padre che con me» Ecco, sempre i soliti discorsi di gelosia. 

Ma la pianti? Il fatto che io parli di più con papà non è perché non voglia farlo con te, ma lui è un pò più presente e prima che tu possa controbattere, ti anticipo dicendoti che anche tu lo sei, ma papà fa domande più dirette, tu aspetti che sia io a dirti le cose quando sai bene che io sono come te»

e come sarei io?» borbottò

più chiusa di una cassaforte» 

Oh, questa è davvero bella!»

Spesso i geni di papà si fanno sentire, sai?»

Pensa me che devo sopportarvi!» la sentì sbuffare divertita « Comunque, tralasciando questi discorsi frivoli. A che ora pensi di arrivare?»

Ma stai invecchiando precocemente » sentì urlare mio padre che probabilmente stava assistendo alla chiamata 

Ma non le ho mica chiesto questo!» rispose stizzita «Immagino che prima vorrà passare da casa»

Scusa» chiesi confusa «Perchè voi dove vi trovate?» Non stavo capendo nulla.

Al pub! Questa sera diamo una festa lì, sono stanca delle solite vigilie con i parenti, in cui si parla di tutto e niente senza divertici davvero! Quindi con tuo padre abbiamo pensato di trasferire la così tanto amata cena della Vigilia al locale. Quindi non ci troverai a casa.» Notai una velata eccitazione nel pronunciare quelle parole. Mia madre non era una festaiola, ma nemmeno una noiosa donna che si adegua a ciò che non le piace quindi non mi stupì più di tanto quella improvvisata, e poi non mi dispiaceva stare al locale, in quel posto ero cresciuta, e lo sentivo più casa rispetto a quella reale

Ah, forte! beh, allora tempo di una doccia e arrivo a darvi una mano anche io»

Ok, facciamo che per le 18.30 varchi la soglia» sembrava quasi una minaccia, ma conosco mia madre, e tiene molto ad avere tutto ben organizzato.

Che le 18.30 siano. Adesso però mollami perché mi farai perdere il bus»

La salutai e salutai mio padre sperando che mi sentisse, avevo giusto due ore prima della partenza ed ancora dovevo fare il giro della casa per non scordare nulla, ma ovviamente il mio telefono non era della mia stessa idea, corsi al letto e sposati la pila di maglie accatastate e trovai il maledetto che trillava senza sosta e risposi

«Sei già partita?» di colpo tutta la fretta svanì

«Non ancora»

«Hai tempo per un caffè?» Ne avevo? Erano le 13.15 e sapevo benissimo che i caffè con Noah non sarebbero davvero durati cinque minuti, ma sarei stata via per tre settimane, e non volevo partire senza capire se al mio ritorno ci sarebbe stato ancora «Si, ho il bus alle 15, quindi ho tempo»

«Perfetto, ti aspetto qui allora» riagganciò, ma “lì” dove? forse mi aspettava in bottega. Mentre mi creavo mille domande sul dove ci saremmo visti, presi di corsa la giacca grigia e trafelata aprì la porta di casa e andai a sbattere contro qualcosa di morbido e profumato

«Ah, quindi eri qui che mi aspettavi» mi sistemai i capelli dietro l’orecchio facendo un passo indietro, aveva in mano una busta di carta e sorrideva, i suoi occhi erano ancora più belli degli altri giorni ed il venticello gli spettinava i suoi capelli biondi «Immaginavo fossi presa dalla partenza, quindi ho portato il caffè» il suo sorriso si aprì ancora di più «Posso?» mi chiese indicandomi il salotto di casa.

«Oh, certo! Scusami e che ero…niente, entra!» mi spostai e lo feci entrare, chiusi la porta di casa e lo raggiunsi intorno al tavolo.

«Quindi» Aprì la busta e tirò fuori i caffè, uno lo porse a me «contenta di tornare a Londra?» alzò lo sguardo su di me

«Casa è sempre casa»

«Casa è un pò un posto in cui ci si sente se stessi»

«Si, ma è anche il luogo in cui ritrovi ciò che hai lasciato»

«E tu cos’hai lasciato?»

«Affetti, gioie, dolori, pensieri»

«Sono tante cose» Soffiò sul bicchiere e poi bevve un sorso

«Si, ma sono le mie cose» lo imitai

«E ti mancano?»

«Un pò.» Alzai le spalle

«E cosa lasci qui? Dopo sei mesi qualcosa avrai pur costruito qui»

«Lascio qualcosa che non so definire» distolsi lo sguardo, rigirandomi la tazza di caffè tra le mani

«Caldo o freddo?» tornai a fissarlo corrugando la fronte « Questa cosa ti ricorda il caldo o il freddo?» spiegò, intuendo che non avessi capito

«Oh, beh…non saprei. L’uno e l’altro. In modo equo direi» Ma stava facendo lo psicologo con me?

«E ti piace?» adesso non sorrideva più, i suoi occhi scrutavano i miei

«Si, anche se sono molto determinata a dargli una definizione»

«Sono certo che la troverai» accennò un sorriso e si alzò

«Vai via di già?» il tono della mia voce uscì preoccupato, più di quanto avrei voluto che fosse

«Si, il lavoro chiama» prese anche il mio bicchiere e lo infilò di nuovo nella busta di carta insieme al suo «Allora ci vediamo al rientro»

«Si…» “Si? Rebekka tutto ok? per tre settimane non lo vedrai e sai rispondere solo a monosillabi??” la vocina nella mia testa mi bacchettava come sempre, e non aveva torto. «Però potremmo sentirci, se ne hai voglia» “ecco, non è il massimo, ma già va un pelo meglio” mi complimentai con me stessa

«Certo» mi sorrise e andò ad aprire la porte, si voltò di nuovo verso me senza smettere di sorridere «Buon viaggio Bekka» si voltò e se ne andò e rimasi lì a fissare quella porta e a respirare il suo dolce profumo che aleggiava nella stanza.

Alle 17.03 arrivai a Londra

Alle 17.04 scrissi a mia madre che ero arrivata, lesse ma non rispose, conoscendola stava rimettendo a nuovo il locale, avvolta dalla sua perenne ansia.

Alle 17.07 scrissi a Lily se sarebbe venuta alla festa e mi rispose che era già lì a dare una mano ai miei.

Alle 17.30 varcai la porta di casa mia, e sospirai. 

Presi il telefono dalla tasca posteriore dei jeans e composi più volte un messaggio da scrivere a Noah, ma niente era così originale. Quindi sbuffai maledicendomi e corsi a farmi una doccia. Forse questi giorni a casa mi avrebbero aiutato a capire.

 

 

«FINALMENTE» Urla Lily non appena entro dentro il pub, mi salta addosso, stringendomi le braccia al collo e riempiendomi di baci.

«Sei un fedele cagnolino» le accarezzai la testa, sorridendo.

«Quanto sei stronza!» mi spintona e scoppiamo a ridere «Com’è andato il viaggio?»

«Noioso» mi siedo ad uno dei tavoli di legno «C’era una signora anziana accanto a me che ha russato tutto il tempo, maledette cuffie che non ho trovato. Sono stata per il tutto il viaggio a fissare fuori per evitare di soffocare quella signora» Lily mi ascoltava ridendo di gusto. 

«Qui? vedo che mia madre ha pensato di stravolgere la vita di tutti» Sgrano gli occhi vedendo i miei cugini che trasportano casse in legno contenenti vino da una parte all’altra del pub perché mia madre non sa decidere se tenerle sotto il bancone o alla portata di tutti, lei in jeans strappati al ginocchio, turbante floreale e canotta blu dirige tutto dal piccolo palco, che di solito usano le band locali quando vengono a suonare la sera. Ha l’aria stanca, ma è sempre più bella. Mi chiedo se anche io arriverò alla sua età così. 

«Mio padre?» chiedo a Lily non scorgendolo da nessuna parte

«Credo sia nel retro» fa spallucce, guardando la porta dietro il bancone in legno.

«Vado a cercarlo» mi alzo dal tavolo e mi dirigo verso la porta che conduce fuori nel retro, non prima di sentire mia madre che chiama Lily per aiutarla a decidere la sorte di quelle casse, mi viene da sorridere.

«Eccoti!» piombo alle spalle di mio padre che sussulta

«Tua madre mi farà uscire pazzo» borbotta mentre intreccia una cesta in vimini

«Ma cosa stai facendo?» faccio il giro intorno a lui e mi siedo su uno sgabello «Fa freddo qui fuori»

«Oh, ma lo so. Ma la tua cara madre ha ben pensato che queste ceste erano troppo rovinate e che dovevo restaurarle» pronunciò quell’ultima parola imitando la voce di mia madre e soffocai una risata.

«Passamene una che ti aiuto» presi la cesta che aveva tra le mani e mi misi all’opera. Papà mi aveva sempre fatta allenare con i lavori artigianali, e a me piaceva un sacco farlo, mi rilassavano. Ma in realtà a me piaceva fare tutto con lui. 

«Il viaggio?» mi chiese mentre chino sulla cesta cercava di infilare quei bastoncini.

«Bene, noioso come sempre, qui? Quanta gente pensi ci sarà?»

«Oh, credo che saremo i soliti. Forse qualche amico dei tuoi cugini e poi verrà la band di Nicolas» Cazzo imprecai tra me. 

«Ah ok» cercai di mascherare la tensione, ma ovviamente mio padre non era scemo.

«Tua madre ha insistito e spero che tu non ne faccia un caso di stato» sorrise

«Acqua passata, lui lo sa, io pure. Quindi non temere» certo rivedere quello che era per un amico, ma non io per lui vista la dichiarazione plateale in casa mia l’anno scorso per il mio compleanno. Per poco non piangevo per il dispiacere di averlo rifiutato.

«Mi sei mancata» 

«Anche tu papà» e non so perché scoppiai in lacrime

«Oh piccola mia» mollò la cesta e mia abbracciò forte «che succede?»

«Non lo so» dissi con voce tremante, tirai su con il naso rimanendo aggrappata a mio padre

«Io penso di si» mi scostò i capelli dalla fronte  «solo che sei così orgogliosa da non ammetterlo» strinse le labbra e accennò un sorriso

«forse si» mi staccai dalla sua stretta «forse mi sto affezionando a Noah, ma lui è così criptico. Non riesco a capire cosa voglia, ci sono momenti che sembra volere di più di un’amicizia, e altri in cui sparisce e sono confusa. Vedi anche oggi è venuto a casa per salutarmi ed è andato via, senza magari dirmi che ci saremmo sentiti. Nulla» tirai su con il naso ancora.

«E tu?»

«Io cosa?»

«Non gli hai detto che vorresti sentirlo?»

«Si, certo. Io gli ho detto che magari potevamo sentirci e lui ha annuito. Ma non riesco a capirlo davvero»

«Dagli tempo»

«e se io non ne avessi?»

«Lo troverai»

«Sai come sono, papà » 

«Si, per questo ti dico che lo troverai. Altrimenti non è così importante» Forse un pò di ragione l’aveva. Continuammo a sistemare quelle ceste senza mai capire il perché mia madre volesse riportare alla luce quelle ceste in quella gelida notte della vigilia.

Quando finimmo rientrammo dentro e fortunatamente era tutto sistemato, i tavoli disposti per tutta la sala con centro tavola a tema natalizio, tutte le travi del tetto e le colonne del bancone, ed il bancone stesso erano adornati con quelle lucette che rendevano magico quel posto. Mia madre raggiunse me e papà battendo le mani felice e sorridendo come una bambina che ha appena ricevuto il regalo di natale in anticipo «Candice, stai dando il meglio di te» la punzecchiò mio padre lasciando le due ceste di fianco al bancone degli alcolici.

«Non prenderti gioco di me» mia madre in tutta risposta lo abbracciò continuando a guardare compiaciuta il suo operato.

«Non mi permetterei mai» rise mio padre scompigliandole i capelli che sfuggivano dal turbante.

«Stronzo!» gli pizzicò il fianco e sciolse l’abbraccio «Straniera» mi afferrò il viso fissandomi negli occhi «Sono così felice che tu sia qui, sei il mio natale» le vennero gli occhi lucidi, le afferrai i polsi e glieli accarezzai. Dio solo sa quanto amo quella donna.

«Mai dubitato» mi morsi la guancia dall’interno per ricacciare le lacrime indietro, ma lei si accorse dei mie occhi acquosi e posò un bacio sul mio naso, mi lasciò andare e si diresse verso il palco per sistemare qualcosa. 

Era sempre così, nella nostra famiglia si combatteva in questo modo la nostalgia e la tristezza, con sguardi e silenzi in cui ci si diceva tutto, ma che nessuno riusciva a capire. 

Poche ore dopo il pub era strapieno dei partenti di mamma e degli amici dei miei cugini e di qualche collega di università di Lily che mi presentò, ma ero così presa ad aiutare mio padre dietro il bancone che nemmeno mi accorsi che erano già le undici e che tra un’ora sarebbe stato natale. 

«Bek» mi urlò mio padre «Sostituiscimi alla cassa che gli alcolici sono terminati» mollai il bicchiere che stavo asciugando e mi diressi alla cassa ma quanto cazzo bevono questi oggi?! 

«due Porter» mi urlò il tizio che avevo davanti a me, tutta quella musica della band di Nicolas mi stava facendo diventare sorda 

«paghi 7» digitai il numero nella cassa e diedi lo scontrino al tizio che avevo davanti e per poco non mi venne un infarto «C-Cosa ci fai qui?» di colpo la gola divenne secca ed un brivido gelido mi percosse la schiena facendomi drizzare ogni pelo del corpo.

«Riffer è noiosa alla vigilia» mi porse i soldi, mascherando un sorriso malizioso.

«Oh, no no! Offro io» scossi le mani cercando di non toccare quei soldi, come fossero appestati.

«Insisto»

«Noah, piantala. Offre la casa» mantenni il contatto visivo e si arrese, stranamente.

«Ecco a te» da sotto il bancone tirai fuori le due birre e gliele stappai davanti, le prese e mi sorrise.

«Ci si vede in giro allora» Mi sorrise ed io rimasi pietrificata. Solo dopo notai che insieme a lui c’era un ragazzo alto quanto lui, moro con occhi azzurri, che si portò subito la bottiglia alle labbra e mi sorrise. Chi era quel tizio lì? E cosa ci faceva Noah a Londra? Anzi, cosa ci faceva nel mio locale alla viglia di Natale?

  
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