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Autore: Mispon_    29/09/2019    1 recensioni
I pokémon sono creature misteriose che vivono negli habitat più disparati: dalle impervie montagne innevate ai bui fondali oceanici, dalle foreste più selvagge alle grandi metropoli industrializzate. Questi esseri vivono in perfetta armonia con gli esseri umani e il loro legame viene a concretizzarsi nel fenomeno delle lotte tra pokémon.
In questo contesto uno scienziato, il Prof. Y. Okido, crea il Pokédex, un'enciclopedia multimediale che raccoglie i dati di tutti i pokémon della regione di Kanto. Il suo desiderio è quello di affidare il Pokédex a due giovani allenatori per testarne il funzionamento. Ma qualcosa va drammaticamente storto...
Genere: Avventura, Introspettivo, Mistero | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blue, Red
Note: AU, What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Tematiche delicate, Violenza | Contesto: Videogioco
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Capitolo 2 - Acqua rossa


Il sole sorse sereno sulla cittadina di Nibi. Un tempo il luogo era poco più che un minuscolo villaggio di poche decine di abitanti a nord-ovest di Kanto ma in seguito alla rivoluzione urbanistica si trasformò in un centro mediamente popoloso. Addirittura la Lega Pokémon, l’associazione che riunisce i più forti allenatori della regione, istituì una Palestra nella città. Seppur la Lega - come qualsiasi tipo di istituzione inerente ai pokémon - fosse in un periodo di crisi profonda, gli abitanti di Nibi nutrivano un certo rispetto per il capopalestra Takeshi. Era un ragazzo alto dai capelli castani che apparivano però quasi sbiaditi, come consumati; i suoi occhi dal taglio incredibilmente netto e le sue forme spigolose gli conferivano un’aria piuttosto matura per la sua età. Si vociferava che la sua famiglia fosse sempre stata assente e che da bambino si fosse dovuto occupare da solo dei nove fratelli minori. Per questo col tempo il suo cuore si indurì sempre di più ed egli finì per rifiutare ogni contatto umano: usciva solo di rado dalla Palestra, ma accettava di buon grado quei rari sfidanti che miravano a sconfiggerlo. Pensandoci era proprio una persona adatta per rappresentare il Tipo Roccia.
Quel giorno Takeshi si svegliò piuttosto tardi (in fondo non aveva nulla da fare). La mattina precedente il Team Rocket aveva fatto la sua apparizione e sembrava aver gettato i media nel caos più totale. Lui però non si preoccupava più di tanto; ciò che succedeva nel mondo esterno gli interessava relativamente. Tutto ciò di cui aveva bisogno era procurarsi cibo e acqua, che si faceva recapitare direttamente in Palestra. Oramai aveva arredato anche una stanza all’interno dell’edificio stesso in modo che non dovesse percorrere quel fastidioso tratto di strada fino a casa. Verso mezzogiorno cominciò a buttar giù qualche riga del suo diario: “Le giornate sono tutte uguali”, scriveva, “Non riesco più a trovare stimoli. Sono tre mesi che non prendo parte a una lotta seria. Potrei pensare di lasciare la carica di capopalestra… ma dove andrei? Questa è la mia casa, il luogo ideale per non vedere altre persone se non sfidanti potenzialmente interessanti. È una noia mortale. La mia indifferenza per questo mondo continua a crescere attimo dopo attimo. In realtà…” Ripose la penna: non aveva più voglia di scrivere. Passò alcune ore disteso a terra senza fare assolutamente nulla; lo sforzo più significativo che aveva compiuto era stata l’osservazione minuziosa della muffa sul soffitto. A pranzo mangiò degli avanzi di alcuni giorni prima, delle vere e proprie porcherie: gallette di riso scadute e durissima carne di Tauros di infima qualità. Dopo il pasto si concesse un “meritato riposo” e si addormentò per alcune ore. Quella era la sua routine quotidiana: Takeshi si svegliava, pranzava, constatava quanto fosse noncurante degli altri e si addormentava. Ma quel preciso giorno le cose andarono in maniera significativamente diversa.
Verso le nove di sera fu svegliato da un allarme assordante: uno sfidante! Gli venne da sorridere in modo spontaneo: “Non potevo chiedere di meglio!” In un secondo momento gli venne da pensare come fosse piuttosto strano che qualcuno si presentasse in Palestra a quell’ora. Ma al giovane bastava scacciare la noia e avrebbe accettato una sfida anche a notte fonda.
Pochi minuti più tardi brillarono abbaglianti le luci del campo di battaglia. Un’arena rettangolare terrosa e con varie rocce sparse era sovrastata da un alto soffitto. Ai lati minori opposti i due contendenti si osservavano. L’avversario di Takeshi era poco più che un ragazzino (o in ogni caso era piuttosto basso); portava una giacca di color rosso acceso e un cappellino con visiera che gli oscurava parzialmente il volto.
“Mi hanno appena informato che hai deciso di affrontare una lotta in singolo sei contro sei nonostante tu sia solo un principiante. Per chi non ha ancora battuto nessuna Palestra esistono delle agevolazioni, sei sicuro di non volerne usufruire?” Chiese il capopalestra, che reputava la cosa molto stimolante. Il rivale annuì senza proferir parola. La battaglia poteva cominciare. All’unisono le Pokéball vennero lanciate e da raggi luminosi si materializzarono due esseri maestosi: da un lato il pokémon di Takeshi, Golem, un ammasso di minerali compatti dai quali era possibile distinguere arti e testa rettiliani; dall’altro quello dello sfidante, Blastoise, una possente tartaruga bipede munita di due cannoni che sporgevano dal carapace; essendo di Tipo Acqua era avvantaggiato su tutti i pokémon Roccia del capopalestra. Al comando di Takeshi il pokémon “megatone” (così erano soprannominati i Golem) batté rumorosamente le zampe al suolo generando un piccolo terremoto che spaccò il terreno dell’arena e alzò un cumulo di polvere. Approfittando del pulviscolo Golem si lanciò sulla sagoma sfocata di Blastoise ad una velocità inaspettata, colpendone il torace con un pugno: era la mossa Sbigoattacco. Una volta a contatto con il pokémon d’Acqua, il bizzarro essere espulse con un’energia inaudita alcuni componenti del suo corpo trafiggendo il nemico con pietre taglienti. Ma in tutto questo Blastoise non arretrò di un centimetro. Takeshi era esterrefatto: com’era possibile? Quel colosso era stato colpito in pieno per ben tre volte! Lo sfidante, che era rimasto in silenzio ad osservare, schioccò le dita. Ciò che succedette in seguito fu sconcertante: la tartaruga emise un ruggito frastornante e in una frazione di secondo puntò una delle sue armi contro Golem, sparando un getto d’acqua ad alta pressione che fece esplodere il guscio pietroso del bersaglio. Ciò che rimase fu una creatura inerte, visibilmente poco adatta al combattimento e che a stento si reggeva in piedi: era il nucleo organico del megatone. Blastoise afferrò con le sue fauci quell’ammasso di carne informe e lo dilaniò di due. Takeshi rimase paralizzato per tutta la scena. Uno dei suoi pokémon era appena stato divorato, ed egli non aveva mosso un dito. Per la prima volta dopo tanto tempo provò un’emozione: era paura? No, forse soltanto disprezzo per tanta violenza. Tutto ciò era semplicemente assurdo: in una competizione ufficiale i pokémon non dovevano subire che lievi ferite. Avrebbe dovuto ritirare Golem quanto prima ma il tutto era stato troppo fulmineo, oltre i suoi tempi di reazione. Tornò in sé alcuni attimi più tardi e tutto ciò che riuscì a dire fu: “Ragazzino, la lotta è sospesa. Dichiaro la mia vittoria in funzione dell’infrazione del regolamento da te commessa.” L’avversario schioccò nuovamente le dita. Blastoise stavolta puntò un cannone contro il capopalestra e un getto dalla forza incredibile gli sfiorò i capelli. Takeshi comprese di essere di fronte a un folle; la prima cosa che gli venne in mente fu di scappare, ma si rese conto che l’uscita secondaria era stata appena distrutta dalla stessa Idropompa che un attimo prima aveva rischiato di staccargli la testa. L’unica alternativa che gli restava era la lotta. Non si trattava più di un incontro leale, quindi sfoderò contemporaneamente tutti e cinque i pokémon che aveva a disposizione. Ecco quindi che un unico Blastoise si trovò faccia a faccia contro un Omastar, grosso ammonite preistorico dalle zanne affilatissime; un Kabutops, anch’esso creatura ancestrale, bipede e munita di due grosse lame al posto degli arti superiori; un Aerodactyl, ferocissimo volatile rettiliano estinto in natura; un Rhydon, rinoceronte ricoperto da un’armatura rocciosa durissima e munito di un corno in grado di perforare qualsiasi cosa; e per finire un Onix, il pokémon di punta della squadra, un serpente di pietra la cui lunghezza massima sfiorava i nove metri. Così schierato Takeshi era sicuro di vincere anche contro un avversario di tanto superiore alla norma. Il suo unico timore era che anche lo sfidante adottasse la sua stessa strategia e facesse scendere in campo altrettanti pokémon inarrestabili. Ma seguitò un unico secco schiocco di dita. Era più pronunciato dei precedenti.
Blastoise fece un piccolo balzo e rivolse verso il basso i suoi cannoni. Sfruttando il contraccolpo dei getti sul terreno schizzò verso l’alto e riuscì ad ancorarsi ad una trave del soffitto. Aerodactyl spiccò il volo, mentre Onix riuscì a raggiungerlo estendendo il suo lungo corpo. Ma bastò un attimo perché la tartaruga si gettasse in groppa alla mastodontica serpe. Non potendo quest’ultima raggiungere il proprio dorso senza un sostegno attorno al quale attorcigliarsi, Blastoise ebbe il tempo di sparare un raggio d’acqua ghiacciata trafiggendo il petto della viverna volante, che cadde al suolo. Eliminato Aerodactyl gli bastò bombardare i tre pokémon terrestri dall’alto con altrettanti colpi per metterli fuori gioco. Infine salì sulla testa di Onix e iniziò a colpirla violentemente con le zampe, fino a spaccarla in due. Blastoise divorò i pochi componenti organici del pokémon causandogli una rapida morte cerebrale. Non gli restò che finire Kabutops, Omastar e Rhydon, già allo stremo dopo quel singolo attacco.
La battaglia si era conclusa e lo sfidante avanzò trionfante. Blastoise puntò nuovamente le sue armi contro un Takeshi incredulo e scoraggiato. Un solo pokémon aveva demolito la sua squadra in una manciata di secondi. Ora aveva un cannone che mirava diritto alla sua fronte. Adesso sì: quella era senz’altro paura.
Ma com’era accaduta una cosa del genere? Gli sembrava totalmente surreale. Gli balenò l’idea che fosse tutto soltanto un sogno; ma certo: era così! Evidentemente aveva mangiato pesante la sera prima e ora aveva i sensi di colpa. Si sarebbe svegliato di lì a poco, no? Eppure quel Blastoise era ancora lì.
In un tentativo disperato e con le lacrime agli occhi iniziò ad urlare. Si inginocchiò, digrignò i denti e sbatté i pugni a terra. Alzò della polvere e la inalò per errore. Iniziò a tossire ed imprecare. Batté di nuovo i pugni a terra e stavolta si ruppe le ossa della mano, sbatté contro una roccia e iniziò a sanguinare. Blastoise era ancora lì.
“Chi cavolo sei? Chi? Avanti rispondi!” Oramai piangeva a dirotto, ma lo sfidante non ebbe una minima reazione. “Voglio delle risposte! Non può finire tutto così! Devi dirmi cosa sta succedendo! Ti prego… Dimmi qualcosa. Parla!” Ottenne solo il silenzio. Blastoise era ancora lì.
“È questo che mi merito quindi? È… perché mi sono convinto di odiare le persone? Perché ho nutrito questo sentimento di indifferenza verso il mondo che ora deve capitarmi tutto ciò? Ma io… non voglio che accada nulla. Io stavo bene!” Aveva iniziato a delirare. “Mi piace la mia vita. È calma… tranquilla. Ho tutto ciò di cui ho bisogno. Perché vuoi sottrarmi a questa situazione di felicità? Perché non può essere tutto come ho deciso?! Sai, io ho provato ad avere contatti con delle persone in passato. Ma nessuno è riuscito a darmi quella serenità che scaturisce dalla solitudine. Dimmi, è forse sbagliato?” Blastoise era ancora lì.
“Ma in fondo, non è quello che ho sempre voluto? Sì! Io voglio stare lontano da tutti e da tutto. Vi odio, mi fate tutti ribrezzo. Non avete alcuna utilità! Siete tutti uguali ai miei genitori: l’ho sempre saputo. Anche tu, che credi di essere così forte. Sei soltanto un illuso. Un povero illuso. Soltanto io sono degno di esistere. Ma non merito questo mondo disgustoso. Esatto: grazie, per avere esaudito il mio desiderio” Takeshi iniziò a ridere di gusto. Ma stava ancora piangendo. Sentì il corpo venire trapassato, le ossa rompersi, il cuore fermarsi. Blastoise scomparve e lui cadde sorridendo. Non sorrideva da anni.

Lo sfidante si avvicinò al cadavere di Takeshi. Anche lui stava piangendo, sotto la visiera che gli oscurava lo sguardo. Con la mano sinistra fece un gesto che sembrava emulare una croce; con la destra, schioccò le dita: Blastoise neutralizzò in un attimo le cinque telecamere dell’edificio. Il misterioso ragazzo fece rientrare il mostro nella Pokéball e prese una bomboletta spray rossa. Al centro dell’arena il messaggio era chiaro:

TR

Il giorno seguente tutti al Dipartimento Anti-Criminalità Organizzata di Yamabuki discutevano sull’identità del misterioso assassino. Il Commissario Po manteneva la sua aria severa, ma lasciava trasparire per la prima volta una leggera inquietudine. Sapeva benissimo che non potevano agire fino a che non si sarebbe appurato il collegamento del caso con la recente comparsa del Team Rocket, anche se quanto ritrovato in Palestra lasciava spazio a poche interpretazioni. Questo voleva dire che qualora quel killer fosse divenuto seriale non si sarebbero mobilitati prima del secondo o terzo omicidio. Doiru invece sparava teorie a caso provando ad affermare che dietro l'accaduto ci fosse nientemeno che il Governo della Nazione, ovviamente condendo il tutto con dei “sono il migliore” e “mi ci è voluto un attimo per capirlo”. Christie era silenziosa come al solito, ma dovette vomitare un paio di volte dopo aver visionato le immagini della scena del crimine. Tuttavia tra quella schiera di agenti assorti nel caso e nelle loro faccende Okido era assente: oramai era in viaggio da due giorni.
   
 
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