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Autore: Carmaux_95    30/09/2019    5 recensioni
[Maylor + accenni Freddie/Jim]
-Ti ricordi l'anno scorso quando abbiamo suonato per quella festa hawaiana? Abbiamo indossato degli assurdi gonnellini di paglia e dei finti orecchini!- e mentre parlava Freddie mimò una sorta di balletto ondeggiando i fianchi e le braccia. -Basterebbero due belle parrucche e un paio di quei seni finti che si gonfiano!-
Roger lo osservò senza dire una parola, le braccia incrociate sul petto e lo sguardo indecifrabile, fino a quando fu John Reid, che non aveva ascoltato una parola ma aveva visto il pianista esibirsi in quella sottospecie di danza, a rompere il silenzio:
-Cos'ha il suo amico? Si sente male?-
-Lo spero.- rispose il biondo senza staccare gli occhi dal coinquilino.
-Ma Rog, sono tre settimane in Florida!-
Genere: Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Brian May, Freddie Mercury, Jim Hutton, John Deacon, Roger Taylor
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Per scusarmi della lunga attesa, questo capitolo sarà un pelo più lungo del solito ^^ Buona lettura :-*




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CAPITOLO SEDICI

Nonostante la preoccupazione che lo aveva assalito dopo il primo momento di sorpresa, si concesse uno sguardo interessato e curioso, con tanto di testa inclinata, prima di avvicinarsi e offrire a Jim una mano, evitando che capitolasse a terra.

Lo aveva visto uscire da quello stanzino barcollando, stringendo convulsamente la maniglia della porta con una mano, reggendosi con l'altra allo stipite, ma non aveva realizzato subito cosa gli fosse successo, distratto dal un dettaglio non propriamente secondario: la sua divisa, che solitamente gli stava così bene – e motivo di grande apprezzamento da parte di Fred – era sparita, lasciandolo con addosso poco più che la biancheria.

-Non dico che la visuale sia brutta, dalla mia prospettiva...- dichiarò, recuperando le stesse parole che Jim aveva pronunciato quella notte all'Opera, al loro primo appuntamento. Gli si accostò e, quando fu sicuro che non avrebbe perso nuovamente l'equilibrio, tentò di rassettargli i capelli, scostandoli dal viso, sempre così pulito e curato. Sorrise: -Al contrario... ma cosa ti è successo?-

Jim si portò una mano alla nuca, massaggiandola lentamente: -Come hai detto che si chiama il tuo amico?-

-Parli di Roger?- domandò Fred corrugando la fronte. -Perché?-

-È così mingherlino: non credevo che mi avrebbe steso...-

Le sue sopracciglia si impennarono: -Cos'ha fatto?!-

-Non ho ben capito, ad essere onesti.- un'altra smorfia distorse il suo viso quando un preoccupato Freddie allungò una mano per andare a tastare delicatamente nel luogo dove si era da poco formato un grosso bernoccolo. -Tu cosa ci fai qui? Non dovreste essere sul palco a suonare?-

-Oggi no...- il pianista abbassò lo sguardo a terra. Così affranto dal timore di non riuscire a concedersi un ultimo saluto al suo barista dallo sguardo e dai modi provocanti, non aveva nemmeno pensato a come intavolare il discorso. Da un certo punto di vista per lui avrebbe dovuto essere più facile rispetto a quanto lo fosse stato per Roger: insomma, Jim conosceva la sua vera identità, non doveva inventarsi chissà quale bugia per giustificare la sua improvvisa sparizione. Non che l'idea di andarsene facesse meno male, ma se non altro, forse poteva accontentarsi di poter essere onesto. -Jim: devo dirti una cosa.-


 


 

John entrò nella propria camera leggermente frastornato.

Si guardò intorno con occhi sgranati e increduli, come se quella non fosse la sua stanza, come se non riconoscesse niente di quello che lo circondava. Impiegò qualche istante persino a riconoscere la snella figura di Veronica che, uscendo dal bagno avvolta da un morbido accappatoio candido, gli venne incontro allacciandogli i fianchi in un abbraccio.

-Arrivi in ritardo.- sussurrò baciandogli il mento. -Fossi rientrato cinque minuti fa...- accompagnò quell'allusione con un secondo bacio e si strinse ancora di più a lui. -Ma dov'eri questa mattina? Mi sono svegliata e non c'eri: il letto era già freddo e... John?-

-Co-come?-

-Dove stai viaggiando con quella bella testolina?-

John si riscosse e prese il viso della ragazza fra le mani, per depositarvi un bacio sorridente: -Molto, molto lontano.- ammise, felice.

-E posso accompagnarti?- Veronica si morse leggermente il labbro inferiore mentre con le mani risaliva il torace di John per arrivare ad allentare la cravatta.

Il profumo dei suoi capelli, ancora bagnati, riempì le narici del bassista, inebriandolo dolcemente. Troppi pensieri si affollavano nella sua testa, annebbiandolo, ma, per una volta, non provava alcuna paura, alcuna preoccupazione.

-Sì!- rispose semplicemente. -Ti piacerebbe andare via da qui?-

Veronica inclinò leggermente la testa, cercando di decifrare quella proposta uscita dal nulla: -È un modo un po' originale di invitarmi fuori a cena?-

-No, dico davvero: partire, andare via da Miami.-

In quegli ultimi giorni non erano riusciti a trascorrere molto tempo insieme e John se ne era scusato più di una volta.

Non le aveva mai realmente spiegato cosa lo trattenesse, la sera, dopo le esibizioni, né le aveva presentato il suo “capo”. Al contrario, era stato ben attento a tenere Veronica il più lontano possibile da Prenter, ma aveva il sentore che quel dannato poliziotto avesse scoperto quella relazione nata da poco ma già piena di affetto: una di quelle sere John, affermando di dover prima sistemare alcune faccende non meglio definite con il suo capo, si era scusato di nuovo con Veronica che aveva scosso la testa sorridendo e, per fargli capire che non doveva preoccuparsi, si era alzata sulle punte lasciandogli un breve bacio all'angolo della bocca. Prima di abbassarsi nuovamente, gli aveva sussurrato che lo avrebbe aspettato in camera.
Quando John si era voltato, aveva individuato Prenter poco distante: non lo stava guardando, in quel momento, ma ebbe la sensazione che il poliziotto avesse assistito a quel piccolo siparietto romantico. Il fatto che Paul, una volta in sua compagnia, non ne avesse fatto parola non servì a tranquillizzarlo, al contrario.

La proposta di quella che appariva a tutti gli effetti una fuga romantica stuzzicò immediatamente il palato della giovane cantante che si scostò quanto le fu sufficiente per osservare quegli occhi che così raramente aveva visto felici come in quel momento:

-Parli sul serio? E dove vuoi andare?-

-Ovunque. Basta che sia lontano da qui.-

-Vuoi abbandonare l'orchestra?-

-L'orchestra e tante altre cose. Che ne dici?-

Tutto quell'entusiasmo le strappò una breve risata: -John, ti senti bene?-


 


 

-Stai bene?-

John non era sicuro di aver capito cosa fosse successo. O meglio, non era sicuro che quanto successo fosse effettivamente reale e non frutto della sua immaginazione. Il cameriere dovette appoggiare una mano sulla sua spalla e scuoterlo appena perché si accorgesse che gli era stata posta una domanda.

Annuì senza pensarci, distratto dallo sguardo che quello strano cameriere gli stava rivolgendo: per la seconda volta si trovò a pensare che ci fosse qualcosa di estremamente familiare in lui... in quegli occhi, grossi e accesi.

-Non so nemmeno io bene che idea avessi quando sono entrato... ma non era questa.- disse il cameriere, improvvisamente, scavalcando il corpo svenuto di Prenter per poi inginocchiarsi davanti al letto. Si passò una mano fra i capelli in un gesto che a John parve quasi nervoso, e fu allora che il bassista li vide: due orecchini decoravano le orecchie di quel ragazzo dal viso da bambino.

John sbatté le palpebre più volte ma i suoi occhi non lo ingannavano. Stava per porre l'inevitabile domanda quando il biondo, sollevando appena il materasso per infilarvi sotto un braccio, fece una smorfia.

Una smorfia che riuscì a collegare immediatamente ad una persona: -Clare...?-

Il ragazzo alzò la testa, scuotendola leggermente: -Roger.-

-Ah... suo... suo fratello?- quella presentazione inaspettata lo aveva lasciato interdetto, sul momento, ma effettivamente dava un po' – anche se non molto – di senso alla situazione: in quel momento, infatti, gli tornarono in mente le parole di Brian quando, raccontandogli la prima volta che aveva incontrato quel giovane dentista che gli aveva fatto perdere la testa, aveva accennato al fatto che lui e Clare fossero non solo fratelli ma anche gemelli.

Questo tuttavia non spiegava quegli orecchini... o, in generale, la sua presenza in camera di Prenter in quel momento.

Inoltre: Roger non era forse un dentista? Che ci faceva con una divisa da cameriere?

E soprattutto cosa ci faceva in camera di Prenter!

-Brian... me lo aveva detto che lei e Clare eravate gemelli ma non pensavo...-

Roger sospirò e stirò le labbra in un sorriso forzato, ma non rispose fino a quando non trovò quello che stava cercando sotto il materasso di Prenter: quando si rimise in piedi aveva in mano una cartellina verde, molto spessa.


 


 

Brian, non tornerò affatto. Mi dispiace. Devo andare...”

-No, aspetta... Roger! Aspetta, ti prego.-

Brian stava ancora parlando quando sentì il rumore della conversazione che veniva bruscamente conclusa dall'altra parte della cornetta.

-Roger?- nonostante la consapevolezza che non avrebbe ricevuto risposta gli venne spontaneo chiamarlo ancora, due, tre volte.

Cosa diavolo era successo?

Chiuso nella cabina telefonica della hall dell'albergo, strinse la cornetta fra la guancia e la spalla per comporre il numero della camera di Clare.

Era assurdo: anche solo per parlare per qualche secondo con Roger aveva bisogno di Clare come intermediario.
All'inizio non ci aveva fatto realmente caso: dopotutto lui e Roger si erano conosciuti per caso e, nella fretta di quella sera durante la quale il dentista aveva perso la concezione del tempo, si erano salutati senza lasciarsi un recapito o un qualsiasi altro modo per potersi, eventualmente, contattare.
Durante gli incontri successivi il discorso non era mai venuto a galla e, da un certo punto di vista, a Brian non era dispiaciuto. Il velo di mistero che circondava Roger ogni qualvolta la conversazione si avvicinasse alla sua vita e al suo lavoro, infatti, lo aveva incuriosito fin dal primo momento. Si era accorto che, probabilmente, non stava vivendo un buon periodo e questo era uno dei motivi per cui non aveva mai insistito con domande fastidiose e invasive.
Un'altra piccola verità era che sperava che, con il tempo, sarebbe stato Roger a parlargliene, senza bisogno di incoraggiamento e sentendosi a suo agio.

Non aveva mai pensato che questo suo comportamento, dall'esterno, potesse essere frainteso: non aveva mai immaginato che il suo silenzio, la sua finta indifferenza nei confronti di tutti quei segreti, potessero essere intesi come disinteresse nei suoi confronti.

Non era quella la sua intenzione!

Che fosse anche questo uno dei motivi dell'improvviso distacco di Roger?

La telefonata fu inutile e non ottenne risposta nemmeno la seconda volta che provò a ricomporre il numero: Clare non si trovava più in camera.

Controllò l'ora: tra poco l'orchestra si sarebbe esibita.

Forse John gli avrebbe concesso di trattenerla qualche secondo, giusto per fare luce su cosa diavolo fosse successo. Wendy aveva detto che tra lei e Roger non esistevano segreti, che si raccontavano tutto. Che era come se fossero la stessa persona: lei doveva per forza sapere cosa diavolo stava succedendo.


 


 

-Cosa sta succedendo?!- John, riconosciuta la cartellina, indietreggiò di un passo.

Cercò di ripercorrere mentalmente gli avvenimenti di quegli ultimi minuti: era entrato in camera di Prenter con l'intenzione di chiamarsi fuori da quell'operazione di spionaggio che andava ben oltre le sue mansioni; un cameriere era entrato in camera e lo aveva aiutato mettendo letteralmente fuori gioco il poliziotto. Come se questo non fosse sufficientemente strano, quello stesso cameriere, che aveva scoperto essere proprio il ragazzo di cui il suo migliore amico si era invaghito e che per qualche motivo indossava un paio di orecchini, ora gli aveva porto un fascicolo contenente tutta la documentazione riguardante la sua sfortunata relazione con la polizia di Chicago.

-Guarda.- Roger gli si avvicinò e sfogliò alcuni dei fogli, trovando tra le altre cose anche una cartellina piena di fotografie. -Queste sono le uniche copie di queste foto. Prendile: strappale, bruciale o conservale se vuoi. Appartengono soltanto a te.-

John distolse lo sguardo dalla prova della sua colpevolezza: -Come fai a...-

Roger abbassò il capo: -Anche io ho avuto e ho i miei problemi con la polizia... e non solo. Ma per te è diverso: hai una vera via di fuga. Nessuno ti cercherà. Guarda quei documenti: sono le liste degli informatori ufficiali della polizia e tu non ci sei! Da nessuna parte! Prenter ti sfruttava e ti obbligava a collaborare senza che fosse legalmente autorizzato a farlo! Ma se questi documenti scomparissero tu torneresti ad essere un uomo libero.-

Lo stava, di nuovo, aiutando.

Niente di tutto questo aveva un minimo di senso!

Nella sua mente continuavano ad accumularsi domande su domande, una più improbabile dell'altra.

Ma una frase, in particolare, lo colpì: in che senso anche questo Roger aveva dei problemi con la polizia? Doveva fidarsi di questo sconosciuto che gli stava così altruisticamente dando una mano?

Di colpo gli sorse un'altra domanda: Brian ne era a conoscenza? Con chi si era invischiato? Forse questo ragazzo rischiava di mettere nei guai anche Brian...o forse lo aveva già fatto...

Per non parlare di Clare.
La ragazza non aveva mai lasciato intendere nulla a proposito di suo fratello, se non il fatto che fosse il classico “fratello maggiore”, un po' spaccone e protettivo nei suoi confronti. Ma forse era normale: dopotutto intavolare un discorso sul fatto che un membro della sua famiglia potesse essere ricercato dalla polizia era quel genere di conversazione che sapeva mettere a disagio. Non che Clare fosse una ragazza che si imbarazzava facilmente, ma quando si tratta di famiglia...

John lo sapeva bene: era uno dei motivi per cui non aveva fatto parola della sua disavventura con Brian.

-Stai... scappando dalla polizia? Clare... Clare sa che sei qui?-

La domanda colse Roger di sorpresa. Rimase per un attimo in silenzio, forse riflettendo, ma quando parlò, non riuscì a trattenersi:

-John! Non esiste nessuna “Clare”! Guardami!- si allontanò di un passo, di modo che il bassista potesse studiarlo con più attenzione. Sperò che quello fosse sufficiente a convincerlo: onestamente non aveva voglia di aprire la divisa, mostrare la camicetta che ancora indossava sotto e aprirne i bottoni per mostrare il finto reggiseno che, nella fretta con cui aveva indossato quel costume, si era afflosciato.

Il silenzio dell'amministratore si fece pesante e Roger abbassò lo sguardo a terra, a disagio: -Ho davvero una sorella che si chiama Clare... ma questa Clare... non esiste: sono solo io. Era il modo più sicuro di scappare da Chicago...-

John rimase in silenzio a lungo, prima di dare voce alla sua maggiore preoccupazione: -Brian lo sa?-

-Brian... no. Non sa nemmeno che sono qui. E non deve venirlo a sapere!- aggiunse immediatamente, assestandogli un'occhiata così seria e inflessibile.

-Lo hai messo nei guai?-

-No! È l'unica cosa che voglio evitare! Promettimi che non gli dirai niente!-

-Dovrei pretendere di non averti mai incontrato? Ascolta...-

-No! John! Promettimelo!-

Brian non era un idiota: sapeva discernere e giudicare le persone.

E, dopotutto, ormai la definizione di “criminale” era diventata troppo labile: anche John, per una sfortunata piega degli eventi, era stato bollato come criminale, ma questo non faceva di lui una cattiva persona. E nel momento in cui si era confidato con Brian, quest'ultimo lo aveva accolto, lo aveva rassicurato, gli aveva offerto il sostegno che solo una famiglia può dare. Brian, dal primo giorno in cui si erano incontrati, aveva visto qualcosa di bello in lui, qualcosa che valesse la sua amicizia.

E certamente non si sarebbe invaghito di Roger se non avesse visto qualcosa di positivo in quello strano personaggio.

Tuttavia scosse la testa: -Ascolta: non so che problemi tu abbia con con la polizia, ma non posso fare finta di niente: non posso tenerglielo nascosto...-

-No, John: ti prego!-

-Brian prova qualcosa per te! Non puoi pensare di andartene e pretendere che non gli dica niente!-

-Credi che voglia andarmene? Che sia stato piacevole dirgli addio?! Non posso coinvolgerlo. So che non è una spiegazione sufficiente, ma è il meglio che posso offrire per tenerlo al sicuro.-

Quelle poche frasi fecero ammutolire il bassista, che si rese conto di colpo del fatto che l'interesse e l'affetto di Brian erano corrisposti.

Roger approfittò di quel silenzio per parlare di nuovo: -Dammi retta: torna in camera, prepara i bagagli, prendi Veronica e vattene il più lontano possibile da qui. E convinci Brian a fare lo stesso: non dovrai faticare...-

Perché, in fondo, ora che Roger gli aveva spezzato il cuore, aveva un motivo molto valido per volersene andare.

Quel pensiero fu troppo. Sorpassò il bassista. Afferrò la maniglia della porta e dalla manica della divisa spuntò il braccialetto di diamanti regalatogli da Mallett. Lo slacciò e, istintivamente, lo diede in mano a John: -Potrebbe esserti utile...-


 


 

Per quanto lo riguardava, i gangster potevano anche trovarsi dall'altra parte della porta: non gli importava.

Lo sgabuzzino era angusto e non particolarmente luminoso, ma tutto ciò contribuiva a creare un'atmosfera quasi romantica.

Le braccia di Jim lo stringevano contro il suo petto mentre le labbra gli saggiavano dolcemente il collo: in fin dei conti, era un bel modo di dirsi addio.

-Dove andrete?- mugugnò il barista contro la sua pelle, ora più che mai incurante delle sventure di poco prima e del fatto che fosse ancora senza la sua divisa.

-Se riusciamo ad uscire vivi da questo albergo? Beh...- si morse le labbra. -Venderemo il braccialetto di Roger e, con i soldi ricavati, potremmo prendere una nave per il Sud America e nasconderci lì fino a quando non si saranno calmate le acque. Insomma, mangiando solo banane immagino si possa campare per almeno cinquant'anni.-

-Fai attenzione a mangiare solo banane:- si sollevò per baciargli un angolo della bocca. -non vorrei che, per il troppo potassio, ti trasformassi in un banano.-

Freddie rise, senza vergognarsi del suo sorriso.

-Se ce la caveremo non escludo che potremo tornare anche a Londra.- e lo baciò ancora e ancora, fino a quando Jim non gli prese il viso fra le mani, per poterlo osservare:

-Potresti...- si bloccò, sentendo la maniglia della porta abbassarsi, al contrario di Fred che, non appena vide una chioma di capelli biondi ben nota, pensò di dare sfogo al suo disappunto per quell'interruzione.

E non solo.


 


 

-In tre settimane mi hai preso a gomitate, a calci e a pugni.- si lamentò Roger massaggiandosi il pettorale.

-Te lo meritavi!-

-Mi hai fatto scoppiare un seno!-

-E tu hai steso Jim!-

-Come facevo a sapere che fosse il tuo Jim?!-

-Se al posto di perdere tempo fossi andato a cercare Mallett ora...-

-Non ho affatto perso tempo! Inoltre...- Roger, pettinandosi la frangetta della parrucca specchiandosi nel vetro dell'ascensore, lo interruppe con il tono di chi non ammette repliche, ma non riuscì a finire di parlare: Freddie, all'improvviso, gli afferrò il braccio, sollevandogli la manica della camicetta per scoprire il polso ossuto.

-Dov'è il braccialetto?!-

-Ne abbiamo fatto l'uso migliore.- dichiarò il biondo, liberandosi con un gestaccio.

-Ti prego: dimmi che stai scherzando! Ci serviva! Adesso come faremo ad andarcene via? E come mangeremo?-

-Faremo la fame, se serve.-

-L'albergo brulica di gangster, la carestia è alle porte e tu ti comporti come il re del petrolio!-

Roger gli sibilò di abbassare la voce proprio mente le porte si aprivano sulla loro via di fuga.

Clare si sforzò di rispondere al sorriso di Mallett, già pronto ad offrirle il braccio: -Ho telefonato a casa: la mamma era così felice che è scoppiata a piangere.-

-Anche la mia piangerebbe.-

Il batterista lo afferrò per il braccio e lo trascinò verso l'uscita, sperando che la conversazione si fosse conclusa: non aveva la voglia né la forza per sostenere quel tipo di dialogo.

L'unica cosa che desiderava era prendere il largo e allontanarsi da quell'albergo; sdraiarsi su un letto, o anche solo un divano, e dormire per due giorni di fila...

Magari cullato dalle delicate carezze di Brian...

Non appena misero piede fuori, Mallett lo riportò alla realtà: -La mamma vuole darti il suo vestito da sposa. È di merletto bianco.-

Tanto sconvolto da quell'affermazione, Roger quasi non si accorse della risata che Freddie non era proprio riuscito a trattenere, nonostante ci avesse provato coprendosi il viso con la mano.

-Assolutamente no! Non posso sposarmi con l'abito di tua madre!-

-Perché?-

-Io e lei... vedi, non siamo fatte allo stesso modo.-

Mallett scrollò le spalle, sorridente: -Basterà qualche colpo di forbice.-

Quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.

Vaffanculo Mallett!
Vaffanculo il piano di fuga!
Vaffanculo tutto!

Non ne poteva davvero più: -Ah no, eh! Niente tagli di nessun tipo da nessuna parte! Te lo scordi! Ascoltami bene! Voglio essere onesto con te.-

Roger ignorò Fred che, picchiettando sulla sua spalla, stava cercando di dissuaderlo dal fare quello che gli era venuto in mente.

Il corvino aveva ragione – Roger lo sapeva bene – ma tutta quella storia stava andando un po' troppo oltre i limiti dell'accettabile e del sopportabile.

E che diamine! Ci sarà pur stato un altro modo di defilarsela che non prevedesse la sua più totale e irrimediabile umiliazione, no?! Era già caduto sufficientemente in basso, ma sopportare pure i preparativi di un matrimonio che mai si sarebbe celebrato... ecco, quella era una voragine in cui non aveva alcuna intenzione di sprofondare!

Avrebbero cercato qualche altro mezzo di fuga! Non doveva per forza trattarsi di un viaggio in prima classe! Dopotutto, forse... vendendo la sua grancassa, per quanto potesse dispiacergli, si sarebbero pagati un passaggio su un peschereccio. E magari avrebbero potuto lavorare a bordo per pagarsi una traversata fino in Sud America...

Schiaffeggiò la mano del pianista perché la smettesse: avrebbe dovuto provare a mettersi nei suoi panni, al posto di criticare la sua mancanza di pazienza. -Non possiamo sposarci affatto!-

-Perché no?-

-Beh...- escludendo di dire la verità, Roger dovette riflettere per qualche istante prima di trovare una scusa: -In primo luogo, non sono una bionda naturale!-

-Ah, non mi importa.- la rassicurò subito Mallett.

Scusa troppo debole. Forse tirando in ballo la famiglia avrebbe avuto più successo: -Fumo! Fumo come una locomotiva.-

-Non mi interessa.-

-Ma a tua madre sì! Non mi accetterà mai!-

-Dalle tempo.-

-Ho... ho un passato burrascoso: per più di quattro anni ho vissuto con uno squattrinato pianista jazz!-

-Ehi!- esclamò Fred, risentito di essere stato così ingiustamente dipinto.

-Ti perdono.-

Rifletti, Roger! Rifletti!
O trovi un modo per disfartene o rischi di finire per davvero a mettere su famiglia con lui!

Un'ultima idea fece, così, capolino nella sua mente:

-Non potrò mai avere bambini...- un colpo basso, senza dubbio.

Qualcosa sembrò intaccare lo sguardo impassibile di Mallett, ma fu solo per un secondo: -Vorrà dire che ne adotteremo un po'.-

Questa volta Fred dovette afferrare l'amico per le braccia per impedirgli di sfilarsi la parrucca e buttarla in faccia a Mallett che, dal canto suo, sembrava non voler capire:

-Adesso vedi tutto nero, ma sono certo che cambierai idea. Ne potremmo riparlare quando ti sentirai più a tuo agio, ma adesso che ne dici di fare vela verso quelle Cascate del Niagara che ti piacciono tanto?-

Freddie, dovette trattenere Roger per una seconda volta, trascinandolo indietro prima che si avventasse su quel povero illuso per, come minimo, rompergli il naso: -Io dico... che lei è un uomo davvero meraviglioso, signor Mallett. E sono convinta che Clare sia solo di cattivo umore, vero?- la domanda retorica rivolta al coinquilino ricevette un ringhio, come risposta. -Le passerà presto: è solo un brutto momento.- rincuorato, Mallett le sorrise.

-Clare?-

La voce di Brian fece sbiancare tanto Roger quanto Freddie.


 


 

Brian aveva pronunciato poche parole, ma con il tono di chi non ammetteva repliche.

-Mi scusi, posso parlare per un momento con Clare?- non aveva nemmeno aspettato che Mallett gli rispondesse: aveva preso la mano della ragazza e, nonostante il flebile “no...” pronunciato da quest'ultima, si era allontanato di qualche passo, di modo da essere lontano da orecchie indiscrete.

-Scusami, davvero, scusami se ti ho trascinata via così, ma... io non sto capendo più nulla!- dichiarò.

-Brian, non è... non posso: non è il momento e...- Clare tentò di indietreggiare, ma di nuovo il professore cercò di trattenerla.

-Ti prego: solo un minuto, per favore... mi puoi spiegare cos'è successo?-

La ragazza scosse la testa, con un'espressione triste stampata in viso che gli ricordò immediatamente il fratello.

Che pensiero idiota: per forza quando aveva preso per mano Clare gli era sembrato di avere davanti Roger; non c'era come essere gemelli!

Volle immaginare che, durante quella telefonata, Roger avesse avuto quel medesimo volto avvilito e costernato...
Che avesse voluto dirgli cos'era successo e dove sarebbe andato, ma che non lo avesse fatto ritenendo che non gli sarebbe importato. Brian si diede per l'ennesima volta dell'idiota: certo che gli importava! Conosceva quel ragazzo biondo da poco ma, con quel suo comportamento esuberante e sanguigno, non aveva potuto fare a meno di affezionarglisi immediatamente.

Lo conosceva da poco... e forse un Brian che non aveva mai conosciuto Roger non avrebbe mosso mare e monti per cercarlo, per chiedergli il perché di quell'addio improvviso: come aveva appoggiato la cornetta del telefono, invece, aveva deciso, per una volta, di provare ad essere impulsivo; di abbandonare per un momento il suo posato e inscalfibile carattere che si adattava così bene alla cattedra universitaria.

Di spegnere per un momento il cervello e agire d'istinto, seguendo le proprie emozioni.

Come avrebbe fatto Roger.
Forse non esattamente come Roger, che, infatti, avrebbe probabilmente decorato il tutto con qualche improperio.

Appoggiò entrambe le mani sulle spalle di Clare, quasi temendo che potesse scappare, e cercò una qualsiasi risposta nei suoi occhi, che lo evitavano costantemente

-Non ti sto chiedendo di convincerlo a cambiare idea...- disse alla fine. -Voglio solo... vorrei solo parlargli. Ma non so come contattarlo... non so nemmeno dove sia.- finalmente lo sguardo di Clare si soffermò nel suo. Brian non riuscì a impedirsi di abbassare lo sguardo a terra, un po' per l'imbarazzo, un po' perché quegli occhi... erano esattamente come quelli di cui si era innamorato. -Ti prego: dimmi che non è già partito. Io non voglio dirgli addio così... non voglio perderlo... non voglio!-


 


 

Nell'istante in cui aveva riconosciuto la voce di Brian avrebbe voluto scomparire. Sparire immediatamente come fosse stata una specie di magia. Invece non aveva fatto in tempo nemmeno a voltarsi che si era sentito afferrare per il polso e trascinare via.
Aveva provato ad opporsi, più o meno, ma si era sentito mancare il fiato e l'unica cosa che era riuscito a pronunciare era stato un debole “No...”, consapevole del fatto che non sarebbe servito a niente.

Cercò di riflettere, invano: non aveva calcolato che si sarebbe potuto trovare in quella situazione.

Sentendo la voce mentre lo bersagliava di domande, non riuscì a reggere il suo sguardo.

Non poteva vederlo così.
Nel momento in cui, quella mattina, aveva abbandonato la cornetta del telefono, dopo aver comunicato a Brian della sua prematura partenza, aveva cercato di richiamare alla mente la sera prima.
Se allora avesse saputo che quello sarebbe stata l'ultima volta che avrebbe visto il suo professore, non avrebbe bevuto nemmeno mezzo bicchiere e, ora, si sarebbe ricordato ogni minuto di quella serata.
Ci aveva pensato fino a farsi venire il mal di testa: non era riuscito a ricordare come fosse arrivato all'albergo, né tanto meno come si fosse arrampicato per quattro piani – soprattutto considerando quanto ubriaco fosse – ma alla fine i suoi sforzi avevano prodotto un piccolo risultato. Se aveva completamente rimosso la cena quanto il dopocena, gli era fortunatamente tornato in mente quando Brian lo aveva riaccompagnato a riva.

Non si era fidato a lasciarlo sul molo – il timore che cadesse in acqua non era infondato, dopotutto – per cui era sceso dal suo motoscafo e aveva attraversato la passerella al suo fianco.

Finalmente a terra, Roger ricordava di aver allacciato le braccia attorno ai suoi fianchi, lasciando un bacio sorridente sul suo mento:

-Buona notte.-

-Buongiorno.- gli aveva prontamente risposto l'astronomo. Roger aveva reclinato la testa, per osservare il cielo, e accorgersi che, effettivamente, cominciava ad albeggiare. Brian ne aveva approfittato per restituirgli quel bacio, dirottandolo sul collo. -Dunque:- aveva sussurrato poi. -quanto ti devo per la raccolta fondi scolastica?-

-Circa 850.000 dollari.-

Brian aveva finto di rifletterci su: -Mmh... in questo caso credo sia meglio arrotondare ad un milione, non credi?- e gli aveva scostato i capelli dal viso con una carezza per gustarsi il suo sguardo liquido e intenso mentre annuiva con entusiasmo.

Quello sarebbe stato il modo migliore di ricordare Brian. Ma quel ricordo era stato già intaccato dalla telefonata del giorno dopo quando la voce ferita e triste del professore gli avevano fatto salire le lacrime agli occhi.
E ora... ora sarebbe stato definitivamente distrutto. Perché non sarebbe più riuscito a pensare al Brian sorridente e sempre disposto a concedergli un gesto amorevole... non dopo averlo visto così confuso e disperato.

Per lui...

Per un povero disperato che si era ridotto a fuggire da una città all'altra; che ormai non aveva più una famiglia, una carriera... un'identità.

Aveva evitato il suo sguardo per tutto il tempo, sentendosi bombardare di domande alle quali non poteva rispondere, fino a quando non aveva pronunciato quelle ultime parole.

Forse era stata l'inflessione della sua voce, forse il fatto che aveva abbassato la testa e i capelli ricci che gli avevano coperto gli occhi gli avevano improvvisamente ricordato della prima sera che avevano passato insieme; di quando, mentre Brian teneva una piccola lezione privata sulle eclissi – ancora gelosamente conservata sul retro di quel foglio – quella matassa castana avesse nascosto i suoi lineamenti in quello stesso identico modo, costringendo Roger a inclinare la testa per guardarlo...

-Ti prego...-

Roger schiuse appena le labbra, sentendosi in colpa.

Sentì gli occhi inumidirsi. Di nuovo.

-Io... non voglio dirgli addio così: non voglio perderlo... non voglio!-

Scosse impercettibilmente la testa: Brian non se lo meritava.

Vaffanculo tutto!

Annullò quella distanza che, fino a quel momento, era stato ben attento a mantenere e si sporse, alzandosi leggermente sulle punte, per reclamare le sue labbra in un bacio veloce – Brian non ebbe nemmeno il tempo di capire cosa fosse successo – ma dolce.

Quando incontrò di nuovo il suo sguardo, così confuso, sorpreso ed esterrefatto, si lasciò scappare un sorriso e una lacrima che, questa volta, non si era imposto di trattenere, gli inumidì la guancia.

Scosse ancora la testa.

Non si curò di camuffare la propria voce: -Non ne valgo la pena, Brian...-

 


 


 


 

Angolino autrice:

Ma buona sera! Chi non muore aggiorna con due mesi di ritardo, eh? -.-'

SCUSATEMI! Non sono proprio riuscita ad aggiornare prima! E, tralasciando impegni e università con segreterie inutili e professori che non sono capaci di far capire agli studenti se l'immatricolazione sia avvenuta o meno con successo (sorvoliamo, sorvoliamo...), non vi sto nemmeno a dire di quante volta abbia riscritto questo capitolo, sempre convinta che non andasse bene. Spero che questa ennesima riscrittura sia valsa l'attesa 'xD

Anche in questo caso, rimandi al film come se piovesse: la storia del milione di dollari di baci, quella degli orecchini (Joe, al primo appuntamento con Zucchero, si dimentica addosso gli orecchini e riesce a toglierseli all'ultimo), il bacio di Roger/Clare con Brian, che vuole "ricalcare" quello che Joe(sephine) da a Zucchero dicendole che non vale la pena di struggersi per lui... la conversazione tra Roger e Mallett... XD per coloro che sanno come si concluda quella conversazione nel film, tranquilli, non ho eliminato quella battuta finale, ma ho deciso di sfruttarla in un altro modo, un filo diverso e che spero potrà piacervi. Ma dovrete aspettare non il prossimo capitolo, ma quello dopo ancora, per leggerla XD

Che altro aggiungere?

Spero, come al solito, di essere riuscita a coinvolgervi.

Ci stiamo avvicinando alla fine... l'ultimo capitolo è davvero dietro l'angolo...

Come sempre, ringrazi tutti quanti voi che leggete, recensite, seguite, ricordate e preferite! <3 GRAZIE DI CUORE!

A presto (giuroh!) con il prossimo capitolo! :-*

Carmaux

  
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