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Autore: Karyon    01/10/2019    4 recensioni
Sirius Black è un mago distrutto. Continuano a dire che è rimasto incastrato, anima e corpo, all'età di quindici anni - quando poteva ancora sorridere e c'era qualcosa di bello nel mondo. E forse è davvero così.
Hermione Granger è un'adolescente precoce. Continuano a dire che è una strega brillante, che è una donna adulta limitata nel corpo di una quindicenne. E forse è davvero così.
Possono due animi affini incontrarsi, nonostante tutto?
Una profezia da compiere e un'altra ancora da svelare, il mistero di due fratelli, un segreto da mantenere a ogni costo, una ricerca senza fine, antiche sette da conoscere... Su tutto, una guerra da combattere e la Morte - agognata, sfuggita, amata, odiata - che muove i suoi fili. Schiavi, tutti, del suo disegno.
[Più generi: guerra, mistero, romantico, angst, introspettivo, malinconico]
[Più pairing: SiriusxHermione, RemusxTonks, HarryxGinny, DracoxNuovo personaggio, RonxNuovo personaggio]
[Storia corale, molti personaggi]
Genere: Generale, Mistero, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash | Personaggi: Il trio protagonista, Regulus Black, Remus Lupin, Sirius Black | Coppie: Harry/Ginny, Hermione Granger/ Sirius Black, Remus/Ninfadora
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo | Contesto: Da VI libro alternativo, Più contesti
Capitoli:
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Buon compleanno
 
Un’altra settimana volò alla velocità della luce e la mattina del 19 settembre Hermione aprì timorosamente un occhio sul mondo con la mezza idea di restarsene a letto. Dalla scorsa domenica non si era più accennato al suo compleanno e quasi sperò che tutti l’avessero dimenticato come al solito.
«Auguri!» Esclamò invece una voce trapanante, che raggiunse anche i recessi più reconditi del suo cervello. Brienne saltò sul suo letto in un tripudio di carta colorata. «Qui ci sono i tuoi regali!»
Hermione sbadigliò, si passò una mano nei capelli cespugliosi e sbuffò «È sabato…»
Ma l’altra continuava a sorridere, imperterrita «Lo so!»
«E non ho nulla da studiare. Potrei dormire almeno altre due ore» continuò, lanciando un’occhiata alla sua sveglia magica che segnava le sette e mezza.
«Ma è il tuo compleanno!» Esclamò ancora Brienne, alzando le braccia al cielo.
Hermione grugnì, come a dire che non era una scusa abbastanza forte da reggere, poi osservò meglio il suo nuovo pigiama «Se non vuoi che commenti il tuo pigiama giallo con tanto di mucca al pascolo ti conviene lasciarmi in pace» minacciò mentre qualcuno, probabilmente Aveline, rideva poco lontano.
«Sai… le madri. Se non lo infilavo in baule non mi avrebbe mai fatto partire…» Sbuffò. «Andiamo, alzati! Ci sono mille pacchi da aprire e un sacco di lettere da leggere…»
Hermione, che intanto si era accucciata sotto le coperte, si scoprì e si guardò meglio attorno «Lettere?»
Brienne ghignò con aria furba «Ah, lo sapevo che avresti ceduto all’idea di aver ricevuto qualche lettera…» Aveline entrò nel campo visivo di Hermione con uno sbuffo e uno spazzolino tra i denti.
«Ma ‘a ‘asci in pace?» Borbottò, spruzzando dentifricio in giro.
Al contrario dell’amica indossava una sobria sottoveste rosa, ma la crocchia ai capelli avrebbe potuto competere col cespuglio di Hermione.
«Una con quei capelli dovrebbe evitare di parlare» frecciò infatti Brienne.
Aveline inarcò un sopracciglio «Vogliamo parlare dei tuoi? C’hai un petardo in testa?» Ironizzò, mentre Brienne si passava una mano nei corti capelli sparati in tutte le direzioni.
«Accidenti, ci metterò di nuovo due ore a sistemarli…» borbottò, poi tornò a Hermione. «Fine primo round, sistemo il problema e torno!» Esclamò, scappando in bagno.
«Ma lo stavo usando io!»
Battibeccando, le due si spostarono verso il bagno mentre Hermione si alzava a sedere e constatava con meraviglia che Brienne non aveva esagerato: c’erano davvero un sacco di pacchetti colorati, più tre o quattro lettere di auguri. Qualcosa le diceva che era merito di Harry e Ron.
Ormai del tutto sveglia e decisamente più allegra, si rivolse prima di tutto alle lettere: le prime due erano da parte dei Signori Weasley e di Remus; il fatto che le avesse scritto la stupì, ma poi notò anche che non c’era traccia del nome di Sirius, anche se i due dovevano essere ancora insieme a Grimmauld Place.
Con un sospiro un po’ triste, Hermione si rivolse alla lettera successiva e le si illuminarono gli occhi quando vide il nome di Tonks:
 
Cara Hermione,
tanti auguri! Molly mi ha accennato al fatto che fosse il tuo compleanno, spero di non aver sbagliato data. Volevo inviarti un regalo particolare, ma non sono riuscita a escogitare un modo per farlo entrare a Hogwarts senza destare sospetti, così ho ripiegato su qualcosa di più semplice. Spero ti piaccia comunque!
Volevo ringraziarti per la lettera, sei stata davvero molto gentile a inviarmela. Qui va tutto abbastanza bene, sai... alcuni amici mancano fin troppo, spesso è difficile persino respirare.
E come va invece a Hogwarts? L’anno dei G.U.F.O. è duro, ma posso assicurarti che passerà velocemente!
Volevo anche dirti che la mia offerta di quest’estate è ancora valida: quando vorrai parlare, io ci sono. Intanto goditi questi fantastici momenti al Castello, sonno impagabili
Ancora tanti auguri,
con affetto,
Tonks
 
Hermione sorrise e prese il pacchettino di Tonks: era incartato un po’ alla rinfusa e ricordò che un giorno la Signora Weasley aveva sottolineato come non fosse brava con gli incantesimi casalinghi, ma a lei Tonks piaceva così com’era. 
Il regalo si rivelò essere un braccialetto semplice ma di effetto: una sola catenina d’argento intervallata da minuscoli ovali. Un altro bigliettino scivolò via dal pacchetto, la solita scrittura caotica di Tonks recitava: “Questo è un bracciale su cui è stato imposto l’Emotorum Revelio, l’incantesimo per rivelare le emozioni. Se funziona bene, dovrebbe rivelare le forti emozioni delle persone attorno a te attraverso vari colori. Le sfere dovrebbero cambiare leggermente colore, ma non so a quali emozioni corrisponde ogni colore. Ti toccherà scoprirlo da sola, sempre che funzioni (e se non funziona dimmelo che uccido quello che me lo ha venduto)”.  
Hermione osservò da vicino il bracciale, indecisa se indossarlo o meno: non le piaceva granché l’idea di rendere visibili le emozioni degli altri senza il loro consenso.
«Ok, proviamo…» fece indossandolo.
Le sfere rimasero del proprio colore e alla luce del dormitorio riflettevano bagliori argentati. Dopotutto era un bel bracciale e a dirla tutta non era sicura che funzionasse davvero.
«Hermione, noi andiamo a fare colazione! Vieni con noi?»
«Non vorrai startene qui da sola ad aprire tutti i pacchi?» Sbottò Brienne, mentre si metteva la sciarpa.
Hermione sbuffò «Non mi avevi svegliato apposta?»
Brienne roteò lo sguardo, poi però si lanciò di nuovo sul suo letto «Ok, allora apri il nostro! Dai, dai!»
Hermione cercò nel mucchio e trovò un grosso pacco ingombrante.
«Ma è… è gigantesco, non dovevate!» Esclamò stupita, mentre e altre due sorridevano.
Hermione lo apri e si ritrovò ad accarezzare un morbidissimo tessuto di un colore davvero particolare. Alzò la testa a fissarle, sperando non significasse quello che pensava «E quindi?»
Brienne ghignò «Indovina».
«Io questa sera non lo metto» mugugnò Hermione.
Doveva ammettere che era davvero un bel vestito, anche se un po’ troppo audace per lei: lo scollo a V era sicuramente più profondo del solito e la lunghezza era di qualche centimetro sopra al ginocchio. La cosa che amava di più era il colore, a metà tra l’arancione chiaro e il giallo intenso.
«È color ocra…» cominciò Aveline.
«… o senape, non abbiamo ben capito».
«Immaginavo si intonasse con i tuoi occhi, avevo ragione!» Continuò ancora Aveline con un sorriso. Quella ragazza era così gentile che rendeva praticamente impossibile avercela con lei.
Hermione sorrise «Ok, mi arrendo. È molto bello, grazie…»
«Lo metterai stasera?»
«Vedremo…» concesse, ma non era ancora finita. Nel pacco c’erano anche un rossetto e un libro.
«Quello è fenomenale! Voglio dire, io non ci capisco nulla di rossetti ma quello cambia colore col clima! Se è bello diventa rosso ciliegia, se è brutto diventa più scuro, mentre se è sera diventa rosso intenso…»
«Oh wow… E questo invece?»
Brienne fece uno sbuffo «Quello è perché Aveline è noiosa…»
Hermione si girò verso la bionda, che rise «Quello era nel caso proprio odiassi gli altri due regali. Sono racconti su importanti streghe del passato…»
Hermione continuò a guardare i regali come se non credesse ai propri occhi.
«È tutto troppo... Non dovevate!»
Brienne e Aveline scrollarono la testa «Di niente. A noi basta che indossi quel vestito stasera!»
«Già… ora andiamo però che se no si spazzolano tutto. Se vuoi continuare a scartarli, ti conserviamo la colazione. Ci troverai nel parco al solito albero».
«Ok. Grazie ancora…»
Quando le ragazze uscirono, Hermione continuò a mantenere quello stupido sorriso. A parte Harry e Ron aveva sempre avuto pochissimi amici, a volte anche nessuno, e quel cambiamento così… naturale e causale le trasmetteva una confusione felice. Si girò a dedicarsi agli altri regali: c’era una lettera dei suoi genitori insieme al solito pacco di libri Babbani; i genitori di Ron le avevano inviato un maglioncino rosso fatto a mano con una singola striscia dorata nel centro e un pacco di dolcetti casalinghi. Persino Fred e George le avevano fatto un regalo, anche se non era sicura avrebbe mai assaggiato quelle caramelle salterine. Il pacco di Harry conteneva una stupendaa agenda in pelle, mentre quello di Ron un bel ciondolo.
«Hermione! Ci sei?»
«Sì, entra pure!»
Ginny entrò nel dormitorio col solito sorriso poco raccomandabile «Sei ancora qui?»
«Sto scartando i regali, non ne ho mai ricevuto così tanti! Comunque ho finito, posso anche vestirmi» fece, scendendo dal letto e andando al baule.
Ginny scosse la testa «Eh, no. Ne manca uno…» disse, allungandole una busta chiusa.
«Ma non ce n’era bisogno, vi siete tutti preoccupati troppo…» commentò mentre apriva, salvo poi rimanere sorpresa dal suo contenuto. «Questa è-»
«Lingerie, sì».
Hermione arrossì «Tu, Aveline e Brienne vi siete messe d’accordo?»
Ginny batté le palpebre «Perché, cosa ti hanno regalato?»
Hermione sbuffò indicandole il letto, dove il vestito faceva bella mostra di sé accanto al rossetto. Continuò a osservare il completino che le aveva regalato: era davvero bello con quelle rose e il merletto color champagne, ma cosa avrebbe dovuto farci? Insomma, lei non aveva un ragazzo e poi non si era mai davvero soffermata a pensare a- insomma.
La mente di Hermione vagò verso lidi che non credeva neanche di conoscere e prese fuoco.
Ginny la adocchiò e rise «Sono i sedici anni, Hermione. È tradizione che si regalino cose del genere» spiegò saputa, mentre prendeva il vestito. «È davvero bello! Scommetto che l’ha scelto Aveline».   
«Infatti… comunque non ho mai sentito di questa tradizione, scommetto che te la sei inventata. E tu che ne sai, comunque?» Chiese sospettosamente, poi al suo silenzio continuò. «Non mi dire che hai già…»
Ginny scosse la testa «No, no. Tra me e Michael c’è stato solo qualche bacio, non ci siamo mai spinti oltre… Però, come si dice, meglio essere pronte all’evenienza?» Scherzò, ma Hermione restava scettica. Ginny si sedette sul bordo del letto e continuò a osservare i regali «Ma che bella agenda, è di pelle?»
«Che occhio! È il regalo di Harry… Ah, le connessioni spirituali…» Alluse, mentre Ginny arrossiva.
La poteva raccontare a chiunque e poteva uscire con chi voleva, ma Hermione sapeva.
«Cosa hanno intenzione di fare gli altri?» Chiese, mentre indossava il maglioncino dei signori Weasley.
«Da quello che so vogliono stare al parco. Vestiti comoda, è meglio» replicò Ginny, un po' abbattuta.
I suoi sentimenti per Harry non erano un mistero, ma ormai la cotta si è era trasformata in qualcosa di molto più profondo, anche se ormai stava cercando di farsene una ragione. Hermione ovviamente era troppo intelligente per farsi depistare.
Hermione annuì, s’infilò i jeans e mise il completino nell’armadio in fondo, quasi come per nasconderlo. Il sesso era sempre stato un argomento scomodo per lei che per era piuttosto schiva, poi si circondava di Harry e Ron che tendenizlmente avevano la sensibilità di spugne di mare. Ma l’ultimo periodo era diventato terribile… la sola idea di pensare ai possibili utilizzi di quel completo mandavano il suo cervello verso persone che era meglio tenere fuori. Pensandoci arrossì di nuovo e quella volta Ginny se ne accorse.
«Ok, un penny per i tuoi pensieri!» Esclamò con un ghignetto.
«Ah no, scordatelo!» Quasi arrabbiata con lei.
Era un po’ come se il suo regalo l’avesse costretta ad aprire una finestra su un mondo che stava ignorando.
Cominciò a massaggiarsi i capelli con la Pozione Lisciante per dare un senso ai suoi capelli, ma continuò a guardarla in cagnesco «Prima o poi ti ucciderò, Ginevra Weasley».
Ginny si portò le mani sui fianchi «In quella posizione sei meno minacciosa di uno Snaso che dorme».
«Aspetta che ti arrivi un po’ di pozione in un occhio e vediamo» la sfidò Hermione con un sorrisino.
Ginny rise «Va bene, mi arrendo. Vado dagli altri, ma farai meglio a scendere che sono le otto e mezza!»
La porta si richiuse una seconda volta e Hermione sospirò una seconda volta. Sistemò con cura tutti i regali, suo malgrado si ritrovò ad accostare il completino al vestito per vedere l’effetto cromatico, poi si decise a scendere dandosi dell’idiota.
Quando arrivò in Sala Grande tutto il gruppetto Grifondoro la guardò come fosse stata una marziana scesa dalla navicella madre.
«Ehm, buongiorno» provò a dire, ma Ron le rifilò un’occhiata a dir poco mortale.
Hermione batté le palpebre e si girò verso Harry, il quale stava cercando con tutte le proprie forze di non scoppiare a ridere; le mimò un “auguri” e riprese a mangiare placido.
«Cosa suc-» cominciò lei, ma la nebbia si diradò brutalmente quando notò il solito gufetto fulvo di Sirius che zampettava felice tra le braccia di Aveline. Per i capelli di Morgana.
«È arrivato adesso» fece lei, rompendo il silenzio.
«Che bel gufetto!» Aggiunse la voce sognante di Luna Lovegood, che arrivò saltellando da Hermione. «Ciao, ho saputo che è il tuo compleanno. Tanti auguri, questo è per te».
«Oh, ehm, grazie Luna» balbettò, aprendo il pacco ma continuando a lanciare occhiate al gufo di Sirius. Il regalo si rivelò essere un bracciale fatto di corda, bottoni di varie dimensioni, colori, piume; una delle solite cose alla Luna, ma questa volta meno imbarazzante del solito.
Quel momento sembrò sbloccare la situazione, perché andarono utti a fargli gli auguri, ignorando il gusto misterioso e l’altrettant misterioso pacchetto corredato di lettera.
Tutti a parte Ron, che fissava l’animale come se dovesse implodere da un momento all’altro.
«E piantala» gli sussurrò Harry, dandogli una gomitata.
«Hm» grugnì Ron, continuando a fissarlo. «D chi è quel gufo? Lo conosciamo?»
«Magari gli chiediamo il nome, che dici?» Ironizzò Harry, mentre si alzava. Andò da Hermione e la abbracciò, sussurrandole «Stai attenta a Ron: morde oggi».
Hermione sospirò, roteando gli occhi al cielo «Grazie per l’agenda».
«Non c’è di che» replicò lui, tornando a sedersi.
Hermione si sedette accanto a lui, poi si allungò verso Ron seduto dalla parte opposta «Grazie per il ciondolo Ron, è davvero bello!» Fece lei, sfiorandolo: aveva deciso di metterlo proprio perché sapeva che a Ron avrebbe fatto piacere.
Lui infatti notò subito che ce l’aveva e arcuò gli angoli della bocca «Prego».
Sfortunatamente Brienne scelse proprio quell’istante per aprire l’argomento “gufo”.
Si sedette e adocchiò l’animale «Allora, non apri il pacco misterioso?» Fece, prendendosi una gomitata da Aveline, mentre Ron si rabbuiava di nuovo.
Hermione sospirò, ma dopotutto non poteva esimersi dall’aprirlo davanti a tutti e lo prese: era una piccola scatolina di velluto blu, talmente elegante che quasi credé fosse per la persona sbagliata. Il bigliettino all’esterno era un semplice cartoncino bianco con a centro un “Per Hermione”, scritto con la calligrafia corsiva ed elegante che ormai conosceva bene.
Il cuore cominciò a batterle e sperò di riuscire a celare quello che stava provando. Aprì il regalo di Sirius con mani tremanti e ne uscì un pendente d’argento finissimo, dal bizzarro riverbero dorato.
«Woah, ma quello è argento dei Goblin!» Sussurrò Ginny, quasi sconvolta.
Hermione si accigliò «E cosa avrebbe di diverso dagli altri?»
Aveline guardò il ciondolo con aria ammirata «I Goblin sono conosciuti per i loro complicati lavori, sono considerati i migliori maestri al mondo… il loro argento è pregiatissimo».
La lavorazione del ciondolo aveva proprio l'aria di essere complessa: era una foglia grande a cinque ramificazioni, ogni diramazione era sottile e finiva con una punta. La catenina era così sottile che sembrava di tenere in mano il nulla.
Era bellissima e non poteva credere che Sirius gliel’avesse regalata.
«Dev’essere costata un occhio della testa. L’agento dei Goblin è roba da ricchi veri» commentò Brienne e Hermione si rese conto che doveva essere vero.
Quello e il fatto che Ron continuasse a guardarla male le misero una certa ansia; avrebbe voluto aprirlo da sola e al riparo da occhi indiscreti. Si ricordò solo in quell'istante, sotto alle sue occhiate cirocspette. che Harry avrebbe potuto riconoscere la scrittura di Sirius.
Lo strinse, quasi maniacalmente, nel palmo della mano, nervosa: era arrabbiata con Sirius e la sua idea di mandargli il regalo con la posta del mattino perché sembrava quasi fatto apposta per impressionarla.
«Chi te la manda?» Chiese a un certo punto Luna e la domanda sembrò rompere un incantesimo.
Tutti gli occhi scattarono sulla lettera che era ancora abbandonata tra le braccia di Aveline.
Hermione si rese conto che avrebbe dovuto pensare prima alla lettera e poi al regalo, ma ormai era troppo tardi: si allungò di scatto per prenderla, ma quella finì in braccio a Ron, che lesse il nome con un cipiglio.
«Viktor Krum?» 
Hermione sospirò, ringraziando il cielo che Sirius avesse almeno continuato a usare il nome fittizio. Ron era troppo sconvolto per ricordarsi la calligrafia di Sirius e Harry era troppo impegnato a lanciargli occhiate preoccupate per leggere la lettera.
Le ragazze invece sembravano entusiaste. Tutte a parte Ginny, naturalmente.
«Ma… il giocatore di Quidditch Viktor Krum?» Chiese Brienne.
«Questo spiega la collana di argento Goblin, direi» rincarò Aveline con un sorriso di scuse.
«Siete degli impiccioni» borbottò Hermione, mentre Ginny fissava il gufo senza una parola.
«Non sapevamo ti sentissi ancora con lui» fece Harry, offeso, mentre adocchiava un avvilito Ron. 
Hermione scosse le spalle, più che altro perché non sapeva cosa dire, e tornò a sedersi tenendo la lettera e la scatolina in grembo «Beh, ognuno ha i suoi piccoli segreti…»
Fortunatamente dopo qualche altro secondo l’argomento virò verso i piani del pomeriggio e la festa di quella sera. Hermione si rese conto che Ginny evitava di guardarla e Ron continuava a girarsi verso di lei, ma la sua testa era totalmente assorbita dal regalo. Aveva osato sognare l’idea che Sirius se ne ricordasse e le mandasse una lettera, ma non avrebbe mai immaginato potesse donarle una cosa del genere.
Sembrava serio, sembrava... sembrava un impegno.
Quando finirono di fare colazione non poté andarsene di sopra a leggere la lettera in pace, perché si decise di andare al parco insieme. Poiché non le andava di dare l’impressione di essere impaziente all'idea di aprire il regalo “di Viktor”, si ritrovò a seguirli verso il parco con aria scocciata. Alla fine riuscì ad apartarsi fingendo di leggere il libro di Aveline, mentre si rigirava la scatolina tra le mani.
«Allora, cos’è questa storia?» Le fece Harry, sedendosi accanto a lei con la schiena appoggiata alla quercia. Hermione si girò a guardare gli altri che giocavano a palla: avevano formato due squadre, con Luna che faceva l’arbitro.
«Cosa intendi dire?» Chiese, sapendo di fare la finta tonta.
Harry sorrise «Andiamo, questa storia di Krum è troppo strana…»
Hermione sorrise e scrollò le spalle «Non posso avere un amico di penna, per caso?»
«Un regalo così non è del tipo “amico di penna”» ribatté Harry.
Hermione annuì: era vero, ma che tipo di regalo era? La felicità di aver ricevuto quel regalo così importante cozzava col senso di colpa, profondo, che e scavava dentro ogni volta che stava da sola con Harry o parlavano di Sirius insieme.
«Non lo so» rispose sincera. «Forse… forse c’è qualcosa…»
Harry sospirò «D’accordo. Mi dispiace per Ron, ma posso capirlo».
Hermione gli lanciò un’occhiata di sbieco «Sono stata qui per cinque anni, Harry».
«Lo so».
«E Ron avrebbe potuto svegliarsi prima» continuò lei, più fredda.
Dopotutto era vero che aveva aspettato Ron per tanto tempo… aveva sperato si svegliasse, aprisse gli occhi e si guardasse intorno per capire che lei era lì, invece aveva lasciato scorrere gli anni e lei si era disinamorata. Lo aveva già capito l’anno prima con Viktor, che l’aveva vista come nessun altro.
«È vero, ma lo sai che Ron è…» cominciò Harry, ma la voce sfumò e continuò a guardare gli altri giocare.
Hermione notò come ogni tanto sia Ron che Ginny si girassero verso di loro.  
«Non è l’unico comunque, forse è una cosa che accomuna tutti voi ragazzi…» fece Hermione-
Harry tornò a guardarla con un cipiglio «Cosa?»
«Non rendersi conto di chi si ha davanti» provò a dire Hermione, lanciando un’occhiata di sbieco a Ginny.
Harry la notò e sbuffò con una risatina «Oh, andiamo! Sono passati così tanti anni da quando-»
«Le persone cambiano mentre tu non guardi, Harry. Ti stupiresti di capire quanto bene possano farlo».
Hermione tornò a leggere, mentre Harry rimase al suo fianco con espressione perplessa. Continuò a guardare Ginny per tutta la mattinata, gioiendo delle sue ottime capacità di gioco e ridendo delle sue espressioni buffe quando perdeva.
 
Sirius sbuffò, pensando che prima o poi avrebbe perso la pazienza: Kreacher continuava a ululare come un pazzo e non poteva giurare che nessuno lo sentisse, anche con tutti gli incantesimi di sicurezza.
«Insomma, ti ordino di piantarla!» Sbottò, zittendolo all’istante.
Anche se non glielo aveva proprio promesso, aveva detto a Hermione che avrebbe provato a trattarlo meglio, ma certe volte era proprio un caso impossibile. Stava evitando di dargli troppi ordini, ma quello continuava ad approfittarsene.
«Bene» sibilò. «Ora tornate a lavorare, Kreacher, che hai fatto solo finta di rispolverare le camere del primo piano» fece, ma l’elfo scrollò la testa sbatacchiando le grosse orecchie.
«Al primo piano c’è l’abominio, Kreacher non andrà a pulire lì, oh no…»
Sirius arricciò le labbra mentre sentiva che la sua già limitata pazienza si stava prosciugando.
«Stammi a sentire…» cominciò, con voce gelida.
«… l’abominio se n’è andato, puoi andare a pulire» concluse la voce tranquilla di Remus per lui, mentre si lasciava cadere sulla sedia con uno sbuffo di sollievo.
Sirius roteò gli occhi al cielo «Che ci fai in piedi?»
«Abbi pietà, mi sono rotto di starmene sdraiato come un cadavere» frecciò ironico.
«Va bene… Hai sentito, Kreacher? Ti ordino di andare a pulire al primo piano, vai».
L’elfo se ne andò caracollante, borbottando imprecazioni all’indirizzo di un impassibile Remus.
«Scusami. Gli ho dato l’ordine di smetterla, ma a quanto pare devo capire come estenderlo a tutte le categorie... è un elfo furbo» fece Sirius, buttandosi sulla sedia di fronte a lui con aria stremata.
Remus fece un gesto disinteressato con la mano, poi lo osservò meglio «Io sembro un morto perché sono stato azzannato e non mangio decentemente da mesi, la tua scusa qual è?» Chiese, notando le sue occhiaie profonde e gli occhi rossi.
Sirius sbadigliò «Io non dormo decentemente da quindici anni, ti basta?» Frecciò.
La verità è che aveva dormito sì e no due ore a causa di quel maledetto polso: già in generale non è che dormisse molto, ma le fitte e i dolori erano peggiorati.
Stava cercando di analizzarsi per capire di cosa poteva trattarsi, ma non ne aveva ancora idea; fitte e sensazioni di bruciore ritornavano più intensamente di notte. Del disegno che era apparso la prima volta neanche l’ombra, però aveva provato a riprodurlo per cercarlo tra i suoi libri: non era il marchio di qualche grande Casata di Purosangue né di qualche associazione o di qualche organizzazione magica; non apparteneva ai Mangiamorte né all’Ordine. Brancolava nel buio più totale.
Però, fino a quando avrebbe dovuto sopportare qualche dolore notturno, poteva farcela. L’unica soluzione era abusare di rimedi per dormire e piombare in sonni profondi. Il solito.
Remus, intuitivo com’era, era sicuro ci fosse molto altro dietro quell’espressione menefreghista, ma lo conosceva abbastanza da sapere che gli avrebbe detto tutto a tempo debito.
«Ho mandato gli auguri a Hermione» decise di dire, invece, e Sirius sussultò dietro la mano in cui nascondeva gli occhi «Mmh».
«È il suo compleanno, compie sedici anni» continuò imperterrito Remus, osservando i suoi movimenti. 
Sirius aprì un occhio e lo osservò tra le dita «E allora?»
Remus sorrise, ma non si fece scoraggiare dal tono inacidito «Tu lo hai fatto?»
L’altro sospirò e abbassò la mano «Perché vuoi ritornare sempre sullo stesso argomento?»
«Perché sei sfuggente. Tu non sei mai sfuggente, a meno che non vuoi parlare di qualcosa» ribatté.
Sirius annuì «Appunto, non ne voglio parlare. Non mi sembrava difficile da capire».
«… e quando non ne vuoi parlare è perché ti senti in colpa» aggiunse Remus a voce più alta.
«Odio il fatto che tu mi conosca così bene» sbottò Sirius dopo un po’, facendolo ridere.
«Sono ventiquattro anni da… diciannove giorni» commentò Remus, adocchiando l’orologio.
Sirius ghignò, allargando le braccia «Auguri, amore!»
«Non ci provare… parlavamo di te. E di Hermione».
«Beh, non c’è niente da dire» replicò Sirius, indurendosi.
«Sì, se le hai scritto o le hai parlato in qualche modo» replicò Remus e capì di dover prendere il suo silenzio come assenso. «Sirius, Sirius… non avevamo detto che non è giusto incoraggiarla?»
«No, avevamo detto che gli adulti sono incoerenti, che io sono giovane dentro e che nessuno si sta ferendo…»
Remus si sistemò meglio nella poltrona e lo fissò a lungo, prima di chiedergli «Mi spieghi una cosa? Una sola e poi non riaprirò mai più l’argomento…»
«Beh, grazie a Merlino! Dimmi».
«Cosa cerchi da lei?»
Sirius lo fissò come a chiedersi se dovesse prenderlo sul serio poi sorrise, a disagio «Stai scherzando?»
«No, davvero. Dici che non fate altro che scrivevi e basta, che non si ferisce nessuno perché è tutto epistolare e aleatorio… quindi che senso ha?»
Sirius si accigliò «Fammi capire: l’irreprensibile e moralissimo Remus mi sta dicendo che se non c’è la parte… diciamo fisica… in un rapporto, allora esso non ha senso di esistere?» Chiese, sarcastico. Ovviamente stava giocando con lui, girandosi le parole a modo suo. Conosceva troppo bene Remus per non capire cosa volesse dire; era solo bello osservare le sue espressioni mentre perdeva la pazienza.
«Lo sai benissimo cosa voglio dire, non imbrogliare» grugnì infatti Remus.
«Una cosa è cominciare qualcosa credendo in una sorta di… progetto, una cosa è sapere già fin dall’inizio che si tratta di un binario morto senza sbocchi…»
«Oh, ed è quello che stai facendo tu con Tonks?» Sputò fuori Sirius, acido.
Quella volta fu sicuro di averlo colpito e gli dispiaceva, però si era anche stancato di doversi sempre giustificare con lui. «Mi dispiace, ma non vedo dove fosse il progetto nell’andarci a letto e scaricarla» continuò, con una sorta di segreta eccitazione: per la prima volta in vita sua poteva essere lui a recriminare qualcosa al rettissimo Remus Lupin.     
Remus non parlò e, nonostante il pallore, non sembrava neanche arrabbiato; Sirius aveva colpito in un punto fragile, un errore per cui continuava a tormentarsi anche da solo.
Sirius lo guardò in faccia e sospirò «Ah, Moony... quello che voglio dire è: io non giudico quello che hai fatto, però dobbiamo ammettere che il tuo è stato un errore non calcolato. Iniziare qualcosa sempre e solo perché lo si è progettato è impossibile, che ci piaccia o meno».
Remus si passò le mani nei capelli ormai brizzolati.
«Però…» cominciò, bloccandosi. Si vedeva che quello che stava per dire lo metteva a disagio, ma Sirius non aveva nessuna intenzione di rendergli le cose facili: non aveva iniziato lui quel discorso.
«… io e Tonks siamo andati a letto insieme, è vero. Magari mi si è annebbiata la mente per un po’, magari in quel momento avevo le difese abbassate…»
«… magari eri solo eccitato, come un qualsiasi uomo normale…» s’inserì Sirius, prendendo al volo l’occasione per imbarazzarlo.
Remus lo ignorò «… ma è finita lì. Dopo mi sono reso conto di aver fatto una cazzata e ho tagliato subito. Sarà da stronzi, ma almeno ho provato a fare marcia indietro. Tu magari non hai programmato di iniziare questa specie di... corrispondenza, ma hai avuto tutto il tempo del mondo per ripensarci, non puoi farla passare per un colpo di testa».
Sirius scosse la testa con un mezzo sorriso «Mi stai dicendo che era quasi meglio se avessi fatto quello che hai fatto tu? Cristo, Moony, ha sedici anni!» Sbottò. «Persino io so dove c’è il limite».
Remus si offese tanto che scattò in piedi, spostando la poltrona con uno struscio rumoroso «Non volevo dire questo! È impossibile parlare con te senza alterarsi, per Diana!»
Sirius rimase seduto sul bracciolo del divano, imperturbabile.
Remus gli lanciò un'occhiataccia e riprovò «Da un certo punto di vista andarci a letto sarebbe stato più comprensibile, o quanto meno giustificabile, con “ho avuto un colpo di testa”. Tu invece stai deliberatamente... corteggiando una sedicenne!».
Sirius smise di sorridere e si alzò «Ah no, non me la prendo quest’accusa così, Moony. Sembra di essere capitati in un universo parallelo: tu più di chiunque altro dovresti capire le possibilità di una relazione platonica e di due persone che si capiscono al di là del fisico. Invece sei qui a porre l’accento su una questione sessuale che non esiste!»
Remus si fece sfuggire uno sbuffo scettico «Certo, perché a te interessa solo la relazione platonica».
Quella risposta fu come un pugno in faccia e Sirius quella volta lo guardò con aria assassina.
«Mi stai dando del maniaco per caso?»
«Oh, andiamo…»
«Adesso non minimizzare. Hai voluto iniziare tu il discorso. Se volevo far succedere qualcosa sarebbe già accaduto, ti ricordo che Hermione Granger ha passato tutta l’estate in casa mia».
«Certo, con i tutti i Weasley e me e Harry» rimbeccò Remus.
«Ah, quindi credi che se non ci fosse stato nessuno di voi le sarei saltato addosso! Con chi diavolo credi di parlare si può sapere?»
Ormai Sirius stava urlando, era furioso.
Remus lo fissò senza rispondere: sapeva di aver esagerato, così come sapeva che per Sirius la mancanza di fiducia era una delle più gravi accuse che gli si potesse muovere. Quando avevano entrambi creduto che l’altro fosse la spia dei Potter non si erano parlati per mesi e da allora una piccola e profonda crepa ancora esisteva tra loro.
«Scusami, non volevo arrivare a tanto. Ho fiducia in te, lo sai» cominciò, soppesando le parole. «Sono solo preoccupato: il tuo passato e il tuo presente possono giocarti brutti scherzi… stare recluso in questa casa, non vedere nessuno, non dormire… non sono cose che possono farti ragionare bene. Non dico che tu voglia fare qualcosa di immorale, ma potresti non vedere la cosa dalla giusta prospettiva».
Sirius tornò a sedersi, anche se non ricordava di essersi alzato, e sospirò «Lo so, Remus. Perché accidenti credi che sia così prudente? C’eri anche tu, quanto tempo credi abbia passato con lei quando era qui? E anche adesso… quante lettere credi ci spediamo? È tutto molto aleatorio».
Remus annuì, ma lo sapeva che erano solo balle: era stato Sirius a baciarla, era stato Sirius a spedirle un regalo di compleanno credendo non l’avesse visto, era sempre Sirius a scriverle per primo. Tuttavia presupponeva potesse perdonargliela quella bugia bianca, almeno per il momento. Forse Hermione avrebbe trovato quello che cercava nel Castello, lasciando a Sirius solo un bel ricordo.
«Promettimi solo che, quando capirai di stare andando oltre, ti tirerai indietro e la lascerai alla sua età».
Sirius lo guardò in faccia e mentì, annuendo.
Quella sola lettera, onesta e sincera come non ne scriveva da anni, aveva il potere di far cascare l’intero castello di scuse che stva costruendo meticolosamente per sé e per gli altri. Ma supponeva che annuire facesse bene a entrambi.
Non sapeva cosa cercava in Hermione: perché non poteva bastargli Harry?
Quanto platonico poteva davvero essere quella relazione, se era sempre più consapevole giorno dopo giorno che era una donna?
Sirius sbuffò e si alzò, mentre la sensazione di fastidio si univa a una nuova fitta al braccio sinistro; era la prima volta che gli faceva male di giorno, il che voleva dire che qualunque cosa fosse stava peggiorando.
«Vado a… risposare» provò a dire, cercando di non svenire davanti a Remus.
Per qualche assurda ragione voleva che quella cosa rimanesse sua; era uno suo problema, toccava a lui risolverlo. Tuttavia Remus notò che stava diventando pallido e che camminava in modo un po’ instabile. Si alzò a sua volta e gli andò dietro «Sirius, cosa ha-»
Sirius sentì una nuova fitta, perse la presa della poltrona e svenne.
 
Quel pomeriggio fu uno dei più divertenti che Hermione ricordasse da quando era a Hogwarts. Avevano giocato a pallavolo nel parco, dopo aver tentato per due ore di spiegare il gioco a Ron e Ginny; alla fine avevano provato a creare due squadre il più equilibrate possibile: la sua era formata da Brienne e dal pessimo Ron, mentre quella di Harry dall’altrettanto confusa Ginny e Aveline.
Peccato che Harry aveva scoperto troppo tardi che Ginny aveva un talento naturale in quasi tutti gli sport, compresi quelli che non conosceva, e la sua squadra vinse con sei punti di vantaggio.
Dopo passarono al Quidditch ed Hermione passò volentieri a Luna l’onere del gioco, prendendo il suo posto di arbitro. Se c’era una cosa in cui non eccelleva, e a cui comunque non teneva particolarmente, quello era il volo. In quel caso Harry, nella squadra oro con Luna e Brienne, si trovò a confronto con Ginny, capitano della squadra rossa con Ron e Aveline.
Alla fine, miracolo dei miracoli, Aveline riuscì a segnare il tiro decisivo con il suo solito aplomb e a far vincere la squadra dei “Ginger più uno”. Ci fu un memorabile momento in cui Harry giurò di buttare Ginny di sotto, se non la piantava di gongolarsi.
Poi ci fu il momento pic-nic e i gemelli arrivarono a seminare il panico con le loro Liquirizie Striscianti. Dopo aver battuto l’intero parco inseguiti da serpenti di gelatina, Hermione decise di averne abbastanza.
«Ok, io direi che possiamo deporre le armi per oggi» fece, lanciando un’occhiata in cielo.
Dopotutto era ora di cena e cominciava a fare buio.
Brienne annuì, mentre si riprendeva dalla corsa con le mani sulle ginocchia «Approvo la mozione».
Aveline inarcò un sopracciglio, osservando Luna stesa nell’erba «Cosa sta facendo?»
«Cercherà qualcosa di insolito come al solito...» disse Ginny, mentre si legava i lunghi capelli.
«Cerco gli Smergini. Loro vivono nell’erba alta ed escono solo al tramonto».
«Appunto» sospirò Harry, ridacchiando insieme a Ginny. «Allora, stasera?»
Hermione si accigliò «Non mi dite che dopo tutto un pomeriggio passato fuori c’è anche un seguito!» Esclamò e le sue tre amiche ghignarono in un sincrono talmente perfetto da spaventarsi sul serio.
«Ok, non sono sicura di volerlo sapere» borbottò, alzando le mani.
«Tu stai tranquilla. Ti basterà cenare e infilarti il vestito che ti abbiamo regalato…»
«Le avete regalato un vestito?» Fece incuriosito Harry, mentre notava Hermione arrossire. «Ahia» disse con un ghignetto, mentre Ron arrivava col solito tatto da elefante.
«Stai arrossendo!» Esclamò, prendendosi un'occhiataccia.
«Grazie per il tuo sostegno, Ron».
Brienne rise e batté le mani «Su su, cena e tutti a prepararsi. Sarà una serata stellare!»
Hermione aveva il terrore che la cosa sarebbe sfuggita di mano, visto che di mezzo c’erano pure i gemelli. Quasi quasi andava a parlare con la McGranitt per dissociarsi dalla sua festa di compleanno.
Però “cena” voleva dire pure che avrebbe qualche minuto da sola per leggere la lettera di Sirius.
Cenò velocemente e scappò in dormitorio, approfittando dell’assenza delle altre per aprire la scatola di velluto e osservare con maggiore attenzione il ciondolo: alla penombra della stanza brillava di una luce cupa dall’alone bluastro.
Hermione si chiese ancora una volta come fosse riuscito a comprarglielo: Sirius era sempre chiuso in casa ventiquattr’ore su ventiquattro. Non doveva essere stato facile farsi recapitare un oggetto simile.
Lo indossò con un certo timore reverenziale e corse in bagno a osservarsi allo specchio: per permettersi di brillare al massimo avrebbe dovuto togliersi quello di Ron, ma sapeva che l’avrebbe odiata per quello.
Si chiese perché proprio una foglia e prese il bigliettino nella scatola.
 
Questa è una foglia di Ippocastano. È un albero maestoso, rigoglioso, solido, ma di una bellezza nascosta e meravigliosa che si può apprezzare solo se lo si guarda più da vicino. Nei miei studi sulla magia celtica è diventato il mio albero preferito e le sue foglie sono, per me, le più belle.
 
Hermione dovette constatare ancora una volta che Sirius Black possedeva conoscenze e qualità nascoste che lei non avrebbe voluto fare altro che continuare a scoprire. Ovviamente aveva letto qualcosa sulla magia celtica, che aveva la caratteristica di unire allo studio della magia classica quello della natura.
A Hogwarts si studiavano alcuni aspetti di quella particolare branca in Erbologia e Trasfigurazione, ma sapeva che a Bauxbatons c’era un intero corso a essa dedicata.
Lei non sapeva dire se l’Ippocastano poteva o meno essere associato a lei, ma l’idea che Sirius avesse scelto il suo albero preferito la rendeva comunque felice, anche se in modo strano. Supponeva dovesse abituarsi a questa mescolanza di sensazioni diverse quando si parlava di lui.
Poi aveva la sensazione che quel regalo sarebbe stato più appropriato all’interno di raffinati circoli di altolocate famiglie Purosangue, su di lei sembrava quasi fuori posto.
«Quante paranoie Hermione…» mormorò ad alta voce a se stessa, guardanosi allo specchio.
Tenne entrambi i ciondoli al collo quando aprì la lettera, come al solito firmata col nome di Viktor. Si guardò intorno, poi picchettò la carta con la bacchetta e mormorò l'incantesimo.
La vera lettera si rivelò a lei.
 
Cara Hermione,
buon compleanno!
Avrei voluto farti arrivare il regalo a mezzanotte, ma ho avuto alcune cose da fare e Pen (il gufo) non era molto propenso a volare in notturna (e credo non fosse il caso di usare quello di Remus).
Spero comunque non ti abbia messo troppo in imbarazzo riceverlo questa mattina; sono sicuro che abbia dato il suo spettacolo in Sala Grande, spero che non ti abbiano rotto troppo le scatole.
Posso già immaginare i tuoi commenti a proposito del regalo, quindi ti anticipo: non ti preoccupare, non è costato troppa fatica né troppi soldi, l’ho fatto con estremo piacere e sono sicuro che l'argento risplenda magnificamente su di te.
Spero davvero ti piaccia…
Se hai già letto il bigliettino, saprai che si tratta di una foglia di Ippocastano. La mi preferita in assoluto.
Lascio a te il piacere di scoprire perché ho scelto proprio quella, sono sicuro che una piccola caccia al tesoro ti entusiasmerà! Piccolo consiglio: “La magia della natura” di Albert Kay dovrebbe essere nella biblioteca del Castello.
Anche se vorrei essere lì a festeggiarti di persona, sono sicuro che passerai una splendida giornata, nonché serata.
Divertiti, ma insomma non fare cose che il giovane Sirius avrebbe sicuramente fatto, e non pensare troppo.
Ti scrivo nei prossimi giorni, tu però fammi sapere come andrà la serata.
 
Tuo, come sempre
Sirius
 
Hermione sorrise come un’allocca durante tutta la lettura. Quella lettera la stupiva perché dimostrava come Sirius avesse imparato velocemente a conoscerla, al punto da sapere cosa avrebbe detto a proposito del regalo. Anche una cosa banale come l’indizio sui libri da cercare dimostrava quanto in fondo la capisse.
Si chiedeva però se quella conoscenza fosse ricambiata; lei non sentiva di conoscerlo così bene, anzi: avvertiva l’esistenza di un mondo intero in una sola persona, un mondo che aveva solo scalfito.
“Tuo come sempre”, lesse per la diciottesima volta: tre parole che avevano il potere di farle battere il cuore come un tamburo. Era assurdo come così poche parole riuscissero a sconvolgerla tanto e non capiv se dipendesse da lui, dalla situazione o dal fatto che una parte di sé stesse aspettando una cosa del genere, inconsciamente, da molto molto tempo.
Hermione andò a riporrecon cura la lettera nello scomparto segreto sotto il letto e, solo allora, notò il fascio di lettere che aveva prelevato da Grimmauld Place. Con una certa vergogna si chiese se Sirius se ne fosse già accorto e si sentì veramente stupida. Si ripromise di fargliele avere in qualche modo, magari inventandosi qualcosa che nascondesse l’immaturità del suo gesto.
Infilò la sua lettera nel fascio e lo nascose sotto il letto, insieme alla scatolina di velluto vuota e ai libri.
Fatto quello, rimase per buoni cinque minuti davanti al suo vestito appeso, indecisa se indossarlo o meno. Poi si rese conto che Sirius aveva ragione, doveva approfittare di quei pochi – e forse ultimi – momenti spensierati che ancora potevano vivere e indossò sia il completo di Ginny che il vestito.
Si ricordò con un certo affetto della preparazione un po’ speranzosa e un po’ timorosa del Ballo del Ceppo, ricordandosi quanto fosse felice che Viktor Krum l’avesse invitata. Ora, per uno strano scherzo del destino, avrebbe voluto che ci fosse un’altra persona che però si firmava col suo nome.
Si diede dell’idiota perché era altamente improbabile che lei e Sirius Black avrebbero mai potuto partecipare a un ballo di qualsiasi genere; non solo perhé lui era un latitante ricercato, ma anche perché a loro differenza di età avrebbe infastidito i presenti.
Hermione sentì addosso una strana nostalgia: per quello che avrebbe potuto essere, magari in un altro tempo e in un’altra epoca, e non sarebbe mai stato. 
Chissà come sarebbe stato conoscere un Sirius Black da giovane.
«Hermione?» Aveline la chiamava dalla porta. «Noi siamo pronti quando ci sei!»
«Arrivo!» Hermione si riscosse dai suoi tetri pensieri e s’infilò il vestito.
Si guardò allo specchio e si limitò a tirarsi su i capelli in una specie di coda morbida, con un trucco leggero sugli occhi e un paio di scarpe dal tacco basso; rispetto ai suoi standard aveva persino fatto troppo.
Sperò non la stessero aspettando tutti, perché non avrebbe resistito all’imbarazzo; si avviò piena di timori verso la scala del dormitorio femminile.
Fortunatamente qualcuno (sospettava i gemelli) aveva messo della musica e sparso oggetti bizzarri in giro per la sala comune, così erano tutti troppo impegnati a ballare o a fare casino per occuparsi di lei.
Quando arrivò dal suo gruppo si stupì di trovarli tutti agghindati: Ron e Harry indossavano gli stessi vestiti del Ballo dell’anno prima, con Ron che aveva approfittato dell’estate per rendere il suo più maschile. Brienne indossava una tuta Babbana nera con una giacca maschile rosso fuoco e Aveline un semplice vestitino laminato rosa cipria.
«Ehi, quanta eleganza!» Esclamò.
«E senti chi parla» rimbeccò Harry, osservandola con tanto di occhi. Ron aveva la stessa espressione da pesce palla, ma se ne stava ammutolito al suo fianco.
La festa si rivelò molto più divertente di quello che aveva immaginato, con musica, scherzi e… folla! Sembrava quasi che tutta la Casa, più qualche imbucato, fosse presente e la torre era affollata più che mai. Hermione supponeva che tutte le scuse fossero buone per fare festa e fargliela al Supervisore Supremo.
Ad un certo punto della serata se ne stava su uno dei divani a ridere per gli scherzi di Fred, i loro scherzi erano molto più divertenti quando non doveva fare il Prefetto, quando Harry le si avvicinò.
«Vuole ballare, signorina?» Chiese con ironia, allungandole la mano.
Hermione sorrise, scuotendo la testa, ma accettò; fortunatamente non si trattava di un lento, perché nessuno dei due era davvero capace a ballare: Harry ricordava ancora quando aveva pestato i piedi a Calì e Hermione quando aveva quasi fatto cadere Viktor durante il Ballo del Ceppo.
«Allora… com’è la festa?» Chiese lui e Hermione si illuminò «Perfetta, siete stati grandi!»
Harry rise «Mi piacerebbe prendermi il merito, ma sono state le ragazze a fare tutto. Io e Ron abbiamo solo aiutato».
«Va bene lo stesso, lo apprezzo».
«Mi spiace non averlo mai fatto prima» rivelò Harry, con aria un po’ triste. «Ti abbiamo dato per scontata, alle volte vero?»
Hermione si stupì per la piega che stava prendendo il discorso, appoggiò entrambe le braccia sulle spalle dell’amico e scosse la testa «No, non è vero. Tu sei sempre stato così impegnato già a vivere, lo sai. E Ron, beh, è Ron».
Harry ridacchiò «Vero, ma Voldemort non dovrebbe impedirmi di riconoscere le cose belle della mia vita e tu sei una di quelle» rivelò, quasi stupendo se stesso per quello che stava dicendo.
Non era mai stato così aperto con nessuno, ma quando finalmente si rilassava si rendeva conto di quanto Ron e Hermione fossero preziosi per lui, di quante ne avessero passate insieme. Hermione era di quanto più simile avesse a una sorella, doveva farglielo capire.
Il sorriso di Hermione si allargò «Come sei audace oggi!» Esclamò, facendolo ridere.
«Lo sai, tu… beh, sei sempre stata “casa” per me» borbottò Harry, non sapendo bene come dirlo.
Hermione gli baciò una guancia, poi appoggiò la testa sulla sua spalla «Ti voglio bene».
Stettero così per un po’, mentre qualcosa in Hermione cominciava ad agitarsi come ogni volta che era troppo vicina a Harry.  
Diglielo, diceva, non avrai altre occasioni.
Avrebbe dovuto dire a Harry di Sirius ora, ora che non avevano fatto nulla di irreparabile, ora che non era ancora un tradimento bell’è buono.
Hermione alzò la testa a fissarlo ma nessun suono uscì dalle labbra serrate.
«Ho sempre cercato di far capire a Ron che doveva muoversi prima» fece improvvisamente Harry.
Forse era perché sentiva lo sguardo dell'amico su di loro, forse perché si sentiva in colpa di aver sempre pensato prima a se stesso e al mondo e poi ai suoi migliori amici.
Hermione scosse la testa «Se c'è una cosa che ho capito, Harry, è che se una persona le cose le vuol fare le fa. Il resto sono scuse».
Ovviamente lo stava dicendo anchea se stessa. Harry stette in silenzio, mentre lei faceva fare una piroetta.
«E se fosse paura? Non potrebbe bloccare le persone, la paura?» Sussurrò Harry, guardando nella folla.
Hermione capì dal suo sguardo che non stava parlando più di lei e Ron.
«Di cosa parli?»
Lo sguardo di Harry scivolò su Ginny, i cui capelli rosso fiamma spiccavano sul vestito acquamarina persino in mezzo a tanta folla. Era fantastica, lo riconosceva, e si stupì che la sua mente fosse corsa subito a lei e non su Cho Chang, che parlava con Lavanda Brown poco lontano.
«La paura è una cattiva consigliera» convennr Hermione.
Harry sospirò «Magari è anche ciò che ci tiene in vita».
Hermione si strinse nelle spalle «Forse, ma è che prezzo?»
Ricordò di Sirius e e dei Malandrini, ricordò la sua mascella serrata e gli occhi severi in cucina.
«La paura rende schiavi. Ricordi Peter Minus?»
Harry sussultò, poi tornò su Ginny.
«Minus non ha solo fatto del male ad altri, ha anche distrutto la sua vita. E anche se non ti interessa, pensaci: è un uomo costretto a vivere in sembianze da topo, senza amici, senza famiglia, con la paura che ogni ombra possa essere Sirius o Remus o te o Voldemort».
Harry la guardò: da quando aveva pronunciato il suo nome, Hermione non aveva più paura a farlo.
Paura, che meccanismo strano.
«Lo spirito di Sirius si è impossessato di te?» Ironizzò, senza sapere quanto era vicino alla verità.
Hermione sorrise enigmatica, poi notò Ginny che si avvicinava a loro e lo spinse nella sua direzione. «Non ti negare la vita solo perché tu sei tu, okay?» Gli sussurrò, andandosene.
«Ehi, dove vai?» Le fece Ginny, ma Hermione fece un gesto della mano in saluto, senza girarsi.
Ginny posò lo sguardò perplesso su Harry, che la fissava con un sorriso: aveva il viso accaldato, i capelli scarmigliati ed era bellissima.
«Ti va di ballare?» Le chiese, mentre Lee Jordan inseriva una canzone movimentata.
 
Fuori dal buco del ritratto, Blaise Zabini ascoltava i suoni provenire dall'interno della sala comune Grifondoro con una certa apprensione: sembrava che l'intera parete stesse per esplodere.
«Ehm, va tutto bene lì dentro?» Provò a chiedere, ma la Signora Grassa si limitò a lisciarsi il vestito, adocchiando la cravatta verde-argento al collo del ragazzo.
«Parola d'ordine?»
Blaise scrollò le spalle con una certa eleganza «Non ne ho la minima idea!»
«Allora niente ingresso» rimbeccò il quadro, facendolo sbuffare.
«Non potrebbe mettere degli indovinelli come la porta di Corvonero? Sarebbe più divertente».
La donna prese un’aria di sussiego, guardandolo da sotto in sù «Io non sono una normale porta con un batacchio, caro. Sono un essere senziente in grado di parlare e guardare. Parola d'ordine?» Fece poi, alla persona che arrivava.
Draco Malfoy mosse la mano con uno sbuffo «Me risparmi. Non entrerei lì dentro neanche per uno zellino» sibilò, per poi girarsi verso Blaise. «Che ci fai qui?»
Blaise lanciò un'occhiata alla sua camicia mezza sbottonata e senza cravatta, la giacca a penzoloni da un braccio, poi scosse la testa «E tu da dove vieni?»
«Ero nelle cucine con Tiger, Goyle, Nott e gli altri. Siamo riusciti a farci dare la combinazione dai Tassi. Quegli elfi dovrebbero imparare qualcosa sulla furbizia, se non li fermavamo ci regalavano pure i loro gonnellini a momenti» ironizzò.
«Ci scommetto» replicò solo Blaise, duro.
Draco lo fissò a lungo, prima di sospirare «Va bene, senti. Io e te dobbiamo parlare».
L'altro lo guardò di traverso «Perché sono qui, secondo te?»
«Per vedere la Sanguesporco» grugnì Draco, sapendo che l'avrebbe infastidito.
«Si chiama Hermione».
«Al massimo posso concederti Granger, se proprio ci tieni» ribatté il biondo.
Blaise non rispose e continuò a guardare davanti a sé, così Draco scrollò la testa e fece un ghignetto.
«Tu lo sai che non si metterebbe mai con uno come te, vero?»
Blaise non rispose, ma Draco notò il leggero spasmo così continuò.
«Ah povero Blaise... dai a me del razzista, ma è chiaro come il sole che nessun Grifondoro si metterebbe mai con uno di noi. Guarda i dati: non esiste una sola coppia Serpedoro che sia una, quest’anno. Non che quelle degli anni scorsi siano sopravvissute comunque… E poi lei c'ha Sua Maestà e Lenticchia, non ha bisogno di uno come te».
Blaise finamente si girò a guardarlo, curioso «Uno come me?»
Draco si avvicinò al finestrone e si accese una specie di bocchino per pipa in argento, sottile e piccolo.
«Una banderuola» spiegò e, alla sua occhiata, sorrise. «Una delle diavolerie della Blitchey. È erba di troll o roba del genere. Rilassante».
Ma Blaise non ascoltava: come al solito Draco Malfoy aveva il potere di innervosirlo più di chiunque altro. Strinse i pugni e si avvicinò a lui.
«Io non sono un'opportunista. Lasciami essere cristallino, Malfoy: io sono sempre stato e sarò sempre contro di te, la tua famiglia e i tuoi simili. Non solo sei razzista, sei pure uno smidollato che crede di poter avere tutto solo perché il padre ha un ruolo d'importanza in qualche strano giro. Forse lui sarà pure qualcuno, ma tu sei un verme e basta».
«Il motivo per cui ti sta sulle palle Potter è perché quel giorno di cinque anni fa ha rifiutato la tua amicizia e ora è molto più celebre di te» sputò.
Il livore rabbioso di Draco fu sostituito da un ghigno velenoso.
«Riordati Zabini che sei e sarai per sempre un Serpeverde: fino a prova contraria studi e campi nella mia Casa e questo la tua cara Hermione Granger lo sa bene. Puoi giocare a essere uno di loro, se ti piace, ma non lo sarai mai davvero. Qui magari puoi ancora giocare a fare il bastian al contrario, ma cosa succederà quando sarai chiamato a scegliere per davvero, mh?»
Draco si avvicinò a lui e gli soffiò il fumo in faccia.
«Cosa sceglierai la tua integrità o la tua famiglia, quando il Signore Oscuro si prenderà tutto?»
«Ehi! Non si può fumare nei confini del Castello!» Sbottò la Signora Grassa, quando lo vide.
Entrambi i ragazzi si girarono verso di lei, poi il ritratto scivolò di lato e Ginny apparve davanti a loro. «E voi due cosa ci fate qui?» Fece, incrociando le braccia.
Draco riuscì a far sparire il bocchino, auto-spegnente, nella tasca dei pantaloni.
«Stavamo decidendo se interrompere i vostri penosi festeggiamenti. Roba scadente, senza dubbio».
Ginny sospirò «Malfoy, ormai non sei neanche più divertente».
«Non mi interessa far ridere una traditrice come te» rimbeccò lui e Zabini si preparò o alla guerra o alla fuga, alternativamente a entrambe.
Ginny aprì la bocca per ribattere, ma qualcuno dietro di lei la interruppe per dire: «Malfoy, gradiresti un altro schiaffo in faccia per caso?»
Brienne spuntò da dietro le spalle di Ginny e lanciò a Draco un'occhiata «Stai andando in un bordello?»
«Perché, Wilson, ti avrei trovato lì?»
Blaise si passò una mano nei capelli crespi e sbuffò «Io ne ho abbastanza, me ne vado».
Si girò e fece per andarsene, quando Hermione arrivò; lo capì dall'irrigidimento di Draco.
«Che sta succedendo?» Fece, capendo al volo che la situazione era rischiosa: Blaise aveva la faccia da cadavere, Malfoy al contrario sembrava al settimo cielo – il che non era mai un bene – e sapeva per certo che Ron era così di pessimo umore che li avrebbe volentieri ghigliottinati entrambi.
«Andatevene, è meglio» sbottò: che diavolo voleva Malfoy dalla sua festa di compleanno?
Blaise sussultò e strinse inconsciamente il pacchetto regalo che aveva per lei nella giacca.
«Sì, è meglio. Malfoy, andiamo...»
Ma doveva capirlo dall'espressione serpentina di Draco che seguire lui era stata tutta una scusa. Draco aveva atteso il momento propizio per farsi aprire il buco del ritratto e avere proprio loro sotto tiro; peccato per Sua Maestà, ma con lui poteva sempre vedersela il Signore Oscuro.
Con uno scatto fulmineo, tirò fuori la bacchetta dalla giacca che teneva al braccio e mormorò qualcosa.
Blaise era sicuro che nessun Grifondoro avesse sentito a causa della musica alta, ma lui aveva udito una Maledizione Senza Perdono e si girò, sconvolto, verso il gruppetto. Hermione alzò scioccamente le mani per proteggersi, ma Brienne urlò un “Protego” che bloccò la maledizione e distrusse lo scudo in mille pezzi.
«Malfoy!» Urlò, ma quello girò i tacchi e corse via.
Harry e Ron, che erano giunti a cercare le ragazze, si resero subito conto della situazione. Ron scattò dal ritratto e cominciò a inseguire Malfoy prima che qualcuno potesse fermarlo, mentre Blaise e Harry corsero da Hermione. In tutto quel trambusto, la Signora Grassa aveva cominciato a urlare come una matta e avrebbe sicuramente chiamato la McGranitt se Ginny non si fosse affrettata ad ammansirla.
«Hermione, come stai?» Chiese Harry, ma lei scosse la testa.
«Sto bene, che stupida… Brienne mi ha praticamente salvato la vita... ma, Ron?»
Harry guardò verso il buio «Spero che lo prenda e gli dia un mucchio di calci...» borbottò, poi notando lo sguardo di Hermione, continuò. «Okay, vado a recuperarlo».
Brienne lo bloccò per un braccio «No, vado io» fece, per poi seguire i due fuggiaschi.
«Sta attenta!» Le urlò dietro Harry, continuando a guardare verso buio che l’aveva inghiottita, indeciso sul da farsi. «Ehm, la seguo?»
Ginny scosse la testa «C’è anche Ron, Malfoy non è poi così forte… ti conviene parlare con la Signora Grassa piuttosto, è sconvolta come la sera in cui Sirius è entrato nella Torre…»
Harry annuì e si appiccicò il suo sorriso migliore, giusto per evitare che la McGranitt arrivasse a rompere i boccini nel paniere a tutti. Dopo averla calmata e aver giurato su tutta la sua discendenza che la festa sarebbe stata annullata, Harry si girò verso il gruppetto.
«Entriamo tutti che è meglio... Blaise, vieni anche tu?»
Blaise guardo Harry come per soppesarlo, poi annuì e seguì Hermione all'interno.
Harry si girò verso Ginny «Andiamo?»
Ginny stava fissando uno strano luccichio nel corridoio vuoto «Due minuti e vi raggiungo».
Il buco si richiuse e lei tornò a guardare la fonte della luce.
«Chi c’è?»
Miles Blitchey uscì dal buio con uno strano ghigno sulla faccia.
«Certo che vi divertite da queste parti....»
Ginny sospirò di sollievo «Pensavo fossi quel gran deficiente di Malfoy! Che vuoi?»
Miles, che stava per aprire la borsa, le lanciò un'occhiataccia «Si tratta così il tuo corriere?»
Ginny guardo nervosamente verso il ritratto «Ok, va bene. Ma muoviti, la Signora Grassa è andata a seguire Malfoy attraverso i ritratti ma non posso escludere che sarà qui tra poco».
Miles scosse la testa e tirò fuori le boccette di pozione per dormire.
«La verità è che non vuoi che Sua Maestà sappia che sei umana, normale e hai degli incubi...» fece.
«Sua Maestà?» Sbottò Ginny e lei rise a mo' di scusa.
«Ah, sì. Potter. Noi lo chiamiamo così».
«Voi siete tutti degli idioti» sbottò lei, afferrando le boccette e nascondole sotto al vestito.
Le diede gli ultimi soldi e controllò di nuovo di averle nascoste bene.
«Saremo pure idioti, ma siamo onesti anche nelle nostre sgradevolezze. Tu puoi dire lo stesso?»
«Com’è che ti sei limitata ad ascoltare senza intervenire?»
Miles scrollò le spalle «Sono idiota, ma non mi vado a ficcare nei casini degli altri. Sicuramente non in quelli di Malfoy. Ciao, Weasley».
«Ciao, Blitchey» mugugnò.
Ginny si impose un sorriso smagliante sulla faccia e rientrò nella Torre.
 
Ron si fermò a metà del settimo piano senza riuscire a vedere Malfoy da nessuna parte. Appoggiò le mani sulle ginocchia e cercò di respirare; non sapeva neanche lui perché fosse scattato così, ma sapeva che si era rotto di permettere a Malfoy di dire e fare sempre tutto quello che voleva.
«Weasley non c’era bisogno che mi accompagnassi, conosco la strada» ironizzò Draco, spuntando dal buio.
«Sei ancora piuttosto lontano da casa Malfoy, tornate a strisciare sott’acqua!»
Draco ghignò «E da quando siamo così coraggiosi senza Sua Maestà a proteggerti?»
Ron fece un movimento strano, quasi uno scatto «Tu non sai niente di me!»
Draco scosse la testa con un sorrisino di pena, poi guardò il suo vestito come se quello dicesse già tutto.
«Quello che so è che non c’è stato un solo singolo attimo negli ultimi cinque anni in cui tu non abbia dovuto vergognarti come un ladro perché la tua famiglia non ha abbastanza soldi per comprarti dei vestiti decenti o dei libri decenti o una scopa degna di questo nome o una qualsiasi cosa che possa elevarti a dignitoso essere umano e non elfo domestico» spiegò con calma, mentre Ron arrossiva.
«Quello che so è che tutto questo ti rende così geloso di Potter che se non avessi deciso, per assoluto opportunismo diciamocelo, che doveva essere tuo amico, l’avresti odiato più di me».
«Dove vuoi arrivare Malfoy, si può sapere?» Sbottò Ron, mentre suo malgrado quelle parole scavavano una strada in lui, insinuandoglisi nel cuore.
Draco si avvicinò ed abbassò la voce «Sai perché tu mi fai più schifo di Potter? Perché lui almeno ha avuto il fegato di prendere una decisione e di farsi spaccare il culo per essa, tu invnece? Sempre a farti coprire da lui o da tuo padre, vero?»
Ron quella volta sorrise «Oh Malfoy… a te piacerebbe un mondo essere suo pari, ma la verità è che una cosa a cui credi solo tu. Tu non sei su nessun piano al pari di Harry. Anzi, e mi fa pure schifo pensarlo, sei molto più simile a me… Ci siamo limitati a ereditare le scelte delle nostre famiglie e lo sai benissimo. La mia fortuna è che la mia famiglia sarà anche povera, ma almeno è piena di integrità e di dignità, due cose che i tuoi non sanno manco dove stanno di casa! Dici che mio padre mi copre? E parli tu, che da quando avevamo undici anni di crogioli su quello che ha costruito tuo padre? La verità è che a te da fastidio non avere le palle come Harry, di non essere considerato un eroe dai tuoi e di essere simile a me, anche se mi disprezzi perché “sono povero”. Potrò anche essere invidioso delle ricchezze tue o di Harry o di qualunque maledetto benestante di questo mondo, ma sono un vero amico. Su di me ci si può contare, tu sei solo una serpe in seno e… lo sai?»
Ron si avvicinò con un sorrisino che sarebbe stato più appropriato sul viso di Malfoy.
«Anche per lei non sei altro che un bamboccio… guarda che mi sono reso conto di come la guardi e, te lo dico, non sceglierebbe te neanche se fossi l’ultimo uomo sulla faccia del pianeta» sussurrò.
Draco si allontanò come se lo avesse schiaffeggiato e fece un sorrisino velenoso «Non so neanche di chi stai parlando, Weasley! Non fare questi giochetti con me».
Draco stava per perdere la pazienza: tirò fuori la bacchetta e si avvicinò con tono minaccioso.
«Io ti faccio fuori» grugnì, mentre Ron stringeva la mano attorno alla sua, nascosta nella giacca.
«Siete impazziti?»
I due si congelarono e si girarono verso Brienne, che li guardava come due brutti esemplari di lumaca bavosa. L’espressione era proprio quella: disgustata e fuoriosa.
Arrivò con due veloci passi da Ron e lo tirò per un braccio.
«Non avete più due anni, dovreste riuscire a risolvere i vostri problemi senza ragionare come uomini di Neanderthal! Lo so che siete, beh, maschi ma fate uno sforzo».
Draco fece sparire la bacchetta e la osservò con curiosità «Che diavlo ci fai qui, Wilson?»
Lei le lanciò un’oocchiataccia di sbieco senza rispondere, poi scrollò le spalle.
«Sono venuta a vedere se voi due deficienti foste in grado di essere maturi, evidentemente no….» si girò verso Ron. «E ho detto a Harry che ti avrei recuperato io. Andiamo».
Draco serrò la mascella «Capisco… sia mai che Lenticchia sia capace di fare qualcosa da solo».
Ron sbuffò «Malfoy, sono capacissimo di prenderti a calci in qualsiasi momento!»
Brienne gli diede uno schiaffo sul braccio «Piantala. Addio Malfoy, vatti a fare una doccia fredda che ti vedo particolarmente agitato».
Ron sorrise, mettendole un braccio attorno alle spalle «Giusto, noi torniamocene alla festa».
Draco li osservò andare via con una strana sensazione addosso. Qualcosa che gettava calmante sulla sua rabbia e la trasformava in qualcos’altro, qualcosa che si rifiutava di riconoscere ma che lo portava pericolosamente sull’orlo delle lacrime. Piangeva per qualcosa che non avrebbe mai potuto avere.
Chissà com’era una vita normale, pensava a volte, una vita senza la paura di morire o di far ammazzare un membro della famiglia per una sola parola detta male.
Su una cosa Ron Weasley aveva avuto torto: loro due non erano uguali in tutto, perché era sicuro che in quella terribile catapecchia per indegenti che si ritrovava come casa la felicità fosse ancora ammessa.
Ron e Brienne, intanto, ondeggiavano verso la Torre Grifondoto abbracciati e ridenti. I corridoi di pietra risuonavano di risate e entrambi si chiedevano quanti secondi sarebbero passati prima che Gazza o Mrs Purr li avrebbero scoperti, denunciandoli alla rospa.
«Varrebbe la pena di essere espulsi solo per la faccia che ha fatto Malfoy al tuo arrivo» stava dicendo Ron, mentre Brienne prendeva per un attimo le sembianze di Hermione all’idea di essere buttata fuori.
«Non dire cazzate, mia madre mi stermina… comunque di cosa stavate discutendo, si può sapere?»
Ron scrollò le spalle «Le solite cose: la sua gelosia, Harry, la sua Casa di merda, suo padre, Harry di nuovo, la sua gelosia di nuovo… è solo un pochetto ripetitivo» ironizzò, mentre Brienne s’impensieriva.
«Io penso che se provasse a scrollarsi di dosso tutte le aspettative che gli altri hanno su di lui, forse potrebbe essere una persona più decente» provò a dire, ma Ron sbuffò.
«Non penso proprio. Se una persona è fatta in un modo, è così e basta. Non farti ingannare dal bel faccino che si ritrova, è uno stronzo».
Brienne non disse nulla: i suoi sentimenti nei confronti di quell’organismo unicellulare di Malfoy erano ancora troppo confusi per essere sindacati. E poi preferiva non prenderli troppo sul serio. Poteva solo immaginare le facce degli altri se avesse detto loro che le piaceva Malfoy.
Rientrarono dal ritratto senza che nessuno li fermasse, così capirono che erano tutti impegnati.
«Beh, direi che si sono strappati i capelli a furia di aspettarci» ironizzò Ron, buttandosi sul divano.
«Già!» Esclamò Brienne, buttandosi accanto a lui. «Tutto bene?» Chiese, notando il suo pallore.
Ron sbuffò, distogliendo lo sguardo da Hermione, in un angolo a parlare con Zabini.  
«Se vuoi puoi confidarti con me, lo sai» fece Brienne, prendendosi da bere.
Ron lanciò un’occhiata a Harry che ballava con Ginny e pensò che l’idea di confidarsi con qualcun altro non doveva essere male. Si massaggiò il collo con uno sbuffo, cercando le parole.
«E per… ehm…» cominciò, ma Brienne sorrise furbescamente «Hermione per caso?»
«È così visibile?» Si lamentò, poi ci ripensò. «Non rispondere, non fa niente. Tanto non cambierà mai nulla, almeno per me. Per lei cambia sempre tutto, invece, e piuttosto velocemente» frecciò caustico.
Brienne inarcò un sopracciglio «In che senso?»
«Prima c’era il Signor Quidditch con tutte le sue moine da superstar. Pensavo fosse sparito ed eccotelo che torna a regalarle un ciondolo d’argento. Poi ci si mette quell’altro bellimbusto di Serpeverde a farle la corte, uno che è intelligente e studioso almeno quanto lei… cosa posso fare se ogni volta c’è qualcuno di migliore?» Sbottò, nascondendo il viso tra le mani.
Brienne sorrise raddolcita, poi gli passò una mano sulla spalla «Ron, non è detto che ci sia qualcuno di migliore e peggiore, forse semplicemente non fai per lei… capisco che sia difficile capirlo adesso che sei preso, ma puoi sempre trovare qualcun’altra».
Ron fece un verso di incredulità, ma poi si rizzò e si passò una mano sulla faccia.
«Grazie Brienne e scusami…» fece, riuscendo persino a sorride. Sorriso che scivolò via quando vide Harry e Ginny avvicinarsi. «Oh no, non credo di farcela stasera…»
Brienne annuì «Posso sempre dire che sei sparito con un’aitante brunetta e non so dove sei finito» propose, facendolo ridere.
«Ottima idea» commentò, si scambiarono uno sguardo d’intesa, poi Ron scappò verso i dormitori.
Tempo due secondi e gli altri due presero il suo posto. Harry provò pure a fingere di non essersi divertito come un pazzo con Ginny, ma non riusciva a smettere di ridere.
«Siete tornati! Com’è andata con Malfoy? E dov’è Ron?» Chiese, guardandosi intorno.
Brienne mise su la sua migliore espressione neutrale e scosse le spalle «Non so, parlava con una ragazza laggiù… mi sa che era una di Corvonero» fece, mentre Ginny si accigliava.
«Davvero? Mio fratello?» Chiese, quasi sorpresa.
Brienne tirò fuori un sorriso quasi acido «Sì, davvero».
Si sentiva sempre colpita sul personale quando qualcuno veniva trattato con sufficienza, forse perché le capitava spesso di essere sottovalutata. Lei e i casi disperati.
«Un momento: e Hermione?» Chiese ancora Harry, che non la scorgeva da nessuna parte.
Brienne scosse le spalle, ma fu Ginny stessa a rispondere «L’ho vista parlare con Zabini poco fa».
I due in questione se ne stavano nel corridoio pieno di spifferi a fissarsi come due belle statuine.
«Allora, ne avete per molto?» Chiese con aria impenitente la Signora Grassa.
Sia Hermione che Zabini la guardarono malissimo e lei propose «Andiamo più in là?»
Blaise annuì con un sorriso «Stavo per dirlo io» fece e la seguì verso il primo angolo.
Dopodiché la guardò meglio «Sei bellissima, te l’ho già detto?»
Hermione arrossì, ma imputò la cosa allo sbalzo termico «Grazie…»
Blaise guardò l’orologio «Meglio che vada, Malfoy si sarà già premunito di attaccare manifesti sul mio presunto tradimento o qualcosa del genere. Però prima… » prese un respiro e tirò fuori il suo regalo-
«Questo è per te… è solo un pensierino, non ho avuto tempo di portartelo nel pomeriggio».
Hermione però fissava il pacco con aria sorpresa «Non me lo sarei mai aspettato da te, Zabini!»
Edward scosse la testa «Granger, aprilo o me lo riprendo».
Hermione sorrise «Ok, ok…»
Era un bellissimo libro sull’Aritmanzia che cercava da secoli e di cui avevano parlato molto.
«Noo, sei riuscito a trovarlo!»
Lui fece un ghignetto «Ho le mie fonti… sono contento che ti piaccia, forse è banale ma-»
«Ma va benissimo! Lo adoro!» Esclamò lei, stringendo il libro al petto. «Perché non resti? Dopotutto la festa non è ancora finita e chi se ne frega di Malfoy. Lo so che siamo Prefetti, ma sai com’è…»
«… contro la Umbridge va bene tutto» completò Blaise per lei e si sorrisero di nuovo.
«Senti, mi piacerebbe ma non penso sia il caso».
Hermione lo scrutò meglio, stringendo gli occhi «Perché?»
«Certo che in certe cose sei proprio lenta, Granger» sospirò, scrollando la testa.
«Torni a trattarmi male all’improvviso? Sei bipolare?» Frecciò sarcastica lei, ma Blaise la prese per entrambe le spalle e la baciò, lasciandola interdetta.
«Ecco perché. Ora vado» commentò lui subito dopo, con maggiore freddezza.
«Blaise!» Gridò Hermione quando lui era quasi alle scale. Lui si girò a fissarla con aria gelida.
«Andiamo, lo sappiamo entrambi che sei scioccata, lascia stare…»
Le parole di Draco continuavano a vorticargli nel cervello e l’aria sconvolta di Hermione non faceva altro che confermare i suoi dubbi sul fatto che non le sarebbe mai piaciuto. Sperò per un istante che facesse o dicesse una qualunque cosa, ma Hermione si limitò ad annuire con espressione confusa e lui andò via.
Hermione doveva ammettere che non ci aveva neanche mai pensato a Blaise in quel modo, ma ora si diede della stupida per non averlo capito prima. Una parte di sé quasi si vergognava a pensarlo, ma forse se lui si fosse fatto avanti prima forse non avrebbe neanche preso in considerazione Sirius: dopotutto Blaise era bello, divertente, intelligente e aveva la sua stessa età. Poteva dire che avesse tutto ciò che aveva sempre cercato in un ragazzo ma adesso… adesso c’era Sirius, Sirius con i suoi misteri.
La sua vita sarebbe stata più semplice con Blaise nel Castello, ma al cuor non si comandava giusto?
Hermione rise piano, pensando a quanto fosse ironica una vita che le spiattellava nello stesso momento due delle cose che aveva desiderato di più, due modelli di persona che avrebbe voluto incontrare.
Egoisticamente avrebbe voluto non scegliere.
Le venne voglia di mandare tutto a quel paese e raggomitolarsi tra le coperte, invece di ritorvò ad aprire il buco del ritratto con un sorriso un po’ vacillante addosso.
Ginny le andò subito contro, mentre Brienne restava un po’ sulle sue.
«Allora?»
«Cosa?»
«Beh eri con Zabini, no? Che voleva?»
«Mi ha baciato» fece con aria assente, prima ancora di rendersi conto di averlo confessato.
Brienne dimenticò per un attimo la sua aria sostenuta ed esclamò così forte che qualche sconosciuto si girò a fissarle. Ginny era sconvolta quasi in egual misura ed entrambe la portarono via prima che Harry o Ron potessero tornare a disturbarle.
«E quindi?!» Esclamò Ginny.
«Beh, io ho fatto il pesce lesso» disse, con un tono che non fece capire se le fosse piaciuto o meno.
Le due ragazze si lanciarono un’occhiata perplessa, poi Ginny sospirò «Ma ora cosa vuoi fare?»
«In che senso?»
«Con Viktor, no?» Chiese Brienne.
«Bella domanda» rispose, quasi sconvolta.
Si rese conto solo in quell’istante di essersi completamente scordata della sua copertura, in primis, ma anche del fatto che forse avrebbe dovuto dire qualcosa a… Sirius? Insomma, non sapeva ancora neanche cos’erano loro due, quindi come poteva capire come gestire quella cosa nei suoi confronti? Era un… tradimento, una cosa da confessare? Erano fatti suoi? E Sirius come l’avrebbe presa?
Il pensiero che potesse intristirsi e non fidarsi di lei la ansiava, ma l’idea che invece non gli facesse né caldo né freddo era se possibile ancora peggio.
Alla fine le scappò una risatina isterica e la mano corse a una bottiglia di Burrobirra nella cassa di Fred e George, nascosta neanche troppo bene dietro un pouf.
«Basta pensarci» si sentì dire, sotto lo sguardo attonito delle due. «Brindisi?»
Ginny si scambiò uno sguardo d’intesa con Brienne, ma Hermione scrollò le spalle.
«Hai ragione tu Ginny, i sedici anni vengono una volta sola! Divertiamoci e domani ci penseremo».
Condizionate dal suo sorriso a trentadue denti decisero di lanciarsi nella mischia, anche se Ginny continuava a tenerla d’occhio: quella Hermione così senza pensieri non la convinceva. Molti balli e qualche burrobirra dopo, Hermione prese coraggio per chiedere ciò che aveva voluto chiedere fin dall’inizio; si avviò verso Neville, immerso in una discussione sul Quidditch con Fred e Lee Jordan.
«Senti, Neville… potrei chiederti una cosa?» Gli sussurrò.
Lui batté le palpebre, ma annuì «Certo Hermione, dimmi».
«Cos’ha di speciale l’ippocastano?» Chiese a bruciapelo, poi si rese conto di essere stata troppo brusca.
«Voglio dire… ha qualcosa a che fare con la magia celtica… insomma, quali sono le sue caratteristiche?» Era consapevole di farfugliare, ma non sapeva proprio come aprire l’argomento. Non sapeva neanche lei perché fosse così importante.
Tuttavia Neville non ci fece caso, perso com’era nella sua passione; si portò un dito al mento e si sistemò meglio nella poltrona.
«Non mi ricordo molto, ma l’Ippocastano è sicuramente l’albero della passione: chi ce l’ha come guida è una persona passionale, che quando ha un’idea vi si butta e la difende a spadatratta».
Hermione sorrise, pensando al C.R.E.P.A e a Kreacher. Chiaramente doveva aversi pensato anche Sirius.
«Poi?»
Neville la guardò di soppiatto, con un sorrisino «Simboleggia anche gli amori difficili, ma eterni. Ovvio che non esista una regola, questa branca della magia è abbastanza oscura, per gli studi hanno dimostato dei tratti comuni in questo senso… passione amore eterno e…»
«Cosa?»
«Giustizia. L’Ippocastano guida i giusti. I suoi protetti ci credono fermamente nella giustizia e spesso fanno lavori collegati, come lavorare all’Ufficio Applicazione della Legge sulla Magia, L’Ufficio Internazionale della Legge sulla Magia eccetera» continuò Neville. «Come mai tanto interesse per la magia celtica?»
«Eh?»
Hermione si riscosse e notò il suo cipiglio «Oh, niente. Stavo leggendo un libro in cui se ne parlava e mi sono incuriosità, tutto qui. Grazie Neville»
«Che libr-» cominciò lui, ma Hermione scappò via.
Ovviamente era di quello che si trattava: essere giusti. Sirius aveva un’alta opinione di lei e quel regalo, con tutto ciò che lo caratterizzava, ne era una prova evidente. Voleva essere all’altezza di quella percezione, anche se significava dirgli tutto.
Si avviò pensierosa verso il dormitorio e quando Ginny la raggiunse la beccò in stato insolitamente, per lei che non conosceva la situazione, depresso.
«Che fai?» Le fece, buttandosi sul suo letto.
«Medito il suicidio» ironizzò Hermione
Ginny scosse la testa «Ti sai rompendo troppo la testa su questa storia…»
Hermione le lanciò un’occhiata «Tu che faresti?»
«Sceglierei chi mi fa battere il cuore» rispose Ginny, così convinta che Hermione sbuffò d’impazienza.
«Come hai fatto con Harry?» Le sfuggì, pentendosene subito dopo. «Mi spiace, scusami…»
Ginny scosse la testa «Non preoccuparti… non fingerò neanche più di nasconderlo, naturalmente tu sai cosa provo per Harry. Però sei stata tu stessa a dirmi di andare avanti, di guardarmi intorno e di capire quali battaglie combattere o te ne sei dimenticata? Con Krum ci hai già provato, perché dovrebbe essere diverso adesso?»
Perché non è il vero Krum, pensò Hermione ma non poteva dirglielo.
«Non lo so… siamo ancora qui che ci scriviamo, qualcosa vorrà dire no?» Nicchiò, ma sapeva che senza una visione completa delle cose Ginny non poteva esserle utile. Non era colpa sua, dopo tutto.
«Magari si sente semplicemente solo» replicò Ginny, colpendola diritto nello stomaco.
Certo, lei si riferiva a Krum ma la cosa era applicabile anche a Sirius: stava rinunciando a qualcosa di potenzialmente fantastico per il capriccio di un uomo volubile?
«Ho bisogno di prendere aria» annunciò, con uno scatto.
Ginny rimase un attimo interdetta «Non possiamo uscire» le fece con tono ovvio, perplessa all’idea di dover ricordare a un Prefetto, soprattutto a Hermione, le regole del Castello.
Quella doveva essere davvero la serata delle follie, pensò Ginny, perché giurava che quel ghigno sulla faccia di Hermione era stato rubato direttamente ai suoi fratelli.
«E chi ha parlato di uscire… vieni con me?»
Ma aveva già spalancato una delle finestre.
«Ehm ok? Non è che devo tenerti no?»
Ginny adocchiò Hermione che, dopo essersi messa a cavalcioni della finestra, se ne stava con entrambe le gambe penzoloni nel vuoto; seduta sul davanzale.
Hermione rise «Oh, andiamo. Ho un ottimo equilibrio!»
Ginny sbuffò «Il tuo ottimo equilibrio non ti ha permesso di imparare a volare, però…» le ricordò, arrampicandosi con lei sul cornicione della finestra.
Hermione rise di nuovo. In tutta onestà credeva ci fossero degli incantesimi a protezione delle finestre, una falla mostruosa nella sicurezza del Castello. Ma meglio per lei. Inspirò l’aria fresca della sera sentendosi subito meglio, mentre Ginny le lanciava un’occhiata.
«Senti, devo chiederti una cosa…»
«Mh?»
«Cosa ti sta succedendo? Non eri così destabilizzata neanche quando hai capito di esserti innamorata di Ron al secondo anno. C’è qualcos’altro, lo sento».
Hermione sospirò, ma continuò a guardare la luna di fornte a sé «Hai ragione».
Cominciò a pensare che l’idea di confidarsi con qualcuno non fosse così male. Ginny sarebbe rimasta scioccata, ma era di vedute abbastanza aperte, era fidata e sincera.  Prese coraggio e si girò a fissarla.
«La verità è che-» cominciò ma la porta si aprì di colpo, facendo entrare contemporaneamente Aveline, Brienne e una ragazza sconosciuta dai capelli rossicci.
…ho una storia con Sirius Black, completo Hermione nella sua testa, mentre Brienne e Aveline le raggiungevano parlando allo stesso tempo.
Ginny scosse la testa «Ne riparleremo…» mormorò, poi girò i piedi all’interno per rivolgersi al gruppetto. «Che succede? Ciao sconosciuta» fece alla timida ragazza, che accennò un sorriso.
Aveline le lanciò un’occhiata poi tirò fuori la sua espressione più neutra «Non stava mica con me…»
«Certo, perché non vi ho beccato a pomiciare proprio qui davanti!» Esclamò Brienne, facendo ridere le altre due e arrossire la povera malcapitata che si chiamava June.
Aveline sorrise «Non ti preoccupare, sono caotiche ma fidate. Non diranno nulla…»
Brienne annuì «Sei in una botte di ferro! Allora, tu: vuoi buttarti di sotto?» Chiese poi a Hermione.
«Non se ne parla proprio!» Esclamò lei con un sorrisino.
«Benissimo. Ora scendete che non potete perdervi i gemelli che si baciano…»
Ginny, che stava cercando di rientrare, inciampò su una scarpa e quasi franò a terra «Che cosa?!»
Aveline annuì, cercando di non ridere «Sul serio! Magari ci stanno mettendo poca enfasi, insomma Fred aveva fatto di meglio l’anno scorso con Angelina Johnson, ma si sta apprezzando l’impegno».
Ginny scrollò la testa, mentre aiutava Hermione a scavalcare.
«Mia madre morirà di crepacuore, un giorno o l’altro…»
Continuando a discutere, le quattro si avvicinarono alla porta e poi guardarono Hermione.
Per tutta risposta, lei sorrise «Giuro che non voglio buttarmi di sotto, ma mi serve il bagno».
Ginny annuì «Concesso, ma dopo veniamo a controllare» fece, supportata dalle altre.
Hermione mantenne il sorriso fino a che non uscirono, poi andò a sciacquarsi con l’acqua fredda. Stava meditando se scrivere subito a Sirius, senza sapere bene da dove iniziare: doveva ringraziarlo per il regalo, arrabbiarsi per i soldi che aveva speso, congratularsi per aver capito così tanto di lei, ma anche confessargli di aver baciato Blaise… non sapeva quanto la cosa potesse interessargli e magari sarebbe solo apparso ancora più evidente il ridicolo gap che c’era tra loro.
E alla fine di tutto avrebbe solo voluto averlo lì, abituarsi alla sua presenza fisica.
Senza farci caso Hermione aveva già preso calamaio e pergamena, ma non fece in tempo a sedersi che il gufo di Remus arrivò frullando, posandosi sul davanzale e schioccando il becco.
Hermione corse verso di lui: se Remus gli scriveva a quell’ora da Grimmauld Place doveva essere urgente! Quasi strappò la lettera dalle zampe dell’animale, che fece un verso indignato ma rimase: forse aveva ricevuto l’ordine di aspettare una risposta e la cosa la preoccupò ancora di più.
Hermione aprì la lettera, notò la solita lista di libri di Remus e rimase un attimo interdetta: a quell’ora? Poi però ricordò che a inizio settembre gliene aveva inviata una simile con all’interno un codice per comunicare senza sospetti. Dopotutto parlare di libri era l’unico motivo per cui lei e un ex insegnante avrebbero potuto scriversi senza destare sospetti.
 
Cara Hermione,
mi dispiace scriverti a quest’ora, ma in un altro momento non avrei tempo; la situazione a casa è un po’ caotica.
Qui di seguito l’elenco dei libri che ho considerato stasera, in risposta alla tua ricerca di nuove letture. In questi giorni te ne invierò altri. Abbi pazienza.
Buona notte,
Remus
 
“Lo Strano Caso del Cane ucciso a mezzanotte”;
“Sonno Profondo;
“La Maledizione di baskerville”;
“L’Ultima Lettera”;
“Va Tutto Bene”.
 
Hermione lesse la lista tutta di un fiato e rimase interdetta. Remus scriveva in lettere maiuscole solo le parole che doveva prendere in considerazione, quindi supponeva che Cane si riferisse a Sirius; ma cosa volevano dire Sonno profondo e La Maledizione? Cominciò a odiare Remus per averle inviato una lettera così striminzita e per aver scelto titoli così ambigui.
Hermione rimase piantata in mezzo alla stanza, con i muscoli che tremavano dalla voglia di fare qualcosa. Sirius era stato ferito, ma in che modo? Li avevano scoperti? Il quartier generale era stato violato o i Mangiamorte li avevano raggiunti? Avrebbe dovuto dirlo a Harry, ma parlargliene avrebbe significato fare fuori la loro copertura… ce n’era davvero bisogno o si stava solo immaginando tutto?
Hermione sentiva il cervello lavorare a una velocità inaudita, producendo un numero di domande troppo grande persino per la sua mente allenata. Cosa doveva fare?
Per un attimo guardò il cielo senza stelle con la folle idea d’inforcare la scopa e volare fino a Londra, mentre un’altra parte di sé si rammaricava di non essere capace di trasformarsi in un Animagus volante. Intanto sentiva il tempo scorrere futilmente, la musica della festa in suo onore che le dava fastidio.
Colta da un’idea improvvisa corse al baule e ne tirò fuori un’altra pergamena e altro inchiostro; quasi febbrile, scrisse una veloce lettera allarmata a Tonks, senza importarsene se risultasse troppo chiara a occhio esterno.
Richiamò il gufo di Remus e gli legò la lettera alal zampa «Senti, devi inviare questa lettera a Nynfadora Tonks, va bene? Non so dove abiti, ma sono sicura che tu le abbia già spedito altre lettere… è urgente e strettamente privata, becca chiunque provi a prenderla» disse, in realtà poco sicura che l’animale la capisse.
Eppure forse fu il tono disperato, forse le sue mani tremanti, ma il gufo sembrò comprenderla e fece un versetto quasi preoccupato, per poi volare via nel buio.
Hermione si permise di respirare ma rimase seduta a terra, pronta a non dormire tutta la notte: come avrebbe fatto a nascondere la sua agitazione agli altri, quando la sua mente non faceva altro che pensare a Sirius e alle parole di Remus?
Rilesse la lista ma ignorò l’ultimo titolo, inserito solo per evitare che lei facesse qualche sciocchezza. Aveva bisogno di sapere e sperò che Tonks potesse aiutarla, andando a Grimmauld Place.
Una parte di sé continuava a sentirsi in colpa per il fatto che Harry rimanesse all’oscuro di tutto, ma la verità era che non credeva si sarebbe sentita tanto… annichilita per Sirius, tanto coinvolta al punto di voler infrangere qualsiasi regola, rischiare qualsiasi cosa, pur di vedere come stava.
Il gufo avrebbe raggiunto Tonks solo molto tempo dopo, non poteva permettersi di aspettarlo né voleva tornare di sotto. Cercando di distrarsi, tirò fuori le vecchie lettere di Sirius e cominciò a leggerle, immergendosi totalmente in una realtà che apparteneva a un passato lontano.
 
   
 
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