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Autore: Shimba97    02/10/2019    8 recensioni
La vita in Inghilterra trascorreva tranquilla dopo l’Apocalisse non avvenuta; uragani, incendi autostradali e motociclisti demoniaci erano ormai un lontano, ma neanche tanto ricordo.
Nessuno si ricordava di quei due giorni concitati e paradossali che avevano quasi causato lo sterminio dell’intero genere umano, a parte una manciata di persone che si contavano sulle dita delle mani…
- Ehi angelo, senti. Se questa libreria è frutto di un miracolo, puoi spiegarmi questo libro?
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altri, Aziraphale/Azraphel, Crowley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Della delusione di Crowley e della tristezza di Aziraphale
Di sorprese sconvolgenti
 
 

Erano rimasti immobili, come se il tempo intorno a loro si fosse fermato; Crowley nella penombra riusciva ad intravedere gli occhi dell’angelo, così espressivi e lucidi. Ora o mai più, si disse. Si avvicinò, fino a sfiorare le sue labbra con quelle tanto amate, chiudendo gli occhi, facendosi più vicino.
- No Crowley, aspetta – sentì la mano dell’angelo posarsi sul petto, facendolo allontanare.
- Aziraphale perché.. – fu interrotto dallo schiocco delle dita, che accese la luce, vedendo in che posizione si ritrovavano; entrambi avvamparono, ma Crowley era molto confuso.
- Non posso, no – si rialzò, sedendosi, mettendo un po' di distanza tra loro due, che sembrarono chilometri al demone.
- Angelo? – si diede un contegno, sedendosi anch’esso, fissandolo – Che succede? –
- Dovresti andare, Crowley –
Quell’affermazione lo spiazzò, ferendolo soprattutto – Andare? Ma sei tu che mi sei saltato addosso! –
-  Ho sbagliato – si voltò verso di lui – non volevo creare.. questo – si passò una mano tra i ricci.
Crowley si irrigidì, serrando la mascella. Essere rifiutato in quel modo… non se lo meritava – E sentiamo, che scusa inventerai questa volta? Che vado troppo veloce per te? Che ti ho tentato, con questo ridicolo film? – disse con durezza.
- Crowley.. – sospirò, venendo interrotto.
- No, stai zitto – si alzò, guardandolo dall’alto – tu sei solo un codardo, un fottuto codardo, angelo. Scopi con un altro e fai il pudico per un bacio, con me che conosci da più di 6 millenni! –
- Non ti permetto di parlare così! – si alzò anche lui, fronteggiandolo – non puoi giudicarmi, io ho avuto solo lui! – si rabbuiò – tu invece.. non so nemmeno quanti! –
- E ti interessa questo, vero? Il povero angelo pudico che vuole preservare la sua anima pura. Ti dico una cosa, angelo, di puro ti è rimasto davvero poco –
Aziraphale si sentì pugnalare con quelle parole e dallo sguardo dell’amico. Forse, in una delle poche volte in tutta la sua vita, sentì montare la rabbia, facendogli annebbiare la mente, spegnendo la sua pazienza ed i suoi intenti benevoli.
- Almeno io lo sono ancora – si avvicinò pericolosamente al suo viso – e sono ancora un angelo, mentre tu.. –
- Sono un demone, vuoi dire questo, davvero? - al suo silenzio continuò -  Perché noi, angeli caduti, non possiamo provare sentimenti, siamo degli esseri orribili, è questo che pensi? –
- Perché non dovrei? Ho visto come vi comportate; usate, buttate, deturpate le anime! – non lo pensava quello, ma non gli importava al momento. Voleva solo ferirlo, come lui aveva fatto.
Colpirlo nell’orgoglio, nel cuore, per quell’eccesso di superficialità. Non si era reso conto che lo aveva definito una persona impura? Lui che combatteva con tutta l’eternità per non cedere a quei sentimenti che giorno in giorno aumentavano; sentiva di essere Don Chisciotte contro i mulini a vento: una battaglia persa.
Quando riemerse dai suoi pensieri vide, per un secondo soltanto, nelle iridi serpentine dell’amico, un velo di dolore, facendolo scuotere. Si rese conto di essere stato spregevole.
- Oh Crowley, scusami.. – venne interrotto da un cenno secco.
- Lascia perdere. Ho davvero capito cosa pensi di me – si rimise gli occhiali – tolgo il disturbo, prima di deturpare anche te – lo superò a grandi falcate, sbattendo la porta della libreria dietro di sé, lasciando un Aziraphale sconvolto ed ammutolito.
 
 
Crowley era corso fuori, aperto la Bentley e sgommato via, lasciando una profonda impronta del copertone sull’asfalto.
Stupido. Sei solo uno stupido, si ripeteva come un mantra nella mente, mentre guidava senza guardarsi indietro. Gli occhiali scuri però non coprivano le lacrime che copiose scendevano dal suo viso. È stato tutto falso, per tutto questo tempo. Aveva spinto il piede sull’acceleratore, curvando pericolosamente ad ogni sorpasso, rischiando la pelle ogni secondo. La mia esistenza accanto a lui è stata artefatta, priva di significato. Velocemente Londra aveva lasciato posto alle stradine di campagna, delimitate da una staccionata di legno in entrami i lati; tutto il paesaggio era sconfinate pianure coltivate, che con il tramonto creavano un gioco di colori meraviglioso, ma Crowley non prestava attenzione, a nulla, accecato dal dolore. Tutte le volte che ho rischiato la vita per lui.. è stato inutile.
Non si era mai sentito così ferito, deluso ed amareggiato come in quel momento. Lo sentiva, eccome se lo sentiva, il cuore sanguinare; quel dolore sordo ed intenso, che non faceva ragionare, ma che levava il fiato, ad ogni fitta, stilettata.
Rallentò e si fermò solo quando arrivò nel belvedere, dalla quale si potevano vedere le luci della città che la illuminavano.
Scese, stanco, togliendosi gli occhiali e poggiandoli sul cofano della sua piccola, avanzando verso la ringhiera, che strinse così forte da farsi sbiancare le nocche.
Non poteva crederci, era assurdo. Era forse un incubo quello? Aziraphale gli aveva sputato in faccia quell’agghiacciante verità, con quello sguardo severo ed arrabbiato. Il suo angelo.. un solo singhiozzo sfuggì dalle sue labbra, chinando il capo, piangendo in modo silenzioso.
Lo aveva perso, semmai era stato suo amico.. non poteva perdonarlo, non dopo avere usato quelle parole.. deturpare le anime non era mai stato un compito facile per lui, che aveva sempre cercato di recare il minor danno possibile e lui lo sapeva. Non aveva ideato il progetto della grande rotonda autostradale per mandare all’Inferno più anime possibili; inveire non portava di certo alla dannazione eterna. Così come fare saltare il collegamento telefonico di tutta Londra. Lui aveva commesso solo piccoli danni, solo per compiacere un minimo i suoi superiori, così da rimanere sulla Terra, con lui. Per lui.
Alzò lo sguardo, verso il cielo, con il viso contratto. Perchè Dio aveva voluto dargli anche quella punizione? Cadere non era stato abbastanza? Avere strappato via le ali, averlo fatto diventare un servo del Diavolo, con le movenze di un serpente, quello che in realtà era, non era già poco sopportabile? No, doveva avere anche strappato il cuore dal petto; questo lo rendeva un ottimo capro espiatorio.
Pianse, come raramente aveva fatto, smettendo di trattenere i singhiozzi, riversando fuori tutta la sua sofferenza che solo quell'angelo dal viso candido e dal cuore generoso poteva procurargli.
 
 
Per minuti interi era rimasto lì, a fissare la porta, immobile. Cosa gli era uscito dalla bocca? Non lo reputava nemmeno lontanamente uguale ai suoi compagni dell’Inferno, eppure lo aveva detto con così tanta cattiveria. Sapeva di averlo pugnalato, ferito a morte, ma lui non doveva parlare di lui in quel modo. Lui era puro, si era concesso ad un solo uomo, che amava per giunta; eppure non riusciva a crederci fino in fondo nemmeno lui, perchè essere puri non significava solo resistere fisicamente, ma impedire alla mente di formulare ogni sorta di pensiero impuro e lui, nel corso di quei sei millenni, ne aveva fatti anche troppi, verso di lui specialmente.
Si voltò verso la televisione, con il film in pausa, schioccando le dita per fare scomparire tutto. Si sedette sul divano, affranto, con gli occhi vuoti e la mano sulla bocca: quello sapeva tanto di addio, o almeno di un allontanamento per almeno una cinquantina d’anni.
 
 
Crowley per diverse ore era rimasto in quel posto sperduto, ma poi aveva ripreso almeno un poco il controllo di sè, rindossando gli occhiali e rimettendosi alla guida. Tornò a Londra, destreggiandosi nel traffico, raggiungendo il suo appartamento. Entrò di soprassalto, andando nella sua camera, prendendo dall’armadio la valigia, che riempì in poco tempo. Non aveva molti beni ed anche se non intendeva portarsi dietro ogni cosa. A grandi falcate raggiunse il suo studio, fermandosi per un attimo. Quei dannati libri! Lui aveva sempre odiato leggere, perdere tempo con quelle letture arcaiche e quasi fantascientifiche, ma nell’ultimo periodo aveva sentito la necessità di leggere qualcosa che lo aiutasse a districare l’ondata di emozioni che sentiva crescere dentro di lui. Con un ringhio li mise in valigia, aprendo poi i cassetti, bloccandosi. Quelli non li avrebbe portati. Prese in mano quei fogli, sfogliandoli con cura: aveva impiegato tanto tempo per renderli perfetti, ma non era servito a nulla. Con uno scatto li lasciò sparpagliati sulla scrivania, uscendo dallo studio. Schioccò le dita, miracolando le piante affinchè avessero regolarmente l’acqua per sopravvivere; ci teneva, infondo.
Dopo di chè spense la luce, si caricò la valigia ed uscì di casa. Doveva cambiare aria.
 
 
 
 
Tre settimane dopo…
 
Aziraphale stava posando sul bancone una pila di libri, silenzioso.
Da quando Crowley era sparito la sua vita era peggiorata. Non riusciva più ad essere gentile e cortese con i clienti e di rado aveva cominciato a vendere alcuni tomi per lui inestimabili. Ma che senso aveva tenerli se la sua vita era diventata vuota?
Passava tutte le giornate rinchiuso nel suo negozio, tra una bevuta di thè e l’altra; non andava più al parco e le ragioni erano ovvie. Aveva provato a telefonargli ma attaccava subito la segreteria, segno che il cellulare era staccato.
Tre settimane senza avere uno straccio di notizia del suo migliore amico, forse ex.
Aveva imprecato contro sé stesso ogni giorno, per avere avuto quel comportamento, ma non poteva cambiare il passato; il danno ormai era fatto e Crowley beh, dissolto.
Lo squillo del telefono lo fece sobbalzare, correndo a passo svelto a sollevare la cornetta – pronto? –
- Ciao Aziraphale, sono Anathema –
Sul suo volto si dipinse un’espressione delusa ed un sorriso triste fece capolinea tra le sue labbra. L’amicizia tra la strega e l’angelo andava avanti da un po' di tempo. Aziraphale aveva appreso che era diventata una maestra elementare e si era offerto di aiutarla con la fornitura dei libri per quei bambini che non potevano permetterselo; così, avevano iniziato a sentirsi sempre più spesso, finendo per entrare in confidenza; l’angelo le raccontò di Crowley e del loro litigio, in realtà di tutta la loro storia (perché era un gran chiacchierone) e la strega si rivelò un’autentica ascoltatrice.
 – ciao Anathema, come stai? –
- Io bene, a te invece ti sento sempre più triste –
- Passerà cara, passerà –
- Crowley? Si è fatto sentire? –
- No, nessuna notizia – sospirò, accomodandosi sulla sedia di legno imbottita.
- Sono sicura che tornerà –
- Già.. beh io non ci spererei in realtà –
- Non essere pessimista, voi non potete stare lontani, siete come il sole e la luna, uno non esiste senza l’altro –
- Cara, ma così ci fai sembrare degli amanti –
- Perché, non lo siete? – la sentì quasi sorridere.
- No cara, che vai a pensare – arrossì – siamo.. o meglio, eravamo amici… -
- Sono sicura che lo sarete ancora, quando quella testa calda deciderà di tornare da te –
E lui ci sperò in quelle parole, dette forse in modo superficiale, ma erano proprio quelle parole a tenere accesa quella fiammella di speranza che albergava in lui, difficile da spegnere del tutto.
- Speriamo, cara –
- Ne sono certa. Senti Azi, circa un mese fa Crowley mi aveva chiesto in prestito dei libri, diciamo particolari. Non li ho più riavuti indietro –
- Che genere di libri? –
- Filosofia; robe come Nitzesche, Baudelaire.. mi servirebbero –
Ecco di chi erano quei libri! Sapeva che non potevano essere del demone, non erano.. il suo genere?
- Sì certo.. li avevo visti a casa sua, nel suo studio, ma più di un mese e mezzo fa –
- Potresti ricercarli per favore? Non voglio ricomprarli –
- Ma.. lui non è in casa, significherebbe entrare senza il suo permesso – di nuovo? Stavolta se lo avesse beccato lo avrebbe ammazzato, ne era certo.
- Andiamo Azi, con i tuoi poteri puoi entrare ed uscire in pochi minuti – lo rassicurò la strega.
 
E così, dopo una mezz’ora ed una buona dose di coraggio, Aziraphale si era messo in cammino, per risolvere quel piccolo favore chiesto dalla sua amica. Infondo era una cosa di poco conto no? Rapportato al fatto che la sua pro-pro-prozia li aveva salvati dall’Apocalisse ed aiutati con quella dritta sullo scambio dei corpi beh, glielo doveva.
Non ci volle molto per ritrovarsi davanti il suo appartamento. Con la mano tremante aprì la porta d’ingresso, riconoscendo l’odore di chiuso. Chiuse la porta alle sue spalle, venendo scosso da una profonda malinconia. Gli mancava così tanto..
Camminò per il salotto, notando come tutto fosse rimasto immobile, testimone la polvere sopra il tavolo e sul pavimento. Le sue piante erano però rigogliose, segno che venivano regolarmente accudite. Non pensava che venisse fatto manualmente, più con un miracolo. Accarezzò piano le foglie verdi, sospirando. Aveva sempre saputo che in fondo doveva tenerci a quelle piantacce che non stavano mai al loro posto.
Proseguì la sua “ispezione”, andando nella sua camera; lì il suo odore lo colpì in pieno, come uno schiaffo in volto, obbligandolo a poggiarsi al comò, inebriato.
Crowley, sorprendentemente, aveva un odore dolce, ma con una punta amara. Avrebbe riconosciuto quell’odore fra mille, se fosse stato necessario. Le ante dell’armadio erano scostate, intuendo i suoi gesti: aveva preso velocemente qualche abito, senza neanche fare attenzione. Le lenzuola del letto erano parzialmente sgualcite, forse per avere poggiato un borsone. Una valigia forse? Nient’altro era fuori posto.
Uscì da lì, con un sorriso.
Tralasciò il bagno e la cucina, fermandosi davanti la porta dello studio, indeciso. L’ultima volta aveva combinato un disastro, ma adesso era molto peggio.
Oh al diavolo! Pensò, abbassando la maniglia, trovandola aperta stavolta.
La prima che saltò subito all’occhio fu l’assenza dei libri di Anathema, quella volta poggiati sopra la scrivania. Non ci sono, quindi posso andare? No Aziraphale, sbircia come il tuo solito! Ecco, quella era la voce di Crowley nella sua mente.
Cosa scelse? Ovviamente lo sapete.
Fece qualche passo, entrando. Ogni cosa sembrava non essere stata toccata, tranne la presenza di una ventina di fogli sparsi sulla scrivania. Aguzzò la vista, incuriosito. Quello che vide gli fece sgranare gli occhi. Di corsa azzerò la distanza, prendendoli in mano. Non era possibile, era.. assurdo! Si sedette sulla poltrona, con la mano libera davanti la bocca, che tolse solo per sfogliare ogni singolo foglio, sempre più sconvolto.
Dannato Crowley, sei uno stronzo! Ma ti amo per questo.




Angolo dell'autrice:
Buongiorno a tutti! Sono riuscita ad aggiornare per puro miracolo, sono fiera di me!
Adesso potete tirarmi i pomodori, me lo merito.
Questa storia è iniziata con l'idea di essere leggera e divertente, ma è andata su un fronte totalmente opposto; prometto che questo sarà l'ultimo capitolo angst <3
Grazie ancora per tutte le opinioni che lasciate e per gli inseriementi tra le preferite/seguite/ricordate.
Al prossimo mercoledì,
R.
   
 
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