Storie originali > Soprannaturale > Angeli e Demoni
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Autore: viola_capuleti    04/10/2019    0 recensioni
Raven ha sempre avuto la certezza di essere una ragazza normale, nonostante la famiglia ristretta alla madre Elen e l'amico di famiglia Andrea che non la lasciano mai sola, i numerosi traslochi e la vistosa cicatrice che ha sul petto.
Ma tutto cambierà quando un misterioso uomo comparirà davanti a casa sua, insieme ad un particolare trio di ragazzi, proprio quando sua mamma dovrà andarsene di casa per lavoro e un misterioso coniglio albino le farà compagnia nei suoi sogni per avvertirla di un pericolo.
Scoprirà ben presto di far parte di una relatà ben più grande di quanto avrebbe mai potuto immaginare...
Genere: Azione, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: Lime | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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CAPITOLO 9
Un quadro generale...


Raven aiutò Matisse con i preparativi del pranzo solo per cercare di calmare il nervoso del tentativo di fuga fallito. Nonostante Matisse fosse dolce e paziente nei suo confronti, dopo aver quasi bruciato una padella e aver sbagliato il dosaggio del sale in un’altra, il cattivo umore restò per colpa di Milord, appostato come un cane da guardia in sala da pranzo ad occhieggiarla fumando la solita sigaretta.
Ogni volta che incrociavano lo sguardo  lui dava un colpetto col piede allo zaino che aveva ai piedi e faceva un mezzo sogghigno, che le faceva immaginare di sentirlo dire: -Lo vedi questo? Se ti becco con questo in spalla che cerchi di scappare ti ci infilo dentro. Poi ci dò fuoco. -. La cosa più brutta del fatto che la tenesse così sotto controllo e che sogghignasse in quel modo inquietante era che non rideva con gli occhi.
-Allora, chi sono gli ospiti? – chiese Raven prendendo i piatti per apparecchiare tavola da uno scaffale –Devo preoccuparmi? -.
-Gente che non ho voglia di vedere. – ripose Milord, sbuffando una nuvola di fumo dal naso.
-Oh, ti piaceranno, vedrai. – lo zittì Matisse.
-Quindi non mi devo preoccupare, bene. – pensò ad alta voce Raven spostandosi in sala da pranzo agitando una mano per dissipare il fumo di sigaretta –Puoi fumare fuori? -.
-È casa mia. -.
-È casa nostra. – sottolineò Matisse –Milord, vai a fumare fuori per favore. Oppure fai quella cosa carina. -.
Raven guardò incuriosita l’angelo, che si era fermata da ogni attività culinaria per sporgersi verso l’ingresso della sala con qualcosa che poteva somigliare ad aspettativa. Milord roteò gli occhi e sbuffò, dando un colpetto con il pollice alla sigaretta per far calare della cenere in un posacenere di vetro blu sul tavolo.
Se l’accostò di nuovo alle labbra e questa volta inspirò molto più a fondo di come faceva di solito, accorciando a metà la carta bianca in un colpo solo. Trattenne il fumo in bocca ad occhi chiusi per un po’ e poi lo buttò fuori lentamente, separando appena le labbra.
Il fumo che ne uscì era bianco, a differenza delle altre volte, e non salì verso l’alto. Iniziò a prendere una forma strana agitandosi come se fosse vivo o qualcosa si agitasse nascosto al suo interno. Si separò in tante minuscole nuvolette bianche che pian piano presero la forma di farfalline dalle ali arrotondate, che iniziarono a sbattere volando in cerchio e planando.
Milord fece un gesto con una mano come a scacciarle e quelle volarono in direzione di Matisse che le accolse con un risolino deliziato. Una le si posò sul naso, altre sulle mani e sui capelli.
Una farfalla di fumo volò fino a Raven, separata dalle altre, e le si infranse contro la fronte dopo averle volato attorno alla testa.
Non avrebbe mai immaginato che quel mezzo demone tanto odioso sapesse fare qualcosa del genere. O almeno qualcosa che facesse anche solo lontanamente sorridere Matisse come stava facendo in quel momento. Dall’espressione che stava facendo non sapeva dire se era imbarazzato dal gesto che aveva appena fatto o se ne era compiaciuto.
-Non ringraziarmi, sai che odio farlo. – disse infatti quando Matisse fece per dire qualcosa. Si rivolse poi a Raven –Finisci di apparecchiare: mi prude il naso, quell’ impiastro sta per arrivare. -.
-Spero ti cada dalla faccia. -.
Aveva appena finito di metter posate e bicchieri che dal giardino Jaguar urlò: -Ehi sono arrivati! Aprite il cancello! -.
Raven andò subito ad aprire la porta principale per vedere chi stava arrivando. L’unica cosa che vide fu un minivan rosso che attendeva che i cancelli si aprissero. Il riflesso del sole sul parabrezza le impedì di riuscire a vedere chi fosse seduto nell’abitacolo.
Trasalì quando sentì una mano appoggiarlesi sulla spalla. Si girò di scatto e vide Milord accanto a lei, arrivato silenziosamente al suo fianco.
-Che diavolo fai? – sibilò facendo per scostarsi.
-Sto per abbassare la protezione. – rispose lui con freddezza –Non farti strane idee. -.
Mentre il cancello si apriva il mezzo demone le strinse le dita sulla maglia.
Il minivan entrò nel cortile con lentezza e parcheggiò in mezzo altre macchine, come se chi fosse arrivato era di famiglia.
La prima portiera ad aprirsi fu quella del passeggero, dal quale saltò giù una bella donna dai capelli corti, quasi rasati, sul lato destro della testa e lunghi sulla sinistra in un taglio obliquo, dai colori rosso e nero, come il pelo di una volpe. Indossava una camicia senza maniche a scacchi neri e verde allacciata sotto il seno e jeans corti dall’orlo sbrindellato.
Jaguar accorse dal giardino sul retro saltando le piante di fiori che delimitavano il confine tra il porfido e il prato, precipitandosi a sollevare la nuova venuta tra le braccia, stampandole un bacio sulle labbra tanto forte che Raven sentì lo schiocco dalla porta.
-Ti sono mancata panterone? – chiese la donna ammiccando al latino americano.
-Tantissimo Raquel. -.
-Merçi per il passaggio Andrea, molto gentile da parte tua. – esordì sarcasticamente una seconda voce dalla erre moscia.
Raven quasi gridò di gioia nel vedere che chi scendeva dal posto dell’autista era una testa bionda che conosceva fin troppo bene.
Era proprio Andrea, con i capelli raccolti in un enorme chignon alto e un tailleur verde con gonna coordinata e una sgargiante camicia bianca, almeno quanto i tacchi rossi che aveva ai piedi. In mano reggeva un paio di occhiali da sole che si affrettò ad appuntarsi sulla testa quando lei corse ad abbracciarlo a testa bassa, quasi buttandolo a terra.
-Fai piano zuccherino, lo zio non è così stabile su questi trampoli quanto sembra. – scherzò Andrea ricambiando l’abbraccio e depositandole un bacio al profumo di lip-gloss alla ciliegia sulla fronte –Ma li porta egregiamente. -.
Raven si beò ancora un pochino del profumo tanto familiare dell’uomo prima di alzare la testa e chiedere: -Cosa ci fai tu qui? -.
-Credi che la tua mamma sia tanto scema da lasciarti tutta sola con quel tipaccio laggiù? – sorrise Andrea facendole l’occhiolino con i suoi meravigliosi occhi viola pervinca, che non credeva le sarebbero mancati così tanto –Lo zio è venuto a monitorare la situazione, zucchero: andrà tutto bene. -.
Le diede un buffetto sul naso con un dito e le arruffò i capelli.
-Allora è lei. La Portatrice. -.
Raquel le si era avvicinata e la osservava con interesse, le braccia incrociate dietro la schiena, leggermente sporta verso di lei. Era abbastanza vicina da poter notare le orecchie a punta, la strana colorazione dei capelli e gli occhi scuri dalla pupilla verticale, cosa che le diede una stretta alla cicatrice.
Guardò confusa prima la donna e poi Jaguar, accanto a lei, poi Andrea. Quando la lingua le si scollò dal palato chiese: -Sei una mezza demone? -.
-Certo. – ripose lei con una scrollatina di spalle –Sono la ragazza di Jaguar. – aggiunse con un sorriso appoggiando la testa alla spalla del mezzo demone –Mi chiamo Raquel, è un piacere conoscerti. -.
Raven ignorò la mano tesa della mezzo demone, girandosi verso Andrea cercando una spiegazione. Cosa ci faceva lui con una mezza demone?
Sapeva cosa stava succedendo?
Era coinvolto?
L’uomo le sorrise e si chinò verso di lei per sussurrarle in un orecchio: -Non ti preoccupare Raven, fidati di Andrea, ti dirà tutto quello che vuoi sapere, ma dopo. -. Le strizzò l’occhio e si raddrizzò, dichiarando: -Meglio affrontare l’argomento con la pancia piena e Matisse è una cuoca eccezionale. Sono troppo stanco per dare spiegazioni dopo un viaggio così lungo, poi. -.
Si stiracchiò alzandosi sulle punte delle scarpe rosse e le chiese: -Ti fidi di me chérie? -.
Raven non vide perché non fidarsi di Andrea: l’aveva cresciuta con sua madre e si era sempre preso cura di lei. Se non le aveva detto niente evidentemente era per proteggerla.
Per cui lo seguì con un cenno del capo affermativo mentre si dirigevano verso la casa, dalla quale Milord non si era mosso per tutto quel tempo, guardandoli con aria torva e le braccia incrociate, la sigaretta sull’orecchio.
Quando si furono avvicinati abbastanza, guardò dall’alto in basso Andrea con una rapida occhiata e lo salutò con un: -Sei ridicolo. – che non aveva niente di affettuoso o lontanamente amichevole.
-Oh, merçi Milord. Anche io sono molto contento di vederti. – cinguettò Andrea –Non mi inviti ad entrare? – chiese passandogli accanto ed entrando senza aspettare il suo consenso o che lui si facesse da parte.
Contagiata dalla spavalderia dello zio, Raven lo imitò guardando di sottecchi il mezzo demone, che sembrava aver dato un morso ad un limone, e accelerò il passo quando vide un riverbero rosso nelle sue iridi.
Si affiancò ad Andrea e osservò in un sussurro: -Non vi siete simpatici. -.
-Certo che no. – confermò lui facendo un gesto vago con la mano –Uno dei motivi è che lavoro per Elen e quindi sono qui per mettergli i bastoni tra le ruote. E poi lui sai cos’è, per cui non ti stupirai di certo che non sopporti il mio culetto angelico. -.
La ragazza quasi inciampò nei suoi stessi piedi a sentire questa cosa ed esclamò: -Angelico? -.
Questa volta Andrea sorrise quasi con timidezza rispondendo: -Beh, sì. Non come Matisse, a me hanno dato il siero. -.
Le fece segno con un dito sulla bocca di non chiedere altro e proseguì verso la cucina, dove andò a salutare Matisse.
Raven li osservò mentre parlavano insieme: capelli di due diverse tonalità di biondo, occhi dai colori freddi, pelle pallida, corporatura asciutta, lineamenti simili… come aveva fatto a non notare prima quella somiglianza tra suo zio e quella ragazzina?
Per tutto quel tempo era stata in compagnia di niente meno che un angelo. Una domanda le sorse spontanea: se Andrea sapeva ed era una creatura del sovrannaturale allora anche sua madre doveva sapere qualcosa. Per forza doveva sapere cosa stava succedendo!
Conosceva Milord, aveva mandato Andrea a controllare come stava e a quanto pare anche per tenere sotto controllo quella sottospecie di dittatore metamorfo. Per quanto ne sapeva lei e Andrea potevano conoscersi anche da prima che lei nascesse, perciò in ben più di dieci anni di amicizia doveva per forza sapere che Andrea non era umano.
Si diede una grattata nervosa alla cicatrice e realizzò che anche quel lembo di pelle rovinata aveva un ruolo centrale in quella faccenda: sia Elen che Andrea le avevano detto più di una volta di non mostrarla troppo in giro. Senza mai averla vista Milord sapeva che ce l’aveva.
Quando lo zio si girò per parlare con lei non poté non avere dei dubbi nei suoi confronti. Lui sembrò accorgersene e le fece segno con la mano che ne avrebbero parlato dopo, proprio come quando a volte lo sorprendeva con la mamma a parlare sottovoce, confabulando in segreto alle sue spalle per un motivo o un altro.
Le aveva sempre raccontato tutto dopo. Ma mai come adesso aveva l’incredibile necessità di sapere tutto e subito, a costo di fare una scenata. Sentiva quasi la gola tirare per la voglia di rovesciargli addosso una valanga di domande.
Invece, silenziosamente, si accomodò a tavola insieme agli altri.
Nell’aria si poteva respirare tensione. Osservando i presenti Raven poté capire perché: Milord continuava a guardare male Andrea, che era proprio alla sua sinistra, con tale insistenza che forse pensava che inquietandolo abbastanza con quello sguardo fisso se ne sarebbe andato spontaneamente. Anche Beast guardava di quando in quando l’angelo, ma sembrava più intimorito e incuriosito da lui che infastidito dalla sua presenza. Notò anche che a quanto pareva c’era anche tensione tra Raquel e Matisse, fatta di smorfie nascoste l’una dall’altra e occhiate al cielo. Le sembrava impossibile che Matisse potesse avere un comportamento del genere senza motivo.
L’unico che sembrava essere a perfetto agio in quella stanza era Andrea, che parlava a tutti con disinvoltura. Raven era abituata alle sue filippiche durante i pasti. A volte si chiedeva come facesse a parlare e a vuotare il piatto come se non avesse aperto bocca per tutto il tempo.
Lei era troppo sulle spine per rispondere alle sue battute o prestare molto attenzione alle sue chiacchiere, aspettava solo che finalmente ci si alzasse da tavola e si decidesse di darle qualche dannata spiegazione riguardo a cosa stava accadendo e perché proprio a lei era capitata la fortuna di essere coinvolta.
Provò un brivido di eccitamento quando, dopo l’ultima forchettata di torta alla panna, Andrea si pulì un angolo della bocca con un tovagliolo e lo posò guardandola.
Invece l’angelo si alzò e si rivolse a Milord: -Possiamo parlare in privato per qualche minuto? -.
-Cosa? No! – esclamò Raven, ignorando il fatto che Milord se ne stava andando silenziosamente in giardino accedendosi la sigaretta –Devi spiegarmi prima! -.
-Zuccherino non ho detto che me ne andavo per sempre senza darti una spiegazione. – disse Andrea –Per darti delle spiegazioni devo prima accordarmi con Milord. -.
-Su cosa mi potete ancora nascondere? -.
-Non ti ricordavo così sospettosa. – notò Andrea –Più che altro su cosa è meglio parlare prima: magari dalla cosa più scioccante alla meno scioccante o viceversa. Dovrei valutare se imbottirti di calmanti prima o sei in grado di aspettare e poi stare seduta senza fare pazzie mentre parliamo? -.
-Dipende… avrò voglia di mettere le mani addosso a qualcuno quando saprò? -.
 
***
 
Era alquanto doloroso vederla così sospettosa e carica di rabbia…
Non che non fosse abituato al suo temperamento focoso e in particolare a quello di sua madre. Elen era un vulcano attivo di emozioni forti che erano difficili da contenere per lui, quando lei andava a cercare ragioni o conforto dall’angelo.
Ma Raven era tutt’altra cosa… le volte che l’aveva vista davvero incazzata come era in quel momento le poteva contare sulle dita di una mano. Sul sospetto, beh, quella ragazza sospettava molto spesso che sua madre le nascondesse qualcosa o che ci fosse sempre qualcosa sotto quando lei o lui dovevano partire per lavoro o non potevano vedersi.
Poteva immaginare come in quei giorni poi si fosse sentita. Matisse gli aveva raccontato tutto per telefono quando l’aveva contattato, già partito per raggiungerli in segreto.
Era stata attaccata e portata al sicuro, certo, ma circondata comunque da sconosciuti.
Li conosceva da qualche anno ormai, quel piccolo gruppetto sconclusionato di ribelli, composto dall’allegra famigliola di un mezzo demone che faceva da papà, un altro mezzo demone che altro non era che un adolescente testardo e un’angioletta adorabile cui avrebbe pizzicato le guance fino a fargliele diventare insensibili.
Milord era tutto un altro paio di maniche. Era mancato poco che rimanesse secco al loro primo incontro.
Sulle prime non lo aveva minimamente tenuto di conto, esattamente come Elen, che lo aveva considerato una faccenda di poco conto, assolutamente incapace di intralciare i loro progetti.
Poi erano saltati fuori dei particolari che avevano insospettito la sua amica.
Infine si era presentato alla sua porta e Elen non avrebbe potuto immaginare una cosa più disastrosa di quella.
Lo osservò seduto in giardino, su una sdraio, intento ad aspirare dalla sigaretta che teneva stretta tra indice e medio per poi buttare fuori sottili spirali di fumo che andavano a formare una figura fluttuante davanti a lui, spostandole di tanto in tanto con un cenno della mano impegnata.
Elen gli aveva affidato un compito difficile, non doveva tergiversare.
Uscì dalla porta finestra della cucina e esordì: -Non sapevo che potessi fare questo genere di cose. -.
-Non sembro un’anima in pena che cerca di alleviare i suoi dolori con l’arte? -.
La figura di fumo sembrava vagamente umana, cosa che spinse Andrea a chiedere: -Per caso è qualcuno di caro? -.
Milord fece un basso ringhio e con un gesto rabbioso dissolse la figura, stringendo tra i denti un: -Fatti gli affari tuoi culattone e andiamo al punto. -.
Andrea roteò gli occhi con uno sbuffo e borbottò: -Cominciamo bene… -.
-Questo lo dovrei dire io. – ribatté aspramente Milord alzandosi dalla sdraio –Cos’altro avrei dovuto pensare quando sono venuto a sapere che quella là non sa niente? -.
Sottolineò il “quella là” indicando verso la casa senza interrompere il contatto visivo con lui. Da come atteggiava la bocca Andrea poté indovinare che stava stringendo i denti tanto da andare vicino a schiantarseli.
Doveva stare attento con Milord, non avrebbe trattenuto la rabbia a lungo. Elen le aveva detto di stare tranquillo ma non lo conosceva come lo conosceva lui.
-È stata una decisione di Elen. – rispose l’angelo incrociando le braccia –Quando l’ho conosciuta aveva già la bambina ed era troppo piccola per fare alcunché, anche solo spiegarle qualcosa… -. Fece una pausa, ricordandosi della prima volta che aveva incontrato la donna con la bambina in fasce, che non poteva passare inosservata con quella impressionante cicatrice su un corpo così piccolo. Poi riprese: -Più cresceva e aveva la possibilità di inculcarle qualcosa nel suo piccolo cervellino da Portatrice, più la vedeva solo come Raven, sua figlia. -.
-Idiota. – commentò Milord facendo un gesto stizzito con la mano, prendendo subito una presa di sigaretta –Questo non era il piano di Alan. -.
-Già, ho sentito parlare di lui. – disse Andrea con più acidità di quanto volesse lasciar traspirare e allo sguardo di Milord continuò: -Gran bel tipo questo Alan. -.
-Trovare la bambina e usare la bambina. – fece Milord con un riverbero rosso negli occhi che passò guizzando in modo discreto –Niente di più facile. Se lui fosse rimasto in vita a questo punto non avremmo altro da fare se non sguinzagliarla addosso ad Hydra. -.
-Trovare il cucchiaio e usare il cucchiaio. -.
Milord lo guardò, confuso e guardingo.
-Visto? Sostituisci qualsiasi oggetto alla frase che hai detto e otterrai lo stesso senso compiuto. Ma qui non stiamo parlando di un oggetto, ma di un essere vivente. – chiarificò l’angelo indurendo il tono della voce –Cosa pretendevi che facesse Elen, eh? Che chiudesse il suo cuore e allevasse un’assassina a sangue freddo? Magari questo Alan ce l’avrebbe fatta, non lo metto in dubbio. Ma Elen non è di ghiaccio: ha visto una bambina innocente e indifesa. -.
-Ci ha condannati tutti! – esclamò Milord digrignando i denti –L’unica persona al mondo che potrebbe davvero mettere un punto a questa storia è un’incapace! Cosa credeva di fare quell’idiota, continuare a tenerla all’oscuro di tutto e giocare alla Resistenza ancora un po’? Ha quasi resistito vent’anni nascosta in un buco sottoterra come un topo ed è un miracolo che nessuno sia ancora riuscito a scovarla! Ma adesso che sanno dov’è la Portatrice, adesso che sanno dove colpire… la Volpe ce ne scampi. -.
-Hai ragione. – ammise Andrea stringendosi nelle spalle –Ovvio che hai ragione. Ma credi che lei non lo sappia? Credi che io non le abbia mai detto che stava facendo una stronzata? A conti fatti è davvero lei l’unica potenziale avversaria di Regina. Ma qualcosa è scattato nella testa di Elen e lei ha voluto proteggerla dalla sua realtà. Come non è riuscita a fare con Alan o con… -.
Milord gli intimò di fare silenzio con un gesto secco della mano e l’angelo si zittì.
Il mezzo demone si mise una mano nella frangia scompigliata, stringendo e strattonando, cercando di pensare, le nocche bianche per la forza che stava usando.
Non avrebbe dovuto menzionare troppo Alan, Elen gli aveva detto che era una ferita aperta. Ma o l’avrebbe fatto ragionare o arrabbiare, valeva la pena tentare per la prima opzione piuttosto che buttarsi a testa bassa in una discussione con questo permaloso.
Alla fine Milord spense la sigaretta con le dita e se l’appuntò sopra l’orecchio, borbottando: -Quindi ora che si fa? -.
-Devi dirmelo tu. – rispose Andrea, lieto che si fosse calmato e avesse deciso di parlare in modo civile –Elen ti ha dato carta bianca, ma io sono qui per mediare comunque. Cosa vuoi dirle? -.
-Basta tenerla in una campana di vetro: tutto. – decise Milord, guardandolo al di sotto dei capelli con uno sguardo che sembrava sfidarlo a dirgli di no.
Invece l’angelo concordò: -Via il cerotto. Sono d’accordo con te per questa volta. Vuoi anche dirle di te e Elen? -.
-No. – fece Milord –Questo non ancora. Gli altri non sanno niente. Sono un mezzo demone ora. -.
Andrea annuì, anche se trovò ipocrita da parte sua tenere nascosto ancora qualcosa ai ragazzi che lui aveva deciso di prendere sotto la sua ala.
-Molto bene allora. – fece Andrea –Poi? -.
-Poi sarà ora che iniziamo ad addestrarla ad uccidere. Che lo voglia o meno. -.
 

*Angolo dell'autrice*
Scusate il mega ritardo nell'aggiornamento, tra una cosa e l'altra andare avanti a scrivere è stata un'impresa.
Domanda non pertinente con la storia, di recente mi compaiono delle notifiche riguardante la sezione messaggistica di EFP, ma quando apro detta sezione non mi compare nessun messaggio, anche aggiornando la pagina. Qualcuno sa se è un semplice bug che sta succedendo ad altri o per qualche motivo non posso visualizzare i messaggi? Detto questo se qualcuno riconosce il fatto che in privato non ho mai risposto lasci un commento qua sotto.
 
   
 
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